Home Enciclopedia Editori

Cerca nel sito

Il Sondaggione!!

Qual è il tuo genere di librogame preferito, pensando a un ipotetico titolo inedito di prossima uscita?

Recensione

Sherlock Holmes 5: I Dinamitardi
Edizione EL 1991
autore/i Milt Creighton
Recensore spadadelsole

Un attentato dinamitardo alla stazione della metropolitana di Paddington, la morte di un giovane ufficiale che non avrebbe dovuto essere li… Sarà “soltanto” un attentato dei separatisti  irlandesi oppure no?
Tocca a noi, tenente Charles Watson, ufficiale dell’esercito nonchè cugino del dottor Watson, indagare, su ordine del nostro colonnello, sulla morte del nostro migliore amico.
Inizialmente l’indagine si muoverà attraverso molti possibili binari, dato che non saremo obbligati a cercare subito Holmes, e, anche dopo averlo contattato, potremo continuare a muoverci autonomamente, almeno per un po’. Anche se l'avventura offre molte possibili evoluzioni, in realtà c'è un indizio che conta più di ogni altro, quello contrassegnato dalla lettera B: scovarlo potrebbe rivelarsi tutt'altro che facile. In caso di fallimento, l’avventura si concluderà subito, a causa del consueto check posto all’inizio dei libri scritti da Milt Creighton, autore anche di Intrigo a Buckingham Palace.  Se al contrario riusciremo nel compito, dovremo scoprire la sordida verità celata dietro la rispettabile facciata di un esclusivo club: il livello di difficoltà a questo punto si alzerà parecchio, costringendoci a improvvisarci autentici agenti segreti e scatenando nell'animo del lettore un'adrenalina non indifferente.
Una delusione sarà data dall’eccessiva velocità con cui, imbroccando il percorso corretto, sarà possibile concludere la storia, decisamente più breve della media delle avventure di questa collana.
Discutibile è anche il modo in cui sono gestiti i vari finali, dato che, anche nel caso non si riesca  a raggiungere l'epilogo migliore o ci si debba ritirare a metà indagine, si verrà comunque dirottati al paragrafo finale, lo stesso cui giungeremmo in caso di una completa risoluzione dell'enigma, e dove riceveremo una decorazione dalla sovrana!
Una livellazione forzata e frustrante!  Appare altresì pretenziosa l’idea di far dipendere tutta l’indagine da due elementi in apparenza insignificanti, come un biglietto di un guardaroba e un bottone, ma, come in un autentico racconto alla Conan Doyle, Holmes ci dimostrerà come la cura dei dettagli sia decisiva in una missione come la nostra.
Escludendo il micidiale Smeraldo del Fiume Nero, i volumi della serie Sherlock Holmes possono essere divisi in due gruppi, a seconda del loro autore e tale differenza non è cosa da poco, dato che pur non essendo il padre della collana, Milt Creighton  introduce profonde modifiche rispetto a Gerard Lientz, così evidenti da dar vita ad una sorta di rimodellazione della serie.
Da una parte abbiamo  indagini statiche, con lunghi esami della scena del delitto, compiute da un detective non ben caratterizzato,  pur destinato a diverse ricomparse. Uno dei personaggi interpretati, poi, paradossalmente, è un cugino di Watson in un caso, un ex irregolare nell'altro, cambiando in modo piuttosto disinvolto identità. Dall'altra abbiamo al contrario casi molto dinamici, in cui l'azione è molto importante, più ancora delle parole, e gli indizi sono presenti in misura decisamente minore, con un pesante check di quanto scoperto già ad inizio avventura. Anche il detective è ben descritto in ogni aspetto.  Inoltre, mentre i libri  Lientz  si esauriscono in delle semplici indagini, quelli di Creighton costituiscono il preludio a problemi ben maggiori, di scala internazionale, sfociando, in un certo qual modo, nella fantapolitica e nel mondo dello spionaggio. Ulteriore caratteristica di Creighton è l’introduzione non di un solo finale, ma di varie categorie di epiloghi. Per spiegarsi meglio, oltre al classico, unico finale pienamente soddisfacente, definitivo e positivo, troveremo varie conclusioni secondarie, abbastanza esaustive anche se non assolutamente piene, in cui scopriremo solo alcuni aspetti del caso, per non parlare poi dei vari epiloghi negativi in cui saremo sconfitti, ma consolati dal fatto che le nostre scoperte, per quanto scarse, saranno comunque preziose perché la polizia (nel settimo volume) o Holmes (nel quinto) possano proseguire e concludere le indagini. Ovviamente vi saranno anche conclusioni disastrose, in cui saremo sconfitti senza appello.
Costante sarà altresì la presenza della regina Vittoria in persona nelle ultime pagine dei vari volumi.
L’interattività, infine, risulterà decisamente aumentata, complice la maggiore azione.
Non è facile dire quale modello sia il migliore, dato che ognuno ha i suoi pro e i suoi contro : le possibilità fantapolitiche di Creighton hanno indubbiamente un fascino unico, unito ad un ottimo stile di scrittura, ma, allo stesso tempo, presentano dei forti problemi di bilanciamento, controindicazione tipica della serie, anche a causa della decisione di mettere un  forte check point iniziale. Intrigo a Buckingham Palace, infatti, risulta alla fin fine troppo condizionato da un assetto narrativo e poco da uno ludico, dato il livello di difficoltà altissimo, persino per un libro della collana Sherlock Holmes, mentre I Dinamitardi risulta, appunto, troppo breve e non abbastanza equilibrato.
In ogni caso, il "sistema Creighton" riesce nell'intento di nobilitare la serie perché, pur non realizzando appieno i propri obiettivi, ne dimostra le ampie potenzialità.

Longevità 6: 

Davvero soggettiva dato che la brevità dell'avventura potrebbe incoraggiare, ma anche scoraggiare, eventuali riletture.

Difficoltà 8: 

Alta, sia per la difficoltà di trovare l’indizio decisivo nelle battute iniziali, sia perché non è scontato giungere ad una soluzione completa dell'enigma.

Giocabilità 7: 

A un'ottima possibilità di interazione fa da controaltare una limitata facoltà di variegare il percorso raggiungendo risultati soddisfacenti. Contribuisce a mantenere il voto a un buon livello l'ispirata verve narrativa di Creighton.

Chicca: 

/

Totale 7: 

Un titolo "solo" buono che lascia un po' di amaro in bocca, perché i presupposti per realizzare un capolavoro c'erano tutti.