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Inizia il 2024: come sarà questo nuovo anno a livello di diffusione editoriale dei LG?

Recensione

Fighting Fantasy Salani 1: Lo Stregone della Montagna Infuocata
Edizione Adriano Salani Editore 2018
autore/i Steve Jackson
Recensore Dragan

Lo Stregone 2018, moderno ma deferente alla Storia

“Respect the game”, rispettare il gioco. Uno dei più noti adagi del basket Nba può costituire una chiave di lettura corretta nel doversi approcciare a valutare un’edizione moderna del celebre “Lo Stregone della Montagna Infuocata”, semplicemente il primo librogame fatto e finito di sempre.

Un pezzo di storia della narrativa, a ben vedere, non solo interattiva. Un’opera, quella di Steve Jackson e Ian Livingstone, inedita in Italia da 33 anni, dalla release di Supernova del 1985, al netto della fortunata “edizione critica” rilasciata gratis et amore dei nel 2017 proprio da Librogame’s Land dopo una lunga gestazione. Materiale prezioso, da maneggiare con cura, insomma, senza incedere in facili modernismi o rivisitazioni, ma rispettandone, appunto, la genesi leggendaria.

Obiettivo che appare centrato per Magazzini Salani, marchio young dell’omonimo editore, che proprio ispirandosi al pdf gratuito di questa comunità, quest’aspetto ormai è storia, ha deciso di investire più in generale sui libri a bivi con un paniere di quattro uscite, di cui questa rappresenta l’esordio, noblesse oblige.

E per plasmare i suoi libri, Salani ha scelto di affidarsi a un utente di lungo corso, Efrem Orizzonte, noto negli ambienti come Ego, che peraltro aveva già avuto modo di impratichirsi nell’ottima palestra offerta dal già citato libronostro dello Stregone, e si è cimentato in una seconda traduzione della stessa opera, un caso non troppo frequente.

È stato lui, motivo di vanto per l’intera comunità, a localizzare infatti in lingua italiana la nuova edizione in lingua originale dell’editore inglese Scholastic, arrivando a quella che non è errato considerare la summa, la versione migliore possibile di questo prodotto. Un’edizione con molti punti positivi sia nella forma sia nei contenuti, questi ultimi più noti e sui quali, quindi, occorrerà soffermarsi meno.

Come appare, allora, lo Stregone 2018? Si tratta, in primis, di un prodotto che spicca in una libreria, perfino in un colorato scaffale di narrativa per ragazzi. Scritta lucida dorata, copertina evocativa e con il sofisticato effetto tipografico di lucidatura “soft touch”, illustrazione moderna senza compromessi, di grande effetto. Il claim “il protagonista sei tu” strizza l’occhio a chi è cresciuto a pane e librigioco, ma dovrebbe poter attrarre anche chi non ha la minima idea di che cosa siano.

Anche i caratteri utilizzati all’interno sono moderni, così come la confezione delle pagine, non particolarmente sbiancate e, anzi, con finte macchie e bruciature a lasciar intrasognare un misterioso tomo intaccato dal tempo. Nasce dal Regno Unito, ed è stata riportata esattamente nella filiazione nostrana, l’unica caratteristica che suscita qualche perplessità: il posizionamento delle regole per la creazione del personaggio e dei registri di gioco alla fine del volume invece che all’inizio, che rende l’esperienza un po’ più scomoda e saltellante da un punto all’altro.

Andando ai contenuti, intervistato il traduttore ha definito questa versione più piacevole e meno spigolosa rispetto al primo tentativo, ritenuto fin troppo aderente al testo originale. Facendo dei raffronti a campione la suggestione è confermata: l’italiano è stato modellato, appunto, per un’edizione moderna, che possa confacersi anche ai gusti e ai vocabolari fin troppo serrati e da smartphone di un adolescente proiettato al secondo decennio degli anni Duemila.

In quest’ottica, viene meno qualche “caposaldo” che gli appassionati e i pochi fortunati possessori dello Stregone Supernova avrebbero potuto ritenere romanticamente intoccabile: le “voci e dicerie” del prologo diventano un anonimo “antefatto”, il proverbiale “servizio ferry” del Caronte di turno viene ammorbidito in un più eloquente “traghetto”, l’arcaico Stregone che “non è più” del paragrafo di vittoria viene esplicitato in “non esiste più”. Rinunce di questo genere, tutto sommato accettabili.

La trama è quella di sempre, l’eroe senza volto e senza storia penetra in un imponente massiccio montuoso che cela un dungeon ancora più assurdo, articolato e variegato quant’altri mai, tra creature quasi sempre malvagie, umane o mostruose, quasi sempre pronte a peggiorare ancora di più se messe alla prova o sfidate arma in pugno. All’interno, oggetti magici o meno di ogni genere, ambienti pittoreschi, antropizzati e selvaggi senza distinzione.

