La prova del Negromante mi è piaciuto.
E' un racconto semplice e abbastanza lineare, che non ha pretese di introdurre chissà quali novità e soprattutto rifugge dalla complicazione e da situazioni eccessivamente contorte.
L'idea è quella di offrire una storia che sia avvincente e che riesca a introdurre delle dinamiche ludiche senza ricorrere alla sorte legata al lancio di dadi o a meccaniche arzigogolate.
Siamo dei cattivi quasi stereotipati tanto ricadiamo nei canoni dei GDR più classici, ma questo, da vecchissimo giocatore di D&D prima edizione, non solo mi è piaciuto, ma mi ha aiutato a immedesimarmi di più nell'atmosfera.
La meccanica è ben studiata: si rifà a quella lineare di alcuni volumi di Compact, ma al contrario del taglio che troviamo nei suddetti volumi (in cui troppo spesso le decisioni e i bivi sono affidati alla sorte e non regolati da nessuna logica) in questo caso l'autore è stato bravo a dettagliare, nel lungo prologo e nell'imprescindibile manuale, le caratteristiche dei singoli incantesimi, consentendo al lettore che si è dedicato con pazienza a scorrere i paragrafi introduttivi, di scegliere quale potere impiegare e come comportarsi in determinati bivi sempre con cognizione di causa.
Questo approccio mi è piaciuto particolarmente: forse sarò stato fortunato ma ho finito il racconto al primo tentativo, e ogni volta che ho ragionato su determinate situazioni la logica impiegata, basata appunto sulla lettura del prologo e del libro di magia, si è rivelata sempre azzeccata.
Faccio degli esempi:
Ho scelto di affrontare come primo avversario il guerriero, e quando mi sono trovato di fronte alla possibilità di utilizzare il rivela magia o il rivela invisibilità ho deciso di soprassedere rifacendomi al fatto che nei giochi di ruolo classici i guerrieri detestano le arti magiche. la scelta si è rivelata azzeccata. Affrontando poi Boris ho optato per il Fulmine Magico; è chiaramente spiegato che nel corpo a corpo siamo scarsi, e ho cercato di impiegare l'incantesimo che potesse colpire dalla distanza un avversario forte nella mischia e allo stesso tempo salvaguardare la mia incolumità: altra scelta che si è rivelata vincente. Nel prosieguo la donna-demone di Bistrinia, inespressiva e capace di mutarsi, improvvisamente e senza prevviso, mi ha messo in allerta immediatamente, e ho pensato si trattasse di un'illusione: da qui l'idea di usare il rivela-magie. Al momento di affrontare il ladro, trovandomi di fronte a 13 specchi, ho cercato di ricorrere a un potere che mi consentisse di colpirli tutti insieme, quindi un attacco multiplo. Dardo incantato sarebbe stato insufficiente per distruggerli tutti, gli altri disponibili poco utili, da qui l'idea di evocare i non morti.
Più avanti, nella roccaforte dell'Elfo, ero consapevole della potenza della spada del mio ex-compagno e della necessità di non affrontarlo con il suo brando in pugno. Ho optato quindi per il passaggio segreto seguendo questa logica e provando a sorprenderlo, quindi ho deciso di volare superando Forester senza combatterlo, in modo da non allarmare Leon con il rumore dello scontro e di non perdere tempo, e, una volta arrivatogli alle spalle e scopertolo intento in una sorta di rituale al cospetto della sua spada demoniaca, ho deciso di colpirlo con tocco di morte per ucciderlo rapidamente e non dargli il tempo di impugnare l'arma. Tutte scelte perfettamente razionali e desumibili da una lettura attenta del prologo e del manuale come già accennato.
Mi è piaciuto, inoltre, anche il modo in cui lo scrittore ha approcciato il concetto di true path. Esistono delle scelte obbligate, ma sono molto logiche: allo stesso tempo ha lasciato discrezione al giocatore di decidere, in diverse occasioni, come superare le avversità. Un ottimo equilibrio tra libertà di azione e necessità di scovare il percorso giusto, che, a mio parere, risulta impegnativo senza essere frustrante, e costituisce un valore aggiunto per l'opera.
