Ok, eccomi qua l'ultimo giorno utile per esprimere un parere. Premetto che, anche se con fatica, non ho ancora letto nessun commento o voto riguardante questo racconto. Per cui perdonatemi se ripeterò osservazioni già fatte dagli altri.
In generale il racconto non mi è dispiaciuto. Sicuramente nei due anni di vita de I Corti mi è capitato di leggere molto, ma molto di peggio, sia come stile di scrittura che come meccaniche di gioco. Premettendo che non mi piacciono i librogame a mappa, ai quali prediligo nettamente quelli a trama, devo dire che questo la Luna degli Assassini non è malaccio se non per alcuni difetti che fanno inabissare il mio giudizio che, inizialmente, era ottimo.
Prima di cominciare a bastonare, però, voglio tendere la carota:
Ho trovato interessante il sistema di regole, semplice eppure "tattico" che si occupa solo di gestire l'inventario, il tempo trascorso e il livello di allarme, tralasciando abilità, caratteristiche e tiri di dado classici dei libri a bivi. Buono anche il sistema per cui diventa necessario tornare indietro più volte per procurarsi gli oggetti che ci occorrono, andando a prenderseli in stanze già visitate allungando l'esperienza di gioco ben al di la di quello che 40 paragrafi consentirebbero, questo sistema ci obbliga a valutare se vale la pena perdere altro tempo (rintocchi) per tornare indietro a prendere quell'oggetto oppure se è il caso di tentare un altra strada. A parte un unico caso, poi, trovo che la costruzione della casa di Vermeeth e delle meccaniche che ci permettano di muoverci al suo interno siano davvero ben fatte e calibrate a puntino. Bello anche il sistema per "simulare" il lancio del dado con relativo incontro casuale, per cui ripassando in una medesima locazione in momenti diversi (leggi: con alle spalle un numero di rintocchi differenti) possono accadere cose diverse.
Per tutto questo dico bene e bravo all'autore. Si vede che si è impegnato non poco in questo lavoro e bisogna dargliene atto.
prima di impuganre il bastone voglio far notare a tutti una cosa simpatica: Prothias Vermeeth è il nome che il sottoscritto aveva inventato nello scrivere il primo incipit della prima edizione de I Corti di LGL, quello nel quale un mago, un ladro, un chierico e un guerriero vengono assoldati da un ricco mercante (Prothias Vermeeth, per l'appunto) per una missione facile facile che però avrà conseguenze inaspettate. Il fatto che il nome sia stato ripreso pari pari, così come la professione di Vermeeth mi sugegrisce che:
a) l'autore, quando si paleserà, dovrà pagarmi i diritti del personaggio.
b) Ho sospetti assai concreti sull'identità dell'autore.
Tralasciamo le facezie e concentriamoci sulle cose che invece NON mi sono piaciute di questo racconto:
Come ho detto all'inizio non amo le avventure a mappa. Questo La Luna degli Assassini, poi, tende a dare molte opportunità ma nessun suggerimento. Insomma si gira come scemi per la torre di Vermeeth facendo le proprie scelte praticamente a caso. Ma, dico io, puntare il coltello alla gola di qualcuno e chiedergli: 1) dovìè la stanza di Vermeeth; 2) come ci si arriva; 3) quali guardie/trappole ci sono sulla strada; 4)dove trovare chiavi o altro che consenta di entrare nella camera; era troppo difficile per un addestratissimo assasino?
Comunque questo qui sopra è un parere personale non oggettivo. A qualcuno l'impostazione stile avventura grafica può anche essere piaciuta. Per nulla soggettive sono invece le mie critiche sullo stile della scrittura. Al di la di alcune ingenuità di troppo ho rilevato un uso smodato e fastidioso di aggettivi. Insomma, una scrivania deve per forza essere ampia, un salone enorme, le vetrate grandi, le voci, poi, sono stupite, il sistema di lame complesso, i festoni immensi, le ali di corvo tetre , il drappo scuro pesante . Troppe troppe troppe! In ogni paragrafo ci si scontra con una quantità di aggettivazioni imbarazzanti che, almeno a me, finiscono per dare fastidio.
