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Siamo qui per riscoprire Partita a Quattro, seconda tra le serie edite dalla EL a cercare di ampliare gli orizzonti del librogame a più giocatori contemporaneamente. Blood Sword, all’epoca appena agli inizi, però finirà con il rubarle completamente la scena in quasi ogni discussione sull’argomento, relegandola nel dimenticatoio.
Prendiamo quindi un po' di distacco e cerchiamo di valutare questa serie onestamente, libera dall’ombra della sua ingombrante cugina. Partita a quattro presenta diverse innovazioni o comunque scelte anticonformiste, non si può negare che abbia affrontato la sfida con un approccio tutt’altro che scontato. Tanto per cominciare tutti i libri che la compongono sono ad esplorazione libera piuttosto che sequenziale, scelta già vista solo in poche serie come per esempio “Unicorno” o con frequenza meno rara in determinate sottosezioni a labirinto di vari volumi (“Le miniere di re Salomone” o “La piramide nera” tanto per nominarne alcune). In questo caso il movimento non è scandito come al solito da un paragrafo a un altro. Il testo ci rimanderà infatti alla mappa. Una volta giunti in una località potremmo decidere di esplorarla, andare alla sezione apposita e visitarla passando da un paragrafo a un altro come di consueto fino al termine dell’esplorazione, quando verremo reindirizzati alla mappa o verso una regione specifica (o naturalmente potremmo anche essere morti, non dimentichiamolo).
Ha importanza evidenziare il fatto che mentre non possiamo spostarci arbitrariamente lungo la mappa, potendo solo passare da una località a un’altra ad essa collegata o a una specifica menzionata nel testo, l’esplorazione di una zona NON è obbligatoria, dandoci di fatto libero transito per l’intero Mondo di Dorgan fin dal principio. In tutta onestà chiamarlo “Mondo” sembra più una concessione o la pretesa di qualche dittatore con manie di grandezza. L’intera area mostrata dalla mappa è di fatto una vallata che affaccia a ovest sull’oceano e per il resto è avvolta tra due catene montuose che la cingono completamente, fatta eccezione per un valico e est, la Porta d’Oriente, che dà accesso al deserto del Calderone e la Città Fortezza, uno stanziamento in posizione imprecisata lungo la linea costiera di sudovest che prosegue fuori mappa sgombra dai rilievi montuosi. Anche così avremo a disposizione un discreto numero di aree dove vagare, in alcuni casi connesse ad alcune sotto-aree.
Questo è lo scenario che farà da teatro ai nostri quattro protagonisti. Ogni personaggio sarà radicalmente diverso dall’altro sia per le caratteristiche (iniziativa, combattività, magia, aura e punti vita) che per la dotazione di poteri e incantesimi). Ogni incantesimo può venire formulato un’unica volta per ciascun combattimento indipendentemente che si riesca a lanciarlo o meno. Sarà nuovamente disponibile nell’occasione successiva.
In particolare in questa recensione ci concentreremo su Kandjar il mago. Kandjar è uno stregone di alto livello che ha abbandonato la Città delle Nuvole, accademia dei maghi e dove lo attendeva una posizione di prestigio, per dimostrare una sua teoria accademica: che l’origine dei maghi non sia da ricondurre alla città delle Nuvole, bensì al mondo di Dorgan. Grazie all’approccio accademico Kandjar sembrerebbe essere l’unico dei quattro a non vagabondare completamente allo sbando, esule in terra straniera, e anzi si è servito anticipatamente di canali diplomatici e reti di trasporti.
Kandjar, ligio alla professione non apprezza sporcarsi le mani direttamente (anche perché visto il punteggio di combattività è già tanto che non si impali da solo sulla daga quando tenta di usarla). È il personaggio col punteggio di magia più alto pur non essendo fragile come l’elementalista, e anche i suoi sortilegi iniziali sono decisamente potenti. Di contro è il personaggio più scadente nel combattimento all’arma bianca, e visto che gli incantesimi inziali da soli non bastano ad atterrare un avversario tipico, è forse dopo Caithenss il personaggio che più può risentire di un incontro sfortunato, perlomeno all’inizio.
