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Recensione

Fantasy Punk 4: Bitpunk 1987
Edizione Librogame's Land 2023
autore/i Federico Bianchini
Recensore Dragan

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È il 1987, ma non quello che abbiamo conosciuto: lo sviluppo tecnologico ha subìto un’accelerazione, la cultura dell’informatica e delle reti avvolge l’umanità pure con degli hardware d’antan e il mondo è globalmente connesso in spazi virtuali palesi, il Bitspace, e nascosti, il Voidspace. Dominano gli arti cibernetici, i cyborg sono una realtà, ci si muove entro raffinate città simulate in pixel art dove prolifera l’economia e sguazza la criminalità organizzata, con confini sottilissimi tra i due mondi. “Il futuro è arrivato un po’ prima”, l’ottimo riassunto.

Nell’ambigua Londra di questo universo ucronico di taglio evidentemente cyberpunk, o meglio, prodromico a esso, mondo plasmato dall’ossessiva creatività di Federico “Djmayhem” Bianchini, si muove il giornalista esperto di videogame Eddie Sayama, ingaggiato tuttavia dalla multinazionale Nintari come un vero e proprio detective: deve ritrovare una scomparsa stella di quel mondo, lo sviluppatore Hiroshi Nagare, ma gli spietati manager che lo chiamano si accontenterebbero anche solo di una copia del suo prossimo videogioco, l’annunciato capolavoro “Beyond Darkness”, sparito assieme al demiurgo.

Comincia così l’ultima fatica del prolifico autore cresciuto a pane e librinostri, che riempie di un altro volume, il quarto, lo scaffale già capiente della sua collana contenitore “Fantasy Punk”. E l’ambientazione deve amarla oltremodo, dal momento che - sulle ali della fantasia - l’avventura raggiunge ben presto la ragguardevole soglia dei 900 paragrafi. Di qui la necessità di dividere il romanzo in due volumi, il secondo con ulteriori 330 sezioni numerate della storia principale, e arricchito anche con storia bonus e ulteriori materiali storici e divulgativi di appendice.

L’opera, da intendere come un unicum, è una gigantesca e dettagliata dichiarazione d’amore alla cultura nerd, che porta l’autore a immaginarla addirittura più bella di quanto in realtà fosse, alla stregua di un autentico innamorato. Ogni paragrafo è pieno di minuti riferimenti a dispositivi e programmi della seconda metà degli anni Ottanta, con tanto di citazioni delle specifiche hardware al massimo livello di dettaglio. Non mancano appropriate illustrazioni in bianco e nero, ricavate da foto con una particolare tecnica, che restituiscono un mood romantico di quei “trabiccoli”, dall’Imc Traveller 286 al Macintosh Portable, dal Motorola Dynatac 8000X noto come “brick-phone” fino al nostrano Olivetti M28: opere di design, ingegneria e programmazione degne di ammirazione visti i tempi e le tecnologie disponibili.

Parimenti sono distribuite, nel testo, reference estese alla cultura pop del periodo, da brani musicali a brand di ogni genere, anche se in misura non così preponderante rispetto all’elencazione di periferiche e software. A proposito di questi ultimi, un plauso particolare va posto sulla caratteristica dei listati di codice vero e proprio che campeggiano qui e lì in punti cruciali del volume. Programmi scritti e funzionanti secondo gli antichi linguaggi di programmazione cui costituiscono un evidente richiamo. Una forma di riverenza al Basic e ai suoi fratelli che, a chi scrive, non può che ricordare un omaggio tanto diverso e tanto simile, quello a Dante Alighieri attraverso delle inedite terzine replicate in una propria opera!

