Un Corto banale sin dal titolo, che offre ben poco in termini di inventiva e originalità rispetto a quanto visto in precedenza. L’ambientazione, l’atmosfera e anche la situazione di base sono identiche a quelle di miliardi di altri prodotti (romanzi, film, avventure per gdr) simili.
L’uso della “invasione” è velleitario e non ha nessuna rilevanza particolare: se il tema fosse stato “le spade magiche” o “i meccanismi di teletrasporto” il Corto avrebbe potuto benissimo essere presentato così com’è.
Difatti l’autore, bontà sua, ci ricorda ossessivamente all’inizio che è in corso questa benedetta invasione (tre persone bastano a fare un’invasione? Boh) per poi perdersi per strada e non citarla più.
Ma questo discorso per me vale anche per Cuore di Ferro, in cui l’elemento relativo all’invasione non l’ho proprio colto: solo che qui anche la tipologia di protagonista non mi sembra proprio l’esempio più calzante di “cattiva”. Ci viene detto che è una negromante (classe che oltretutto non è necessariamente votata alla malvagità, volendo essere pignoli) e poi ci vengono accennate alcune turpitudini che avrebbe perpetrato nelle sue terre, però in ultima analisi l’avventura si riduce semplicemente a limitare l’assalto dei nemici.
Lo stile di scrittura è po’ moscetto, non decolla. Ok, in alcuni punti mi sono pure divertito (come quando un demone guarda perplesso la negromante prima che questa muoia), ma non sono sicuro che fosse questo l’intento dell’autore. La protagonista stessa è piuttosto scialba e poco approfondita. Ma d’altra parte posso capire che lo spazio era quello che era e immagino che curare l’“architettura” dei bivi (mi pare che TUTTI i paragrafi permettano almeno una scelta) abbia determinato una minore cura della parte narrativa.
Ecco, la struttura del Corto…
Il gioco che ci propone l’autore è quello di studiarci gli effetti degli incantesimi, confrontandoli con le descrizioni degli ambienti e dei nemici per capire quale sia la soluzione più adatta per affrontare le singole prove. Al di là del puro e meccanico nozionismo, l’idea può anche avere un suo aspetto simpatico e gratificante per il lettore che ha “fatto i compiti”, solo che l’autore (checché ne dica Prodo) è stato disonesto e in almeno due occasioni non abbiamo nessun elemento per determinare come uscire da una data situazione: mi riferisco all’incontro col demone/donna che in realtà è un’illusione (ideato forse per farci consumare incantesimi utili?) e più in generale agli inviti a usare gli incantesimi di individuazione, che in realtà sono utili solo
col mago invisibile, “checkpoint” in cui DOBBIAMO avere l’individuazione dell’invisibilità per procedere – ma potremmo benissimo averlo usato all’inizio di uno degli altri due percorsi
. Ripensandoci, le motivazioni addotte da Prodo per l’uso degli incantesimi giusti nei punti giusti non fanno una grinza, ma evidentemente Prodo ha un punteggio di Saggezza di 18 e io non posso dire altrettanto!
Che sia stretto o largo, manifesto o nascosto, per me non cambia molto: questo Corto è pur sempre un fottuto true path, e presenta anche il peggior difetto che per me può avere un librogame, ovvero un “ramo” della storia
(arrivare dall’elfo “annunciati”)
in cui si muore sempre e comunque nonostante le finte scelte che ci vengono proposte.
Anche la rivelazione del paragrafo nascosto non è poi questa gran cosa, rientra in quell’ottica di banalità che avvolge tutto il Corto (sarà che un sistema del genere lo usa anche Yaztromo nel suo Corto fuori concorso, anche se lì non sono riuscito a venirne a capo). E comunque
Etlidam non è neppure l’esatto contrario di Matilde…
Per finire segnalo ancora come un oggetto magico che si chiama “Anello Catastale” sia il top del ridicolo (anche qui, umorismo volontario?) e che secondo me l’autore ha creato i nomi dei demoni pigiando tasti a caso sulla tastiera.
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