In alcuni casi poi questo modo di scrivere diventa assurdo, inutile, oppure nasconde veri e propri errori. Ad esempio Vermeeth è molto grasso. Cosa vuol dire? Che è obeso? In tal caso bisognava scrivere obeso e non molto grasso, visto che il termine in italiano c'è ed è correntemente utilizzato. Altrimenti quel molto non ha senso di esistere! E ancora: suoi occhi bulbosi, sue dita ferme manifestano una grande abilità e determinazione. Ecco una frase che mi ha fatto inorridire. Innanzitutto se stiamo parlando di Vermeeth è ovvio che gli occhi bulbosi e le mani sono sue. Di chi dovrebbero essere? Della cuoca in cantina? Quei due Suoi vanno bruciati. Inoltre perchè gli occhi bulbosi e le dita ferme dovrebbero manifestare abilità e determinazione? (Anzi grande abilità e determinazione, perchè, magari, un lettore distratto poteva confondersi e pensare che si trattasse du una piccola abilità e determinazione?) Non c'è modo di intuire il motivo di questa affermazione dell'autore che, così come è, rimane campata in aria.
Per finire il testo è tappezzato di approssimazioni fastidiosissime, eccone una manciata:
Abbastanza alticci, - in cosa si differenzia una persona abbastanza alticcia da una semplicemente alticcia? Come questa parola: abbastanza, dovrebbe aiutare il lettore a comprendere meglio la scena?
Sembra un servitore - Sembra o lo è? E se lo sembra solo, in base a cosa il protagonista fa le proprie ipotesi? O si spiega perchè sembra un servitore oppure si dice semplicemente che è un servitore e si taglia la testa al toro.
Salone sembra essere - Aridajè. Sembra essere o lo è. Decidiamoci una buona volta!
La porta sembra sbarrata - Perchè ha una faccia sbarrata? O magari perchè il protagonista provab a girare la maniglia? Nel caso però sarebbe carino dirle queste cose al lettore che, sennò, deve fare lui tutta la fatica di immaginarsi le cose. Una porta è sbarrata oppure non lo è. Non esistono vie di mezzo!
Quasi sibilando Sibila o non sibila? Non esiste un verso chè è quasi qualcosa. Se l'autore non è sicuro di come sia una cosa, un verso, un suono, un colore ecc. forse deve chiudere gli occhi, decidere esattamente com'è la cosa che vuole descrivere e poi descriverla, invece di prendere in giro il lettore con una cascata di quasi, come, sembra, abbastanza, un po'.
Ma a questo punto il raconto era ancora ad un livello per me accettabile. Quest'anno non faccio aprte dei tra giudici/organizzatori per cui posso permettermi di essere più largo di manica. Sinceramente pensavo di dargli un 6, forse anche un 6 e 1/2.
Purtroppo a questo punto raggiungo la camera di Vermeeth, lo affronto, scopro l'atroce verità e... e... e? Che cosa accade? Nulla! L'autore mi prospetta una serie di opzioni tutte giustificabili, sensate e in grado di concludere adeguatamente la vicenda ma, invece di descrivermene le conseguenze, in pratica, mi dice: "Bravo, scegli cosa fare e poi immaginati cosa succede. Si, esattom fai da te che io non c'ho voglia. No, no, io non ti dico nulla! Mi raccomando immaginala bene sta scena che senno mi rovini tutto il lavoro che ho fatto, poi, quando hai finito, vai all'epilogo che io ti dico ancora due stupidaggini ininfluenti e magari ti alletto con un possibile seguito"
Ma se aveva finito i 40 paragrafi l'autore non poteva eliminare qualche paragrafo dell'esplorazione? Oppure doveva avere il coraggio di scegliere lui, quale finale farmi leggere. Così, scusate, ma io mi sento profondamente preso per i fondelli!
Sono addolorato ma l'ultimo paragrafo fa sprofondare il mio giudizio al di sotto della sufficienza.
Il mio voto è. 5
Ora vado a rileggermi i vostri commenti e voti per vedere se siete d'accordo con me oppure se, pur non essendo uno dei giudici del concorso, sono io che rimango eccessivamente critico.