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Recensione

Child Wood 3: La Collisione delle Realtà
Edizione Tuga Edizioni 2021
autore/i Fabio Antinucci,Giampaolo Razzino
Recensore gpet74

Child Wood
Child Wood è un’unica storia, divisa in tre libri. Per tanto se vuoi leggere la recensione relativa ai pregi e difetti comuni ai tre libri vai all’analisi de Il mistero della strega bambina.


La collisione delle realtà – Sempre più Luci e Ombre come se piovessero


Ed eccoci arrivati al volume conclusivo della saga. Come sempre riprendiamo la lettura esattamente da dove l’avevamo lasciata alla fine del secondo libro. Qualcuno di caro al protagonista è stato rapito, o comunque è sparito, e noi siamo convinti che si trovi da qualche parte nel bosco di Child Wood. Sul perché ne siamo convinti, possiamo anche immaginarlo, visti i trascorsi del ranger Ron, ma fa un po’ specie, soprattutto dopo il secondo volume, prettamente investigativo, che non ci venga data l’opportunità anche qui di investigare un po’ su questa scomparsa. Non possiamo interrogare eventuali testimoni, esaminare la scena, o simili. In realtà, a parte un paio di possibili, e inutili, deviazioni, ci precipiteremo immediatamente nella foresta.

Fin da subito notiamo due macroscopiche differenze rispetto ai capitoli precedenti, innanzitutto Ron non sarà più solo, ma porterà con se il suo collega e amico Peters. Al di là del fatto che viene spontaneo domandarsi: “Ma perché diamine non l’ha fatto prima?”, questa presenza sarà ben implementata nei paragrafi e sempre presente, personalmente mi ha fatto piacere l’idea di non essere solo, questa volta, ad affrontare orrori e stranezze de bosco. Anche se, oggettivamente, la presenza di Peters pare avere uno scopo puramente ornamentale. Avremmo potuto benissimo essere da soli e, a parte qualche scambio di battute e qualche scorcio narrativo in meno, non sarebbe cambiato nulla nel dipanarsi della storia o dell’esplorazione.

L’altra differenza con i capitoli precedenti è la possibilità, in due occasioni, di cambiare personaggio e quindi punto di vista. Potremo infatti scegliere, nei primi paragrafi, se continuare a seguire le vicende di Ron (e Peters) oppure se seguire quelle di un altro individuo. Arrivati a poco più di metà volume il gruppo si incontra nuovamente e, dopo aver rimandato Peters a casa (tanto la sua utilità è stata fino a questo punto è stata prossima allo zero), nuovamente potremo scegliere quale punto di vista seguire per arrivare all’epilogo della saga.
Questa scelta è sicuramente interessante e aumenta ancora di più la rigiocabilità di questo capitolo che, già di suo, è il più intricato della serie. In realtà interpretare un personaggio, piuttosto che l’altro non fa una grande differenza. Certo, seguiremo due strade differenti, faremo incontri diversi e potremo accedere a istant death sempre nuove (evviva), ma alla fine il fatto di seguire la strada di Ron piuttosto che quella dell’altro personaggio non cambia né lo stile narrativo, né la meccanica di gioco e neppure il modo in cui ci approcciamo agli eventi. Inoltre quello che facciamo con un personaggio non va ad influenzare quello che poi accade all’altro, nemmeno se si prova ad incrociare le due strade, ad esempio giocando la prima metà dell’avventura con Ron e la seconda con l’altro personaggio, o viceversa. Insomma una bella idea che però poteva essere sfruttata molto meglio, a mio avviso.

Il bosco di Child Wood è intricato, pericoloso e inquietante come non mai. L’autore ha inserito innumerevoli bivi, varianti e strade alternative, rendendo la lettura di tutto il volume un labirinto, spesso frustrante, impossibile da mappare. Infatti la stessa geografia del bosco sembra mutare, per cui è inutile armarsi di carta e penna per cercare di capire dove siamo e rispetto a cosa. Tornare indietro, anche quando ci viene consentito dal testo, non ci porterà mai indietro, nel senso stretto del termine, ma verso nuovi paragrafi e, sovente, verso una fine dolorosa. Da un lato questa struttura schizofrenica aumenta meravigliosamente il senso di incertezza, spaesamento e terrore strisciante che devono provare i protagonisti, restituendoli a meraviglia a noi lettori. Dall’altro ci induce a procedere più o meno a casaccio, visto che di fronte ai numerosissimi bivi è spesso impossibile capire quale sia la strada migliore, o anche solo dove potrà condurci una via rispetto all’altra. Quindi non resta che andare avanti, più o meno a tentoni, sempre tenendo il segno nel caso di incappare in un fine partita inaspettato, e immergerci nell’atmosfera sinistra del bosco.

