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Recensione

Dedalo Vincent Books 9: La Leggenda del Lago Verde
Edizione Vincent Books 2024
autore/i Fabio Micconi,Marco Bratovich
Recensore gpet74

La Leggenda del Lago verde con i suoi 202 paragrafi è un libro gioco breve ma per nulla scontato, gli autori sono riusciti con maestria a infondere nell’opera quella sensazione di libertà di scelta che spesso libri molto più corposi non riescono a dare.
Ma andiamo con ordine.

La Leggenda del Lago Verde (D’ora in poi LLdLV) è un opera che, pur poggiando su solide meccaniche diceless, ha i suoi punti di forza nella trama, nella caratterizzazione del personaggio e, soprattutto, nello scenario in cui si svolge la storia. Quindi penso sia opportuno iniziare proprio da qui questa disamina.Il protagonista de LLdLV è un ragazzino la cui età non ci viene mai detta ma, presumibilmente, compresa tra i dieci e i dodici anni, del suo passato o famiglia non si sa molto, ma quel poco è comunque sufficiente a delinearne il carattere e il backgrounda quanto basta per renderlo un personaggio vitale e non un semplice manichino vuoto al quale appiccicare la faccia del lettore. Scott, questo il nome del protagonista, è appassionato di investigazioni, tanto che il primo e inseparabile oggetto che ci viene chiesto di segnare sulla scheda è il suo “kit da detective”. Il padre lo ha iscritto ad un week-end in un campeggio su un lago, cosa che non lo ha entusiasmato particolarmente; ma Scott ama indagare su misteri veri o presunti, quindi l’entusiasmo per la vacanza imposta aumenta all’improvviso nel venire a sapere di una misteriosa leggenda che circonda il campeggio del Lago Verde! Si tratta di una storia sconclusionata, dai contorni chiaramente fanciulleschi, riguardante una mano che si aggira alla ricerca del proprio corpo, di una maledizione che farebbe scomparire i ragazzi, di strane figure pallide che si aggirano nella bruma che sale dal lago … insomma un pout pourri che farebbe sorridere di sufficienza qualunque adulto ma che invece appassiona da subito il nostro protagonista.Infatti la descrizione dei pensieri e del comportamento di Scott e degli altri ragazzi ospiti del Lago Verde è sempre molto calzante: si tratta di bambini che ragionano e si comportano da tali e devo dire che ho apprezzato davvero tanto l’attenzione posta dagli autori su questo aspetto. Troppo spesso in letteratura si vedono bambini che ragionano o si comportano in modo assolutamente non credibile per la loro età.

Quindi ecco che fin da subito Scott si mette ad indagare sul mistero della Mano, ma anche su quello di un compagno che pare sia scomparso. Sulle indagini, ovviamente, non voglio addentrarmi per non rovinare il piacere della lettura a nessuno. Basti dire l’investigazione è ben strutturata, non difficile ma comunque sempre gratificante. Spesso occorre avere un determinato oggetto per proseguire lungo una linea investigativa, ma se non lo si possiede basta tornare indietro ed esplorare i luoghi ancora da visitare e ben presto scopriremo dove andare a cercare ciò che ci serve. Inoltre anche se nominalmente abbiamo solo due giorni di tempo, nella realtà il gioco non ci pone vincoli temporali, possiamo girare in lungo e in largo per le location del Lago Verde sena mai doverci preoccupare di esaurire il tempo a disposizione.Purtroppo tutto questo girovagare avviene sempre in solitario, gli altri bambini rimangono costantemente sullo sfondo: delle voci schiamazzanti che ci giungono da lontano mentre indaghiamo.

