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Inizia il 2024: come sarà questo nuovo anno a livello di diffusione editoriale dei LG?

Recensione

Lupo Solitario 30: Morte nell'Abisso
Edizione Raven Distribution 2018
autore/i Ben DeVere,Joe Dever,Vincent Lazzari
Recensore Anima di Lupo

Il Maakengorge, lo squarcio abissale che divide il Sommerlund dalle Terre Tormentate, si è dilatato.
E non di poco.

Fa impressione, guardando la cartina, notare il baratro laddove per decenni eravamo abituati a vedere le rovine di Maaken, uno dei luoghi più famosi del Magnamund. Erano un luogo malvagio, d'accordo, ma in qualche modo recuperato al Male da Lupo Solitario quando, quarantotto anni fa, fermò la mano armata di Barraka protesa verso la principessa Madelon, stesa sull'altare del sacrificio, in attesa dell'atto estremo, consumato in cambio della resurrezione di Vashna, l'Arcisignore dei Signori delle Tenebre di Helgedad.

Abbiamo tutti negli occhi la magnifica illustrazione a doppia pagina di Gary Chalk che chiude il 4° volume della EL (fig.21), con la bandiera che garrisce al vento tenuta dal cavaliere dall'esercito reale di Sommerlund sopra le rovine conquistate.

Anni dopo, Richard Longmore proporrà una versione molto diversa della riconquista di Maaken al mitico paragrafo 350. Un’illustrazione diversa ma altrettanto significativa: l'abbraccio tra la principessa Madelon e il padre tra le rovine (fig. 20 del vol. 4 EXP EL del 2009 riproposta tale e quale nel 2014 dalla Vincent Books, sempre fig. 20), con la stessa luna piena sullo sfondo, emette un'intensità tale, percepibile dallo sguardo delle due figure, che il lettore non può esimersi dal pensare, anche solo per un attimo, di essere di fronte al gran finale epico di una bellissima storia cavalleresca.

Osservare ora quel vuoto sulla mappa ci riempie dunque di una nuova consapevolezza: tutto muta continuamente, nel bene e nel male, e non possiamo dare nulla per scontato per quanto riguarda gli avvenimenti che si stagliano all'orizzonte nel prossimo futuro.

Il Maakengorge, oltre ad ampliarsi, si è anche allungato e a est è giunto fino a Casiorn, distruggendo gran parte della città dei mercanti. Questa immensa potenza distruttrice ci ricorda che non sono solo le nostre azioni, o quelle di Lupo Solitario prima di noi, ad apportare delle conseguenze al delicato equilibrio del nostro pianeta. La sensazione che abbiamo, di ritorno al Monastero Kai di Lorn dalla difficilissima missione nel Chai, non è quella di una vittoria ma piuttosto di ansia per una pianificazione di una strategia utile a capire cosa stia succedendo nel Magnamund. Al Grande Maestro Stella Lucente, morto per salvare il monastero di Lorn tre anni fa, si aggiungono Falco Nero, caduto nella vecchia roccaforte dei Signori delle Tenebre di Cragmantle nello Skaror, e Spada Veloce, perito a Ljuk, nel Kalte. Il vertice del Nuovo Ordine piange i suoi fratelli persi e avvia, sotto la guida di Lupo Solitario, nuove spedizioni. I Grandi Maestri Kai Fiamma Splendente e Lince Stellare, sopravvissuti rispettivamente all'abisso di Kraknalorg, che corre lungo il confine tra Cincoria e Starn, e a quello di Gorgoron, nella Magiocrazia di Dessi, andranno in cerca di riscatto per i Grandi Maestri morti mentre noi verremo mandati al salvataggio di Mano d'Acciaio, che ha fallito la sua missione nel Maakengorge, ma è ancora vivo.

S'intuisce subito un senso di cameratismo e di unione che continuerà anche durante la missione a Emolyria. Un Nuovo Ordine Kai più compatto che mai. Anche se gran parte del viaggio ci vedrà da soli come ai vecchi tempi, in questo LG si avvertirà meno la solitudine del cavaliere Kai che spesso traspare nei primi libri della serie Nuovo Ordine, basti pensare al lunghissimo viaggio che da Sheasu ci porta a Seroa, all’incursione nelle Terre Tormentate per fermare Lord Vandyan o al percorso costiero per consegnare la Pietra della Luna, per non parlare della solitudine patita da Lupo Solitario: quella era letteralmente una sensazione di isolamento perché lui è stato per molti anni l'Ultimo dei Kai.

L'idea che prende forma a cavallo tra i volumi 29 e 30 e che si sviluppa appieno nel 30 è quella di un nuovo inizio, una nuova (forse non inattesa nello sviluppo visto ciò che si poteva intuire dai sei focolai di crisi sorti prima della nostra partenza per sedare le tempeste nel Chai) battaglia decisiva per le sorti del Magnamund dove dovremo unire le forze del Bene sotto un'unica bandiera perché il nemico è sì oscuro e imperscrutabile ma indubbiamente intuiamo che è forte.

Iniziamo così la nostra missione, con il lunghissimo viaggio verso nord, per il Maakengorge: la Voragine della Morte.
Anticipando un po' l'analisi tecnica del volume (ma è impossibile non farlo adesso), non possiamo non notare forse l'aspetto più peculiare del libro, ben visibile fin dalle prime pagine e costantemente presente fino al paragrafo 350: Morte nell'Abisso è un volume enciclopedico.

È come se si fosse cercato di inserire nella storia un vero e proprio compendio del Magnamund. Una volta capito il senso che gli autori hanno voluto imprimere al volume, non sai mai cosa puoi trovare nel prossimo paragrafo. Quale personaggio storico e indimenticabile spunterà fuori, a quale aneddoto o riferimento storico si farà riferimento o quale termine tecnico (soprattutto militare) salterà fuori. Inutile dire che, a questi livelli, tale nozionistica non si era mai vista. Ecco spiegato anche, in parte, lo spessore del volume. Molto spazio se ne va in esaltanti ricordi e digressioni da veri fan della saga. Librogame da intenditori da questo punto di vista, non c'è dubbio.

