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Recensione

Golden Dragon 2: Il tempio di fiamma
Edizione EL 1993
autore/i Dave Morris,Oliver Johnson
Recensore Icedlake

Secondo volume della serie Golden Dragon e prima collaborazione tra Morris e Johnson, il Tempio di fiamma è un bel "reperto" d’antiquariato per tutti i collezionisti e anche per coloro che si accontentano di procurarsi i pezzi più validi. Quindi, una volta che l’avrete in mano, sarete pronti per immedesimarvi nel Cavaliere del Dragone di Palados. Come? Lo trovate un nome un pizzico banale? Vi ricordo che il copyright segna 1984 e di nomi simili (Valedor, Damontir, Katak…) ce n’è a iosa, quindi gettate il cuore oltre l’ostacolo e iniziate l’avventura.

L’introduzione, tramite l’espediente di un sogno tormentato, ci rivela il perché ed il percome ci troviamo su di una nave alla ricerca dell’idolo d’oro di Katak, il dio di fiamma. Nell’eseguire la nostra missione dovremo inoltre giungere sul luogo prima del nostro acerrimo nemico Damontir il Pazzo, un mago che già a suo tempo tentò di toglierci la vita. Oltre a noi è stato solamente lui ad aver consultato la pergamena che rivela la locazione del suddetto feticcio. Sete di vendetta e febbre dell’oro saranno dunque gli spilli che ci pungoleranno costantemente per superare le dure prove a cui dovremo sottoporci.

L’avventura si svolge durante la prima e rapida parte attraverso una fitta foresta pluviale per poi sfociare nella più classica esplorazione all’interno del tempio in stile mesoamericano. La nomenclatura di cui abbiamo già parlato cozza molto con l’ambientazione scelta e si ha l’impressione di interpretare un Indiana Jones in salsa fantasy. E, a proposito di nomi, la scimmietta Minki (avete letto bene!) sarà la nostra portafortuna per buona parte del tragitto, simpatica presenza e insostituibile foriera di pericoli.

La struttura presenta in continuazione biforcazioni con strade separate per lunghi periodi fino al ricongiungimento in alcuni punti chiave, che talvolta possono rappresentare dei check-point. I percorsi forzati sono rari e specialmente dopo essere penetrati all’interno del tempio questi diventano pressoché inesistenti.
Qualche sudden death si presenta in maniera un po’ cattiva sin da subito, ma i veri dolori iniziano una volta giunti a destinazione. Trappole, mostri e diminuzioni dei valori delle nostre caratteristiche sono in agguato quasi ad ogni passaggio e se non si possiedono gli oggetti giusti al momento giusto le speranze di vita sono inferiori a quelle di un Inuit che ha perso la bussola nel deserto del Sahara. Difficile, forse troppo, recuperare alcuni oggetti che, come accennato, posso essere vitali specialmente nelle fasi finali.

La cosa che può rendere frustrante il tutto è il fatto che l’esito soddisfacente del gioco dipende per un’alta percentuale dagli oggetti (ben 21 in 300 paragrafi). A credito di questo sistema c’è il fatto che l’utilizzo dei ritrovamenti è ben strutturato e permette il superamento di alcuni ostacoli in maniera brillante e originale. Creando un grafo dell’avventura comunque possiamo notare come esista un passaggio decisamente più rapido per giungere alla fine evitando numerosi pericoli e senza dipendere eccessivamente dagli oggetti; optando per questa soluzione, però, dovremo fare affidamento a dei lanci di dadi a dir poco improbabili e, non essendo per molti l’aleatorietà estrema una fonte di soddisfazione personale, non ci resterà che scovare e perlustrare a fondo i recessi più remoti per accaparrarci l’oggettistica d’uopo.

A circa metà della nostra avventura si presenterà il check-point più d’impatto, quando Damontir approfitterà di un suo potente alleato per eliminarci su di un ponte sospeso sopra un abisso (e vai con l’originalità!). La scelta di affrontarlo o meno dividerà la nostra storia per un lungo periodo, e i percorsi si ricongiungeranno solo nelle fasi antecedenti al grande finale. La longevità de Il tempio di fiamma è indiscutibile grazie a questa struttura e, seppur a tratti frustrante, la buona narrazione stuzzica il lettore a scoprire le varianti del tragitto e a verificare fino a che punto gli autori possano essersi spinti nel loro sadismo.

C’è da dire che la coerenza non manca: rappresentando un cavaliere verremo condannati a ogni accenno di codardia. Anche la regola della fuga, in contrasto con questa asserzione, a volte viene punita!

Un piccolo bug mina la traduzione italiana dove un oggetto è descritto in maniera differente nel momento del ritrovamento e anche in quello dell’utilizzo. Non sarebbe un gran problema se non fosse che in un check-point finale ne viene fatta richiesta e, a meno di non possedere un oggetto alternativo, risulta molto difficile non lasciarci le penne. La Rocca del Male, portatore dello stesso cancro e tradotto cinque anni prima, avrebbe dovuto insegnare qualcosa: così purtroppo non è stato, almeno in questa occasione.

Longevità 8.5: 

Le continue biforcazioni riunificate dopo lungo tempo dai check-point garantiscono strade sempre nuove da esplorare in nuove avventure. La ricerca degli oggetti, molto numerosi, aggiunge ulteriore forza a questa caratteristica.

Difficoltà 6.5: 

Il voto si riferisce al bilanciamento. La difficoltà è troppo elevata. Alcuni test delle abilità sono a dir poco improbi e le numerose sudden death, a volte gratuite, frustrano non poco il lettore.

Giocabilità 8: 

Il sistema di gioco base della serie è asciutto e ottiene il suo scopo, e il largo utilizzo dell’oggettistica permette nuove trovate per la risoluzione dei problemi al di là delle solite spadate. Mix più o meno coerente tra scontri fisici e test di abilità.

Chicca: 

Caron, non ti crucciare…” recitava il Dante nel III Canto dell'Inferno nella Divina Commedia e, dopo aver partecipato come guest star in uno dei più noti poemi, ecco che al paragrafo 219 Caronte fa presenza anche in questa lettura. In questo caso il nostro psicopompo è mascherato da scheletro dorato e il fiume Acheronte è diventato un ben più modesto lago di rame, ma il richiamo è palese.

Totale 7.5: 

Poteva essere anche un bell’otto pieno se non fosse stato per qualche piccolo difetto e l’eccessiva difficoltà. È decisamente un librogame da avere sullo scaffale.