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Recensione

Skyfall 2: La Piramide Nera
Edizione EL 1992
autore/i David Tant
Recensore firebead_elvenhair

ATTENZIONE: RECENSIONE BASATA SUL LIBRO ORIGINALE INGLESE E NON SULLA TRADUZIONE ITALIANA

Skyfall 2 parte con le migliori intenzioni: il nostro personaggio (non è chiaro se si tratti dello stesso del primo libro, dato che non c'è alcuna possibilità di conservare gli oggetti raccolti e i punteggi raggiunti) si sta guadagnando da vivere presso il confine occidentale del regno di Delta, al limitare del Groaning Desert (il Deserto delle Sabbie Ululanti), nella cittadina di Seven Wells (Sette Sorgenti).

In questa zona, infatti, si trovano spesso reliquie di una antica civiltà scomparsa: questi oggetti, poi, vengono venduti al migliore offerente per i più disparati usi.Una sera, un evento particolare interrompe la tranquillità del sonnacchioso avamposto di confine: un uomo sbuca dal deserto, in condizioni pietose. Il poveretto viene soccorso, ma dalle sue ferite e dal suo stato di disidratazione è chiaro che non ci sono speranze. Ci offriamo, pertanto, di vegliare l’uomo, adagiato su un letto della locanda del paese. Durante la notte, lo sconosciuto riacquista per poco i sensi, raccontandoci la sua storia. Veniamo così a sapere che l’uomo è il servitore di un ricco mercante straniero, quest’ultimo intenzionato a scoprire il fato del proprio fratello, la cui spedizione nel Groaning Desert non aveva mai fatto ritorno.

Il servitore, dopo aver trovato un mago e averne acquistato i servigi, viaggiò tramite tappeto magico verso il deserto, fino a raggiungere quella che può essere descritta come una piramide nera. Nelle vicinanze dell’oggetto, purtroppo, una tribù di esseri bianco vestiti scagliò un lampo contro i due, danneggiando il tappeto e facendoli precipitare. Il mago morì sul colpo, mentre il servitore riuscì a trascinarsi per tre giorni e tre notti sino a Seven Wells. Ciò detto, l’uomo spira poco dopo.Tuttavia, il suo racconto è stato sufficiente ad instillarci curiosità e spirito di avventura: grazie alle sue parole pensiamo di essere in grado di ritrovare la piramide, dove sicuramente sono nascoste tantissime reliquie del passato, che aspettano solo di essere trovate e vendute.

Decidiamo pertanto di fare scorta d’acqua e di addentrarci nel deserto.Il prologo lascia, quindi, ben sperare in merito all’avventura che ci si prospetta davanti. Tuttavia, le speranze saranno presto deluse. Il viaggio attraverso il deserto si conclude in una manciata di paragrafi, durante i quali dovremo affrontare due combattimenti piuttosto ostici; la vittoria in ciascuno, però, ci conferirà un punto in più di Expertise (Destrezza).

Con una Expertise di 14 non dovremmo avere particolari problemi ad affrontare le (poche) creature che si annidano nella piramide: il percorso ottimale per la “vittoria” non richiede, inoltre, alcun altro combattimento, ma solo il recupero di qualche oggetto.Il vero nemico del librogame, però, non sono le creature della piramide, bensì la piramide stessa (o meglio, la descrizione confusionaria dei passaggi e delle stanze che ne fa Tant). Appena entrati nel buio della piramide, infatti, ci rendiamo conto che il nostro compito principale, se vogliamo capire dove ci troviamo, sarà quello di disegnarci una mappa (come nella prima metà di Skyfall 1): peccato che l’autore abbia deciso di complicarci inutilmente le cose.Ci sono, infatti, almeno due modi corretti di descrivere un “dungeon”. Il primo, più facile sia per autore che lettore, è quello di usare i punti cardinali (come fatto dallo stesso Tant nel precedente libro), in modo da garantire a chi legge una descrizione oggettiva della disposizione di stanze e passaggi fra di loro.

