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Recensione

Altre Serie : Cosa Pensavi di Fare?
Edizione Il Saggiatore 2020
autore/i Carlo Mazza Galanti
Recensore Dragan

I conti con se stessi

È incredibile come gli appartenenti alla cosiddetta generazione Y (nati tra il 1981 e il 1999) siano i primi che sentano la costante e palese necessità di tracciare bilanci personali. Forse perché le certezze degli invidiati e oggi anche odiati Boomer (1946-1964) sono via via venute meno nei Millennial. Forse perché si è raffinato il pensiero di chi ha sempre qualcosa da dimostrare a sé e agli altri e si è sostituito all’azione di chi aveva “solo” un avvenire da costruire e costruirsi. Forse perché anche chi ha bene o male realizzato qualcosa, di professionale, sentimentale o esistenziale che sia, ha delle certezze di acciaio cavo, a guardar bene fragili come fossero carta velina.

E così, lo stesso accade a leggere questo “Che cosa pensavi di fare?” di Carlo Mazza Galanti, una delle - fin qui - due scorribande del Saggiatore nel mondo della narrativa a bivi; tanto più se si incappa nella coincidenza di dedicarvi la propria attenzione nei giorni in cui spopola la serie televisiva griffata Zerocalcare, che di scomposizione e analisi a caldo e a freddo della sopraccitata generazione ha fatto un’arte portata a livelli di straordinaria raffinatezza. Non è, quindi, solo una lettura mediamente interattiva, con trovate gustose ma anche qualche peccatuccio di progettazione sotto questo peculiare aspetto, pur compensato da una prosa di altissima qualità, ricca di citazioni e di invidiabile ampiezza. Ma è anche, e soprattutto, l’ennesima occasione di fare i conti con se stessi. E chiedersi: già, che cosa pensavo di fare?

La domanda resta sullo sfondo, in paziente e inflessibile attesa di risposta mentre si scorre il libercolo, diviso in tre grandi capitoli dedicati a lavoro, amore e vita. E sarà inevitabile paragonare le situazioni vissute dallo sconosciuto protagonista alle proprie vittorie e sconfitte, alle occasioni perse e ai treni afferrati al volo. Come altrettanto scontato sarà chiedersi quanto di autobiografico e, a questo punto, catartico, l’autore abbia voluto inserire all’interno delle 160 pagine. Anche perché, scelta netta in epoca di fluidità di genere anche in narrativa, il protagonista è chiaramente maschile.

C’è anche un altro termine di paragone che può venire utile nel tentare un approccio analitico e critico a quest’opera. Quello con “Carriere”, il gemellino ancor più introvabile e costoso tirato fuori da quei due autori, G&L, loro sì veri Boomer che volavano così alto con la fantasia da ipotizzare che, prima o poi il presidente del Consiglio potessi essere tu, sì proprio tu che leggi. Altro marcatore della differenza dei tempi: da un passato in cui si puntava dritti a palazzo Chigi a un presente in cui c’è da mettere la firma a entrare negli -anta avendo messo “a curriculum” uno straccio di rapporto di coppia? Uno stipendio più o meno fisso? Delle forme di soddisfazione spirituale e culturale? Fate voi.

A proposito di librogame, l’autore, d’altra parte nato nel 1977, dimostra di essere “dei nostri” quando cita a bella posta il Magnamund di Joe Dever come metafora del regno sconfinato in cui sono costretti a correre e lottare coloro che imboccano il sentiero irto di lusinghe e insidie dell’insegnamento scolastico: uno dei tanti futuri possibili. Ma se “Carriere” era omnicomprensivo, dando ai lettori un futuro dai medici agli impiegati, dagli ingegneri alle segretarie, qui il pubblico di riferimento è ben chiaro: gli “umanisti sul lastrico”, come riporta il sottotitolo. Tanto è vero che, se si operano scelte troppo coscienziose e concrete, come iscriversi a Medicina piuttosto che a Filosofia, ebbene così non vale: il gioco finisce subito con una sorta di instant death.

