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Recensione

Fra Tenebra e Abisso 2: La Megera
Edizione Aristea 2019
autore/i Andrea Barbera,Dario Leccacorvi,Diego Barbera
Recensore Dragan

Il percorso di un “classico”


Un eroe senza nome prosegue l’avventura nel complesso e periglioso mondo del Rayn per liberare il suo più caro amico dal temibile Marchio del Vassallaggio. È una tappa intermedia, quindi di passaggio, quella raccontata da Dario Leccacorvi, patron nonché autore di Aristea, nel secondo volume della serie “Fra Tenebra e Abisso”, intitolato “La Megera”. Ma non per questo la vicenda è scevra di emozioni, tutt’altro.

Ritroviamo il protagonista che - per scelta inclusiva - può essere maschio o femmina, nella città di Sorgand in cui lo avevamo lasciato e alle prese con una concretissima esigenza che di rado compare nei libri a bivi: deve trovarsi un lavoro! Subito, quindi, si dispiegherà un ammirevole ventaglio di possibilità, con un grande snodo che richiama certe atmosfere open world alla “Terre leggendarie”. Una mossa che costituisce il primo e uno dei tanti colpi d’acceleratore alla varietà e longevità in un’opera che, invece, di per sé presenterebbe una progettazione lineare come un fuso.

Una volta completate le fatiche lavorative, le compravendite per ampliare l’equipaggiamento e l’eventuale potenziamento personale, si partirà alla ricerca della Megera del titolo, l’unica capace - forse - di sciogliere il Marchio che incombe sul povero Noder Nizwa. Due le possibili strade, che costituiscono tappe alternative della vicenda e pertanto giocabili solo in diverse partite: una più faticosa e rischiosa, addentrandosi per regioni inesplorate con un vero e proprio camping di sopravvivenza; l’altra, più confortevole ma costosa, passando lungo i fiumi. È un’altra spintarella alla longevità, con una dicotomia pur tuttavia identica a quella del primo volume.

La parte della foresta è progettata in modo da logorare lentamente l’energia e le risorse del lettore. Come fosse una specie di gioco dell’oca si andrà alla ventura, imbattendosi di volta in volta in una creatura ostile, in un evento positivo o meno, nella necessità di nutrirsi o anche senza che accada nulla, a seconda dei capricci della sorte. Tutto questo, con grande sfoggio di inventiva e di ampiezza narrativa degli ambienti e dei personaggi dell’universo del Rayn. Al termine di ogni giornata si fisserà il campo, tenendo il conto del lento scorrere del tempo. Fino a quando, dopo dodici tappe superate con successo, la meta sarà raggiunta.

Un simile meccanismo a eventi è senz’altro ingegnoso, anche se il ricorso cospicuo al lancio dei dadi e il passaggio periodico sempre negli stessi paragrafi di intermezzo fanno perdere un po’ il senso del romanzo, dando piuttosto l’impressione di trovarsi all’interno di un gioco (e in fondo, tal’è).

Una sensazione che potrebbe scontentare i lettori più orientati, nei propri gusti, a sbilanciare l’equazione gioco-narrazione verso quest’ultima. Ma va anche ricordato che questa atmosfera deve essere senz’altro più tenue nella prima versione di questa storia, realizzata attraverso una app dove certi passaggi c’è da scommettere che siano automatizzati e, quindi, dall’apparenza molto più naturale.

Più da librogame tradizionale e meno sincopato è il passaggio attraverso i fiumi Meyr e Ikaite, attraversando le città di Naltau, punto di partenza dell’intera saga, e di Elsevert, fino ad addentrarsi nelle foreste. Con una congrua dotazione monetaria e comportandosi con avvedutezza si approderà sul velluto al terzo e ultimo atto di questo libro.

Le paludi, dunque. Caratterizzerà questa parte un’esplorazione a mappa senza indizi di partenza, seppur non troppo complessa. Quello che - sulla carta - sarebbe un errore di progettazione in ogni buon librogioco del “Rinascimento”, a parere di chi scrive non può essere considerato tale in questa circostanza dove, contestualizzando, l’eroe deve misurarsi con una zona tetra, misteriosa, indefinita, mai esplorata, e non può far altro che avanzare a casaccio cercando di dipanare il corretto itinerario.

Dopo aver perlustrato i colli, i contrafforti e i bacini lacustri, si attraverseranno le rovine di una città misteriosa, un tempo reame di antiche civiltà malefiche, con clamorosa e godibile strizzata d’occhio a inequivocabili suggestioni lovecraftiane, che affatto stonano con l’ambientazione fantasy in questione.

