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Recensione

Lupo Solitario 31: Il Crepuscolo della Notte Eterna
Edizione Vincent Books 2021
autore/i Ben DeVere,Joe Dever,Vincent Lazzari
Recensore Evernight

La saga di Lupo Solitario si avvicina ormai al suo annunciato epilogo. È stato un viaggio lunghissimo, inziato nel 1984, che ha coperto non solo l'intero universo di Aon, ma anche la vita di una generazione di appassionati. Anche ignorando un silenzio di diciassette anni, rimangono pur sempre venti anni effettivi di avventure, di una storia che non è stata solo raccontata, ma vissuta, mantenuta in vita dalla sua stessa presa sulla mente del pubblico che le ha permesso di sprofondare in un lungo letargo piuttosto che nell'oblio, in attesa di una primavera in cui rifiorire.

Lupo Solitario è sopravvisutto perfino al suo creatore, Joe Dever, venuto a mancare nel 2016, facendo giustizia alla determinazione che è sempre stata atrribuita all'ultimo del suo ordine, riuscendo a superare anche gli ostacoli in apparenza più insuperabili.
Ma non ce l'avrebbe fatta da solo. Occorre ringraziare per questo prima di tutto lo stesso Dever, che anche negli anni di malattia ha continuato a lavorare al progetto lasciando in eredita idee e appunti sull'epilogo della saga, suo figlio Ben e Vincent Lazzari che si sono fatti carico di completare il lavoro, tutti i fan che hanno sostenuto la saga negli anni e non da ultimo gli editori che hanno avuto il coraggio di investire nel progetto.
E a proposito di coraggio non sottovalutiamo quanto gli autori abbiano offerto in questi ultimi libri. Si sono confrontati con l'aspettativa che nutriva un pubblico abituato a decenni di Joe Dever. Una sfida non facile che hanno vinto brillantemente. Hanno mantenuto tutto lo spirito dell'originale ma senza imitarlo, affrontandolo con uno stile proprio e personale, differenente ma comunque con esso armonico. Questo risulta palesemente evidente anche a livello visivo: Joe Dever era un narratore provetto. La sua prosa rimane impressa, le descrizioni vivide e certi momenti sono assolutamente memorabili. I suoi eredi stanno riuscendo a mantenere questi standard, ma Joe riusciva a farlo rimanendo sintetico, prerogativa che negli ultimi volumi è andata persa.

Quando presi fra le mani il volume numero 30 pensai a prima vista fosse un'opera molto più lunga dei canonici 350 paragrafi dei volumi di Lupo Solitario, credevo sarebbero stati 400 o addiritttura 500: una sorta di volume doppio come "La Corona dei Re". Rimasi esterrefatto nel constatare come si trattasse sempre di 350 paragrafi, ma lunghissimi. Eppure "Morte nell'abisso" appare quasi umile accanto a "il crepuscolo della notte eterna". Se Lazzari e Dever intendono mantenere questo ritmo, il numero 32 sarà così voluminoso che non vi obbligherà a prendere una nuova libreria per fargli posto, assolverà direttamente a quel ruolo e sarà in grado di contenere fisicamente l'intera serie (il che potrebbe essere anche un'interessante idea di marketing, nel qual caso accampo diritti sulla proposta).

Ma veniamo al contenuto in sé. Vashna, determinato e irriducibile forse ancora più di Lupo Solitario, è finalmente riuscito a risorgere. Sventare le cerimonie per la sua resurrezione era quasi diventato una formalità, una cerimonia ricorrente per i Ramas (perdonate il riferimento nostalgico, ma preferisco questo nome) e quello che non si è mai verificato con'un'attenta pianificazione è stato invece messo in moto da una catena di eventi semi-casuali di cui siamo parzialmente responsabili. L'arcisignore delle tenebre è tornato in tutta la sua terribile gloria, più potente che mai, trascinando con se la leggendaria armata dei Morti senza Pace.