Tre parti si diceva. Nell’ossequio di ciò che l’opera promette di essere, e in effetti è, ossia un “romanzo a bivi”, si dipanano come uno Scegli la tua avventura o un Time Machine. Si leggono gli ampi capitoli e, al termine, si opera una scelta, dopo aver valutato le opzioni descritte con accuratezza e anzi, con già alcuni dettagli aggiuntivi di quelli che saranno i rispettivi effetti: fatto questo inedito nel panorama. Non c’è shuffle, i numeri di paragrafo divengono via via più alti con l’avvicinarsi della fine del capitolo. Le strade spesso finiscono per ricongiungersi e c’è qualche “finto” bivio; i finali sono molteplici, qualcuno sembra possa essere classificato come “migliore”, ma senza particolare prevaricazione sugli altri. Non mancano interruzioni precoci dell’avventura come nel caso già citato. Qualche volta la scelta tra leggere un capitolo o un altro è lasciata al capriccio del lettore, ma senza dargli elementi sufficienti per discernere, in quello che possiamo definire un errore.

A fine capitolo c’è un’altra feature interessante e sostanzialmente inedita: il grafo di quella particolare parte. Un modo per studiare la progettazione dell’opera e valutarne vizi e virtù, se a leggerla sono addetti ai lavori, ma anche solo per capire quali altre strade si sarebbero potute prendere e per completare l’esperienza con qualcuno dei futuri alternativi che non si è andati a vivere, e questo è interessante anche per i lettori non specializzati.

Il gioco funziona ed è un piacere perdersi tra le tante alternative di lavoro, amore e vita proposte dall’autore - critico, traduttore e giornalista culturale - con una quantità di dettagli e una completezza così brillante che lascia presupporre anche qui l’ispirazione al reale di tanti e tanti soggetti bianchi, grigi e neri conosciuti e l’abilità certosina nell’aver saputo riportare su carta, ovviamente completandolo con una generosa dose di creatività e conoscenza, quello che “pensava di fare” ciascuno di quei personaggi nella più classica cerca d’autore.

Si finisce la lettura con quella stessa domanda ancora in attesa di risposta, con nuovi perché, con nuove consapevolezze, con nuove cose da fare. Se l’autore voleva farci giocare, ci è riuscito. Se voleva intrattenerci con una narrazione di altissimo livello, lo ha fatto. Se voleva gettare il seme di una profonda riflessione interiore, accidenti non era il caso di disturbarsi così, ma lo ha pure fatto. E diamine, che cosa deve offrire più di questo un romanzo interattivo per essere convincente?

Nota sulle valutazioni: nella Longevità, chi scrive valuta quanto sia ben progettata l’opera in modo da essere giocata più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La Difficoltà stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La Giocabilità è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su un aspetto curioso, singolare o spesso simpatico. Il Totale, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.

Longevità 7.5: 

Non è difficile, esplorare tutti gli scenari possibili, anzi, ed è proprio questo il bello: verrà voglia di farlo, tornando sui propri passi e imboccando un’altra strada, un’altra, e un’altra ancor

Difficoltà 6.5: 

Il gioco è azzerato e schiacciato dalla qualità drammaturgica e dalle filigrane introspettive che presenta quasi ogni situazione descritta. Sarà una lettura sul velluto, ma la testa resterà affollata di pensieri: forse la “difficoltà” è proprio questa

Giocabilità 7.5: 

Struttura semplice, gioco semplice. Ha tutto ciò che ci si aspetterebbe da un romanzo interattivo e anche qualcosina in più come la buona trovata del grafo finale.

Chicca: 

L’autore coraggiosamente mette in campo una pagina vergognosa di storia italiana e concede la possibilità di partecipare, nella propria turbolenta adolescenza, al G8 di Genova. Lo narra anche in questo caso molto bene, con giusto punto di vista di chi - sul momento - ha solo notizie frammentarie e dubbie di scontri e vittime, senza quella chiarezza di dettagli che diverranno noti e limpidi solo molto tempo dopo. Segue un altro bivio ancora più secco: la possibilità di proseguire altrove oppure di trascorrere la notte alla scuola Diaz. Quello che si trova scegliendo quest’ultima opzione non lo anticipiamo, lasciando al lettore la possibilità dolorosa di scoprirlo.

Totale 7.5: 

Un bel romanzo interattivo, con molti dettagli e pochi fronzoli, capace di stimolare cervello e coscienza oltre che offrire una lettura sempre godibile e qualitativa.