Se si teme che un metodo così “chirurgico” rischi di ridurre l’immedesimazione (non sempre il nostro personaggio potrebbe sapere da che parte si trova il nord), si potrà ricorrere ad una descrizione soggettiva dei luoghi che ci circondano, utilizzano come punti di riferimento la nostra destra e sinistra: questo metodo, tuttavia, è più complicato, in quanto costringe lo scrittore a dover tenere sempre presente la direzione in cui il personaggio è rivolto in quel momento, “duplicando” ogni paragrafo a seconda della direzione che fronteggiamo (come fatto dal diabolico Angiolino nel suo In Cerca di Fortuna).Tant, invece, decide di usare una terza via, determinando in un colpo le problematiche maggiori del librogame.

Ogni stanza e passaggio viene descritto da un solo paragrafo, tuttavia senza fornire indicazioni oggettive, ma limitandosi a descrivere cosa ci sia davanti a noi, o alla nostra destra, o alla nostra sinistra… peccato che, senza un punto di vista preciso, destra e sinistra non significhino un bel niente, cambiando, infatti, semplicemente a seconda della direzione in cui il nostro personaggio è voltato!L’unico modo in cui sarà possibile, pertanto, disegnare una mappa sensata, sarà quello di andare a tentativi, cercando di comprendere di volta in volta in che direzione ci muoviamo, o meglio, da che parte era girato Tant quando descriveva quel paragrafo! Non basta: nella maggior parte dei casi, le misure di stanze e passaggi fornite dall’autore sono corrette, ma in altri sono chiaramente errate, costringendo il giocatore – pardon, il cartografo – ad “aggiustamenti” della propria mappa.

Ma, almeno, durante questa esplorazione complicata, succede qualcosa di interessante? Ahimè no: due terzi del librogame si compongono solamente di grigie descrizioni di passaggi anonimi e stanze dal significato misterioso, che contempliamo senza capirci granché. Anzi, è ancora peggio: nella piramide sono presenti trappole, pozzi senza fondo e vie senza uscita che non sono assolutamente segnalate. Potremmo finire prematuramente la nostra avventura solo per essere entrati in una stanza invece di un’altra, senza che ci sia alcun avvertimento o indizio: se in Skyfall 1, almeno, la maggior parte dei pericoli – ma non tutti! - avevano una sorta di avvertimento per il viaggiatore, qui il cartografo può trovarsi di fronte ad un’instant death del tutto gratuita… alla faccia del “pensiero logico” e “razionale” che dovrebbe evitarci i pericoli. C’è persino un enigma che, se risolto, conduce dritti dritti alla sconfitta!

Se la nostra fosse, sin dall’inizio, una missione di salvataggio, si potrebbe quanto meno obiettare che addentrarsi alla cieca in ogni stanza o, peggio ancora, cercare di sgraffignare oggetti preziosi, sia chiaramente controproducente rispetto alla nostra missione, ma noi in quella piramide siamo entrati proprio per questo: ficcare il naso dappertutto e rubare il rubabile…Come se non bastasse, Tant spreca paragrafi e inchiostro a descrivere dettagli assolutamente inutili (ad esempio riguardo all’illuminazione presente o meno in una stanza, che non ha alcun risvolto sul gameplay dato che le opzioni sono le medesime; o ancora, Tant si premura di dirci che se ci siamo bagnati dopo l’immersione in una piscina possiamo asciugarci con degli asciugamani lì presenti… grazie mamma!),lasciando al contrario al cartografo anche la “gestione” dei pochi, pochissimi avvenimenti. Spetterà, infatti, solo a noi annotarci quali stanze abbiamo visitato, quali nemici ucciso, quali passaggi segreti aperto, dato che l’autore non ha fatto lo sforzo di ideare alcun sistema che tenesse conto, ad esempio, se abbiamo o meno eliminato l’avversario che ci aspetta in una stanza: passando di lì, infatti, la descrizione ce lo presenterà sempre come vivo e vegeto… Non basta: tocca a noi anche dare un “senso” al librogame. Ma vediamo meglio come.

