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È con una certa trepidazione che mi accingo a tentare una recensione di questa opera monumentale. Trepidazione dovuta alla paura di tralasciare qualche dettaglio importante fra tutti quelli che questo libro sottopone all’attenzione del lettore. Purtroppo riposarsi un po’ e affrontare questa sfida a mente fresca non è possibile. Non si tratta di un librogame che vi porterà via qualche ora; a meno che non vi abbiano arrestato e non abbiate proprio nient’altro da fare, Il Cavaliere del Sole Nero vi farà compagnia per diversi giorni e questo comporta il rischio che magari il ricordo di qualche dettaglio presente nei capitoli iniziali sbiadisca prima che abbiate raggiunto la fine.
Quello che teniamo per le mani è senza dubbio un volume di peso, sia in senso concreto che metaforico, e di buona fattura, ma spingiamoci oltre l’estetica e cominciamo a parlare dei contenuti: Il Cavaliere del Sole Nero è un’opera immane di 1406 paragrafi complessivi, suddivisi in capitoli a intessere un’unica storia. Un sacco di carne al fuoco quindi, a patto che sia sfruttata a dovere. Posso rovinare la sorpresa e rivelare che è un boccone decisamente succulento, pur con qualche limite.
Questa storia parte in uno dei tanti modi in cui siamo abituati: non ci ricordiamo nulla. Chi siamo, che ci facciamo qui… sono tutte le domande di rito. Tuttavia non abbiamo tempo per approfondirle perché un cadavere lì accanto a noi si fa prepotentemente strada sulla lista delle nostre priorità. Il fatto che le nostre mani, anzi, i nostri artigli, siano insanguinati e che per il pover'uomo, che malgrado la nostra amnesia riconosciamo come il Grande sacerdote di Kar, non ci sia più nulla da fare (ammesso che non abbiamo già fatto anche troppo per lui), ci spinge a fare quello che più o meno chiunque farebbe in una situazione analoga: tentare di non farsi prendere con le mani nel sacco. La nostra fuga ci spingerà a cercare rifugio dove possibile, e quando finalmente saremo sfuggiti alle pattuglie, mobilitatesi appena scoperto il cadavere del gerarca, verremo catturati da una terza parte per risvegliarci in una cella.
Dopo varie peripezie scopriremo infine di essere assassini e strumenti di morte al servizio di una crociata, ma questo compito per qualche motivo ci andrà rapidamente stretto e diventeremo gradualmente più insofferenti fino a schierarci apertamente contro "L’Impero". Comincerà quindi un viaggio che ci porterà a confrontarci col nostro passato, presente e futuro fino all’epilogo della vicenda. Fin qui non c’è nulla che non abbiamo mai visto, però il libro vanta un universo del tutto originale. Le nostre avventure si svolgeranno in un mondo popolato da draghi e dagli onnipresenti umani divisi tra vari regni ed etnie, ma a parte questi tutte le altre popolazioni umanoidi sono delle novità: gli alieni Dvorak, i bestiali Gartak e i loro squamosi signori, gli Zarlik, i mitici Skyll e i quasi estinti Ugarith (prediletti di Ugar e di cui fa parte il protagonista). All’epoca del libro è in atto una sanguinosa guerra di religione tra le coalizioni capeggiate dai cleri di Kar, la dea del sole, e Ugar, sua controparte e dio della luna.
Altre divinità descritte nel libro sono il dio-drago della morte, Nergal, e i suoi cinque non troppo leali sottoposti, le cui relazioni con Kar e Ugar, o il loro ruolo in questa guerra santa, non sono chiari. È difficile poter descrivere di più un libro incentrato su uno smemorato senza rischiare spoiler, quindi spostiamoci sugli aspetti più tecnici.
Possiamo ora confrontarci con quello che trovo l’unico punto vacillante del libro. Lo stile dello scrittore sembra essere un po’ acerbo, spesso debole. Senza forzare il paragone con autori che hanno fatto il nome del settore, non ho comunque percepito moltissima presa da parte della prosa, non mi è riuscito di immergermi nelle descrizioni e perdermi nella lettura. Anzi, in alcuni punti ho dovuto verificare di essermi spostato sul paragrafo giusto perché da principio la continuazione della vicenda non mi convinceva. Spesso si ha la sensazione che l’autore non ci abbia fornito informazioni importanti, non tanto sul procedere della storia, quanto sul mondo stesso in cui essa si svolge.