Ed è appunto da un passaggio di questo tipo che l'emozione (quella intensa, da pelle d'oca, che ti fa tenere gli occhi incollati alle parole, quella che da piccoli ci ha fatto realmente essere Lupo Solitario e più tardi, nel mio caso, il Grande Maestro Kai Anima di Lupo. Perché come dice Pelgrana nella sua splendida recensione del 2013 di Ombre sulla Sabbia: “Lupo Solitario è tutti noi, tutti noi siamo Lupo Solitario”) ci afferra implacabile nello storico Prologo della serie, quello statuario Indietro nel Tempo…che solo a leggerlo ci riporta davvero indietro, ma nel nostro tempo quando matite e gomme si consumavano veloci sotto i colpi del destino. Per la prima volta, dunque, a cavallo delle pagine 6 e 7 di Indietro nel Tempo… l'emozione ci travolge. Basta saper cogliere i particolari e leggere, ognuno a modo suo ovviamente, tra le righe i vari messaggi che il testo, l'autore, il tempo e l'esperienza ci mandano.

All'alba del giorno della partenza raggiungi Lupo Solitario nella sua stanza sulla Torre della Luna, le cui vetrate sono di cristallo lunare di Telchos, donato ai Kai dal Concilio dei Trenta. Telchos. Dever nei suoi LG non ha mai trattato questa nazione. Ci viene da chiederci quando abbiamo aiutato Telchos così tanto da meritare un tale splendido regalo? Quale adrenalinica avventura è stata compiuta e da chi? Quale malvagio ha portato scompiglio a Telchos e perché? Se questa citazione fosse stata inserita in un altro libro sarebbe probabilmente scomparsa tra le meccaniche solite dell'avventura e non l'avrei inserita nella mia recensione ma qui, in quest'opera che si propone come l'esaltazione del dettaglio e l’incoronazione della ricerca specialistica, qui no. Qui ha un senso. Ha un senso non perché si debba avere per forza un altro libro che parli di quello che è accaduto a Telchos ma perché sapere che le vetrate vengono da lì rende più reale la stanza, il contesto, l'ambientazione ed emoziona tantissimo perché ci fa immaginare cose meravigliose. Lascia aperte porte nella nostra mente, preparata, perché siamo fan di lunga data esigenti che pretendiamo tanto dal Libro 30, e si contestualizza in un volume pieno zeppo di riferimenti, come già accennato sopra. D'ora in poi, sarà il paragrafo scarno ad essere in difetto perché mancherà di “cultura deveriana". In un libro costantemente citazionistico e ipertrofico dall'inizio alla fine potremmo trovarci insoddisfatti laddove mancassero i riferimenti. Si apre un mondo nuovo, dunque, uno squarcio sul Magnamund a 360°, sempre in cerca della massima precisione.

Avrei potuto fare molti altri esempi, anche più significativi come quello al p.1, sbalorditivo, ma il senso del mio concetto rimane quello.
Certo è che, quando ho ascoltato Lupo Solitario dire queste parole mi si è ghiacciato il sangue nelle vene:
Nell’estate del PL 5100 preparai in segreto un assalto, con l'aiuto di Falco Nero. Sfruttammo la guerra civile tra le varie fazioni dei Signori delle Tenebre e con una piccola forza armata di guerrieri delle Terre Libere ci infiltrammo non visti nella fortezza (Kaag ndr) e riuscimmo a rivendicare la pelle del nostro antenato (Nyxator ndr).”

Io, che non avrei mai smesso di fissare la splendida illustrazione conclusiva di Brian Williams del Libro 14 formato EL, in volo oltre la porta meridionale di Kaag, dopo aver liberato Banedon, cosa avrei dato per tornare lì nei panni del Grande Maestro Kai! In questa immagine, una delle più belle in assoluto di Lupo Solitario, si vede ciò che rimane delle spoglie mortali di Nyxator, ora trasformate in armature chiamate in suo onore Cotte di Nyxator.
Ma Indietro nel Tempo…è da leggere tutto d'un fiato, come sempre.
Poco dopo la citazione su Telchos l'attenzione si sposta sul Tempio di Amida e il contrasto è stupefacente. Passiamo dalla novità di cui non sappiamo nulla ma di cui vorremmo sapere di più alla storia di cui sappiamo tutto, avendola vissuta, ma di cui non ci stanchiamo mai.
Fosti tu a consegnare proprio in quel punto la leggendaria Pietra della Luna ai suoi creatori, gli Shianti, diciannove anni fa.”

Sono le battute conclusive del primo volume della serie Nuovo Ordine, il 21°. Un grande classico.
Tutto il Libro 30 è un alternarsi tra novità e tradizione, futuro e ricordi, ignoto e nostalgia.
Io questo contrasto l'ho trovato assai appagante, come buttar giù una Cervogia accaldati, dopo essersi fatto un cassel di Doomgah.
Di seguito:
Quando quest’isola fu donata al Nuovo Ordine Kai da questi esseri divini (gli Shianti ndr), Lupo Solitario e il Mago Reggente Oberon decisero di non toccare il tempio, simbolo della misericordia di Ishir, e le magnifiche testimonianze dei suoi servitori.