In questo habitat decisamente affascinante si muove Sayama, la cui missione si complica alla svelta. Ci sono più modi per raggiungere gli snodi fissi predisposti da Bianchini, in una progettazione sostanzialmente lineare, eppure con variabili talmente numerose e articolate da garantire il giusto grado di longevità. La fase iniziale della missione, infatti, può essere svolta sia da casa, acquisendo informazioni seduti al pc, come un vero e proprio nerd, oppure sul campo, sforzandosi di andare a trovare in strada quegli stessi contenuti. Nell’uno e nell’altro modo si finirà per incontrare, tuttavia, prima o poi, la pirata informatica Max, che potrebbe (ma anche no) diventare un buon complice della ricerca; quasi nello stesso tempo, una specie di “Terminator” chiamato Mandroid si metterà sulle nostre tracce con intenzioni assassine.

E di qui si comincerà, brandello dopo brandello, a ricostruire il puzzle e a capire perché Nagare si è tolto di mezzo, e quante e quali implicazioni angosciose e inquietanti si celino dietro lo sviluppo del suo nuovo “videogioco”. Il primo volume si chiude con una spericolata missione di salvataggio di un altro hacker leggendario, noto con il nome di Tron, all’interno della sede di una corporation che sfrutta “spintaneamente” i suoi servigi giù nel quartiere di Little Osaka: Sayama potrà condurla, ancora una volta, da smanettone, davanti allo schermo, oppure da vero e proprio infiltrato, nel mondo reale, con insidie letali in entrambe le varianti.

Da qui, con lo sperabile aiuto del nuovo arrivato , ripartirà la caccia al bersaglio nel secondo tomo, che costituisce l’atto finale, più breve e ficcante, e dalla progettazione senz’altro più lineare: l’autore aveva in mente un esito ben preciso e nella coda dell’opera lo mette in scena senza esitare, tralasciando le variazioni di percorsi e finali tipiche del game e concentrandosi molto di più sull’aspetto del romanzo.

E così, l’avventura si snoderà inesorabile dal vecchio dojo (palestra di arti marziali) del protagonista alla bidonville di reietti informatici della società di Tokugawa Bridge; e ancora, dalla nuova avventura nelle insidie virtuali del “voidspace” fino al rendez-vous finale nel “plant” industriale nell’Essex contro i tre colossi industriali Admiral Ltd, Kreator Maschinen e Sasaki Import Export, con l’obiettivo di accertare e portare alla luce del sole ciò che Hiroshi Nagare aveva già provato a diffondere celandolo dietro il suo misterioso videogame: la verità sulle depravate pratiche di ingegneria chirurgica, genetica e informatica che il trittico di multinazionali sembrerebbe porre in atto nei loro segreti quartier generali.

Diversi i possibili finali, negativi, neutri e positivi, a seconda di quanto si sarà stati bravi e fortunati a scoprire sull’intrigo internazionale che si cela dietro l’incarico iniziale di Sayama. E non mancherà, nell’appendice, l’opportunità di calcolare il proprio punteggio manco fossimo dinanzi a un coin-op in sala giochi, con i numeri che schizzeranno alle stelle se si saranno trovati e collezionati determinati oggetti, dispositivi o videogiochi.

Il sistema di gioco presenta un’ingegneria old style, altrettanto cara all’autore. Eddie ha tre caratteristiche principali, Skills, Agilità e Bitrunning, punti vita reali, virtuali e neurali, e tutte queste statistiche si elaborano e giocano con i dadi. Ci sono, poi, sei capacità secondarie in cui invece i punti li assegna il lettore a discrezione. Non mancano inventario, non troppo impiegato, e denaro, e sul lancio dadi e check con le caratteristiche si basano, con meccanismi noti, prove di abilità e combattimenti fuori e dentro la rete. Completano il motore gli Input numerati, un’ottantina circa, da segnare sull’apposito registro e che fungono, di volta in volta, da indizio di cose apprese o da parola chiave di azione svolte e risultati buoni o cattivi centrati.

Interessantissima, nella seconda parte, la peculiarità di dover scegliere tra una lista di programmi di varia utilità, difensiva e offensiva, da utilizzare nelle proprie scorribande digitali, per un massimo di 1.600 Kilobyte, un carnet di “arti” che potranno risultare utili o addirittura salvavita nell’affrontare i torbidi ambienti del voidspace. Inoltre, l’unico modo di evadere da quella che diventerà presto una prigione cibernetica, sarà condurre (e vincere) una partita al mitico videogame per C64 “Beyond the forbidden forest”.

