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Recensione

Skyfall 1: I Mostri della Palude
Edizione EL 1992
autore/i David Tant
Recensore Apologeta

Chi prende in mano per la prima volta questo volume, dando un'occhiata al logo e alla quarta di copertina si preparerà a un revival di Star Trek o Spazio: 1999. Un areoplanino di carta che si schianta giustifica il nome Skyfall, accessibile anche ai meno anglofoni, e si lega bene alla (come sempre) azzeccata introduzione E. Elle alla serie: Skyfall: un pianeta perduto, un mondo popolato tanto tempo fa dai pochi sopravvissuti di una missione spaziale: qui molte cose assomigliano a quelle che si trovano sulla Terra. Altre, però…

Poi si legge la presentazione, e si inizia ad intuire che la fantascienza c'entra davvero poco con questa vicenda, così come la copertina del buon Peter Andrew Jones che - con ogni probabilità - si basava sul solo titolo del volume per sfornare i suoi disegni.

E anche chi lo ripone sullo scaffale, dopo averlo spulciato per benino, non riesce ad averne un'idea meno confusa, tanto è diverso questo librogame dai canoni classici dei Mitici Anni Ottanta. Un true path che guida la storia come nei Dimensione Avventura? No, una sterminata serie di paragrafi fra cui saltabeccare avanti e indietro. Un eroe ben caratterizzabile come Lupo Solitario? Macché, un normale uomo dal background pressoché inesistente, sprovvisto perfino delle caratteristiche mirabolanti degli anonimi you protagonisti nei Fighting Fantasy. E si potrebbe proseguire. Iniziamo dalla storia.

La trama de I Mostri della Palude è molto semplice: di ritorno a Starport, importante porto all'estuario del fiume Doone, scopri che negli ultimi tempi si sono spesso verificati attacchi e razzie alle navi mercantili che solcavano il grande fiume. L'ultima sparizione ti riguarda da vicino, poiché ad essersi eclissata è l'imbarcazione in cui si trovava anche tuo padre... Dopo qualche paragrafo di azione in questa location, dove (caso raro per questo volume) potremo recuperare qualche informazione che dà un po’ di colore alla vicenda, ma che non ci lascia nulla di concreto in tasca, ci doteremo di una canoa e ci metteremo alla ricerca della verità. Ricerca che potrà essere abbastanza breve, se saremo così fortunati da imbroccare subito la strada… oops, il corso d’acqua, che ci porta al covo dei cattivi; ma, almeno per le prime letture, prepariamoci a un’overdose di umidità. I fiumi, canali, laghi che incontreremo sono un’enormità, e purtroppo qui la vicenda potrebbe diventare davvero noiosa. I luoghi di interesse sono pochi, e spesso il testo non fa altro che presentarci scelte sulla prossima destinazione: immissari ed emissari, a monte e a valle, nord sud ovest est e forse quel che cerco neanche c’è. Armarsi di carta e penna e impegnarsi a disegnare una cartina di questo postaccio infame è obbligatorio, altrimenti tanto vale riporre il libro sullo scaffale.

Il capostipite della serie inglese creata e realizzata da David Tant è la quintessenza del librogame a mappa. Ma non solo. Un’altra connotazione peculiare è il regolamento di gioco, che si può amare oppure odiare, ma che sicuramente non lascia indifferenti. L'utilizzo del "lancio della moneta" (o d2, se così vi pare) è un unicum nel settore, almeno per le mie conoscenze. Ma, perlomeno in questo volume introduttivo della serie, è una peculiarità usata male. I combattimenti ricalcano il solito confronto A+X, con A caratteristica di combattimento dei personaggi coinvolti e X valore casuale; purtroppo, X qui è rappresentato dalla miserabile variabilità delle teste uscite sul lancio di 4 monete... Il più scarso studente di statistica può testimoniare come basti un unico, piccolo punto in più di Destrezza (la nostra costante A) per rendere quasi scontato l'esito di ogni scontro. I combattimenti non abbondano, ma questa limitazione li suddivide quasi tutti nelle macrocategorie passeggiata versus suicidio. Certo, vi sono un paio di oggetti che danno una bella mano, andando ad aumentare la Destrezza: ma si possono ritrovare solo dopo alcune letture, essendo ben nascosti in questa enorme palude.