Possiamo notare come nuovo e vecchio di mescolano di continuo: conosciamo gran parte della storia di Oberon ma sappiamo poco o nulla della costruzione del secondo Monastero Kai sull'isola.
A un certo punto, già abituato agli imprevisti e alle atmosfere cupe, ho avuto la fortuna di giungere al p.150 e stavo leggendo di come il cielo sopra Emolyria fosse saturo di Kraan quando mi vennero improvvisamente in mente, vivide, le immagini del Massacro dei Kai, punto cruciale da dove tutta la nostra storia ebbe inizio. Proseguo due righe e il testo, come se mi avesse “Lui” letto nella mente, scrive i miei pensieri! Questo a testimoniare la vicinanza di Vincent Lazzari, fan cresciuto come me (come noi) a pane e Lupo Solitario. Un continuo rimando alle storie di una vita, la “nostra” vita. Lui che ci capisce, che fa parte di quel branco di lupi (Wolfpack, come scritto nella prefazione del libro) unito come non mai da un sesto senso Kai che parte da lontano. Ma se anche fosse più semplicemente un artefatto narrativo ben collegato va già bene così. Il libro è pieno zeppo di riferimenti come mai prima, come fosse già il gran finale. Sembra veramente (e purtroppo probabilmente lo è) l’ultimo libro di Joe Dever.
Concludo questa anticipazione sull'analisi tecnica con la presentazione di Lupo Solitario.
Con i tempi giusti, è stato creato un discorso eccellente, uno dei momenti più emozionanti dell'intera avventura. Ne riporto un passaggio indimenticabile ma è tutto da non perdere.
“Per la prima volta il Supremo Maestro Lupo Solitario si ferma per scrutarti e, come sempre, trovi difficile sostenere il suo sguardo. Di fronte a te c'è una leggenda vivente. Verosimilmente il più grande guerriero vivente del Magnamund.

Dever ha sempre detto che con il Libro 20 la parte attiva di Lupo Solitario si è conclusa per sempre. Per ora non sappiamo se è tornato sulla sua decisione (o se ha sempre avuto in mente qualcos'altro) prima di spegnersi, nel 2016. Però possiamo star certi che il cameo da guest star anche questa volta è perfettamente riuscito. La sua presenza a inizio avventura è preponderante.
Ma torniamo alla trama.

Partiamo dunque per Emolyria, una città in rovina a picco sul Maakengorge. Se non avete mai sentito nominare questo posto non preoccupatevi più di tanto. Ora riveste un ruolo cruciale, in questa missione sarà il teatro degli scontri, ma in passato nessuno l'ha mai considerata. Anzi, non compariva neppure sulle vecchie mappe EL, che invece riportavano le cascate di Lamenta sul lato opposto del baratro (LS 16) e lo Zaut (LS 16 e LS 24).
Tutta la storia si svolge in primavera, magari qualcuno l'ha notato, ma sfido chiunque a ricordarlo tra vent'anni. Le stagioni sono sempre state importanti nei LG di Dever perché incastonate nell'ambientazione generale del racconto. Tutti ci ricordiamo che quando Lupo Solitario salpò da Holmgard per la Vassagonia stava nevicando. I tetti imbiancati e la neve che cade sono così impressi nella mia memoria che negli anni ogni inverno se nevicava mi veniva voglia di riprendere in mano i LG di Joe Dever.

Oppure quando bisogna partire per il Kalte per recuperare Vonotar. Tutti ci ricordiamo la fretta, prima che i ghiacci stringano la loro morsa attorno alla banchina.
Perché allora non ci ricorderemo che è primavera, qui?
Perché la lunga mano delle Tenebre quando tocca qualcosa la uccide, la spegne.
La campagna ammalata a nord del fiume Dax al p.100 è un passaggio eccezionale, in questo senso.
Quando lasciamo Varetta, sotto gli occhi di pietra del Vero Drago Nyxator, percepiamo (per pochissimo, forse è voluto questo effimero lasso di tempo? Così da non abituarci. Un lieve tocco solo per farci capire cosa abbiamo subito perso) un minimo assaggio della bellezza delle Stornlands, che ben conosciamo.
Ridiscendi il pianoro Cynx e a metà pomeriggio cavalchi già per i Colli Varettiani. La strada maestra svolta e si contorce tra i dolci pendii, dove alberi rigogliosi e fiori dorati spargono il loro profumo nel vento. Prendi un profondo respiro e ammiri meravigliato la campagna, prima di superare il fiume Dax nel villaggio di Vois, nel Principato di Helin.

Dever le adorava (un giorno, in uno scambio di battute su fb, le definii il “cuore verde del Magnamund” e lui mi rispose, sorprendendomi, che erano l'Umbria del Magnamund!) e ce le ha descritte minuziosamente in altri tre volumi (6, 18 e 24), quattro se contiamo anche il 16 ma qui gli autori svoltano rapidamente, hanno fretta di introdurre la vera ambientazione.
Ti svegli da lì a poco nella fredda mattina e riprendi la tua escursione verso nord. Noti che i fiori che ricoprivano le colline ora sono scomparsi, che i segni di vita selvatica si sono fatti rari e che i campi davanti a te sono malaticci, di colore giallo brunastro. È come se la campagna stessa si fosse ammalata a nord del Dax. Carri merci carichi di rifugiati sfilano alla spicciolata, diretti a sud.

Ecco per cosa combattiamo. Per salvare le emozioni di questo mondo, per non appiattire tutto a una landa desolata. E questo è niente in confronto alla spianata dello Zaut, oltre Forte Ruzja. Se poi sommiamo a tale scenario ciò che incontreremo dopo e cioè un bestiario degno della migliore Helgedad, il Maakengorge e le rovine di Emolyria capiamo che la vera ambientazione di Morte nell'Abisso è quella del Regno delle Tenebre, non il Lyris settentrionale.

Giunti a Emolyria inizia la seconda parte della missione, le cui basi, come spiegherò nella parte tecnica della recensione, potranno essere gettate già nella prima parte, quando tutto apparentemente fila liscio.
Armati d'intuito e Discipline Kai, ci confronteremo con il nemico attraverso quella che risulterà essere un'interazione totale, capace di innalzare l'immedesimazione ai massimi livelli. La ramificazione della città in rovina, anche se abbastanza semplice in realtà, è camuffata perfettamente e ci permetterà di evitare la percezione della linearità della storia vivendo invece appieno quella sensazione di smarrimento, di aver lasciato indietro qualcosa, di non aver fatto tutto, dalla superficie ai sotterranei fino alla Prigione del Caos, dove ha inizio la terza e ultima parte della missione. La Prigione del Caos non è solo il luogo dove è tenuto prigioniero Mano d'Acciaio ma è soprattutto il terribile risultato degli esperimenti dei Nadziranim. La minaccia per il Magnamund è ancora una volta molto seria e l'equilibrio tra Bene e Male può essere spostato in un senso o nell'altro. Al grido di “Per Sommerlund e per i Kai!” ci prepariamo ad affrontare un nemico che impaurisce persino Lupo Solitario.