Dopo un'eternità di prigionia Vashna non perde tempo per ricordare al mondo cosa significhi la sua libertà: una minaccia a tutte le terre libere e a chi non riconosca il dominio di Naar. Tuttavia potremmo dedicarci solo temporaneamente a questo pericolo, perchè un altro, forse ancora più grande si sta profilando all'orizzonte. Un secondo prigioniero, ancora più temibile, minaccia di porre fine alla sua segregazione millenaria. Mentre Lupo Solitario si farà carico di Vashna, noi, con l'aiuto di vari compagni a noi noti e un altro personaggio semplicemente leggendario dovremo sventare i piani di una antichissima società segreta.

Il libro è scritto veramente bene, le descrizioni sono immersive, vivide e di effetto. Non ci sono tempi morti e viene dedicata molta attenzione alla caratterizzazione di tutti i personaggi, dai principali ai più insignificanti, a volte anche in ottica introspettiva (particolarmente di rilievo gli approfondimenti su alcuni antagonisti storici che diventano qualcosa in più di nemici da abbattere). Da un paragrafo all'altro vengono dosati sapientemente momenti di azione, di riposo, dialoghi, riflessione e vere e proprie, lezioni di storia e geografia. Non ci saranno inoltre pochi rimandi ai nostri trascorsi, chiunque abbia letto gli altri volumi si ritroverà davanti facce e luoghi noti, andando incontro a rimpatriate o ricordi più o meno felici in una sorta di viaggio della memoria all'interno di tutta la serie del nuovo Ordine.

La narrazione è eccellente, estremamente curata e coerente e spazia non solo sulle avventure del Nuovo Ordine, ma include larghissimi rimandi (e in alcuni casi rivelazioni) connessi alle avventure di Lupo Solitario stesso o a quelle di Oberon, spandendo ulteriori pennellate sulla già immensa tela del Magnamund grazie a una minera di informazioni. Quasi tutto viene non solo descritto, ma anche spiegato. I misteri vengono dipanati gradualmente (come per esempio la ragione grazie a cui gli elusivi Naarvakim siano riusciti ad agire per millenni nel più completo anonimato, venendo scoperti solo a fatica e in tempi recenti da uno dei più grandi stregoni mai esistiti). Un unico scivolone è nella descrzione dei Vaag: viene esplicitamente detto che nessuno sia mai riuscito a sconfiggerli in battaglia ma solo attraverso espedienti. Eppure almeno due squadroni vengono travolti. Se uno è giustificabile attraverso un deus ex machina, il secondo episodio viene semplicemente liquidato senza ulteriori spiegazioni.

Un mio personale rimpianto è che non abbiamo un appoggio interno da parte di un traditore come in "Scontro Mortale". In questo specifico libro, non sarebbe stato affatto implausibile avere come improbabile alleato uno dei terrificanti figli di Agarash piuttosto che in veste di antagonista; un'occasione più unica che rara.
Senza fare spoiler, l'avventura è una gallerie di personaggi che tornano dal passato (Vashna è ovviamente il primo) in preparazione di un atto finale di proporzioni epocali, una partita a scacchi dove la posta in gioco è il destino di un mondo e forse di tutti gli altri.

Superato l'aspetto narrativo veniamo al resto.
Il libro è estremamente lineare, non al livello de "le tempeste del Chai" che era di fatto un racconto solo mascherato da librogame praticamente privo di reali scelte, ma comunque molto limitato.
Abbiamo una sola vera alternativa quando dovremo decidere che locazione esplorare in cerca di informazioni, avendo accesso a tre percorsi distinti ed esclusivi, più qualche margine di scelta su come gestire una situazione (al di là del verificare il possesso o meno di una qualche disciplina o oggetto).
Tuttavia alla prima lettura non ci si può ovviamente fare caso e si rimane conquistati dal racconto. Anche così le poche alternative consentono comunque una minima rigiocabilità.