Similmente i personaggi, anche quelli principali, e le loro interazioni avrebbero sicuramente beneficiato di un maggiore spazio (in diverse occasioni sono rimasto interdetto dal comportamento di certi personaggi e di molti ancora non ho compreso le motivazioni). In alcuni episodi si raggiungono vette involontariamente comiche: passiamo il prologo e il primo capitolo a fissarci ricorrentemente le mani, nere e artigliate, per scoprire con nostro estremo sgomento, e solo con l’aiuto di uno specchio, di essere degli Ugarith (che sappiamo cosa sono, anzi ne abbiamo anche già incontrati), una razza caratterizzata da vari attributi tra cui la pelle nerissima e le mani artigliate. In altri la storia viene strumentalizzata dalle dinamiche di gioco senza neanche fare uno sforzo per dissimularlo (una megera ci racconta una storia chiedendoci quale sia la morale. La risposta conduce a un paragrafo segreto e non appena in quel paragrafo stiamo per dare la nostra risposta, la vecchia ci zittisce dicendoci di andare a ripeterlo a chi ancora non lo sa. La storia in questione è completamente campata per aria e priva di significati nascosti al di là del rimando del paragrafo).
Questo non significa che il libro sia scritto male, precipitoso semmai. Molte cose avrebbero beneficiato di approfondimenti o spiegazioni che il volume non si degna di fornirci, tuttavia l’impianto narrativo riesce ancora a reggere affidandosi a modelli collaudati negli anni. Considerando il fatto che l’epilogo della storia sembra promettere in maniera tutt’altro che velata un seguito, possiamo sperare che questi difetti verranno abbondantemente superati.
Se su questo aspetto dell'opera possiamo trovare da ridire, il resto è ineccepibile. Il libro è strutturato in maniera incredibile e fa un uso eccellente dei suoi mille e più paragrafi. Per quanto una serie di sezioni a loop siano inevitabili e ci siano varie false scelte, la molteplicità di percorsi e diramazioni è piacevolmente elevata. Si tratta di solito di brevi tragitti, nulla a che vedere con gli itinerari alterativi alla Dever del tipo” puoi raggiungere questo posto attraversando una palude, un deserto o una città fantasma” che erano di fatto mini avventure a sé stanti: qui la locazione rimane sempre la stessa; ma congiunto al fatto che non esiste un autentico True Path, la gamma di opzioni disponibile per il giocatore raggiunge livelli elevatissimi.
Gli enigmi sono vari, sparsi lungo il libro e il loro genere differisce moltissimo dall’uno all’altro. Alcuni sono semplici, anche al limite del banale, altri invece sono evidente frutto di una mente perversa (se non si capisse è inteso come un complimento) e richiederanno al lettore un discreto sforzo per venirne a capo.
Come detto il libro non ha un True Path e si può avanzare liberamente nella storia senza particolari preoccupazioni. Addirittura è possibile concludere il primo capitolo non facendo assolutamente nulla. L’unica cosa che può dare una misura di quanto stiamo andando bene in senso assoluto è la scala dei punti fato. Determinate scelte nel corso della storia potrebbero condurci a una sezione segreta del libro (quella dei paragrafi bonus) permettendoci di sbloccare i suddetti punti fato. Ciascun punto fato corrisponde a un evento specifico e più avanti nella lettura potremmo andare incontro a sviluppi resi possibili solo dalle nostre scelte passate (e che potrebbero renderci più semplice la vita).
La struttura ramificata rende la ricerca di questi punti fato tutt’altro che scontata, spingendo il lettore e leggere e rileggere il capitolo alla ricerca di tutti i suoi segreti. Questo sistema, unito a due capitoli bonus accessibili solo a determinate condizioni, porta il libro a una longevità estrema, battuta solo dai sandbox come Fable Lands che sono a tutti gli effetti eternamente rigiocabili.