Longevità 9: 

Morte nell'Abisso è certamente un LG lineare ma è anche camuffato molto bene, cosa non da poco nel mondo della narrativa a bivi. Ad esempio, per restare naturalmente su Lupo Solitario, il suo illustre predecessore (LS 29 Le Tempeste del Chai), LG passato alla storia, pubblicato nel 2015, 17 anni dopo il 28, e simbolo della definitiva rinascita di Lupo Solitario (Lupo Solitario, oserei dire, ancora una volta traino per tutto il settore, almeno in Italia, come negli anni ‘80/’90), non solo è lineare come la traiettoria di una Zejar-Dulaga ma tale linearità si percepisce, che è molto peggio.
Qua invece si ha veramente la sensazione di essere padroni della situazione, del gioco, anche se fin dalle battute iniziali la missione è ben tracciata: si va a Varetta (che, per carità, adoro, è la mia città preferita: quanti ricordi!), poi a nord fino al Maakengorge e ci si infiltra oltre le linee nemiche per liberare Mano d'Acciaio. Dov’è, allora, che l'avventura va a prendersi una certa longevità?
Essenzialmente in due punti: la già citata “cultura deveriana" e la giocabilità.
Sulla “cultura deveriana" ho già detto abbastanza quindi riprenderò qua solo alcuni spunti per chiarire come rileggere il libro più volte abbia un senso (anche dopo averlo concluso positivamente).
Innanzitutto, gli autori scrivono bene. Si notano qua e là segni di grande maturità e modernità come per esempio al p.186, quando ci infiltriamo nella via di fuga segreta:
“Il fatto che le autorità di Helin trascurino un simile punto debole nell'armatura della città è un palese segno della loro incompetenza, o della loro corruzione.
Mettere quest’ultimo accenno alla corruzione indica essere consapevoli della vera realtà dell’animo umano che va al di là del lato magico e fantastico. È bello che questo richiamo avvenga nelle Stornlands dove medioevo e fantasy si sono sempre intrecciati.
Il lessico è ricercato ma non stucchevole e si nota un cambio di passo rispetto ai precedenti volumi. In generale, salvo alcuni casi come al p.309 e al p.328 dove non avrei fatto “esalare” il brontolio dal Maakengorge, il lessico è davvero ottimo e le citazioni abbondano permettendo a ogni rilettura di scoprire aspetti nuovi: la prima volta che Hal Morkarn (p.232) viene citato in un LG (lo troviamo in aiuto a Lupo Solitario sullo Storn in LS 6 ma senza che venga nominato. “Il capitano” viene sempre chiamato. Sapevamo già il suo nome solo grazie al quarto volume della trasposizione romanzata dei LG, “Il Labirinto della Paura”), tramite i cosiddetti “Figli di Morkarn” mercenari lyrisiani di stanza al confine dello Zaut, oppure al p.350 la citazione/omaggio al finale di LS 6 (Nel Regno del Terrore) quando viene distrutto il Dakomyd.
La frase:
..il tempo esige il suo tributo da questo essere mostruoso.” è in armonia con “il tempo finalmente ha chiesto il suo tributo a questo terrore ancestrale.
In tanti punti ho notato solo nelle letture successive la finezza di certi aspetti, come il narrato al p.320. Specialmente quando viene descritta l'entrata della Prigione del Caos, con il foro irregolare che sembra muoversi quando lo si guarda, come se cambiasse forma, tanto che ci fanno male gli occhi a fissarlo! Molto suggestivo e coerente con ciò che troveremo al di là di esso.
Possiamo trovare uno spunto di riflessione straordinario anche al p.239, quando, sulla via per Emolyria, ci tornano in mente le parole di Gavalandro sulla Val Dorata. Gavalandro fu criticato a Varetta da Lady Judith (p.335) perché troppo prolisso ma quelle parole furono lo stesso importanti per scatenare emozioni dentro noi stessi. Le parole del veggente, giudicate non fondamentali per la missione, furono interrotte da Lady Judith ma la storia dello Zaut ritorna ora al p.239, nei nostri ricordi.
Ma allora ci possiamo chiedere quanto sia vero che nulla è più necessario del superfluo? (per citare Oscar Wilde). Alla fine forse conta più qualche paragrafo d'emozione così, inutile nella pratica, che avere un pasto in più nello zaino? Non è forse l'emozione, colei che permette di imprimere nella nostra memoria tutti i giorni della nostra vita degni di essere ricordati? Non è forse lei il motore che ci fa compiere le azioni migliori, quelle che facciamo con voglia? Le azioni quotidiane, necessarie, le facciamo, d'accordo, ma non sono quelle superflue che ci danno maggior piacere? Ascoltare, a Varetta, e osservare poi, dal vivo, cos'è diventata la Val Dorata, non serve a nulla perché non è “pratico” o serve a tutto perché scatena emozioni esplosive che rimangono nella mente a lungo e stimolano l'azione?
Senza l'emozione tutto diventa piatto come il Naogizaga.