Tutti i personaggi potranno rinvenire oggetti e potenziamenti nel corso del loro viaggio e inoltre potranno avvalersi di una insolita prerogativa. Partita a Quattro si caratterizza infatti per il “Libro del potere”. Questo libro è in realtà una sezione in appendice al librogame a cui il testo ci indirizzerà in determinate circostanze. Le varie sezioni del libro ci indirizzeranno a paragrafi differenti a seconda dell’approccio che decideremo di intraprendere (amichevole, astuto, prudente, aggressivo). Alcune scelte si riveleranno controintuitive, ma più spesso che non gli esiti saranno prevedibili.
Questa sezione assolve a un triplice scopo: da un lato quello classico del librogame (quasi tutte le nostre decisioni nel corso della lettura a esclusione di dove dirigerci saranno infatti relegate in questa appendice), in secondo luogo ogni nostra scelta di potere andrà annotata e ciascuna fornirà un punto di potere del tipo corrispondente. Il nostro potere totale potrebbe infatti venire confrontato con una soglia necessaria ad accedere a specifiche sezioni di determinate zone. Infine il livello di potere del personaggio permetterà allo stesso di sbloccare nuovi incantesimi . I punti non vengono spesi, semplicemente raggiungere un certo totale sblocca tutti i nuovi incantesimi che ne richiedono un valore pari o inferiore. Molti incantesimi possono in realtà venire sbloccati per un valore minore a patto di aver raggiunto un livello di potere sufficiente in uno dei quattro atteggiamenti.
Si tratta di un’innovazione abbastanza frizzante e insolita che garantisce un’evoluzione graduale del personaggio garantendo nuove opzioni tattiche e rendendo fattibili combattimenti inizialmente impossibili. Fondamentalmente il corso del gioco è identico per tutti e quattro. Ogni volta il giocatore dovrà scegliere tra spostarsi (muovere verso un luogo attiguo), esplorare (accedere ai paragrafi indicati per la zona) o riposare (il riposo permette di guarire i personaggi feriti).
Ogni personaggio parte da una zona differente, ma tutti condividono due possibili finali. Va detto che le aree non sono necessariamente identiche per tutti, ne hanno necessariamente la stessa rilevanza o accessibilità, e un inaspettato tocco di classe che va riconosciuto agli autori è di far trovare occasionalmente a un personaggio informazioni per lui del tutto inutili, ma rilevanti per uno o più degli altri. Devo dire che a dispetto dello spessore ridottissimo dei libri, il tempo necessario alla lettura è inaspettatamente lungo. Questo dovrebbe dare un’idea del volume di carne al fuoco che, per una serie ben poco nota, è inaspettatamente elevata.
L’esplorazione libera ha sempre dovuto imporre un compromesso: la storia, la trama non può essere saldamente ancorata al testo se le nostre scelte non sono vincolate a un ordine temporale. In questo caso non si può fare a meno di percepire come questa storia sia a malapena drappeggiata sulla struttura di gioco, come un lenzuolo gettato di traverso su un divano per coprirlo dalla polvere. La descrizione del mondo di Dorgan è vaga, distante, a malapena abbozzata, poco convincente e il pellegrinaggio di quattro paia d’occhi al suo interno migliora solo impercettibilmente le cose se si mettono insieme tutti gli elementi raccolti in quattro libri. I personaggi sono a loro volta a malapena caratterizzati, si muovono per il mondo in maniera apparentemente casuale, le loro trame nebulose e le loro missioni sono puramente irrilevanti ai fini del gioco. Potremo trovare l’arpa o lo scudo, oppure no per esempio, ma questo non modificherà minimante l’esito finale del gioco. La descrizione che ho fatto prima dei quattro libri non era per non fare spoiler (anche se un paio ce ne sono), è quasi tutto quello che si può sfruttare per contestualizzarli. Di fatto non esistono colpi di scena che restino impressi o episodi memorabili. Solo una letargica apaticità.
Il libro del potere, se da un lato giustifica parzialmente la piattezza dei personaggi adducendo come scusa che il loro carattere è una nostra scelta, è ambivalente da un punto di vista funzionale. Saremo infatti spesso combattuti su quanto una scelta possa sembrarci oculata, adeguata al contesto oppure quanto utile nel breve termine per sbloccare un nuovo potere. Da questo punto è interessante precisare come Kandjar sembri prediligere scelte aggressive avendo diversi sortilegi che richiedono livelli di potere complessivo molto elevato. Questa caratteristica utilitaristica ci condizionerà non poco.
I combattimenti sono frustranti, tanto quelli semplici quanto quelli avanzati. Sono infatti non sono calibrati in base al numero di giocatori (con pochissime eccezioni) oppure al libro in cui si trovano, rendendoli triviali in gruppo e letali in solitaria. Il fatto di potersi riposare liberamente tra una tappa e l’altra e quindi recuperare completamente i propri punti vita preclude infatti la possibilità di usare avversari più logoranti e meno micidiali. Va anche detto che moltissimi incantesimi sono del tutto inutili nella variante in solitario, inclusi alcuni che a prima vista parrebbero benefici (primi fra tutti quelli curativi).
Il gioco in solitaria si riduce quindi alla ricerca di oggetti magici e potere in modo da accedere a determinate aree (arrivare a un power-cheeck con un livello insufficiente può precluderci l’area in maniera permanente o penalizzarci riducendo i nostri punteggi; cosa assolutamente da evitare). Il tutto senza nessuna pressione a parte quella del “oh, guarda, questo avversario mi ha ucciso sul colpo”, né un vero intrattenimento narrativo. L’unica vera sfida o strategia è quindi evitare le aree in cui non è il caso di presentarsi subito e individuare quelle adatte a racimolare potere e oggetti, tutto qui.
Ci viene suggerito di usare il numero di riposi effettuati come indice di riuscita dell’impresa, ma oltre a essere poco soddisfacente è anche inattendibile se inteso come parametro assoluto, soprattutto nel caso di Kandjar che ha disposizione un buon numero di potenti incantesimi offensivi, ma non può in alcun modo curarsi (almeno se si affronta l'avventura in single-player). Possiamo quindi dire che sia sull’aspetto Libro che su quello Gioco la serie deluda, e lo faccia abbastanza alla grande. Il discorso è praticamente identico nella modalità multiplayer, giocare assieme l’avventura non risolve minimamente tutti i difetti appena visti. Tuttavia in questo contesto si può raggiungere un risultato insperato: quello che come librogame tanto singolo che di gruppo fallisce, sconfina in un genere del tutto differente con potenziale margine di successo: il gioco da tavolo. Prima di giocare in gruppo è necessario preventivamente risolvere molte zone d’ombra che il regolamento non determina. Alcuni bug e omissioni erano stati già sottolineati, ma qui il numero è estremamente alto e non si può trattare come una nota a mergine. Nulla di irrisolvibile, ma va definito prima di giocare. Una volta messe in chiaro le regole occorre tenere a mente questi semplici passaggi:
-i personaggi agiscono in ordine di iniziativa -ciascuno effettuerà la sua azione (a scelta fra movimento/esplorazione/riposo), poi toccherà al successivo -quando due personaggi o gruppi si incontrano, possono fondersi in un’alleanza, fuggire o combattere tra loro. -un’alleanza deve avere un leader, determinato alla creazione in modo automatico. Il leader guida il gruppo seguendo il suo libro e determina tutte le scelte (se per esempio accede al libro del potere tutti gli alleati guadagneranno quello stesso tipo di potere). Di fatto un’alleanza è rappresentata unicamente dal leader, gli altri membri non eseguiranno azioni autonomamente (movimento, esplorazione, riposo) finché non l’abbandoneranno. -arrivare in alcune zone cambia automaticamente il leader con un personaggio prestabilito se presente nel gruppo.
Questo cosa significa? Tantissime cose. Prima di tutto che certe aree e oggetti potrebbero essere inaccessibili. Se per esempio un gruppo contenente Kandjar è guidato da Caithenss, finché sarà lei a comandare e quindi leggere dal suo libro, Kandjar non potrà trovare determinati oggetti presenti solo sul suo. Inoltre in alcuni casi un’esplorazione potrebbe terminare con la scritta “fine dell’esplorazione per tutti”. La scritta “Fine dell’esplorazione” indica di norma che il personaggio (e solo lui) non può esplorare nuovamente l’area anche se dovesse tornarci successivamente. L’aggiunta del “per tutti” indica che quell’area è da quel momento preclusa a OGNI giocatore, facente parte di un gruppo oppure no.
Gruppi rivali possono quindi entrare facilmente in competizione e arrivare allo scontro per motivi di risorse o territorio. In questo caso tutti gli incantesimi presenti, anche quelli precedentemente inutili, acquisiscono nuovo valore nell'ottica di un conflitto senza esclusione di colpi. La tensione è presente anche all’interno del gruppo. L’obiettivo infatti non è uccidere gli avversari, bensì arrivare a trovare la scritta “fine dell’avventura per tutti”, che sancisce la vittoria. Tuttavia come accennato precedentemente, ogni personaggio dispone di due finali, di cui solo uno è comunitario. I giocatori devono quindi badare bene che il loro leader, dopo averli sfruttai a dovere, non cerchi di conseguire la vittoria in solitario.
Di fatto quindi si sviluppa un terreno promettente sia per una battle royale, con tutti in corsa per arrivare al traguardo prima degli avversari o semplicemente per eliminare la concorrenza, o un gioco a squadre in cui è sempre presente la tensione dovuta al tradimento e al possibile abbandono (oltre alla possibilità di aggredire giocatori rimasti da soli e vulnerabili o un’altra alleanza). Aver memorizzato le zone rilevanti ovviamente è un fattore determinante, quindi di sicuro c’è maggior incertezza e gusto per chi non ha letto/ricorda i libri, tuttavia sono ancora più determinanti i riposi. Non sono più un'astratta misura delle nostre performance. Ogni riposo fatto è un turno in più lasciato libero agli avversari, ogni riposo posticipato sono ferite che non ci siamo scrollati di dosso.
Kandjar ha ancora le stesse probabilità di prima di colpire con la sua arma (praticamente zero), ma può sperare che un alleato abbia miglior fortuna se necessario. I benefici del gioco di gruppo contro i possibili guadagni del gioco in solitaria, la gloria personale o il trionfo comune, pianificare ogni mossa sperando di non venire anticipati in maniera irreparabile…
L’attrito dietro ogni scelta, che potrebbe influenzare in ogni momento gli equilibri di gioco sembrerebbe essere la parte più promettente dell’intera serie. La tensione che i libri non sono riusciti a inserire viene instillata dalle azioni dei vari giocatori e dalle ripercussioni conseguenti. Nel fallire clamorosamente in tutte le premesse che si era prefissa questa collana scopre nel conflitto, piuttosto che nella collaborazione, il suo autentico potenziale.
Longevità 4:
Una volta memorizzate le località da non visitare subito l’unica variazione tra una giocata e l’altra è saltare le zone del tutto ininfluenti. Almeno in Detective Club o Sherlock Holmes uno può andare comunque a rileggersi qualche battuta o descrizione carina. È pesante e ripetitivo perfino mentre lo si gioca.
Difficoltà 6:
Si tratta più di una questione di perseveranza. Escluse le insta death (ragionevolmente evitabili) l’unico modo di fallire è morire in combattimento. Peccato che volendo fra una località e la successiva possiamo curarci del tutto e sono veramente pochi i luoghi in cui perdiamo vita più volte di fila prima di poter riposare. C’è però una certa variabilità. Se uno dei due finali è relativamente facile da conseguire per tutti, il secondo richiede un combattimento impegnativo; nel caso di Kandjar il livello di sfida è sufficientemente ben tarato.
Giocabilità 5:
Il sistema è interessante, progredito e innovativo. Sicuramente ha i suoi meriti, ma le varie aree grigie del regolamento e la piattezza del testo fanno sentire il loro peso. Inoltre come detto i combattimenti in solitaria (per fortuna più rari di quanto si creda) sono un monotono ciclo di sopravvivi contro un avversario concepito per essere una remota minaccia contro quattro persone(la più fragile di esse almeno), curati, ripeti; se svolti in gruppo sono allegramente trascurabili a meno di pura sfortuna. Altri sistemi con simili premesse, come Grecia antica o le Fatiche di Autolico, sono riusciti a rendere certi scontri memorabili, alle volte grazie solo alla descrizione dell’incontro o all’uso di qualche risorsa limitata(onore/astuzia). Qui è tutto talmente anonimo da passare inosservato.
Chicca:
Ehi, è praticamente Talisman!
Totale 5:
L'avventura del mago in solitario è un mezzo "pacco", ma sono fiducioso che se giocato in maniera competitiva offra una soddisfazione decisamente maggiore
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