La difficoltà è decisamente ben calibrata, e non solo per l’introduzione graduale guidata al regolamento, che offre il tempo di assimilare i meccanismi poco per volta. I combattimenti tendono a essere facili, spesso scontati, ma è un bene che sia così. Il nostro protagonista ha solo 6 livelli di salute, e le occasioni di reintegrarli non sono così frequenti, cosa che rende i pochi combattimenti impegnativi delle vere e proprie sfide. Se gli scontri tendono ad essere triviali, le prove di forza e destrezza richieste occasionalmente non lo sono affatto e il loro fallimento comporta di solito perdite della nostra preziosa salute. Per chi dovesse trovare le cose troppo facili c’è tutto un set di opzioni per alzare il livello di difficoltà (attributi ridotti, penalità associate agli stati di ferite più gravi e così via), permettendo a chiunque di sperimentare il grado di difficoltà che più apprezza. A difficoltà maggiori viene assegnato un maggiore punteggio finale, dipendente anche, tra gli altri fattori, dai punti fato ritrovati e da quale tra i molteplici finali si sia raggiunto nell’ultimo capitolo.
Nel gioco è anche presente un sistema di abilità. Alcune potranno venire liberamente apprese, molte altre sono frutto di nostre scoperte, vincolate ai sopracitati paragrafi bonus. C’è da dire che il sistema delle abilità non è ben bilanciato, con alcune chiaramente superiori ad altre e certe che potrebbero venire usate solo in una singola occasione. La più scadente (almeno giocando senza penalità) è sicuramente quella che ci permette di perdere un livello di salute in cambio di un boost temporaneo ai punteggi di forza e destrezza, visto quanto detto prima.
Sono molto belli anche gli scontri aerei condotti in groppa ai draghi, dove la scelta della manovra o della strategia d’attacco giusta possono fare la differenza tra il successo e il disastro. Ho trovato gradevoli le illustrazioni interne, nitide e dettagliate. Nel complesso l’impegno, la fantasia, la semplice visione dell’autore compensano abbondantemente qualsiasi difetto dell’opera (tranne i draghi piumati, quelli non li sopporto, ma si tratta di un'opinione personale), regalandoci un librogame che non posso che definire spettacolare e la cui struttura e impiantistica meriterebbe di venire presa a modello di riferimento.
Longevità 9:
Difficilmente si trovano titoli da passare così finemente al setaccio alla ricerca di indizi o del percorso più completo e/o soddisfacente. Mente non è un titolo che si riprenda in mano immediatamente, la sua lettura è estremamente intensiva
Difficoltà 6:
Decisamente abbordabile. Giocando senza penalità, la difficoltà consiste prevalentemente nell’evitare le varie insta-death, di cui molte prevedibili. Per chi vuole una vera sfida, completando il libro col massimo del punteggio (e quindi tutte le penalità possibili), azzarderei un’impennata del voto, forse anche fino a 9.
Giocabilità 10:
Malgrado un po' affossato dal punto di vista narrativo, il libro non fa che trascinarci in uno stimolo dopo l’altro offrendoci ogni volta qualcosa di nuovo: una torre misteriosa da esplorare, viaggi per nave o a dorso di drago, combattimenti, enigmi, visioni, rovine misteriose, un passato dimenticato, il disegno degli dei all’opera, rese dei conti… e lo fa con scioltezza, con dinamiche rapide e funzionali.
Chicca:
Potremmo citarne tante, ma quella che mi è piaciuta di più è il confronto con la nostra cavalcatura (parafrasato leggermente) “Ma non avevi detto che i draghi non si uccidono mai fra loro?” “Diciamo che a riguardo, il Sanguinario ha sempre avuto la sua personalissima opinione.” Che a mio parere fa eco alla scena analoga de “Il ritorno di Jafar”. Verso la fine c’è inoltre una serie di paragrafi che avrebbero reso orgoglioso Merlino (o lo avrebbero mandato di corsa da un avvocato o a spedire Pip a riscuotere). Un’ultima menzione la merita l’epilogo, che trovo esilarante.
Totale 9:
Il libro è un piacere da giocare, ed è solamente la piattezza di certe scene e personaggi e la presenza di veri e propri plot-hole che lo separano dal capolavoro assoluto.
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