C’è una magia dei “vecchi tempi” che permea indiscutibilmente questo libro, dalle plastiche beige dei laptop di una volta alle sfumature quadrettate della pixel art. Un mood che non potrà che affascinare, riportandolo indietro nel passato, chiunque abbia mai caricato un gioco a partire dal prompt C: o perfino realizzato qualche programmino in Basic partendo dalla riga 10 CLS. Per non parlare di quelli ancora più cervelloni, con tutti quei continui riferimenti. Ma il cocktail non è escluso, anzi probabile, che possa stuzzicare anche qualcuno delle nuove generazioni, che di tutto quel ciarpame hw e sw ha forse solo lontanamente sentito parlare.

La storia promette bene e chi ha già letto opere di Bianchini non faticherà a ritrovare stilemi classici che rendono la trama inquietante e proiettata a un mondo oscuro, dove i buoni sono pochi e malmessi e i cattivi e cattivissimi tanti e feroci. Procedendo alla valutazione, alla fine si rimane con una sensazione di appagamento che non può che valere una promozione, appena mitigata da qualche snodo un po’ cervellotico, qualche appesantimento della narrazione e alcuni meccanismi ricorrenti che in fondo non sono mai cambiati fin dalle opere di esordio del nostro Dj.

Come se non bastasse, al termine dell’avventura principale il secondo volume sarà corredato da un’avventura bonus da 100 paragrafi, la classica action “tutto in una notte”, in cui l’ex caporale dei Royal Marines Craig Ellis, reduce della Guerra delle Falkland, e primo esempio di soldato con inserti cibernetici non ancora troppo performanti, avrà a che fare anch’egli con la Sasaki e con il recupero di un floppy disk compromettente per conto del boss, mentre un po’ troppa gente cercherà di fargli la pelle portandolo a pensare che ci sia qualcos’altro dietro...

Nota sulle valutazioni: nella “Longevità”, chi scrive dà un giudizio quanto sia ben progettato il librogame in modo da essere giocato più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La “Difficoltà” stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La “Giocabilità” è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su uno o più aspetti con un punto di vista curioso, singolare o spesso simpatico. Il “Totale”, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.

Longevità 7.5: 

Il percorso è lineare ma i modi per arrivarci sono molteplici e disparati, quindi l’opera è stata disegnata bene per intrattenere anche nell’arco di più partite. Non mancano snodi alternativi di approfondimento e comportamento che possono cambiare il punto di vista sulla vicenda.

Difficoltà 7: 

Si ripropone un bivio tipico di questo genere di opere: con punteggi iniziali molto alti o molto bassi il coefficiente di difficoltà può scendere o salire anche di parecchio, rendendo di fatto l’avventura una passeggiata o una faticaccia, dinamiche mitigate solo in parte dal resto del sistema di gioco.

Giocabilità 7.5: 

Il complesso di statistiche e punteggi non si ingolfa anche se qualche variabile sottoutilizzata alla lunga potrebbe suonare un po’ ridondante e quindi omettibile se si ipotizzasse di ripensarne il funzionamento. La partita scorre, comunque, senza particolari forme di attrito.

Chicca: 

Tra le tante cassette di videogiochi su cui possiamo allungare le zampe nei sordidi mercatini spiccano quelle per Spectrum intitolate “The Warlock of Firetop Mountain” e “The Citadel of Chaos”, che a chi conosce i librogame potrebbero ricordare qualcosina... Da non sottovalutare anche l’opportunità, concessa nella seconda parte, di mettersi a bordo di una leggendaria Lancia Delta Lx del 1984, capace di non sfigurare anche alle prese con inseguimenti disperati da action movie statunitense.

Totale 7.5: 

Un’opera di buon livello, adagiata su atmosfera e ambientazioni di indiscutibile fascino e con una trama complessa e dipanabile al punto giusto che si spera possa trovare ulteriori articolazioni in future opere della saga “Fantasy punk”.