Riguardo alla difficoltà di gioco invece Lupo Solitario ha sempre avuto un problema radicale.
Se si escludono i primi 5 volumi (dove il difetto era rappresentato dal potere spropositato della Spada del Sole), la serie di Lupo Solitario ha sempre promosso la crescita del personaggio tra un'avventura e l'altra, premiando il lettore fedele con oggetti trovati precedentemente e, cosa più importante, un progresso di caratteristiche e poteri. Questo ha sempre reso problematico rendere l'avventura bilanciata tanto per un veterano che per un personaggio creato per l'occasione (a meno che ovviamente non si tratti dei primi volumi di un ciclo).

Il fatto che il ciclo del Nuovo Ordine sia il più lungo in assoluto (12 libri contro gli 8 del gran maestro, 7 del ramastan e 5 ramas) ha portato questo divario a livelli inconciliabili. Un maestro reduce di tutte le avventure precedenti, anche segliendo le discipline meno utili, non può inizare l'avventura con un punteggio di combattività inferiore a 49. Una volta inclusi oggetti speciali precedentemente acquisiti, discipline ottimizzate e un tiro di dado maggiore di 0 nel determinare la combattività, questo valore aumenta sensibilimente fino a sfiorare i 70. Un personaggio appena generato di contro, nella migliore delle ipotesi può aspirare a un 53 (pregando che la vittima sia suscettibile ad attacchi pschici).

Considerato che quasi tutti gli scontri vedono aversari con almeno 43 di combattività, spesso sopra i 50, a volte alle soglie dei 60 si può capire come la vita di questi due personaggi sia radicalmente diversa.
Allo stesso modo spesso conoscere una certa disciplina non è sufficiente, ci viene rischiesto di aver raggiunto almeno un certo rango di competenza.

Se poi aggiungiamo le diverse instant-death, a questo punto necessarie per presentare qualche ostacolo ai personaggi  veterani, e le frequenti perdite di resistenza per logorarli è chiaro come la situazione sia semplicemente insostenibile per un personaggio "fresco".
Per la prima volta però gli autori prendono realmente atto del problema. Sarà infatti possibile rinvenire vari oggetti per incrementare la propria combattività o addirittura alcuni che potranno essere sostitutivi di una certa disciplina (livello di competenza incluso).
Mentre dubito che questo da solo sia sufficente, è un passo nella giusta direzione (non a caso gli autori, nella fase avanzata del volume, ricorrendo a un espediente azzereranno il problema).

Longevità 7: 

Non è eccessiva, una volta risolto e iniziato nuovamente i percorsi alternativi terminano in fretta. Prima però bisogna portarlo a termine, impresa non scontata in generale e decisamente ostica per un personaggio pivellino.

Difficoltà 6: 

Bassa per un Gran Maestro degno di questo nome che deve principalmente evitare un epilogo prematuro, estrema per il pivellino di cui sopra. Gli enigmi sono pochi e non particolarmente impegnativi.

Giocabilità 8: 

Il libro scorre che è un piacere, inutile negarlo. È bello da leggere e il sistema di gioco è sempre rapido e immediato.

Chicca: 

L'epilogo alla fine promette ulteriori ritorni oltre a gettare ombre su un elemento già stabilito che fin dall'inizio appariva ambiguo.Inoltre è possibile avviare una relazione romantica durante l'avventura. Infine sono riusciti a rendere l'arte dell'astrologia marginalmente utile, non nutro speranze per quella del bardo, ma magari l'ultimo volume la potenzierà talmente tanto che di fatto avremo un cantante metal che prende a calci stregoni e arcidemoni e spacca liuti sulle teste degli avversari.

Totale 8: 

Questo libro si è rivelato più che un'avventura un'opera omnia, una specie di enciclopedia del Magnamund in forma di librogame. Questo semplice fatto basta a renderlo un classico e promuoverlo con convinzione.