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Recensione

Somora 1: Somora La Città della Menzogna
Edizione Vincent Books 2023
autore/i Christian Sussner,Florian Sussner
Recensore gpet74

Somora, la città della menzogna, è un’opera di notevole spessore e non solo grazie ai suoi cinquecento paragrafi. La storia è complessa, matura per tematiche e stile, articolata in tre capitoli e con numerose appendici di approfondimento. Se a questo si aggiunge un regolamento innovativo e funzionale e un’ottima prosa, quello che ci si ritrova per le mani è un vero gioiello, non privo di qualche imperfezione, ma comunque di ottima fattura.
La meccanica di gioco che regola questo Librogame è davvero interessante, non so se questo sistema abbia un nome, io lo chiamerei: “Sistema a parole chiave inverso”.

L’utilizzo dei codici o delle parole chiave è familiare a qualunque moderno lettore di Librogame. Effettuare una scelta comporta lo spuntare o scrivere una parola chiave che tiene memoria dell’accaduto, così il testo, in un secondo tempo, può chiedere se la parola chiave è presente o meno e indirizzare la storia in un modo coerente con gli eventi pregressi. In Somora, invece, l’effettuare una scelta implica il dover segnare un numero di paragrafo di fianco alla parola chiave indicata. Tale numero può essere sostituito da altri rimandi a causa di eventi successivi.

La differenza può apparire minima, invece si rivela profonda. Ipotizziamo di conoscere un personaggio, durante la nostra lettura, quindi, in seguito di stringerci amicizia. Con un sistema di parole chiave classico tenere traccia di questi eventi richiede l’uso di due diversi codici. In Somora, invece, al conoscere del personaggio troveremo una scritta del tipo: - scrivi 42 alla parola in codice: AMICO -. Se poi riusciremo a fare amicizia con questo PNG ecco che il testo ci richiederà di – sostituire il numero al codice AMICO con 83 –. Così al momento opportuno il testo non ci chiederà di controllare quale parola chiave avremo o meno, ma semplicemente ci chiederà di -andare ad AMICO – ossia al paragrafo che abbiamo segnato sula scheda. Il paragrafo di destinazione terrà già conto del fatto di aver conosciuto quella persona (se è il 42, nel esempio fittizio appena fatto) oppure se vi abbiamo stretto un legame di amicizia (al paragrafo 83).
Una pagina è mezza della scheda di gioco comprende dunque la lista delle parole chiave con lo spazio per segnarvi i rimandi. La mezza pagina rimanente permette di tener traccia del tempo trascorso, utile solo nel secondo capitolo, e delle dosi di Godorin possedute e usate, sulle quali tornerò dopo.
Salta all’occhio l’assenza di qualunque statistica, punteggio o possibilità di personalizzare il personaggio. Infatti il gioco non prevede l’uso di alcun sistema aleatorio, tutto è determinato unicamente dalle decisioni che prendiamo durante la lettura e spesso una scelta apparentemente di poco conto può portare a conseguenze inaspettate anche molti paragrafi dopo.

