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Una fuga tra le nebbie londinesi. Ma si può fuggire da se stessi? Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, frutto del genio letterario di Robert Louis Stevenson, è un’opera letteraria tra le più conosciute. Un capolavoro della letteratura gotica. Nessuno, che non sia sbarcato sul pianeta Terra da Marte di recente, può ignorarne almeno a grandi linee le vicende narrate. Per quei due o tre marziani che frequentano LGL, basti sapere che la storia narra delle indagini dell’avvocato John Utterson riguardo ad un suo amico e cliente, il dottor Henry Jekyll. Questi, medico rinomato e dalla reputazione irreprensibile, ultimamente sembra essersi compromesso con un essere volgare e ripugnate, tale Edward Hyde. Le indagini, per farla breve, giungono a scoprire che Jekyll e Hyde sono in realtà la stessa persona, o meglio, che Hyde è la parte più nera e crudele dell’animo del dottor Jekyll, portato alla luce da quest’ultimo in seguito a esperimenti blasfemi.
Ed è esattamente questo l’incipit dell’ottimo romanzo a bivi di Marco Zamanni. L’autore ha deciso di spostare il focus dall’avvocato Utterson direttamente all’interno della testa del dottor Jekyll, che diventa così da oggetto di indagine a soggetto della storia e nostro alter ego. Oltre ad avere noi lettori nella testa il povero dottor Jekyll dovrà fare i conti durante tutta la lettura con la sua parte più bestiale, ossia Hyde. Questo si esplicita in frequenti dialoghi interiori, resi magistralmente dall’autore, con il perfido Hyde che punzecchia, insulta e a volte blandisce il povero dottore, cercando di convincerlo a lasciargli il controllo della situazione e del suo corpo. Infatti in alcuni casi potremo volontariamente lasciare che Hyde emerga e per gestire una situazione inadatta al civile e, diciamocelo, pavido dottore. Più spesso Hyde cercherà di prendere il controllo con prepotenza e per rintuzzarlo dovremo ricorrere ad un tiro di dado, oppure utilizzare una pozione tra le pochissime a nostra disposizione a inizio partita. E visto che ne ho accennato, parliamo del regolamento. Jekyll e Hyde si poggia su meccaniche estremamente semplici, perfettamente adeguate alla storia. La scheda occupa appena mezza facciata, ha due valori, l’Es, che consente di resistere agli assalti psichici di Hyde, un valore di Allerta, che indica quanto Scotland Yard sia prossima ad acciuffare il povero dottore, e infine il numero di Pozioni disponibili, di cui si è già parlato. Un grande riquadro sottostante serve a segnare le numerose parole chiave raccolte durante la lettura. Â Â Â Nella seconda metà della facciata troviamo una copia identica di questa scheda, da usare nella seconda parte del libro, semplicemente ricopiando le statistiche dalla prima scheda. Questo semplice escamotage permette quindi di “salvare” la propria partita tra un capitolo e l’altro, così da non dover per forza ricominciare dal paragrafo 1 e risparmiando le nostre dita dal dover fungere da multi segnalibro con le conseguenze alle articolazioni che tutti noi lettori di Librogame ben conosciamo. Et voilà. In due minuti si assimilano le regole, che occupano una pagina scarsa, e si è pronti a gettarsi nella lettura! La storia in se è davvero ben ideata e ben scritta. Senza far spoiler posso dire che essa si divide in due capitoli, strutturalmente molto differenti tra di loro. La prima parte è un classico Librogame lineare, in cui il nostro alter ego deve percorrere un tragitto e, partendo dalla propria abitazione, raggiungere una certa destinazione attraversando le perenni nebbie londinesi, i vicoli fumosi, oppure facendosi portare da landò pubblici. Sempre in guardia, sempre con il timore di venire riconosciuti, di incrociare una pattuglia di Bobby, oppure che Hyde prenda il sopravvento su di noi, combinando un macello. La seconda parte, invece, ha una struttura a mappa, dove saremo noi a decidere dove andare e in quale ordine. E vi assicuro che grazie al sapiente utilizzo delle parole chiave, andare in un determinato luogo prima o dopo farà la sua bella differenza. L’unico neo, a mio avviso bello grosso, che ho trovato in questa seconda parte è l’assoluta mancanza di indicazioni su cosa potremo trovare nelle varie locazioni. In sostanza abbiamo una mappa con dei luoghi e un numero di paragrafo associato, ma non ci viene mai detto cosa si trovi in questi luoghi. Così leggiamo: Cavendish Square, oppure Gaunt Street, o ancora Soho… ma alla nostra prima lettura ci è totalmente oscuro il motivo per cui dovremmo andare