Prima di approdare al clou della vicenda meritano segnalazione anche la “trappola onirica”, una storia nella storia a inseguimento, ambientata nel mondo dei sogni con i paragrafi notturni contraddistinti graficamente da una luna nebulosa accanto al numero. Trappola perché, in caso di scelte scellerate, si verrà riportati all’inizio del sogno e costretti a ricominciare. E ancora, da applausi l’incontro disturbante con se stessi nello Specchio, dove l’autore concede alcune interessanti opzioni: tra queste, quella di vedere il futuro, dando la possibilità di sbirciare a bella posta dei paragrafi decisivi che si incontreranno più avanti.

E da qui non manca molto alla fine: relativamente semplice, rispetto alla fatica per arrivarci, sarà il duello conclusivo, e naturalmente non risolutivo, con la Megera. Con un’ultima mossa a sorpresa, l’avventura potrà concludersi in due modi differenti, a seconda che il protagonista decida o meno di compiere una scelta cruciale: snodo che dovrà necessariamente influenzare, e di parecchio, gli sviluppi nel terzo capitolo della serie, “Emraia”.

Il sistema di gioco conferma l’articolazione ma anche la facilità d’uso di “Il Marchio”: punteggi di Valore, Sapienza e Astuzia per le prove e i combattimenti; energie Fisica e Mentale che calano di conseguenza. Valori di Fato ed Esperienza, frutto delle proprie scelte esistenziali e della crescita del personaggio. E ancora, Specialità per ampliare le proprie capacità in svariati campi, canonici sistemi di armamento, protezioni, inventario, pasti e denaro.

Non è tutto: parole chiave a contrassegnare tappe o avvenimenti fondamentali, punteggi di Luce, Tenebra e Abisso, a seconda di dove vada a parteggiare l’anima del protagonista; in ultimo, stanghette e crocette da segnare sulla scorta delle indicazioni del testo. Non mancheranno sottostrutture di gioco, come nomi di persone da incontrare da trasformare in numeri di paragrafo, combinazioni, giochi da tavolo simulati, enigmi e così via. Perfino interi paragrafi derubricati a libri di testo sulla storia e la geografia del Rayn. Tanta roba, come si vede, ma in un motore funzionante.

Procedendo a una valutazione, per restare in mood, la luce batte la tenebra - pur presente - in questo librogame. La storia si mantiene interessante e vengono dosate tappe un po’ più animate a lunghi periodi in cui il protagonista/lettore è solo con se stesso. La tensione non è sempre al massimo, complice la consapevolezza che si tratta solo di una tappa intermedia, ma le tante soluzioni di gioco rendono l’esperienza godibile. Un altro mattone nel muro di prodotti affidabili e divertenti dati alle stampe da questo editore.

Nota sulle valutazioni: nella “Longevità”, chi scrive dà un giudizio quanto sia ben progettato il librogame in modo da essere giocato più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La “Difficoltà” stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La “Giocabilità” è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su uno o più aspetti con un punto di vista curioso, singolare o spesso simpatico. Il “Totale”, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.

Longevità 8: 

Consentire a una storia che parte da un punto A e arriva a un punto B di avere grande varietà in più snodi cruciali presuppone un grande lavoro di creatività e capacità progettuale.

Difficoltà 7.5: 

Venire a capo del munifico sistema di gioco è molto più facile “in game” di quanto possa sembrare in apparenza mentre si snocciola il regolamento. Le prove e i combattimenti sono alla portata, e non mancano sostegni al lettore come il baro legalizzato (ma limitato) ai dadi grazie alla Catena apotropaica.

Giocabilità 8: 

Su un’ingegneria inequivocabilmente di stampo classico viene applicata un’architettura invece piuttosto moderna, che lascia appagati al termine. Finire la storia non richiederà molto, esplorare la totalità dei 750 paragrafi sarà pressoché impossibile.

Chicca: 

Nel colloquio attraverso lo Specchio, al proprio alter ego sarà possibile chiedere di sapere tutto su se stessi. La cosa di fatto avverrà, ma non ci sarà nessuno a raccontarlo: l’“io” narrante uscirà allo scoperto, rompendo la quarta parete, per ammettere che no, neanche al narratore onnisciente è permesso di scrutare i recessi più oscuri dell’anima del lettore.

Totale 8: 

Fantasy all’italiana robusto, tirato a lucido e senza pecche eccessivamente evidenti, in un universo ormai passato al pettine fine come il Rayn. Questa serie è ormai da considerare un classico del “Rinascimento”.