Parto da un presupposto: questo racconto-game non è un racconto-game.
O almeno non lo è nel senso classico della definizione. Analizzarlo come tale non ha molto senso, e fossilizzarsi su parametri come struttura, varietà delle situazioni, opportunità di gioco, solidità della trama e dei personaggi probabilmente ne ha ancora meno.
Tutto lo scheletro è stato preparato e approcciato con un obiettivo principale: realizzare un contenitore per rendere giocabile e usufruibile il sistema di combattimento ideato, che ha un pregio enorme secondo me. Quello di introdurre, in un ambiente contraddistinto da canoni di utilizzo molto precisi (che comportano l'impiego di fantasia e immaginazione, carta, matita, gomma e dadi) un elemento nuovo.
Lo possiamo definire una sorta di prova pratica che costringe il lettore a cimentarsi in un'attività, il combattimento a punta di dito, che non sarà innovativa di per sé, ma che lo è sicuramente nel campo della narrativa interattiva.
Sconfiggere gli avversari è un obiettivo non solo non demandato a componenti casuali (l'alea è il male assoluto come ironizza l'autore stesso nei paragrafi introduttivi), ma neanche ad approcci personali calati nel contesto immaginifico che stiamo vivendo in qualità di lettori.
No, per vincere i vari scontri dobbiamo proprio essere bravi noi, in prima persona, a "schiccherare". Se siamo degli assi in questa attività, se abbiamo mano ferma, mira e resistenza (perché alcuni combattimenti richiedono una quindicina di tentativi prima di concludersi e riuscire a non perdere il polso della situazione durante uno sforzo così prolungato non è semplice) tutto il resto diventa corollario.
La scelta del robot si trasforma in un esercizio puramente accessorio (influisce solo se subiamo dei danni, ma se riusciamo a non subirli affatto o li conteniamo al punto di poter facilmente annullare gli effetti delle menomazioni inflitteci recuperando punti di resistenza in una delle molte occasioni presenti nel corso delle nostre peregrinazioni diventa indifferente per quale creatura meccanica optiamo, se escludiamo il sistema delle "preveggenze", che però riguarda un solo automa e alla fine della fiera non è particolarmente utile), procedere attraverso i percorsi introduce variazioni minime, e comunque facilmente gestibili già dalla seconda partita, così come le scelte da compiere, che ci riporteranno sempre e comunque sulla direttrice principale, non consentendoci epiloghi diversi da quello vincente finale, o da una prematura dipartita.
Uno schema narrativo quindi molto semplice, arricchito da alcuni parametri accessori a mio parere notevoli: il comparto grafico non solo è gradevole ma anche adeguato, come stile e risultati, all'atmosfera che permea la nostra avventura, così come non guasta affatto l'ironia di fondo, sempre presente e a volte anche un po' "cattiva", ma senza mai travalicare, secondo me, i limiti.
Anche perché le stoccate dell'autore alla manifestazione sono equamente distribuite tra organizzatori, scrittori, eventi e partecipanti, e in mezzo, in qualche categoria, ci siamo tutti noi. Quando la satira diventa democraticamente condivisa credo che sia piuttosto pretestuoso cercare una malizia di fondo, e considerarla eccessiva o inadeguata.
A limite può essere poco divertente, ma non è nemmeno questo il caso: alcune trovate mi hanno fatto molto ridere, come i due goblin che si picchiano selvaggiamente discutendo sul regolamento di un complicatissimo GDR o l'alter-ego compagnone di Lupo Solitario, Goblin Socievole.
Ma ripeto, si tratta di corollari: il succo del racconto è nel suo sistema di combattimento. Vi piace, vi appassiona? Vi piacerà l'opera. Non vi piace o, peggio ancora, decidete di giocare Lucca Goblins and Caves bypassando il sistema regolamentare (tra l'altro fantastica la trovata di spiegarlo in parte con un video su youtube, escamotage che immagino avrà anche consentito allo scrittore di non sforare i limiti di spazio imposti dal bando)? Allora tutto il resto non basterà per risollevare le sorti di un lavoro che non rientra chiaramente tra quelli adatti alle vostre corde.
Personalmente il sistema di combattimento mi è piaciuto, e l'ho trovato anche ben tarato (tendente al facile). Onestamente non l'ho adottato seguendo tutti i passaggi pedisequamente: non ho attaccato nastro adesivo sul tavolo e ho disposto le miniature un po' a occhio (tra l'altro ho recuperato giusto quelle di Hero Quest, affiancandomi idealmente alle stesse che impiegava l'autore nel video dimostrativo), ma credo di aver gustato il senso della lotta a schicchere abbastanza appieno, e di aver potuto cogliere bene lo spirito del Corto.
Assodato questo, arriviamo al succo della questione: LG&C rappresenta il mio ideale di racconto interattivo? No, perché nonostante abbia giocato per anni a Subbuteo da ragazzino, e nonostante apprezzi l'idea di fondo, quando leggo un librogame non amo molto cimentarmi in varianti pratiche chi mi distolgono non solo dalla lettura, ma anche dall'immedesimazione nella vicenda.
Posso dire perciò che il racconto in questione sia insufficiente? No, perché introduce elementi innovativi e divertenti, e lo fa anche bene, solleticando la curiosità, spingendo il lettore a cimentarsi in attività accessorie che si sforzano di rinnovare il genere ed eliminare elementi storici pesantemente radicati ma spesso considerati come dei possibili limiti all'evoluzione dell'interattività stessa (e mi riferisco in particolare alla casualità che regola sovente le situazioni di combattimento).
Secondo me LG&C è un'opera innovativa e ben congegnata, e merita un giudizio adeguato e positivo per queste sue importanti caratteristiche. Allo stesso tempo però a livello narrativo, strutturale e di ambientazione non regge il confronto con i migliori racconti del genere, alcuni dei quali presenti anche nell'edizione attuale del concorso: e personalmente questo fatto mi impedisce di tenerlo seriamente in considerazione per la vittoria finale.
Voto inviato a Babacampione