Arrivati nella seconda metà del libro si abbandona la foresta per un altro ambiente, se possibile ancora più labirintico e alienante. Ormai le esperienze mistiche, soprannaturali, o anche semplicemente prive di senso logico non si contano più, iniziano a diventare a norma e, diciamocelo, a stufare. Infatti dopo tre libri passati a raccogliere indizi, informazioni, oggetti, a prendere appunti e fare congetture, arrivati a questo punto ci aspetteremmo di cominciare a capirci qualche cosa. A vedere qualche tassello del puzzle che s’incastra…
E invece no!

L’impressione è che le cose accadano perché sì! Perché secondo l’autore un determinato evento, luogo o incontro sono suggestivi e aumentano ancora di più a tensione. Peccato che a me questa cosa ha prodotto esattamente l’effetto contrario. Il non voler dare una spiegazione ma lasciare tutte le ipotesi aperte, il continuare a gettare carne sul fuoco mi ha demolito ogni aspettativa e desiderio di concludere la vicenda.

Ma ormai siamo arrivati al finale, che vorrebbe essere epico ma, secondo me, non ci riesce. Questa volta non solo e non tanto per i problemi di prosa, già discussi nell’introduzione al primo capitolo, ma proprio perché è molto telegrafato, non permette delle vere scelte e, soprattutto, non ha nessun senso. Purtroppo non posso entrare nello specifico, pena rovinare la lettura di chi sta leggendo questa recensione, ma non avete idea di quanto lo vorrei. Potrei fornire una lista interminabile di cose che non tornano, di sotto trame lasciate a morire nei campi, di indizi che non portano in nessun dove, personaggi secondari di cui non si capisce la natura o lo scopo. In realtà la fine è deludente proprio perché non è una fine. Non spiega nulla, non chiude il cerchio della narrazione. Non riesce a dare un senso compiuto a quanto letto fino ad ora.

Può darsi che da qualche parte, nel labirintico intreccio di paragrafi ce ne sia uno che invece dà queste spiegazioni, ma io non l’ho trovato, altresì può darsi che sia io che non ho capito o saputo collegare gli indizi e informazioni raccolte e quindi non sono sufficientemente intelligente da comprendere il senso profondo dell’opera. Possibilissimo! In tal caso prego chi magari abbia compreso ciò che a me è sfuggito di illuminarmi.

Longevità 8: 

Incredibile è la quantità di strade, incontri e sorprese che si possono trovare in appena 323 paragrafi. Questo volume, ancor più degli altri può essere letto e riletto molte volte per scoprire ogni volta un dettaglio inedito. Il tutto aumentato ancor d più dalla possibilità di cambiare personaggio, e quindi percorso, due volte nell’arco del libro.

Difficoltà 8: 

L’intreccio dei paragrafi è labirintico, il margine di successo stretto e le possibilità di orientarsi nel osco, e nella location successiva, prossime allo zero. Indubbiamente questo è il capitolo più ostico dei tre.

Giocabilità 0: 

Devo chiedere a Prodo, esattamente cosa si intenda con questa voce. Le morti gratuite lo rendono sicuramente poco giocabile, se si dovesse davvero ricominciare ogni volta dal paragrafo 1. Ma, onestamente, chi è che lo ha mai fatto? Tolto questo aspetto la parte game del libro è talmente povera (e anche fatta maluccio, si veda le precedenti disamine) che non saprei proprio come interpretare questo valore.

Chicca: 

Per meglio far capire cosa intendo quando parlo della prosa incerta e confusionaria, nelle chicche voglio riportare un breve stralcio del testo per ogni volume. Per La collisione delle realtà è il seguente:
“Un istante ed è davanti a te. Ti mette una mano sulla spalla, quasi come se non riuscisse a stare dritto. Non che lo mostri, certo, è sempre stato bravo a mentire.”

Totale 6: 

Come detto e ribadito in apertura di ogni recensione, Child Wood ha tante ombre quante luci. L’ambientazione e la costruzione della storia mi hanno entusiasmato. Mi sembrava di star assistendo ad una bella serie tv, di quelle intricate e piene di mistero, in cui non si capisce nulla fino alla fine ma che poi, una volta messi a posto tutti i tasselli del puzzle, si scopre essere una costruzione perfetta che ti lascia un senso di completezza mista a vaga inquietudine, magari per quei due, tre dettagli secondari, volutamente non del tutto spiegati, che per giorni ti ossessionano, spingendoti a elaborare nuove interpretazioni della storia.
Peccato che la prosa assolutamente non all’altezza e, ancor di più, il finale facciano assomigliare invece Chid Wood ad un puzzle mal fatto in cui i pezzi non combaciano bene tra di loro. O come una di quelle serie tv (per mantenere la similitudine) che pur partite bene, vengono chiuse prima del tempo, magari eliminando intere puntate e alle quali si appiccica una puntata conclusiva che in realtà non conclude un gran che (Qualcuno ha nominato Netflix?)
Consiglio dunque di leggere quest’opera? Ognuno valuti da se. Personalmente mi dico molto contento di averla letta (e riletta) perché è stata comunque un esperienza. Ma terminata questa recensione credo proprio che rivenderò i volumi, perché non li ritengo all’altezza degli altri che conservo nello scaffale.