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Recensione

Fighting Fantasy Salani 4: Il Porto della Morte
Edizione Adriano Salani Editore 2018
autore/i Ian Livingstone
Recensore pippo79

Anno 2017; sono sempre più in crescita le iniziative per far rivivere il prodotto librogame ormai eclissatosi a metà degli anni ’90. In Italia nuove case editrici tentano il rilancio del genere: la più attiva finora è la Vincent Books, che sta ristampando la celebre saga di Lupo Solitario (prefissandosi inoltre di portarla a termine) assieme ad altre due famose saghe come quella di Oberon e Guerrieri della Strada, entrambe nate dalla penna del compianto Joe Dever.

Ma molte nuove iniziative stanno prendendo piede: una delle più interessanti è quella di Adriano Salani Editore, che proprio oggi lancia ufficialmente sul mercato la trasposizione italiana della nuova collana Fighing Fantasy, che ha visto la sua macchina rimettersi in moto alcuni mesi fa, grazie alla Scholastic, casa editrice britannica che ha ristampato alcuni libri dello storico brand targato Jackson e Livingstone.
L’Inghilterra, che può essere tranquillamente definito come il vero paese di origine dei librogame, da alle stampe una terza edizione della suddetta famosissima collana, seconda, in Italia, come popolarità solo alle avventure del cavaliere Ramas creato da Dever, ma probabbilmente ancora più amata e diffusa nei paesi anglosassoni.

Mentre in Italia i titoli usciti sono per ora 4 (Lo Stregone della Montagna Infuocata, La Rocca del Male, La Foresta Maledetta e l'unico, per ora, inedito qui analizzato, Il Porto della Morte), oltremanica i primi 5 volumi rilasciati circa 8 mesi fa riprendono alcuni titoli della serie originale, mentre il sesto che sarà qui esaminato è un inedito scritto interamente da uno dei co-fondatori della serie, ovvero l’amato-odiato Ian Livingstone, tornato a occuparsi della saga da lui ideata dopo parecchi anni; l’ultima sua fatica per lo scenario di Titan fu il numero 60 della collana originale (Eye of the Dragon).

Il volumetto in questione prende il titolo de Il Porto della Morte. Edito come gli altri in formato pocket, con carta di discreta qualità e una rinnovata veste grafica molto più tondeggiante e moderna (che denota alcuni degli obiettivi dell'opera, che cerca di ritagliarsi uno spazio anche tra gli adolescenti oltre che tra gli appassionati di vecchia data), il volume è stata tradotta da Alessandro Apreda, conosciuto in rete come Doc Manhattan e grande esperto di "cose anni '80". Un approccio simile ricorda molto quello aggressivo e teso ai giovani della EL degli anni d'oro: infatti i piccoli tomi, se messi a confronto con altri titoli usciti sul mercato negli ultimi mesi, sono di dimensioni più modeste, stampati su carta più economica e contraddistinti da colori più accesi e sgargianti. Scelte che hanno contribuito a mantenere il prezzo sotto la soglia psicologica dei 10 euro, alla portata anche di chi non ha un lavoro e delle entrate fisse, e magari vuole prendere le nuove uscite sfruttando la paghetta elargita dai genitori.

Entrando nel merito di questo specifico lavoro: si sa che Livingstone ha alternato libri frustranti ad altri che sono delle autentiche perle cult per la serie, e questo suo ritorno sembra essere più accomodante del solito; infatti la prima novità (decisamente inusuale per lui) è l’incredibile presenza di una mappa nelle prime pagine del libro che, seppur disegnata con una scala non precisissima, raffigura tutte (o quasi) le locazioni più famose da lui create; si va da Port Blacksand alla Foresta Darkwood (più nota come la Foresta Maledetta) fino a Fang (ubicazione del famigerato Labirinto della Morte del Barone Sukumvit). Un’altra differenza rispetto alle precedenti edizioni è la collocazione delle regole del gioco, posizionate stavolta in fondo al libro.

A questo punto non rimane che buttarci a capofitto in questa nuova odissea: vestiremo i panni di un avventuriero stagionato la cui ultima esperienza si è però rivelata fallimentare; non sta passando un bel momento fino a che non viene casualmente in possesso di una mappa del tesoro.

Il digiuno forzato e i pochi averi spingeranno ovviamente il nostro eroe a intraprendere la ricerca, ma essa sarà solo una sorta di prologo che presto lo porterà ad affrontare una grave e antica minaccia che incombe su Allansia. Infatti il viaggio in cui ci imbarcheremo si può suddividere in tre parti distinte: la prima è quella appunto della ricerca di un tesoro all’interno di una caverna delle Moonstone Hills, che però si rivelerà infruttuosa.