in un luogo piuttosto che in un altro. Eppure non siamo stranieri che consultano la mappa di una città sconosciuta. Il dottor Jekyll è un londinese e dovrebbe sapere che in una locazione risiede un suo caro amico, in un'altra il suo avvocato e nella terza potrà trovare solo malaffare e disperazione… Insomma ritengo che spendere qualche riga per dare informazioni su questi luoghi sarebbe stato doveroso e avrebbe risparmiato il lettore dal girare completamente alla cieca per le strade di Londra. Per il resto la ramificazione delle strade percorribili è piuttosto larga e offre molte opzioni alternative. Insomma, si può raggiungere allo stesso risultato anche seguendo vie differenti. Non si ha mai l’impressione di procedere in uno stretto corridoio dove ad ogni svolta sbagliata ci può attendere la morte, bensì di avere effettivamente libertà di movimento, sapendo che se non si è ottenuto il risultato sperato in un modo, basterà cercare un'altra via. Per finire vorrei spendere due parole sullo stile narrativo di Marco Zamanni che, sicuramente, fa il suo lavoro e lo fa bene, anche se a tratti l’ho trovato troppo asciutto e avaro di descrizioni. È vero, ormai la Londra di fine ‘800 è entrata nell’immaginario collettivo di tutti noi, dopo centinaia di film a base di Sherlock Holmes, Jack lo Squartatore & Co. Quindi immaginare le ambientazioni che troppo spesso Zamanni accenna appena non comporta alcuna fatica per le nostre menti. Non di meno avrei apprezzato un maggiore sforzo nella descrizione degli ambienti in cui ci troviamo a muoverci. Ultima nota, questa assai dolente, riguardano le illustrazioni. Non quella di copertina di Vincenzo Patriccò che, pur essendo molto scura (come consuetudine per questa collana della Watson Edizioni), è davvero bella ed evocativa. Parlo, aimè, delle illustrazioni interne, a mio avviso inguardabili. Mi rendo conto che è sempre sgradevole tranciare giudizi sul lavoro e le fatiche fatti da qualcun altro, tanto più che non posseggo quasi nessuna competenza artistica. Se questo fosse stato un LibroNostro soprassiederei, ma trattandosi di un prodotto editoriale di indubbia qualità, venduto al pubblico a 15.00 €, non posso non sottolineare come i disegni presenti nel libro siano molto al di sotto dello standard minimo che mi sarei aspettato. Questo non inficia la qualità della lettura, per carità. Però diciamo che mi lascia con un po’ di amaro in bocca.
Longevità 7.5:
L’ottimo uso delle parole chiave e i vari percorsi imboccabili fa sì che il volume possa essere riletto con godimento più di una volta. Tanto più che presenta sei diversi finali e un sistema di valutazione finale che spinge inevitabilmente il giocatore a ricominciare la lettura per sperimentare nuove strade e vedere altri epiloghi.
Difficoltà 6.5:
Il volume non offre quasi mai Istant Death ingiustificate. Durante la lettura ci si imbatte in alcuni enigmi piuttosto semplici da risolvere. Personalmente odio gli enigmi nei Librogame, perché mettono in gioco la MIA intelligenza, mentre a vivere l’avventura non sono io ma il protagonista. Quindi un enigma che chiama in gioco la mia (scarsa, lo ammetto) capacità deduttiva, spezza immediatamente la sospensione dell’incredulità, oltre che rallentare il flusso della lettura quando non addirittura interrompendola del tutto, nel caso non si riesca ad arrivare alla risposta corretta. Fortunatamente qui gli enigmi sono pochi e tutto sommato semplici da risolvere.
Giocabilità 8:
Il sistema è semplice e perfettamente adeguato al libro. L’alea un po’ si sente e qualcuno potrebbe storcere il naso. Un lancio sfortunato del dado potrebbe condurre alla fine prematura delle nostre letture… ma è per questo che Dio ci ha dotato di così tante dita, non credete?
Chicca:
Le citazioni e i rimandi al libro di Stevenson sono tantissimi e consiglierei a chiunque di rileggersi l’originale per poi gustare appieno questo Librogame. Indubbiamente la più gustosa di tutte rimane la possibilità di incontrare (e forse anche salvare la vita) proprio a lui, a Robert Louis Stevenson in persona. E scoprire che ha un caratteraccio!
Totale 8:
Il libro cattura dal primo all’ultimo paragrafo, lasciando una sensazione di compiutezza e di appagamento. Trasmette efficacemente la sensazione di conflitto interiore che sconvolge il povero Jekyll e ci fa sentire liberi di scegliere quale strada percorrere. Raramente si ha la sensazione di aver imboccato un sentiero secondario o meno interessante di altri. Quindi promosso a pieni voti.
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