Mi è piaciuta anche l'ironia di fondo e la caratterizzazione dei personaggi, classica fin quasi alla macchietta ma che ben si sposa con l'atmosfera del lavoro. La protagonista è piena di sé fin quasi a scoppiare, in perfetto stile personaggio nero caotico del D&D. Non solo si considera potente e superiore agli altri, ma anche una "strafica" per cui gli uomini perdono la testa. Addirittura nell'antro del ladro si specchia volentieri rimirando le sue superbe forme. Ironico e molto adatto al personaggio. E lo stesso si può dire per il potente e poco intelligente, anche se fine stratega in battaglia, guerriero, per il mellifluo e inafferrabile ladro, e per il misterioso e temibile elfo. E per alcuni artefatti che la nostra si porta addosso: chi non ha sognato almeno una volta di possedere il potente talismano catastale, in grado di svelare la planimetria e il valore in euro di qualsiasi immobile al solo sguardo?
Passiamo ai lati negativi: purtroppo ce ne sono e sono anche determinanti.
1) La prosa non è delle migliori. Alcune frasi sembrano abbastanza improbabili (e non mi riferisco agli indizi per l'epilogo "alternativo" disseminati qui e là e solo apparentemente insensati), non mancano certi errori sintattici, un paio di link saltati e in generale alcune scelte a livello di periodi e concetti che risultano poco felici. Si tratta comunque di difetti assolutamente minori che cito più che altro per completezza.
2)La struttura prescelta se da un lato è stata ben gestita dall'altro ha creato una situazione poco adatta a un corto. Il racconto si ramifica in tantissimi bivi, nessuno dei quali introduce variazioni reali rispetto alla direttrice principale o alternative determinanti. La maggior parte semplicemente ci rimanda a scelte errate nella selezione dei poteri che ci portano alla morte, o a dover compiere una nuova scelta perché l'incantesimo usato ha cristallizato la situazione senza risolverla. Questo taglio di fondo secondo me è completamente inadatto a un lavoro così breve. Si è costretti a "sacrificare" moltissimi paragrafi sull'altare della struttura di gioco senza poterli impiegare altrimenti. Il racconto risulta per questo fin troppo breve e poco approfondito, e lascia un bel po' di amaro in bocca perché introduce tanti elementi senza, di fatto, scavarne a fondo, anche minimamente, quasi nessuno.
3)In nome della semplicità e dell'immediatezza l'autore ha probabilmente presentato un racconto che è piacevole e divertente, ma che non da mai l'impressione di potersi davvero elevare a livelli eccelsi. La struttura, la profondità delle situazioni e delle ambientazioni, l'intreccio narrativo, le scelte in campo ludico: è tutto gradevole e coinvolgente, ma tutto "limitato". Questa linearità di fondo lo rende un provvidenziale intermezzo tra opere più complesse e seriose, e talvolta anche ben più noiose, ma allo stesso tempo lo condanna in partenza a non avere i mezzi per potersi imporre come miglior racconto. Io credo che l'autore questo lo sapesse bene quando si è iscritto e abbia partecipato soprattutto con l'intento di ben figurare, consapevole che difficilmente sarebbe riuscito a raggiungere la vetta della classifica.
Qualche parola a parte merita il finale "easter egg", a cui approdiamo dopo aver colto di tanto in tanto dei rimandi lungo il nostro percorso che ci fanno capire che l'avventura fantasy che stiamo vivendo non esaurisce completamente la vicenda
La nostra controparte infatti si scopre essere una ragazza sotto osservazione psichiatrica, che si è alienata completamente dal mondo e ha deciso di vivere nella realtà virtuale scaturita dalle sue campagne di Dungeons & Dragons. Alcune frasi lasciate lì in mezzo, apparentemente distaccate dalla vicenda che stiamo vivendo, costituiscono gli indizi per comprendere certe implicazioni della storia, implicazioni che vengono definitivamente svelate al paragrafo 18 (numero che si ottiene sommando le X che troviamo scritte nel testo, apparentemente senza troppo senso, dopo aver battuto ognuno dei tre boss). Devo dire che questo elemento aggiuntivo, che introduce l'argomento nerd nel racconto, altrimenti assente, non mi ha entusiasmato più di tanto. Il colpo di scena finale mi ha blandamente stupito, ma non ha cambiato l'essenza di quello che mi aveva trasmesso La Prova del Negromante, né l'ho trovato così rivoluzionario da ribaltare l'opinione che mi ero fatto sul racconto fino a quel momento, o modificare le sensazioni provate e quanto mi aveva trasmeso, in positivo e negativo, la narrazione. Lo considero un tocco di classe aggiuntivo, che modifica poco il valore complessivo dell'opera: continuo a considerare la riproposizione di una tematica fantasy classica e "pura" il suo lato migliore
Concludendo, La Prova del Negromante merita un buon giudizio perché complessivamente è un buon racconto. Gli manca qualcosa però per competere per i primissimi posti della graduatoria.
Voto inviato a Babacampione