Quando giungiamo alla piramide, siamo a secco di acqua: possiamo tornare a Seven Wells solo dopo avere riempito le nostre borracce, ed avere almeno 3 punti di Fortuna. Peccato che, solo pochi passi dopo l’ingresso, ci sia una stanza in cui è espressamente prevista la possibilità di riempire d’acqua le borracce… potremmo, pertanto, già fare dietrofront e tornare a casa, dove in ogni caso verremo congratulati per avere risolto da soli uno dei grandi enigmi di Skyfall…E’ ovvio che, in realtà, ciò che l’autore vuole che facciamo è spingerci – lungo un ben preciso percorso - nei sotterranei della piramide, dove troveremo antichi manufatti e dove potremo liberare dei prigionieri, riportandoli a casa (percorrendo a ritroso tutta la piramide, giusto per aggiungere noia alla noia...). Però, nulla di questo è reso obbligatorio: sarebbe bastato un trito espediente narrativo, come la chiusura della porta di ingresso alla piramide dopo la nostra entrata, costringendoci a girovagarla tutta cercando un’altra uscita, che si sarebbe trovata nei sotterranei, unico luogo in cui succede finalmente “qualcosa” che da un senso al nostro viaggio…O almeno dovrebbe darlo.

Anche esplorando la piramide da cima a fondo, non ne sveleremo il segreto. Il lettore, che conosce la vera origine della civiltà su Skyfall, non impiegherà molto a capire la natura della piramide e di ciò che ci si nasconde, ma il nostro personaggio non è in grado di dare un senso a ciò che vede, ed anche le informazioni presenti nella piramide non gli dicono molto. L’unica certezza con cui torniamo a Seven Wells è che nel deserto giace una misteriosa piramide, ricca di artefatti antichi e protetta da una bellicosa tribù di maghi bianco-vestiti… esattamente quello che sapevamo prima di cominciare questo insensato viaggio!

Longevità 5: 

Se si gioca secondo le intenzioni dell’autore (ovvero raggiungendo i sotterranei, e ripercorrendo a ritroso la piramide) una singola partita è decisamente lunga, in quanto richiede non solo di mappare gran parte del dungeon, ma anche di ripercorrerlo almeno due volte.

Difficoltà 4: 

Proibitiva, ma non per combattimenti o perdite di caratteristiche. La stessa struttura del librogame è la principale difficoltà: mappare un insieme confusionario di stanze e corridoio, con descrizioni poco chiare e a volte errate, con il rischio di incappare in sconfitte improvvise, metterà alla prova anche il giocatore più paziente.

Giocabilità 5: 

Sfortunatamente, anche da questo punto di vista il librogame non presenta particolari guizzi. L’avventura altro non è che l’esplorazione di un enorme dungeon, quasi privo di nemici, con trappole non segnalate, e pochissimi incontri significativi, che non forniscono alcuna sostanza alla storia.

Chicca: 

C’è, almeno, un passaggio degno di nota. Ad un certo punto, ci può venire chiesto se siamo maschi o femmina: ciò deciderà l’accoglienza che ci spetta dal nostro interlocutore! Interessante rendere la scelta del genere, che fino a quel momento non è mai esplicitato, un elemento di gameplay a sua volta (la medesima cosa accade anche ne I misteri di Baghdad di Dave Morris).

Totale 4: 

Il librogame, come il precedente, fa dell’esplorazione e della mappatura dei nostri dintorni il perno del gioco: purtroppo lo fa in modo decisamente più maldestro, con un dungeon sviluppato su tre piani, privo di oggetti interessanti, ricco di ostacoli e malamente descritto. La trama è del tutto assente, e sebbene possa sembrare assurdo, l’origine della piramide (e dei suoi strani richiami all’Antico Egitto) non viene mai spiegata.