Fate largo, allora, a goblin, orchi, prigionieri, torturatori, ogre, ragni giganti, ciclopi, ritratti stregati, bari, corde animate, topi colossali, cavernicoli, lupi mannari, scheletri animati, vermi giganti, pipistrelli, zombi, nani, draghi, minotauri e chi più ne ha più ne metta.

Fino ad arrivare al cospetto di Zagor, antagonista niente affatto bonelliano (l’omonimo meticcio dei fumetti nacque vent’anni prima) che non può certo essere messo al tappeto da un pezzo di formaggio, ma da un mazzo di carte quasi sì. Per non parlare di un celebre monile-artefatto dai poteri sorprendentemente decisivi: peculiarità che ha fatto discutere per decenni i librogamer di mezzo mondo e che non rende giustizia al nuovo e temibile nemico ritratto in copertina.

In mezzo a questa caleidoscopica vicenda, il “true path”, come altrettanto noto, è strettissimo, fungendo da paradigma per il resto della serie. Come da “verbo” jackson-livingstoniano, infatti, c’è un solo percorso buono per concludere con successo l’avventura.

È vero che, a ben vedere, non mancano numerosi passaggi che consentono di ritrovare la retta via qualora ci si sia allontanati dalla strada giusta, ma sono almeno altrettanti i punti di non ritorno che si chiudono alle spalle di chi gioca e legge e non danno modo di poter arrivare a dama, se superati senza aver aperto la porta giusta, trovato l’oggetto necessario, annotato il codicillo indispensabile.

Un rischio che, se latente nella prima parte, quella proverbiale “di Livingstone” (ma poi riscritta dal compare, ci chiarisce sempre la versione dei Librinostri), diventa assolutamente concreto nella seconda sezione del labirinto, quella “à la Jackson”.

A chi è indirizzato questo volume? A chi non l’ha mai giocato, come prima cosa, e per la sua storia particolare, la questione diritti e i prezzi sul mercato online delle vecchie copie sono davvero in tanti. Poi, anche a chi, per sorte o spesa cospicua, l’edizione degli anni Ottanta invece ce l’ha, ma la tratta come giusto cimelio e vuol comunque tornare a dare una rinfrescatina a una pietra miliare del genere.

E in ultimo, a chi ha aspettato e apprezzato l’edizione Librinostri e vuole gustarsi la differenza, che abbiamo avuto l’onore e l’onere di aver reso sottilissima, talora perfino impercettibile, tra un prodotto amatoriale realizzato con criteri professionali e un’opera stilata e curata da professionisti.

Longevità 7.5: 

Finché uno non si crea, o si cerca online, una mappa, non se ne rende conto: ma la vastità degli ambienti da esplorare, personaggi da incontrare, sfide da cogliere e oggetti da scoprire è davvero enorme. Una varietà che merita e persuade a giocare più e più partite.

Difficoltà 7.5: 

Già detto dei paletti fondamentali, se li si accetta il libro diventa abbastanza fattibile. Ma c’è una variante decisiva, che denuncia l’età del prodotto e non si può cambiare: servono punteggi alti, prima di tutto dell’Abilità combattiva. Così diventa perfino troppo facile. Senza, anche troppo difficile.

Giocabilità 7.5: 

Il sistema di gioco è snello, sebbene articolato. I combattimenti diventano presto di routine, con il lancio dadi e il raffronto dei punteggi, ma quasi mai noiosi. Più semplice la gestione dell’inventario, lasciata sostanzialmente al buon cuore del lettore, e delle armi, che non hanno il ventaglio di scelta di altre serie diverse da questa, salvo qualche ghiotto quanto raro armamento speciale.

Chicca: 

L’esperto conoscitore della storia del forum di Lgl, della genesi della versione libronostro, dei pensieri del traduttore, non potrà non ricordare la decisione (draconiana e discussa da molti appassionati) sul titolo, in cui la montagna divenne “cima infuocata”, lemma ritenuto “più breve, più incisivo e più attinente a quanto viene detto nel libro”: non a torto, in verità, dal momento che la montagna è tutt’altro che infuocata in stile Monte Padella di Dragonball. Infatti, “firetop” è appunto la sola cima “di fuoco”, ma nel senso che, come si legge nel paragrafo 1, da lontano mostra un colorito rossastro; derivante, viene solo ipotizzato, forse da qualche tipo di vegetazione che ci cresce. Non ne sapremo di più, ma a scanso di equivoci, con Salani il titolo è tornato quello più noto e, in fondo, più soddisfacente, fiamme o non fiamme.

Totale 7.5: 

È il patriarca della saga. Il primo lg complesso mai scritto. Il più classico dei classici. Torna in edizione ripulita, riveduta e rivestita. Ha venduto più di 2 milioni di copie nel mondo. E come si fa a non averlo a casa?