Parlando del personaggio e dell’ambientazione arriva una delle poche note dolenti che mi sento di riservare a quest’opera. La vicenda, come le informazioni in nostro possesso, sono relative esclusivamente alla città di Somora. Del resto del mondo non è dato sapere nulla. Alcune appendici a fondo libro spiegano la geografia e la struttura sociopolitica della città. Da queste si evince che Somora è una sorta di città-stato indipendente e che ci troviamo in un non meglio identificato futuro, infatti la presenza di “cinesi” e i nomi dei luoghi, a partire dalla stessa città, che sono chiari riferimenti biblici, ci inducono a pensare che ci troviamo in un qualche futuro distopico del nostro mondo, anziché in uno di pura fantasia, ma di più non è dato sapere.
Un futuro scarsamente tecnologico, però, che ricorda tanto le atmosfere dei film futuristici dei primi anni ottanta. Niente smartphone, PC o diavolerie fantatecnologiche. Alle case ci sono banali citofoni e a ogni anglo di strada si può trovare una cabina telefonica (il più delle volte vandalizzata, ovviamente), usiamo denaro cartaceo e le armi, i veicoli e il vestiario rimandano direttamente a quel periodo del secolo scorso.
L’aspetto più fantastico in cui ci si imbatte è la presenza dei “Memorabili” ossia dei mutanti, la cui causa delle mutazioni è sconosciuta. Essi vivono ai margini della società, come paria. Ma anche in questo caso non avremo la possibilità di incontrali che verso la fine del libro, tanto che alla mia prima lettura, trovatomene davanti uno, sono rimasto molto stupito, essendomi completamente dimenticato della loro esistenza nel mondo di gioco.
La società è distopica che più non si può! La democrazia è stata abolita, la città è divisa in quattro quartieri e a capo di ognuno c’è un sovrano di fatto che la dirige. Non esiste la legge, visto che la “giustizia”, se così possiamo chiamarla, viene somministrata dai Tribunali Veloci in cui un giudice commina pene a sua discrezione, senza necessità di processi, prove, interventi di avvocati o altro. E in tutto questo la polizia che fa? La polizia è una forza armata al servizio del Giudice Supremo e del Tribunale Veloce, nulla più. D’altronde non esistendo di fatto un sistema di diritto o giudiziario, né alcuna suddivisione dei poteri e nemmeno delle leggi per come le intendiamo noi, non potrebbe essere diverso.

La cura profusa dagli autori nella creazione dell’humus sociale in cui dovremo sguazzare è notevole e da me apprezzatissima… ma allora perché poco sopra ho affermato che questo aspetto per me comporta una nota dolente dell’ambientazione?
La protagonista, che curiosamente non ha un nome, pur avendo un background storico e familiare ben delineato, è una poliziotta onesta, suo padre era a sua volta uno dei pochi poliziotti onesti di Somora e, diventato capo della polizia, aveva combattuto la corruzione dilagante finendo per farsi ammazzare. Ecco! Lo vedete come questo incipit di trama, oltre ad essere banale, stride fastidiosamente con l’ambientazione testé descritta? Come si configura un “poliziotto onesto” che “combatte la corruzione” in un mondo in cui, di fatto, non esiste il diritto e in cui la polizia altro non è che una torma di bravacci alle dipendenze dei potenti? Sottolineo inoltre che la situazione è tale da ben prima che il padre della protagonista nascesse, quindi essa si configura come la normalità e né la protagonista né il padre possono far riferimento ad altri e precedenti sistemi valoriali.

La trama parte poi con l’accusa infamante alla protagonista di essere corrotta, come proverebbero dei soldi di dubbia provenienza trovati nel suo armadietto. Ma anche in questo caso io mi sono chiesto: “Cosa mai significa essere corrotti a Somora?” I poliziotti non assicurano i criminali alla legge, che non esiste peraltro. Anzi il concetto stesso di criminale è ben diverso da quello che pensiamo noi. I poliziotti, per dire, non vanno neppure di pattuglia per mantenere l’ordine pubblico. E’ esplicitato dalle appendici che la polizia si limita ad obbedire ai giudici, qualunque siano i loro ordini.
Non voglio perdere ulteriore tempo su questo argomento, ma spero di aver reso l’idea di come questo bias narrativo abbia raffreddato molto il mio entusiasmo e l’immersione nella vicenda che, altrimenti, sarebbe stata eccellente.