Peccato perché a inizio lettura abbiamo modo di conoscere alcuni compagni di campeggio, con i quali dividiamo anche la camerata, ma invece di approfondire questi personaggi e renderli potenziali compagni di scorribande e, perché no, amici, gli autori preferiscono lasciarli sempre in secondo piano, senza approfondire né loro né i rapporti che avrebbero potuto avere con Scott. Questo non è un difetto in assoluto, sicuramente questa scelta permette di concentrarsi sulla storia principale ed evita divagazioni dispendiose in termini di paragrafi utilizzati. Però rende anche meno immersiva ed emotivamente coinvolgente la storia! Per dire, quando scopriamo che uno dei bambini che avevamo conosciuto è scomparso l’impatto emotivo su noi lettori è praticamente nullo: si tratta solo di un nome, un ragazzino con il quale abbiamo scambiato quattro parole in croce e che possiamo facilmente confondere con il fratello.Senza dire troppo della trama vorrei soffermarmi su un aspetto che a primo acchito mi ha fatto storcere il naso: la presenza della magia.Infatti il mondo in cui si muove Scott è assolutamente quello reale e, per quanto sia un bambino, ha ben chiara la differenza tra la realtà e l’immaginazione. Per questo, quando a un certo punto della storia è uscito fuori che Scott può fare delle “magie”, la cosa mi è sembrata incredibilmente anticlimatica. Ma esaminando più a fondo la questione mi sono accorto che non è così. Tanto per cominciare gli autori chiedono esplicitamente al lettore se vuole che Scott abbia questi poteri, possiamo arrivare tranquillamente a quasi tutti i finali anche senza far ricorso ai suoi cosiddetti poteri magici.Ma perché uso termini come “Cosidetti”, oppure scrivo la parola “Magia” tra virgolette? Perché, e qui gli autori hanno dimostrato una finezza davvero non comune, anche decidendo che la “magia” esiste, essa sarà comunque esclusivamente un fatto di percezione soggettiva per Scott. In pratica noi lettori decidiamo che il nostro giovane alter ego crede di possedere e saper usare dei poteri magici ma sull’effettiva consistenza di questi gli autori lasciano sempre uno spiraglio aperto al razionalismo del lettore. Per fare un esempio, a un certo punto, trovandosi in un ambiente oscuro, Scott potrà decidere di usare la sua “Magia di Luce”, se lo fa chiuderà a lungo gli occhi per concentrarsi e nel riaprirli scoprirà di poter distinguere i contorni delle cose grazie a una lievissima luminescenza … Nulla di più facile per il razionale adulto che tiene in mano il libro dedurre che, nel tenere a lungo le palpebre abbassate, gli occhi di Scott si sono semplicemente abituati all’oscurità, per cui al riaprirli riesce a distinguere cose che prima non vedeva.Ho trovato questa scelta molto raffinata, così come ottimo è l’uso quasi cinematografico dei flashback di eventi accaduti molti anni prima che ci faranno comprendere gli antefatti del caso su cui stiamo indagando. Anche se a dire il vero ho trovato straniante il fatto che anche nei flashback venga utilizzata la seconda persona singolare presente. Infatti non si tratta di visioni di Scott, il nostro protagonista non ha alcuna coscienza dei flasback, essi sono, molto cinematograficamente, degli spiragli sul passato che gli autori offrono a noi lettori, cambiando punto di vista e personaggio.

Per questo avrei trovato molto più comprensibile un cambio di persona o di tempo invece di continuare ad utilizzare il “tu”, che nella mente del lettore, ormai, è riferito esclusivamente a Scott.Per finire il discorso relativo alla storia, non posso non fare un plauso ai finali e al loro perfetto incastro nelle vicende fin qui narrate. Nessuno di essi mi è parso posticcio o aggiunto all’ultimo momento per tappare qualche buco di trama, come accade sovente, ma tutti sono completi e soddisfacenti. Anche per i finali è stata usata la stessa formula, azzeccatissima, utilizzata per gestire la “magia” nel gioco, così avremo quello razionale, quello fantastico e quello fantastico, ma interpretabile con gli occhi del razionalismo.Parlando delle meccaniche, come accennato in apertura, queste sono solide e servono perfettamente il dipanarsi della storia. Principalmente LLdLV è un libro game a mappa con spostamenti liberi. In appendice alla scheda di gioco vera è propria c’è una mappa del Campeggio del Lago Verde e degli immediati dintorni. A dire il vero la mappa in questione è composta da un disegno appena abbozzato, avrei gradito qualcosa di più elaborato, ad esempio la riproduzione della “vera” mappa del campeggio … ma tantè.Per ogni luogo c’è uno spazio in cui scrivere il numero di paragrafo corrispondente, una volta scoperta la locazione in questione. Sistema collaudato ed efficace, anche se a mio avviso non sfruttato al pieno delle sue potenzialità. Infatti questa meccanica a mappa, con rimandi teoricamente mutevoli, permetterebbe di modificare la descrizione del punto d’arrivo a seconda di azioni precedentemente svolte, o, che so, dell’orario, semplicemente dando istruzione al lettore di cancellare il paragrafo da un luogo e scriverne un altro. Questo ne LLdLV non avviene.

