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Dettaglio Abstract

Serie Detectives Club
Recensore Dragan

Il campo dell'investigazione è uno di quelli che si adatta in modo splendido all'interattività messa a disposizione da un librogame. Questa riflessione, elaborata giocando la serie Sherlock Holmes, è senz'altro valida anche per Detectives Club, una sorta di "sorella minore" della serie dedicata al detective creato da Conan-Doyle. Una serie elementare eppure abbastanza gradevole, e capace inoltre di mettere sovente alla prova l'intuizione e lo spirito d'osservazione del lettore. Di origine britannica, è stata importata a metà con la traduzione di quattro degli otto volumi complessivi.

L'ambientazione non è specificata dettagliatamente, ma si può agilmente presupporre di trovarsi nel Regno Unito, intorno alla metà degli anni Ottanta. In uno scenario tipicamente british si muovono i protagonisti, i quattro pischelli che hanno fondato il Club dei Detective che dà il nome alla collana. Il leader del gruppo è Casey Peters, figlio di un ispettore di polizia, gli altri sono i fratelli Pancetta: James, "Fagiolina" e Bodger, quest'ultimo almeno in teoria alter ego del lettore. «Una banda di ragazzini scatenati ficca il naso dovunque ci sia qualcosa di losco», riassumeva magistralmente la tipica frasetta del retro di ogni copertina, ed in effetti è esattamente quello che si è chiamati a fare.

Il sistema di gioco è meno ingessato e più giocherellone rispetto all'altra serie investigativa, quella di Holmes, eppure capace di stimolare maggiormente il ragionamento del lettore. Dal sistema di gioco emerge anche in maniera evidente l'indirizzo ad un pubblico non troppo maturo. L'azione si sviluppa con piccoli enigmi, particolari da osservare, messaggi in codice da tradurre per effettuare una scelta opportuna tra il ventaglio delle possibilità proposte, con lo scopo di arrivare alla soluzione del mistero di turno e far salire il punteggio, in base al quale alla fine dell'avventura si verrà valutati. Scelte giuste al primo tentativo nell'enigma di turno generano un punteggio più alto, errori o il ricorso ai suggerimenti lo fanno calare, una scelta particolarmente infelice infine porta a ricevere una "torta in faccia" (letterale!) e quindi a non ricevere nemmeno un punto. La narrazione è piacevole, anche se l'uso della prima persona (come fosse un diario) al passato e il passaggio alla seconda persona al momento degli enigmi impedisce di identificarsi appieno con il protagonista Bodger: alla fine si finisce per considerarsi una specie di "cameraman" che segue passo passo i giovani investigatori.

A parte questo piccolo intreccio linguistico, al momento di tirare le somme e tentare di tracciare un giudizio, comunque, c'è ben poco da criticare. Si tratta di una serie molto carina, senza troppe pretese eppure capace di offrire un intrattenimento di prima qualità, talvolta anche suscitando qualche risata. Spassosa la trovata delle torte in faccia, da non sottovalutare invece gli enigmi: tanto facili alcuni quanto maledettamente intricati certi altri. Alla fine la serie Detectives Club centra esattamente quello che era il suo obiettivo: costituire una sorta di allenamento nel lungo cammino che porta, nella realtà ma anche tra le pagine di un libro, investigatori alle prime armi a diventare super-segugi fino a raggiungere il sommo grado, quello appunto di Sherlock Holmes.