Parlando della storia, questa è davvero gradevole e ben strutturata. Si basa su premesse deboli, come abbiamo visto qua sopra, e fa uso di stilemi ormai triti e ritriti, ma nonostante questo riesce a regalare una bella esperienza al lettore. Non credo di fare spoiler se racconto l’inizio della vicenda: Il nostro alter ego, una poliziotta onesta, alta, bionda e ovviamente gnocca, vene incastrata dal suo corrotto superiore. Questi invece di affidarla al Tribunale Veloce la invia nel quartiere cinese dove viene catturata dal boss criminale locale. Qui gli viene iniettata una dose di Somorin, una droga che provoca una dipendenza immediata. I tossici di Somorin perdono il lume della ragione e desiderano solo poter continuare a farsi una dose dopo l’altra fino alla morte. La nostra protagonista invece viene aiutata da una strana creatura onirica, una specie di Cappellaio Matto in versione horror, che risponde al nome di Sfregio. Grazie allo Sfregio (che è sia nome che aggettivo, a quanto pare) la nostra poliziotta anche se dipendente dalla droga riesce a mantenere una certa lucidità, a patto di superare le frequenti crisi d’astinenza. Ha così una possibilità di trovare un modo per ripulirsi dalla droga e, già che ci siamo, scoprire molte cose su di se e sul padre.
Da qui la storia prosegue con numerosi colpi di scena, dipanandosi lungo tre capitoli adrenalinici. Il primo è per lo più introduttivo e molto guidato, qualunque siano le scelte effettuate esse porteranno al medesimo esito (oppure, e frequentemente, ad una fine prematura). Il gioco vero e proprio comincia con il secondo capitolo, in cui avremo una gran quantità di possibili opzioni tra cui scegliere, ma dovremo fare i conti con rigide limitazioni temporali. Infatti ogni spostamento impiegherà un ora (o due, se si cambia quartiere cittadino) e avremo a disposizione appena una manciata di ore. Qui il sistema di gioco dà il meglio di se e l’esplorazione della caotica, decadente e pericolosa Somora ci cattura in pieno. Per essere sviscerato in ogni possibile risvolto questo capitolo richiede numerose riletture, riservando sempre nuove sorprese ad ognuna. Infine l’ultimo capitolo, del quale non posso dire nulla per non rovinarvi la sorpresa, torna ad essere più lineare ma anche pieno di sorprese. Qui le domande ottengono finalmente una risposta, anche se con il solito metodo dello spiegone finale che, francamente, si poteva evitare. Tutto acquista un senso. Inoltre finalmente incontriamo dei Memorabili!

Oltre alle strade di Somora, il libro ci permette di esplorare anche un'altra affascinante ambientazione: l’Inferno della Dipendenza, nel quale cadiamo a intervalli regolari quando la scimmia sale e ci afferra alla gola (o per chi non conoscesse questa perifrasi, quando siamo preda dell’astinenza). Quando ciò accade il lettore viene invitato a leggere una sezione particolare del libro, con una numerazione differente da quella del resto dell’opera. Qui possiamo esplorare ambienti onirici e disturbanti dove lo Sfregio ci sottopone a sadiche e mortali indovinelli e se non siamo abbastanza abili cadiamo nella morsa della dipendenza da Somorin e per noi sarà la fine. Superando invece le prove che via via lo Sfregio ci mette davanti possiamo ottenere anche informazioni importanti e, in almeno un caso, anche degli oggetti, prova tangibile che l’Inferno della Dipendenza è reale tanto quanto quello di Somora e con esso interagisce anche fisicamente.Detta così sembra una cosa fantastica, invece questa è la parte del libro che più mi ha lasciato freddo. Gli autori ce la mettono davvero tutta a cercare di contestualizzare gli indovinelli, in modo da calarli nell’ambiente disturbante dell’Inferno, ma l’effetto finale è quello di un brutto acido. Si ha l’impressione di essere immersi in un trip psichedelico invece che alle prese con l’agonia dell’astinenza. L’ho trovato davvero molto anticlimatico.E poi ci sono gli indovinelli!Chi mi conosce sa che io li odio visceralmente. Quelli presenti in questo libro sono vari e ben congeniati. Inoltre c’è la possibilità di consumare una dose di Godorin (il metadone del Somorin) per eludere l’indovinello e svegliarsi. Peccato che il Godorin sia estremamente difficile da recuperare ed è necessario arrivare alla fine del libro con una certa dose di queste pasticche in tasca per avere speranze di vincere. Quindi le opzioni, almeno per me, sono state:a). Consumo il Godorin e poi perdo male a fine libro).