Possiamo abbandonare e tornare in una locazione quante volte vogliamo ed essa si presenterà sempre identica a se stessa, questo fino a che l’utilità del luogo stesso non si esaurisce (vuoi perché abbiamo trovato l’oggetto che custodiva, vuoi perché abbiamo raccolto tutte le informazioni disponibili). Quando questo accade il testo ci chiede semplicemente di cancellare il rimando dal Luogo, impedendoci così ulteriori esplorazioni del medesimo.Efficace e adeguato alle esigenze narrative, come ho già detto, ma con qualche accorgimento in più la meccanica avrebbe potuto offrire ben altre possibilità, regalandoci dei luoghi vivi e mutevoli e non delle fotografie sempre uguali a se stesse.Per il resto, la scheda offre diversi elementi sui quali non voglio soffermarmi troppo: Una lista di oggetti recuperabili (che quindi il lettore conosce fin dall’inizio della lettura) lo spazio in cui segnare alcuni numeri di telefono, da usare quando troveremo un apparecchio telefonico, il Grimorio con le “magie” conosciute da Scott e una manciata di Parole Chiave, chiamate: Note, che tengono traccia di alcuni avanzamenti nel gioco.Insomma una bella differenzazione di elementi ben integrati tra di loro, ma che non mi fanno gridare al miracolo. Come detto la Lista degli oggetti è conosciuta fin da subito e questo a mio avviso rende la loro ricerca e scoperta meno entusiasmante di quanto potrebbe, le magie sono poche, i numeri di telefono si possono raccogliere tutti nello stesso paragrafo e, trovato il telefono, si può chiamarli subito tutti, il che rende la raccolta e utilizzo di tali numeri ben poco appassionante.Forse la meccanica che più mi è piaciuta, e della quale ancora non ho parlato, è quella dei Punti Fato.

Si tratta di un punteggio che viene incrementato compiendo alcune azioni e viene speso per trarsi d’impiccio dalle situazioni potenzialmente più pericolose, che potrebbero anche condurre la storia verso un finale insoddisfacente. Quindi, una volta compresa la natura di questi Punti Fato essi acquisiscono immediatamente un’importanza capitale e rimanerne a secco  ci dona quella bella sensazione di timore e incertezza sul proprio futuro che contribuisce a creare la tensione narrativa di un libro game.Per finire ho apprezzato davvero, ma davvero, tanto il fatto ce gli autori hanno deciso di non tediare i lettori con spiegoni e regolamenti iniziali: il libro comincia immediatamente con la narrazione e con le prime scelte da effettuare, il sistema di regole e le meccaniche vengono spiegate poco alla volta lungo il proseguo della lettura, in modo naturale e senza mai spezzare il ritmo della lettura. Ritengo che questa dovrebbe essere la corretta modalità di costruzione di un libro game negli anni ’20 del duemila.A questo punto mi rimane da fare solo un accenno allo stile di scrittura che ho trovato limpido e scorrevole, a tratti un po’ asciutto ma sempre piacevole e perfettamente adatto al personaggio e alla storia raccontata. Bravi autori!

Longevità 7: 

Non altissima, in fondo la storia è quella e già dopo la prima lettura buona parte delle locazioni sono state esplorate, ma la presenza di differenti finali e un paio di strade parallele consentono una piacevole seconda lettura.

Difficoltà 8: 

L’ho trovato piuttosto semplice da portare a termine, quindi se in un Libro Game cercate la sfida qui rimarrete delusi. Personalmente vi ho trovato un bilanciamento perfetto che mi ha consentito di godere della storia senza mai bloccarmi ma comunque con quel pizzico di apprensione ad ogni bivio che non guasta mai.

Giocabilità 8: 

Non saprei cosa chiedere di più. Non ci sono nemmeno enigmi o indovinelli a rovinarmi la digestione! Le meccaniche sono leggere e asservite alla storia. Questo libro si lascia leggiocare con gusto senza mai interrompere il piacere della lettura.

Chicca: 

A un certo punto incontreremo degli individui che comunicano in codice morse. Andare a tradurre quella serie di punti e linee, anche se non particolarmente utile ai fini della comprensione della trama o per le scelte di fine paragrafo è stata comunque un’attività extradiegetica che ho trovato gradevole.

Totale 8: 

Un’ottima opera prima, forse leggermente troppo asciutta per i miei gusti. Avrei preferito avere qualche paragrafo in più per esplorare più a fondo il personaggio e, soprattutto, per approfondire i suoi rapporti con i comprimari che rimangono troppo sullo sfondo. Ma si tratta di piccole cose