Il p.239 si apre con una descrizione degna del miglior Dever (e poco importa se sia di suo pugno o no, l'eredità qui è pienamente rispettata): questa desolazione che copre un'antica bellezza, una landa morente al posto di filari e filari di viti produttrici di squisito vino bianco.
Emolyria, la sua più celebrata città rivaleggiava in splendore persino con Varetta fino a che la sua prosperità non conobbe una brusca fine, quando la Val Dorata venne fatta a pezzi dalla Voragine della Morte, le sue città inghiottite o distrutte da quell’abisso maledetto e le loro rovine infestate dalle Creature delle Tenebre.
Sembra veramente un Magnamund nuovo che non conosciamo affatto, dove Zagarna è riuscito nel suo intento e nessun Ultimo dei Kai ha rivendicato quelle terre all'Oscurità.
Man mano che il buio s'infittisce arriva la “vera notte”. E noi dobbiamo dunque immaginare dove abbiamo marciato fino adesso, non solo la desolazione è sotto i nostri piedi ma anche sopra le nostre teste. Pende su di noi attraverso il cielo coperto che ci separa dall'azzurro di Kai, che con la sua luce almeno ci rassicurerebbe un poco, quasi ad allontanare il Maakengorge di qualche kilometro per togliere la cappa opprimente che addirittura, leggiamo più avanti, “affievolisce i nostri sensi Magnakai, facendoci sentire indifesi”. Bellissimo. Siamo potenzialmente un Gran Coronato Kai, erede di Lupo Solitario, ma senza la nostra esperienza guadagnata (con sacrificio s'intende) in anni di peregrinazioni per le inquiete lande del Magnamund, ci sentiamo “indifesi”, come se avessimo veramente sempre bisogno, indispensabilmente, del nostro Sesto Senso, del Controllo sugli Animali, della capacità di Sparizione e della Medicina per recuperare le energie.
Parlando di “cultura deveriana”, volevo citare, come faccio solitamente nelle mie recensioni, qualche illustrazione interna particolare, visto che anch'esse hanno contribuito negli anni a plasmare la nostra immaginazione del Magnamund, ma devo ammettere con rammarico che non mi sono piaciute.
Nulla da dire sulla tecnica e sul metodo di realizzazione, semplicemente non sono il mio genere.
Prima di passare all'analisi della giocabilità c'è ancora un punto importante da sviscerare.
Forse alcuni di voi si sono chiesti: quanto ha inciso Dever su questo volume? Ebbene, appare evidente che Le Tempeste del Chai non è stato l’ultimo libro di Joe Dever. È Morte nell’Abisso il suo ultimo libro. Già mentre leggevo la prima parte della storia e in mente mi si formavano i primi spunti per la recensione, notavo ovunque la presenza dell'autore scomparso. I bivi innanzitutto. Le Discipline Kai hanno un ruolo centrale in moltissime biforcazioni e ogni fan di Lupo Solitario sa quanto Dever abbia sempre calcato la mano su di esse, a volte è stato anche criticato per l'uso eccessivo di certe Discipline, come per esempio l'Alchimia Kai. Qua si è aggiustato il tiro e risulta evidentissimo lo sforzo per equilibrare le varie Discipline. Vengono valorizzate molto (per la prima volta in 10 volumi) anche la Maestria delle Erbe (a Varetta p.63) e l'Astrologia (sempre a Varetta p.234) ma il cuore dell'azione sta spesso nel possedere o meno una Disciplina.
Essere un Kai vuol dire possedere e saper applicare al momento giusto le Discipline e questo per Joe è sempre stato importante.
Sempre ai bivi troviamo i suoi classici riferimenti: l'uso ampio degli oggetti, domande precise su dove ci vogliamo spostare nello spazio (sia all'aperto che al chiuso) e l'estrazione di numeri dalla Tabella del Destino con l'uso di bonus e malus.
Per ultimo cito i molti “Vai al” tipici della saga, molto narrativa, di Lupo Solitario. Paragrafi di trasferimento che finiscono senza scelta che in altre serie sono invece rarissimi.
E poi l’atmosfera. Non facciamoci ingannare dal lessico curato! Quello che intendo sono i contenuti e la prospettiva in cui vengono presentati. La terminologia cambia (ci gela il sangue nelle vene una volta sola mi sembra, per esempio) ma l’angolazione con la quale vediamo il Magnamund è quella di Dever. Durante la lettura mi appuntavo via via note utili e paragrafi interessanti, li trovate quasi tutti sparsi in questa recensione, nei quali ritrovavo tutto ciò che conosco: il mondo di Lupo Solitario. L'incontro con persone fidate a Varetta per fare il punto della situazione è “deveriano”, esplorare tutte le parti in un luogo è “deveriano”, infiltrarsi di nascosto è “deveriano”, combattere tanto è “deveriano”, esaltare il nemico è “deveriano”, evidenziare la crudeltà, la solitudine e la decadenza è “deveriano”, andare a vedere cosa c'è oltre il Magnamund è “deveriano”, curare la parte narrativa prima di quella tecnica è “deveriano”. Poco importa che alcuni tratti di Dever siano comuni a molti autori, essi erano lì negli anni ’80 e sono lì nel 2018: la continuità, doverosa, c'è e tanto basta.

