Chiuso ieri sera il voto, è il momento di postare i giudizi della Terna.
ANIMA DI LUPO:
Questo Corto, dotato di una giocabilità bassissima e di un piglio onirico marcato (ci vogliono diversi giorni per analizzarlo e "capirlo", ognuno a modo suo) meriterebbe (forse) anche solo di essere salvato per un passaggio che ho trovato negli inferi.. ehmmm..volevo dire...al paragrafo 42.
"Ti avvicini a una delle torce e vedi che è solo disegnata. Tocchi la parete rocciosa che si sfonda sotto le tue dita: è cartapesta. Anche la luce sono solo parole che qualcuno, io, ha scritto per farti sentire a casa, per un attimo, per fingere che tu sia in qualche posto in qualche tempo e non davanti a uno schermo a leggere qualcosa. Tutte le parole che sono state scritte solo per te, per farti stare bene. Quante ne abbiamo scritte, solo per te."
Tralasciando per un attimo il pugno nello stomaco che l'autore dà (volontariamente, lo scrive proprio. È il senso di quello che vuole dirci) al lettore e alla già precaria immedesimazione in questo mondo/testo difficile (difficoltà che porta con sé, devo ammettere, una certa bellezza, quando si rilegge il Corto al terzo/quarto passaggio, ma ci tornerò sopra più tardi) e a tratti incomprensibile, volevo sottolineare l'ultima parte del discorso.
"Quante parole sono state scritte per farci stare bene": non SOLO per una persona, ovviamente, come dice il testo ma per i tanti lettori che hanno letto le varie opere. E dato che siamo ai Corti, mi riferisco a loro in particolare. In questi giorni ho ricevuto a casa la copia cartacea dei primi 3 Libri dei Corti e sfogliando quelle pagine, toccandole e leggendole, ho avuto una bellissima sensazione di Comunità. Negli anni, persone diverse si sono susseguite per divertirsi e far divertire ed è incredibile quante idee diverse e originali siano venute fuori.
Ognuno ha dato il suo contributo e ciò che rimane non è la classifica ma la raccolta.
E così anche questo Corto, che in pratica non si gioca ma si legge e basta, porta con sé il suo contributo. Di riflessione.
Salvo solo questo passaggio, allora? No. Perché, come spiega bene Capitan Prodo nella sua ottima recensione, questo Corto ben si colloca nel 2019, all'11° edizione e con molti utenti che gravitano attorno ai 40, età dove si tirano le somme, ed esplica una sostanziale nostalgica visione di una vita trascorsa, magari bene, ma andata per sempre.
Sono però sempre riflessioni.
Il Corto, per me, gira attorno a concetti, non adeguatamente veicolati da azioni.
Non mi è sfuggito, per esempio, l'inizio con i sumeri e la prima scrittura cuneiforme che si collega al discorso che ho fatto all'inizio e ci ha portato fino a qui, alle nostre opere (Corti e LG) grazie alle quali possiamo provare emozioni. La scrittura: la più grande invenzione dell'uomo, dicono alcuni.
Molti altri riferimenti li ho notati (molto belli quelli legati alla terra, come i "meccanismi" del sole) ma chissà quanti altri mi sono sfuggiti. È un Corto da far analizzare a un filosofo perché tratta moltissimi argomenti delicati, astratti e che richiedono un ragionamento profondo sull'esistenza. Come al p.3 e al p.8 quando parla dei figli e si chiede se ha senso metterli al mondo.
Insomma, tanta carne al fuoco sui concetti ma veramente zero sulla giocabilità e i bivi risultano per lo più anonimi, semplici collegamenti, sensati certo, ma pur sempre privi di quel brio necessario a rendere viva la parte tecnica del Corto. E attenzione a non confondere l'assenza del "sistema matematico complesso" richiesto dal Bando di quest'anno (il cosiddetto Corto SLTA) con l'assenza di giocabilità nelle scelte. L'azione e soprattutto IL RAGIONAMENTO si possono benissimo mettere lo stesso nei rimandi andando così a stimolare il lettore a fine paragrafo.
Se posso permettermi oso, a 36 anni suonati e con l'esperienza di una vita davanti (leggo LG fin da bambino e non ho mai smesso ma ora da adulto ne comprendo i meccanismi che stanno alla base delle emozioni), ammettere davanti alla platea dei Corti che i migliori LG sono sempre stati quelli ben curati nei dettagli del rimando, dove veniva chiesto un ragionamento al lettore, bambino o adulto non ha importanza.
Se il lettore si sforza nel ragionamento si immedesima, capisce meglio la storia e sia che azzecca la strada giusta sia no, si innamora dell'avventura.
Se sbaglia, quando ripasserà di lì la volta successiva avrà acquisito un'esperienza importante e si sentirà più forte e più maturo.
Se l'azzecca alla prima invece la sua autostima crescerà e si sentirà invincibile. Questo qualsiasi sia il tema trattato e il protagonista utilizzato. Certo, più si cresce e più si pretende dagli scrittori perché per gli adulti è più difficile emozionarsi. Quindi non servivano calcoli e oggetti, armi e astruse opzioni quest'anno. Bastavano buone idee ai bivi per farci dire: e adesso cosa faccio? E se fossi davvero lì?