Mi scervello per venti minuti su ogni indovinello, mi arrabbio e sbaglio soluzione, venendo ammazzato subito dallo Sfregio. Imbroglio, anche a costo di leggere ogni paragrafo pur di trovare quello giusto.Indovinate un po’ quale opzione ho scelto io?Tornando al libro, cosa altro c’è da aggiungere? Lo stile dei gemelli Sussner è davvero gradevole, non impeccabile ma ben al di sopra della media, i paragrafi sono mediamente lunghi e con adeguate descrizioni, insomma leggerli è un piacere e l’immersione, soprattutto nella concitata seconda parte, è elevata.
La difficoltà è medio-alta. La lettura è disseminata di istant-death, nella maggioranza dei casi è abbastanza intuitivo evitarle, insomma basta non andarsele a cercare, ma in altri casi questi finali prematuri sono determinati da scelte che abbiamo fatto (o non fatto) anche molti paragrafi prima.Per fortuna tale mole di finali negativi non risulta quasi mai frustrante, innanzitutto perché sono sempre molto ben raccontati. Quasi mai ci si trova di fronte ad un secco: “Sei morto!” ma avremo sempre il piacere di leggere paragrafi, anche abbastanza lunghi ed articolati che ci raccontano la fine della nostra storia, sempre accompagnata dalle parole: “Ingiusto? Così è Somora!”.

A rendere meno snervante questo true path (anche se non di vero true path si tratta, visto che ci sono quasi sempre diverse strade parallele da percorrere), è stato inserito un sistema di “salvataggio” o “Tavola dell’Imbroglio” come viene chiamata nel libro.

Se si incappa in uno dei famigerati paragrafi finali basta, in teoria, andare a consultare una tabella in appendice e cercare il paragrafo mortale. La tabella ci indica a quale paragrafo recarci per riavvolgere la partita di quanto basta per prendere un’altra via. In teoria…E sì, perché a me, in due occasioni è capitato di finire in un loop in cui la tavola dell’imbroglio mi rimandava ad un paragrafo dal quale mi era poi impossibile schivare la fine indesiderata. In entrambi i casi ho dovuto ricominciare la lettura da capo. Per tanto l’opzione di salvataggio è stata sì prevista dagli autori, ma sulla sua effettiva utilità non metterei la mano sul fuoco.Per finire due parole sul comparto grafico. Esso è sufficiente o poco più. In realtà sono presenti disegni a tutta pagina solo in apertura dei capitoli e per ogni Girone dell’Inferno, per un totale di otto illustrazioni. Queste concettualmente sono molto graziose, infatti presentano il capitolo ispirandosi come stile alle locandine dei film anni ’80, con tanto dei nomi degli “attori” ossia di tutti quei PNG che potremmo incontrare in quel capitolo. Trovata davvero carina, peccato che la qualità dei disegni, seppure sufficiente non sia eccelsa, soprattutto nella rappresentazione delle figure umane. Spicca per qualità la nona illustrazione, stampata su doppia pagina, che rappresenta un incontro determinante che faremo alla fine del libro. Penso che tale illustrazione sia di un differente disegnatore perché è maledettamente evocativa e inquietante. Avrei voluto averle tutte del medesimo livello!

Longevità 8: 

Anche se la storia è lineare sono presenti diversi finali e un sistema di punteggio che valuta la nostra performance. Potremo rileggere anche diverse volte questo libro scoprendo ogni volta nuove ramificazioni e nuovi angoli della città di Somora. Inoltre i paragrafi lunghi e avvincenti allungano l’esperienza di gioco, anche se si volesse affrontare questo libro una sola volta, richiedendo qualche ora di lettura per terminarlo

Difficoltà 7: 

Consigliatissimo a chi ama gli indovinelli. Per tutti gli altri, fate pace con la vostra coscienza e preparatevi ad imbrogliare. Solo un pochino, perché altrimenti perderete, male e in continuazione. Anche senza considerare gli indovinelli il gioco è comunque mediamente complesso. Direi sfidante senza mai essere frustrante.

Giocabilità 8: 

Molto divertente. Estremamente immersivo, ma soprattutto snello. Le poche regole, implementate alla perfezione (escludendo il sistema di salvataggio) rendono Somora davvero un titolo molto godibile.

Chicca: 

Durante la nostra fuga potremmo finire in casa di un cinese che, in cambio del suo silenzio, potrebbe chiederci certe “prestazioni”. Se decidiamo di cedere all’osceno ricatto scopriremo che quello che il laido orientale vuole da noi non è proprio quel che ci aspettavamo…

Totale 8: 

A costo di ripetersi: consigliato!