Difficoltà 6.5: 

Ovviamente questo parametro, dipendendo da molti fattori, è alquanto variabile e abbastanza soggettivo. Per una corretta valutazione bisognerebbe sempre tenere conto della Combattività iniziale, della Resistenza, degli Oggetti Speciali in possesso, delle sensazioni personali, ecc...
Secondo la mia opinione, si può riassumere la difficoltà in due livelli, a seconda del grado di addestramento Kai con il quale si intraprende l'avventura.
Morte nell'Abisso ha una difficoltà bassa se giocato con il grado di Gran Coronato (14 Discipline) mentre ha una difficoltà media se giocato con il grado di Grande Maestro Kai Anziano (5 Discipline).
Non ho preso in considerazione livelli intermedi di addestramento Kai perché avrebbe avuto poco senso, spostando di poco la difficoltà in un senso o nell'altro.
La differenza fondamentale sta nel fatto che con il grado Kai di Gran Coronato siamo ben attrezzati, al di là di quali siano le due Discipline scartate all'inizio, e dunque tutto il resto dipende dalle nostre scelte. Ho concluso la storia positivamente al primo tentativo senza nemmeno utilizzare tutti i 10 punti della Medicina e con ancora una buona riserva di Resistenza.
Tutt'altra storia invece se partiamo con solo 5 Discipline (grado di Grande Maestro Kai Anziano): lì abbiamo un percorso obbligato da seguire fino all'incontro con Serocca, vero e proprio chek-point, dove possiamo recuperare tutti i punti di Resistenza.
Prima di analizzare questo percorso obbligato però è bene sottolineare due aspetti molto importanti per poter affrontare questo 30° volume della saga di Lupo Solitario. Prima di tutto è interessante notare come sia stato messo a posto finalmente, una volta per tutte, il discorso dei pasti per chi è in possesso del Fiuto Superiore. Puoi non mangiare perfino nello Zaut e nella Prigione del Caos!
Al p.100 si lascia intendere che le capacità Magnakai possono farci recuperare del cibo per strada (diamo per scontato non in zone impossibili, tipo deserti o terre desolate come il Regno delle Tenebre). In questo paragrafo però siamo talmente stanchi da non poterci muovere per andare “a caccia”. Dunque l'unica speranza è ricorrere alla Disciplina Superiore del Fiuto che ci permette di non mangiare e sopravvivere (nella pratica del gioco non perdiamo 3 punti di Resistenza).
Altro esempio al p.290 quando, dopo aver lasciato Helin, non possiamo allontanarci dall'accampamento degli Accoliti per cercare cibo ma se abbiamo il Fiuto Superiore possiamo “reprimere i morsi della fame.”

Il secondo aspetto da tener ben presente è che se scegliamo di giocare con solo 5 Discipline sarà necessario optare per la Cotta di Nyxator Cynxa perché nel testo il suo utilizzo è sproporzionato rispetto a tutte le altre (anche se tutte le Cotte vengono citate e hanno un senso, va detto. Ad esempio molto carino al p.136 l'utilizzo di Agonera), che invece potremmo scegliere liberamente se giochiamo in “modalità” Gran Coronato, perché saremo così ben messi da poterci permettere la perdita continua di punti di Resistenza dovuta alla presenza ossessiva delle Tenebre (la Cotta di Nyxator Cynxa in genere dimezza il malus dovuto alla presenza delle Tenebre e della Mano Destra). La scelta di mettere in evidenza Cynxa rispetto alle altre sembra assolutamente voluta dagli autori e in un certo senso ciò avrebbe potuto aumentare la già altissima longevità del volume. All'inizio ho subito pensato che se avessimo voluto superare certi specifici passaggi avremmo dovuto rigiocare l'avventura ogni volta con una Cotta di Nyxator diversa ma poi sono andato a controllare e ho trovato solo un'estrazione dalla TdD veramente difficile anche con il grado Kai di Gran Coronato, quella al p.66 con Zhaaxa.

Dicevamo dunque che il libro è calibrato bene nella difficoltà soprattutto per chi lo intraprende con solo 5 Discipline a patto che si stia in un percorso abbastanza obbligato. Questo avviene grazie a un saggio utilizzo della penalità e più in particolare della morte nelle instant death. Gli autori non infliggono danni irreversibili al giocatore quando il “tiro” con la TdD va male o quando non si ha la Disciplina richiesta dal testo. Questo aspetto è importante e denota un'altissima maturità negli scrittori.
Anche così, e pur tenendo in considerazione una certa dose di fortuna nell'estrazione dalla TdD, si potrebbe facilmente arrivare al già citato incontro con Serocca con la Resistenza bassa e lo zaino vuoto. “Ma almeno ci si può arrivare”: penserà qualcuno! E pensa bene, perché sappiamo tutti come sia difficile calibrare un personaggio “debole” in un LG di fine serie adatto più che altro per un personaggio “forte”.
Il problema semmai qui è che il personaggio “forte” risulta troppo forte e spesso sproporzionato nei combattimenti dove troviamo rapporti di forza molto vantaggiosi per noi.
Quindi, secondo la mia interpretazione, se cominciamo l'avventura con il grado di Grande Maestro Kai Anziano dobbiamo tenere un percorso ben preciso che passa dalle scelte iniziali di Guerra,
Liberazione, Raggio Kai, Scudo Kai, Alchimia Kai e come Arma Kai l'ascia Magnara (indispensabile per due motivi: vedremo dopo perché).
A Varetta sfiliamo l'Amuleto di Fedeltà all'Accolito di Vashna e in via Helin prendiamo la fiala di Bacche di Volko, la Pozione di Alether e l'Elisir di Rendalim (ci costeranno 19 Corone d'oro in tutto). Dopo i vari incontri nelle Sale della Cultura, lasciamo la capitale del Lyris. Giunti a Helin andiamo da Delissa e successivamente recuperiamo la veste da Accolito.
Non interveniamo mai durante il viaggio e facciamo i “perfetti malvagi” fino a Emolyria.
Recuperiamo tre pasti nel magazzino, scendiamo nella Cittadella Nascosta e prendiamo la Gemma da Vordak Sovrano nel tunnel minerale per evitare il successivo difficile combattimento contro gli Heldajdok-odakar.
Utilizziamo la fiala di Bacche di Volko per farci strada fino all'immenso portone di kagonite con la serratura a combinazione, oltre il quale ci sono i Cavalieri della Morte Heldajdok-odakar. Consegniamo la Gemma da Vordak Sovrano ai Cavalieri della Morte e, attraverso la colonna di luce blu, scendiamo ancor più nelle viscere del Maakengorge fino a raggiungere l'ingresso per la Prigione del Caos e per la Cattedrale del Grande Ritorno.
La Prigione del Caos si divide in due sezioni.
Se andiamo verso il Caos si va incontro al terribile malus della mano (visibile dalla fig. 4). Oltre a perdere 6 punti sicuri di Resistenza (perché, come abbiamo detto, è indispensabile la Cotta di Nyxator Cynxa e qui viene chiesta la Cotta Zhaaxa) rischiamo la morte nella successiva estrazione dalla TdD. Molto probabilmente però finiremo con la penalizzazione di 2 punti di Combattività e di 2 punti di Resistenza. Chi ha come Arma Kai un'asta, uno spadone o una lancia non potrà più usarle perdendo in un colpo solo 10(!) punti di Combattività per colpa della lesione alla mano (tralasciamo la perdita dello Scudo perché, chi parte con 5 Discipline, non lo ha non avendo completato i libri precedenti. Più o meno stesso discorso per l'Arco, non indispensabile). Ecco dunque il primo dei due motivi per cui bisogna scegliere l'ascia Magnara a inizio missione: essendo l'ascia un'arma più maneggevole possiamo continuare a combattere con essa mantenendo il bonus alla Combattività.
Se invece analizziamo l'altra sezione della Prigione del Caos (la Follia) le cose vanno anche peggio perché finiremo molto probabilmente nel difficilissimo combattimento contro Jahksa di Tharrayn. Diciamoci la verità: chi è che rischierebbe di andare a fare quel “tiro” insidioso alla TdD? Bisogna fare 7, 8 o 9 perché non abbiamo alcun potenziamento, la Cotta di Nyxator Crocaryxa, come già detto, non la possiamo scegliere perché è indispensabile avere la Cynxa e lo Scudo Kai magari ce l'abbiamo ma non certo il livello di Barone del Sole.
Comunque, in caso di tiro fortunato, eviteremo Jahksa di Tharrayn e finiremo a un paragrafo di raccordo con una parte in comune alle due sezioni della Prigione.
Secondo me conviene andare nella sezione del Caos e da lì proseguire fino all'incontro con Serocca, dopodiché la prima parte della missione è alle nostre spalle: inizia il gran finale.
Attendiamo che la riunione degli Anziani finisca e poi usiamo l'Arma Kai Magnara (ecco il secondo motivo per cui va scelta a inizio avventura: qui non abbiamo il Moggador-kor-Kaggaz, il Magi-Magic, il Martello di Andarin e nemmeno possiamo usare l'Arco per via della ferita).
Dovremmo arrivare poi al combattimento contro Teakkro con un Rapporto di Forza più o meno pari a -5 e una Resistenza di poco superiore a 30: sarà dura ma non impossibile. Al limite possiamo spenderci l'Alether.
L’unico scontro con Gorgavu, Signore dei Daemonak, sarà comunque molto delicato perché saremo senza il +4 della Cotta di Nyxator dunque avremo più o meno un Rapporto di Forza pari a -2. Comunque anche questo passaggio è fattibile. L'ultimo scoglio contro i Dakomyd non è difficilissimo grazie al +10 di Combattività per la presenza di Mano d'Acciaio al nostro fianco. Inoltre (sempre grazie a Mano d'Acciaio) dimezziamo le perdite di Resistenza.