La seconda parte comincia proprio appena saremo usciti dall’antro (non senza qualche rischio di instant death), dove conosceremo una guerriera ninja che si rivelerà alleata preziosa per questo tratto che comprenderà un nuovo attraversamento della Foresta Maledetta. E’ in questo frangente che si verrà a conoscenza del pericoloso nemico che dovremo affrontare: si tratta del famigerato Zanbar Bone, creduto bandito da Allansia, ma rievocato tramite degli appositi rituali pianificati da uno dei suoi più fedeli e pericolosi servitori.

Gli unici che possono fermarlo sono i due anziani stregoni Yaztromo e Nicodemus e noi dovremo aiutarli nell’intento ritrovando un anello magico. E qui comincia la terza e ultima parte, il viaggio verso la pericolosa Port Blacksand, seguita poi dal ritorno all’ormai conosciutissima Torre di Yaztromo assieme a Nicodemus. E’ infatti la torre il luogo scelto per l’ascesa al potere di Zanbar Bone, e quello in cui si terrà l’epico scontro finale con le sue truppe di non-morti.

Longevità 6.5: 

Per il suo ritorno, Livingstone ci propone un’avventura piuttosto lineare senza eccessive difficoltà, a differenza dell’80% delle sue opere. Un suo lavoro simile è L’isola del Re Lucertola, uscito in Italia come sesto volume di Dimensione Avventura. Non vi sono grandi percorsi alternativi, anzi quei pochi possono portare a precoci Instant death.

Difficoltà 7: 

Impennata per lo più da quei soliti combattimenti con avversari di una certa forza soprannaturale; anche qui è comunque consigliabile partire con buoni valori di Abilità, seppur si possano reperire oggetti in grado di agevolare il cammino e non sia imprescindibile affidarsi a punteggi elevati iniziali ottenuti con i dadi, valore aggiunto questo rispetto ad altri FF storici.

Giocabilità 7.5: 

Livingstone si affida al suo consueto, classico canovaccio da cui si è staccato poche volte: non vi sono punteggi speciali o caratteristiche aggiuntive, torna la scelta iniziale di una tra le tre pozioni di Abilità, Resistenza e Fortuna, più una buona scorta di Provviste. Ma è proprio in quest’ultimo caso che il testo mostra una fastidiosa incongruenza. Il nostro alter ego a inizio avventura si troverà a rovistare tra i rifiuti in cerca di cibo, arrangiandosi poi con un sandwich improvvisato e denominato “colazione dei campioni”. E le provviste iniziali che fine avrebbero fatto? Un errore non strutturale, ma narrativo, che non ha nessun peso sullo sviluppo dell'avventura ma che con un po' più di attenzione al realismo da parte dell'autore si sarebbe potuto evitare.

Chicca: 

Il Porto della Morte è un inedito, ma sembra funzionare come una sorta di prequel di Deathtrap Dungeon; a fine avventura infatti la nostra compagna ninja propone di partecipare alla Prova dei Campioni del Barone Sukumvit. Che sia lei il ninja che si troverà nel Labirinto della Morte?

Totale 7.5: 

Bel ritorno di Ian Livingstone nella collana da lui creata assieme a Steve Jackson. Buono anche il contenuto narrativo, con alcuni paragrafi piuttosto lunghi, altra cosa inusuale per lui, tranne forse che in una sola eccezione passata (Crypt of the Sorcerer). Il risultato finale è decisamente lodevole. Il ripescaggio di personaggi quali Yaztromo, Nicodemus e Zanbar Bone, più alcune celebri locazioni di Allansia: è tutto amalgamato in un bell’affresco di deja vu che non guasta mai in un librogame collocato in una specifica saga.

Tutto ciò può anche far pensare a un ultimo impegno in prima persona dell’autore per questa serie (sensazione rafforzata dalla battuta iniziale e di chiusura del libro), ma l’incontro fugace a Port Blacksand con un signorotto del posto (già noto ad alcuni lettori) e, sul finale, uno scambio di frasicon Nicodemus possono smentire questa probabilità. Concludiamo con una disamina sul nuovo tipo di illustrazioni interne; personalmente non amo molto lo stile cartoonistico di Krizan (tranne che nel caso di Yaztromo e di Gurnard Juggle), ma la scelta può essere spiegata come un ulteriore tentativo di avvicinare le generazioni più giovani a questo tipo di letture: decisione che ha le sue ragioni e che credo vada condivisa e supportata.