La parte regolamentare è invero abbastanza semplice. Ci sono i classici oggetti di partenza, spada e pugnale per offendere, pasti e pozione guaritrice, ninnoli; come già detto, ne puoi trovare qualcun altro in giro, ma dimenticatevi le liste infinite modello Livingstone. E i classici punteggi. Oltre alla già vituperata Destrezza (aka Abilità/Combattività), spunta la Fortuna che funziona come un cash&carry di posteriore: una magia aleggia in questo luogo? Bene, se vuoi spendere 3 punti di Fortuna puoi ignorarla, altrimenti in bocca al lupo. L’utilizzo solito però e nei combattimenti: ti hanno ferito e dovresti perdere 4 punti di Vitalità? Facciamo che sacrifichi altrettanti punti di Fortuna e rimani intatto. Hai colpito un coccodrillo? Se vuoi spendi un punto (ma non di più, neh) della tua buona sorte e il rettile si danneggia vieppiù. Il bestio giace morto ai tuoi piedi? Bravo, hai guadagnato 2 punti di Fortuna. E non dimentichiamoci il punteggio di Vitalità (diciamo Resistenza) che diminuisce quando siamo feriti oppure quando non mangiamo… in teoria. In pratica, parlo per esperienza, se io non mangio non sto bene come prima, anzi, mi debilito; i processi fisiologici di Tant devono però essere differenti dai miei, dato che ha previsto il classico bonus di +4 Vitalità per ogni pasto ma si è dimenticato qualsivoglia malus per gli avventurieri fanatici della dieta dissociata (non mangio e non bevo). Questo è un errore micidiale, perché trasforma la quest da una corsa contro il tempo per indovinare il giusto percorso in un vagabondaggio senza nessuna impellenza. Sì, tuo padre è in gattabuia, ma se puoi spendere un’altra settimana dedicandoti allo studio delle zanzare palustri – la tua passione di bambino! – e le tue provviste intanto rimangono intonse, chi te lo fa fare di sbrigarti?

Le tirate d’orecchie al pur attento autore britannico, che in altri passaggi dimostra idee chiare e capacità notevoli come game-designer, finiscono qui. I Mostri della Palude si legge volentieri, sostenuto da uno stile chiaro e diretto che si manifesta soprattutto nelle scene sulla terraferma. Davvero apprezzabile l’humour (inglese, giustamente), che entra in gioco specialmente nei finali negativi: tutte le morti improvvise sono descritte con perizia e meritano di conseguenza di essere lette, pur portando al letale paragrafo 100. La promessa di Tant di premiare chi pondera le decisioni è mantenuta, ed è una piacevole sorpresa rispetto ad altre serie dove il buon senso deve essere sostituito dalla divinazione sui processi mentali dell’autore. Il bestiario è onnicomprensivo e poco originale anche per i Mitici Anni Ottanta: Uomini-Rana e –Lucertola sono un must, per non parlare di scheletri, unicorni, giganti, centauri e chi più ne ha più ne metta; le ambientazioni sono più varie, per quanto sia complicato trovarle nel guazzabuglio acquatico di cui sopra. Nota conclusiva sulle illustrazioni, che non mi entusiasmano pur essendo ben disegnate (a mio avviso, perlomeno) da un Duncan Smith che dà il meglio di sé sui mostri tradizionali.

Longevità 7: 

La palude è decisamente grande, e non mancano le zone esplorabili quando si scende dalla canoa. Però, se siamo stati bravi a disegnare una mappa nelle partite precedenti, non ci sono grossi stimoli per non recarsi direttamente al covo dei cattivi.

Difficoltà 8.5: 

Se non siamo assistiti dalla fortuna, trovare gli oggetti giusti e scovare il quartier generale dei cattivi può rivelarsi frustrante. Gli scontri, anche se in numero limitato, sono davvero ostici.

Giocabilità 6: 

Risente di alcuni limiti regolamentari, primi fra tutti la gestione dei pasti e quella dei combattimenti.

Chicca: 

Una divertente sezione in cui veniamo rimpiccioliti ad ogni porta oltrepassata, e alla fine della quale ci viene consigliato di cercare un circo per il nostro futuro.

Totale 7: 

Il voto è limitato dalla giocabilità non eccelsa, ma la lettura di questo volume rimane comunque fortemente consigliata.