Dove cacchio vado che di là c'è quello e di qua c'è quell'altro? Il tema è sempre importante perché lì si vede lo scrittore di razza, per carità, ma il vero costruttore di LG lo si vede soprattutto dai bivi, che sono la componente fondamentale.
Questo Corto ha un tema forte, importante, che può anche coinvolgere. Prodo parla di immedesimazione e ci sta. Ma per me tutto ciò non è accompagnato da una giocabilità all'altezza, una trama vera e propria, come dice Adriano nella sua ottima recensione, non c'è e tutte le riflessioni, anche se profonde, sono messe lì in disordine, non veicolate da un mezzo che mi ha permesso di capire di percepire un librigame e non un saggio.
Detto questo, è comunque un buon Corto e l'autore merita assolutamente i miei complimenti!
LORD AXIM:
Alla fine della terra: Una apocalisse onirica, dove le scelte del lettore corrispondono a immagini e proiezioni della mente e non a delle vere e proprie azioni preferite ad altre. La sensazione è che sia un viaggio ineluttabile con un finale simbolico che lascia l’amaro in bocca.
Colgo diversi elementi positivi, che invitano il pubblico (necessariamente adulto) a riflettere: la natura, le molte scelte (come nella vita, e ciò è anche un punto a favore della rigiocabilità del Corto) e gli affetti. Il tema della terra c'è, pianeta e luogo in cui vivevamo, ormai però sull'orlo della sua fine.
Tra i pro annovero l’uso interessante dei vocaboli, in particolare del verbo squadernare, non si finisce mai di imparare!
Problema al paragrafo 16, non si può avere un diario-registro (cartaceo)!
Trovo una caduta di stile le persone/mostri che mostrano il punteggio (esperienza)..statua con 30 forza e 80 di attacco. Se per alcuni è una citazione di sessioni di GdR per me è stato un ritrovarmi delle informazioni “inutili”. Quella imprecazione poi… si poteva far intendere senza scriverla?
Suggerirei poi di rimescolare i paragrafi, e l’impaginazione e l’uso della punteggiatura nel discorso diretto sarebbe da migliorare. “sembra/sembra…” ok una-due volte ma in questo Corto è troppo presente.
Refuso par. 15 - par 17 mikku e pukku (non mekku) comunque un concetto interessante da imparare (vedi sopra con squadernare).
Si giunge prima o poi alla conclusione, per cui non ci sono veri e propri finali alternativi.
In definitiva un Corto molto complesso da giudicare con un voto numerico, se si parlasse solo di emozioni e stile sarebbe in prima fila, dovendo giudicarlo nella sua globalità e tenendo conto di ciò che l’Autore ha presentato resta nel limbo dei Corti inespressi.
ZAKIMOS:
La prima volta che ho aperto il file ho pensato a questo:
forse per i tanti rimandi all'argilla. Alla fine della terra mi ha colpito come un concept prog di quelli belli pesanti, ma non uno di quelli che ti stordiscono con un quintale di note sparate a velocità massima: no, uno di quei trip pazzeschi in grado di catturarti con poche note ripetute come mantra mentre un testo criptico e asciutto ti costringe a più ascolti per poterlo sviscerare.
Successivamente, per la precisione sabato scorso, ho avuto occasione di partecipare a una jam session "drone-mantra" (sì, sono un tipo strano) con chitarre acustiche, percussioni e un sintetizzatore a fare da tappeto alle nostre improvvisazioni su un massimo di uno-due accordi ripetuti. A quel punto ho capito cosa dovevo fare: ho estratto il cellulare, scaricato il file e cominciato a leggerlo a voce altissima, urlata, in puro stile Emidio Clementi dei Massimo Volume.
Purtroppo avendo il cellulare in mano non ho potuto registrare il risultato, ma dovete credermi: le parole dell'autore uscendo dalle mie labbra hanno mostrato tutta la loro forza.
Questo corto non è un librogame o forse è un librogame perché non si è mai capito cosa diavolo sia un librogame. Quando il progetto Arkham Legacy cominciò a muovere i primi passi, i suoi autori coniarono il termine "metalibro". Posso dire di non aver mai capito esattamente quali fossero le differenze tra un librogame e un metalibro, ma di una cosa sono certo: Alla fine della terra è la cosa che più si avvicina nella mia testa al concetto. Un romanzo che si sviluppa a ogni lettura in modo diverso, con i rimandi "nascosti" e assimilati nel testo stesso e che rifugge gli stretti limiti di un genere, perché qui il confine tra poesia, prosa e gioco stesso è assolutamente labile.
Tutto perfetto quindi? Purtroppo no. Perché nel momento in cui ci si gioca tutto sui testi, cadute di stile come "Al buio, questa cosa che negli inferi ci sia questa oscurità eterna non ci avevi pensato" sono imperdonabili. Inoltre, come già rimarcato da altri, il mancato rimescolamento rende nuda la struttura dei bivi facendo perdere molto fascino al lavoro.
In definitiva: il concorso dei corti è stata per me in passato un'occasione per sperimentare, per provare nuovi tentativi di portare il genere oltre e in ogni edizione c'è un corto che mi colpisce particolarmente in tal senso. In questo caso è avvenuto con Alla fine della Terra per cui, al netto dei suoi difetti, non posso che promuoverlo a pieni voti.