Tirando le somme, bisogna evidenziare un punto fondamentale: il bilanciamento del volume con qualsiasi livello di forza. Se paragoniamo, per esempio il Libro 29, Le Tempeste del Chai, possiamo
osservare come sia molto dura arrivare in fondo alla missione con il livello massimo (Gran Barone) e tutti gli armamenti del caso. Bisogna assolutamente centellinare le energie, usare i 10 punti di Medicina nella seconda parte dell’avventura e conoscere bene il percorso. L'adrenalina è maggiore rispetto al 30, bisogna ammetterlo, pur tenendo conto dei limiti di quel volume sottolineati nella mia recensione del 2015. In Morte nell'Abisso invece l'emozione è spostata più sul lato narrativo e per cercare il “rischio” del punteggio basso bisogna giocare con il grado di Grande Maestro Kai Anziano, con il quale era praticamente impossibile finire Le Tempeste del Chai.

Quindi, aver ridotto la difficoltà per dare la possibilità ai gradi più bassi dell'addestramento Kai di completare l'avventura, da un lato è fonte di ammirazione per la meravigliosa calibrazione ma dall'altro ha facilitato troppo la vita al grado massimo, quello di Gran Coronato, che in fin dei conti è quello che tutti sentiamo di più, quello con il quale vogliamo giocare, perché in serie. Dunque, scelta sempre molto difficile da prendere per qualsiasi autore questa, specialmente quando si deve calibrare un personaggio stretto in una forbice di 14 Discipline!

Giocabilità 8: 

Dicevamo che l’ottima giocabilità del volume ne aumenta la longevità perché è un piacere riprendere in mano un LG dove ci sono sempre molte azioni diverse da compiere.
È anche vero che, l’impressione, a volte, è che si sia messa tanta carne al fuoco e in 350 paragrafi non si possono fare miracoli, dunque ne esce una certa linearità. Linearità, come già detto, ben mascherata da paragrafi di descrizione molto accurati e da una struttura narrativa articolata in cui paesaggi, città e luoghi sembrano più grandi di quello che sono in realtà.
Non serve una recensione meticolosa per smascherare le vere meccaniche, bastano più letture. Il punto cruciale rimane dunque quanto sia divertente giocare a Morte nell'Abisso e secondo me un appassionato della serie sarà contento di esplorare in lungo e in largo e il suo divertimento sarà proporzionale al gradimento dell'ambientazione e dei temi trattati (c'è a chi piace più il Kalte tanto per fare un esempio o c'è a chi piace più il Regno delle Tenebre, chi considera il Nuovo Ordine poco interessante e mal bilanciato, chi non ne può più di sentir parlare di Vashna ecc…)
Un neofita della serie invece o si farà incuriosire e travolgere dalla voglia di scoprire il mondo di Lupo Solitario o si annoierà per i troppi riferimenti e i moltissimi nomi anche solo difficili da pronunciare come Nengud-kor-Adez e Heldajok-taagim.

