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Recensione

Lupo Solitario 23: L'Eroe di Mydnight
Edizione EL 1996
autore/i Joe Dever
Recensore Dragan

Questo librogame ha la particolarità di essere considerato dall'autore (che lo ha dichiarato a Lgl Magazine) il migliore scritto tra i 28 volumi che attualmente compongono la serie di Lupo Solitario, pertanto ci si avvicina a leggerlo con una certa curiosità. La vicenda prende le mosse a conclusione della prima avventura extralarge (2 volumi) toccata al Grande Maestro novello protagonista, quella di riportare a casa la Pietra di Luna. Trovandosi difatti nel Magnamund meridionale, questi si ritrova ad essere l'uomo giusto per una urgente missione di recupero: bisogna rintracciare il principe Karvas, erede al trono di Siyen dopo la morte di re Oridon. Egli si trova in esilio a causa della sua ferrea decisione di sposare una principessa di un regno nemico, e in sua assenza è il barone Sadanzo il papabile per la successione al trono. La missione consiste nel rintracciare Karvas e riportarlo in patria prima che avvenga la cerimonia, facendogli da scorta.

L'inizio dell'avventura è fulminante. Giunti in pochi paragrafi (e per una volta senza imprevisti!) a Mydnight e dopo aver rintracciato l'isolata capanna dove si trova il principe, la missione sembra già a buon punto, quantomeno a metà. Invece è proprio là che cominciano gli imprevisti: durante il viaggio di ritorno, la nave volante che ospita la combriccola viene danneggiata da una tempesta e costretta ad una lunga sosta di riparazione, sicché Karvas e il Grande Maestro devono continuare il viaggio a piedi, almeno fin quando non riescono a procurarsi due cavalcature. Alla fine, dopo aver scoperto la natura maligna della capacità d'influenza di Sadanzo sui nobili di Siyen e dopo aver rivelato il suo complotto per uccidere re Oridon ed impadronirsi del trono (sempre che si riesca ad aprire la cassaforte di Sadanzo), l'usurpatore viene consegnato al suo destino (giustiziato!) e la corona finisce sul capo giusto. Re Karvas è ben felice di ringraziare il Grande Maestro ordinandolo Cavaliere di Siyen.

Man mano che si dipana la vicenda si capisce il motivo della autovalutazione positiva di Dever: nonostante infatti si attraversino a marce forzate zone impervie, città desolate in preda  a malefici poteri e territori nemici, la narrazione procede davvero "sul velluto", la lettura e il gioco sono estremamente piacevoli e i fatti si sviluppano con sincronismo e stile perfetti. La prosa è ricchissima, ma mai esagerata. Un bel rischio evitato, considerando (nota triviale ma significativa) che questo libro al pari del 24° è il più spesso di tutta la serie. Nelle pieghe degli eventi cominciano a comparire personaggi e situazioni che torneranno poi di frequente nelle ultime avventure di Grande Maestro, come l'Autarca Sejanoz, in più si ha per la prima volta esperienza diretta con il mondo di Agarash il Dannato, esplorando nel tragitto i resti della sua fortezza.

Il gioco come detto è abbastanza piacevole e comodo, il che stride con le situazioni spesso impervie che i due compagni di viaggio si trovano ad affrontare. A dirla tutta, con un po' di fortuna, qualche scelta giusta e soprattutto avendo l'Arte Superiore dell'Alchimia Ramas (che la fa da padrona, unica e incontrastata) questo librogame risulta veramente facile da giocare e concludere. Ecco, forse questo può essere un difetto della storia, altrimenti molto bella e in un certo senso nobile. I combattimenti scarseggiano ma gli avversari quando ci sono hanno una Combattività bella alta, come nei primi 2 libri; tuttavia, spesso si può contare sull'aiuto del principe armato che dà un bel +5 Comb. Quanto agli oggetti, assolutamente da evitare il Pugnale di Pietra (del resto usato per sacrifici umani... cosa mai potrà farsene un Ramas?) che conduce inevitabilmente alla morte, mentre penetrando nelle stanze segrete di Sadanzo si può mettere le mani su un tris interessante: pergamena (utile per denunciarlo come mandante dell'assassinio di re Oridon), corno da caccia dorato (utile per difendersi da un altro corno psichico suonato da certi cacciatori) e boccale ingioiellato (inutile, come tutti i boccali ingioiellati di Ls). La particolarità è che si tratta di Oggetti Speciali che però al tempo stesso vanno nello zaino.

Al tirar delle somme la valutazione è positiva, molto positiva per quanto riguarda la scrittura, la storia e il background, leggermente meno positiva negli aspetti ludici. La sensazione insomma è che Dever per scrivere il suo miglior libro non si sia preoccupato troppo di scrivere anche il suo miglior game, e questo non porta L'eroe di Mydnight a rientrare tra i capolavori assoluti della saga.

Longevità 7: 

La bella prosa rende quest'opera sicuramente rileggibile, ma forse poco rigiocabile. Considerando che si tratta di un librogame, non è poco.

Difficoltà 6: 

Nonostante una storia complicata, questo libro è veramente troppo troppo semplice. La narrazione (bellissima) come detto prevale sull'azione, l'Alchimia Ramas mette al riparo quasi da ogni pericolo.

Giocabilità 7.5: 

Somma. L'avventura non è mai banale e lo scenario e gli avvenimenti mutano in continuazione. Il gioco tuttavia è in sottofondo, privilegiando il libro l'aspetto narrativo.

Chicca: 

Il perfezionamento delle Arti Superiori consente da questo volume a chi ha raggiunto il rango di Grande Sentinella Ramas di rendere nuovamente commestibili cibi andati a male scegliendo l'arte delle Erbe. Questa prerogativa viene messa in pratica nel corso del libro una sola volta, e consente ad un mercante che aveva venduto carne avariata di spuntarla con l'aiuto del Grande Maestro nella disputa contro un nomade che l'aveva acquistata. La pregiata ricompensa per questa prodezza? Un pasto.

Totale 7.5: