Cerca nel sito

Il Sondaggione!!

Qual è il tuo genere di librogame preferito, pensando a un ipotetico titolo inedito di prossima uscita?

Recensione

Robin Hood 2: La Spada del Templare
Edizione EL 1991
autore/i Paul Mason
Recensore firebead_elvenhair

Il secondo librogame della serie Robin Hood, La Spada del Templare di Paul Mason, prende le buone basi gettate dal precedente e vi costruisce sopra per creare un prodotto decisamente più funzionante, nonostante le numerose somiglianze nella struttura ludica dei due volumi.

Anche le trame, del resto, hanno un incipit davvero molto simile. Robin Hood e la sua banda sono ancora una volta appostati lungo i sentieri della foresta di Sherwood in attesa di qualche ricca preda da privare dei propri averi. Il primo a passare, però, è un drappello di soldati, alla guida del quale vi è un cavaliere che indossa la tipica croce rossa su campo bianco dei Cavalieri Templari, scortato da un sergente della guardia Reale.
L’imponente dispiegamento militare non ci intimorisce e facciamo scattare la nostra trappola. Il templare, tuttavia, si rivela da subito un osso duro: non solo taglia in due la freccia che gli scagliamo contro, ma qualora decidessimo di affrontarlo in combattimento corpo a corpo, dimostrerebbe immediatamente la sua superiorità. In tutto questo, il cavaliere combatte con una spada dalla lama completamente nera, come se fosse stata bruciata. L’imboscata è quindi un fallimento, ma il cavaliere templare, in inferiorità numerica dopo che i suoi accompagnatori sono stati sconfitti, decide di spronare il cavallo e fuggire.

Il sergente del Re, invece, è nostro prigioniero. Scopriremo che si tratta di un ex fuorilegge, Clim del Cleugh, che ha rinunciato al proprio passato decidendo di mettersi al servizio del Re. Potremo quindi decidere se accettare o meno Clim nella nostra banda. Ciò che tuttavia ci preoccupa di più al momento, è il Cavaliere del Tempio (che scopriremo chiamarsi Sir Roger di Ledbury) e la sua spada nera. Quando l’abbiamo vista, infatti, ci siamo subito accorti della sua somiglianza con Albion, la nostra stessa spada magica forgiata dal leggendario fabbro Wayland.

A questo punto, potremo decidere se scoprire di più su Sir Roger, compiendo una pericolosa indagine di persona nel castello di Nottingham, o chiedendo informazioni al mistico protettore della foresta e nostro padre adottivo, Herne il Cacciatore.
In questo secondo caso, la nostra decisione ci farà correre decisamente meno rischi, ma salteremo quasi un terzo del librogame, precludendoci anche la scoperta di preziosi indizi che potrebbero servirci più avanti.
Al contrario, la sezione – opzionale – in cui ci intrufoleremo di nascosto nel castello è una delle parti più avvincenti del librogame, sebbene sia molto ricca di rischi. Saranno numerose le prove che dovremo affrontare così come le eventualità in cui qualcosa possa andare male: sono infatti tantissimi i paragrafi che conducono alle famigerate prigioni, dalle quali uscire si rivela davvero una impresa quasi impossibile. Non solo le possibilità di fuga dipendono dalle azioni che avremo compiuto addirittura ad inizio libro, ma sono richiesti lanci di dado e il superamento di combattimenti dai risultati davvero improbi.

L’imperativo, quindi, se scegliamo questa strada è quello di non farci assolutamente catturare. A patto di riuscirci, e a seconda di quanto siamo bravi nella nostra esplorazione, potremo sia scoprire l’obiettivo del cavaliere templare e chi sia il suo misterioso mandante, sia ottenere preziosi indizi sull’intrigo ordito dallo Sceriffo e dal suo attendente Ingran de Blois ai danni del Vescovo di Carlisle.
Infatti, durante la nostra indagine (o se decideremo di ignorare ogni ricerca sul templare e la sua misteriosa spada), verremo a conoscenza di come il vicino villaggio di Gatham sia caduto nella mire dello Sceriffo. Anche in questo volume, quindi, accanto alla “missione” principale, cioè quella riguardante gli obiettivi di Sir Roger e l’origine della sua spada, si svolge una “missione” secondaria, che potremo decidere se sviluppare o meno, ovvero quella di aiutare gli abitanti del villaggio di Gatham. Curiosamente, anche se in questo librogame la trama principale è completamente slegata da quella secondaria – dato che Sir Roger non è affatto coinvolto nella congiura ai danni del Vescovo - le due storie sono molto meglio amalgamate dal punto di vista “strutturale” di quanto avvenisse nel precedente volume.

Una volta scoperto tutto quello che è in nostro potere su Sir Roger e avere scongiurato la vendita del villaggio di Gatham allo sceriffo – se avremo intenzione di farlo – il volume ci condurrà verso un percorso decisamente più suggestivo.
Dovremo infatti recarci a sud, nel misterioso Cuore di Inghilterra, un regno fatato dove il mondo degli uomini e quello degli spiriti si confondono, in cerca del leggendario fabbro Wayland, l’unico che potrà rivelarci i segreti della spada del Templare. Nelle foreste primordiali avremo anche modo di incontrare tre divinità celtiche: Epona, signora dei cavalli, Cernunnos, Signore degli Animali, e un gigante dai capelli rossi armato di mazza, la cui identità non viene rivelata (Taranis? Lugh?).

Indubbiamente si tratta della parte del libro con lo stile narrativo più potente ed evocativo, che contribuisce a rendere incredibilmente affascinante ed emozionante il viaggio di Robin Hood.
Una volta tornati dal Cuore dell’Inghilterra, il volume si avvierà verso la propria conclusione, con l’inevitabile scontro con Sir Roger che si svolgerà in maniera molto differente a seconda degli indizi e degli oggetti che avremo avuto l’accortezza di recuperare lungo il nostro viaggio.
Ma non finisce qui: durante la lettura, potremmo – oltre a rischiare di perdere uno dei nostri compagni – esserci inimicati un pericoloso personaggio, la cui resa dei conti giungerà appena prima di affrontare il Templare e potrebbe essere altrettanto letale.

Da quanto sin qui delineato, si comprende come - se Il Demonio del Re è un librogame in un certo senso “vuoto” di eventi - al contrario La Spada del Templare soffre quasi del problema opposto, ricco come è di avvenimenti, incontri e sottotrame.
Stupisce, quindi, vedere come le ramificazioni dell’avventura siano gestite egregiamente e senza sbavature. Il filone principale e quello secondario scorrono su binari diversi, ma quando si intrecciano lo fanno con piena continuità. Ogni scelta apre a sua volta numerose alternative, che ci conducono spesso a sviluppi tra loro molto diversi, che contribuiranno a tenere sempre viva la nostra attenzione. Anche la gestione degli oggetti è ottima, dato che non ci sono oggetti nocivi, ma ciascuno ha il suo utilizzo e i rischi e i benefici sono sempre ben bilanciati. Ogni scelta ha il suo peso, e quasi ogni azione che compiamo ha una conseguenza, che a volte scopriremo solo molto più avanti nella storia.

Sfortunatamente, anche questo libro non è esente da una gestione del regolamento tutt’altro che ottimale. Come detto, sono spesso i dadi a decidere il successo o meno di un’azione e in diversi casi i punteggi richiesti soffrono di eccessiva esosità, come nel volume precedente. I lanci che richiedono un risultato inferiore allo zero sono numerosi e, ovviamente, quasi impossibili da ottenere nella medesima partita, precludendo al giocatore numerose alternative e, probabilmente, l’ottenimento del punteggio massimo che, quindi, non è dovuto solamente alle scelte compiute, ma purtroppo anche alla fortuna con i dadi.

Anche questo volume, infatti, prevede il calcolo del punteggio ottenuto a conclusione dell’avventura, per valutare la nostra performance. Il sistema utilizzato dal precedente volume, che prevedeva solo di conteggiare quanti punti di Potere avessimo totalizzato, viene sostituito da un sistema di punteggio più complesso: per ottenere il totale non basterà più conteggiare i nostri punti di Potere, ma otterremo un punto anche per ognuno dei nostri compagni rimasto con noi fino alla fine, nonché 3 o 6 punti a seconda di come avremo concluso la missione secondaria relativa al villaggio di Gatham (se avremo deciso di portarla a termine).
Purtroppo, tale sistema di calcolo rende ancora più difficile ottenere il massimo punteggio, pari a 22 punti. Per tutto il volume, infatti, non sarà possibile guadagnare punti di Potere (se non utilizzando un Robin Hood pesantemente sbilanciato, con un punteggio di Corpo a Corpo, Equitazione o Orientamento pari a 10), mentre al contrario, sarà facilissimo perderne, vuoi “spendendoli” per ottenere risultati positivi da alcune azioni intraprese, o perdendoli in seguito al compimento di qualche azione fallimentare o contraria ai nostri principi.
Decisamente una richiesta davvero troppo esigente, che trasforma l’ottenimento del massimo punteggio in un’impresa quasi impossibile.

Tuttavia, se si riesce a chiudere un occhio su quest’ultimo punto e sulle pecche di un regolamento non molto bene applicato, il secondo volume di Robin Hood mostra decisi miglioramenti rispetto al primo, che rendono davvero un peccato il fatto che una serie che aveva finalmente trovato la propria strada si concluda con due soli numeri.

Longevità 8: 

L’avventura si compone di molte sezioni opzionali che vale comunque la pena di percorrere, dato che ci permettono di scoprire interessanti retroscena, se si riescono a superare tutte le prove richieste, incredibilmente difficili. Anche evitando del tutto gli eventi opzionali, il librogame presenta una buona durata dell’avventura singola; quest’ultima, ridotta ai minimi termini, è comunque superiore a quella del primo episodio.

Difficoltà 5.5: 

Anche in questo libro ritorna la gestione draconiana del regolamento, con prove dai punteggi ridicolmente bassi. Superarle tutte è davvero implausibile, viste quante sono le caratteristiche chiamate in causa. Un particolare episodio poi – la fuga dal carcere – ha una possibilità di successo così risicata da sfiorare l’impossibilità. Non è un caso, poi, che quasi ogni combattimento si risolva dopo essere sopravvissuti per qualche round, dato l’enorme rischio per Robin di subire ferite.

Giocabilità 7: 

Decisamente meglio realizzata che nel capitolo precedente. La trama si ricollega al background di Robin e quasi ogni episodio è avvincente e interessante. Gli eventi da scoprire e le diramazioni nascoste sono numerose e saranno necessarie più partite per scoprirle tutte. Peggiora, invece, il sistema per il calcolo del punteggio, che è decisamente pretenzioso e richiede una partita pressoché perfetta, alla faccia dei numerosi lanci di dado richiesti.

Chicca: 

Sono molti gli incontri degni di nota nel librogame, come quello con il Guardiano della Foresta Reale, William di Cloudesley, e la misteriosa testa parlante. Ma l’incontro più importante è senza dubbio quello con Wayland il fabbro, il leggendario creatore della spada di Robin, Albion. Wayland è un personaggio ricorrente nella mitologia norrena – dove è chiamato Weland – e anglosassone, fabbro di eccezionale maestria nella forgiatura di spade. Leggenda vuole che a lui si debbano le spade di altri mitici eroi, come Sigfrido e Beowulf.

Totale 8: 

La Spada del Templare è un librogame nettamente superiore al primo, che peccava di una trama e una struttura più apparenza che sostanza. In questo caso, non solo la trama è più avvincente della precedente, ma anche le missioni secondarie sono intricate e ben congegnate, con diverse soluzioni a seconda delle nostre scelte e del successo nelle prove. E’ l’eccessiva difficoltà di queste ultime che abbassa la qualità del volume. L’uso degli oggetti e dei compagni è decisamente migliorato, dato che non vi sono oggetti dall’uso infausto, ma ognuno di essi ha un utilizzo sensato al momento giusto. Spiace, quindi, che l’avventura di Robin si concluda così presto, ma senza dubbio la sua ultima apparizione è di una qualità in grado di non lasciare scontenti.