Chicca: 

Chicca n.1
Forse qualcuno avrà avuto la curiosità di sapere cosa significhino le frasi in lingua Giak sparse per il libro. Tenendo conto che il Giak è una lingua sgradevole con poche vocali e priva dell’armoniosa liricità dell'italiano, ho cercato di tradurle.
Il Giak viene utilizzato come lingua internazionale tra le creature malvagie che adorano il dio delle Tenebre Naar e che un tempo servivano i Signori delle Tenebre di Helgedad, prima che Lupo Solitario li annientasse.
1°) p.241 e p.317: inseguimento dell'Accolito di Vashna a Varetta.
“Ok (io) gaj (morire) tor (per) Nadoknar! (oscuro capitano/ufficiale/signore) Ok (io) shushum (mischiare/miscelare) kog (dentro) Nengud-kor-Adez! (Lago di Sangue!) Rannad (tempo passato) ok (io) raneg (ritornare) tukor! (forte!)”
Riordinata in italiano:
“Io muoio per l'oscuro signore! Io mi sciolgo nel Lago di Sangue! Io ritornerò più forte di prima!”
2°) p.253: maledizione dell'Accolito morente a Helin.
“Okim (io, con suffisso drakkarim -im) gaj (morire) tor (per) Nadoknar! (oscuro capitano/ufficiale/signore) Okim (io, con suffisso drakkarim -im) shushum (mischiare/miscelare) kog
Nengud-kor-Adez! (Lago di Sangue!) Rannad (tempo passato) ok (io) raneg (ritornare) tukor! (forte!)”
Riordinata in italiano:
“Io muoio per l'oscuro signore! Io mi sciolgo nel Lago di Sangue! Io ritornerò più forte di prima!”
In queste due prime frasi, essendo “rannad" un avverbio per coniugare i verbi al passato, mi è apparso evidente che per la logica della frase andava messo invece “rogag", l'avverbio usato per coniugare i verbi al futuro.
Volevo però essere sicuro dell'errore e ho così contattato Vincent Lazzari che ha confermato e assicurato che cambierà il termine nelle prossime ristampe.
3°) p.176 e p.78: invocazione di Frerin.
“Dokim shushum kog Nengud-kor-Adez! Dokim niz Nadoknar raneg!”
Riordinata in italiano:
“Lui si mischia dentro il Lago di Sangue! Lui aiuta l'oscuro signore a ritornare!”
4°) p.321: ordine del capo degli Accoliti a Helin.
“Rigi Jet-oknarim!”
Riordinata in italiano:
“Avvisate l'ufficiale anziano!”

Chicca n.2
Tra i tanti riferimenti, ce ne sono almeno quattro che potremmo definire ispirati dal videogioco Joe Dever’s Lone Wolf “Blood on the Snow”, ambientato nel Sommerlund occidentale pochi anni dopo il Massacro dei Kai. In questa storia, che a mio giudizio merita di essere giocata ma che non starò a raccontare in questa sede, hanno un ruolo centrale la famiglia Redalion di Rockstarn (citata al p.279) e la fortezza di V'taag (citata al p.56). In particolare su quest'ultima, viene esplicitamente detto che Lupo Solitario si infiltrò nella fortezza, evento accaduto nel videogioco ma mai nei librigame. Meno evidenti forse i riferimenti al metallo Bronin (p.175 e p.50), che comunque ricorre spesso nel videogioco, e al cubo runico magico al quale Lupo Solitario dà una rapida occhiata a inizio libro.

Chicca n.3
L'Instant Death del p.64 è terribile e stupenda, probabilmente la più terrificante ID dopo quella del p. 258 di LS 18 (L'Alba dei Dragoni) ma mi ha fatto anche pensare all'errore strategico di mandare in missione nel Maakengorge proprio Mano d'Acciaio, parente di Ulnar I e dunque “immolabile” sul solito altare del sacrificio in onore di Vashna.

Chicca n.4
Da non perdere al p.264 i tanti oggetti che “riemergono” dal nostro passato: il Tomo di Tzu, il Dado Xi, la Bambola Nhang, il Disco di Bronzo, la Bussola Siyenese, la Kirusami, il Talismano Majhan, la Pietra di Difesa e l’Anello di Temujun. Un bella sfida ricordarli tutti (o ricordare gli eventi a essi legati). Impossibile, poi, possederli tutti (ma non viene neanche preteso dal testo).

Chicca n.5
Anche questo volume, così come il 29, è uscito in anteprima mondiale al Lucca Comics&Games (ed. 2018). La casa editrice lo ha stampato per l'occasione anche in una copertina variant, identica alla classica ma con le tonalità leggermente differenti, le scritte dorate e un bollino commemorativo della data e del luogo.

Totale 8: 

Morte nell'Abisso è dunque un ottimo LG, non perfetto da meritare il massimo dei voti ma comunque un bellissimo prodotto: si vede che è un librogioco curato.
Per Lupo Solitario è un momento strano. Anche se il marchio è in piena rinascita in realtà si è consumata in questi due anni la fine di un'epoca con la scomparsa di Joe Dever, il suo creatore ma soprattutto il suo indomito trascinatore. Prima da solo sulle mura di Lucca nel 2004, poi pian piano circondato dai tanti fan italiani e dall'utilizzo costante di fb fino alla formazione del “gruppo Vincent Books”. Un uomo tenace appassionatamente innamorato del suo Lupo Solitario. Ripartire dev’essere stata dura per la famiglia e per lo staff che Joe si era costruito attorno, soprattutto in Italia.
Io ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, e di incontrarlo per la prima volta proprio su quelle mura, la mattina presto, quell'autunno del 2004. Lucca ha dato tanto a lui, e lui a Lucca, comprese le impronte delle sue mani sul Walk of Fame, dove rimarranno per sempre insieme a quelle di tanti altri geni del fantastico come lui.
Chiudo con una dedica e un pensiero a Joe Dever riportando le splendide parole dedicate, nel primo paragrafo, a Spada Veloce, morto tra i freddi ghiacci del Kalte ma che sicuramente ora riposa nella calda luce di Kai e Ishir.
Ricordiamo il nostro confratello non con tristezza, ma con affetto. Grazie al suo generoso esempio, siamo tutti più ricchi per aver avuto il privilegio di conoscerlo e di aver servito al suo fianco.