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Numero 21 nella prima edizione della collana di LG anglosassone Fighting Fantasy, Trial of Champions rappresenta, in qualche misura, il seguito di un precedente e più fortunato volume: Deathtrap Dungeon. I due libri, infatti, condividono il medesimo background di riferimento. Ogni anno, nella fatidica data del 31 aprile, il crudele Barone Sukumvit di Fang ospita avventurieri d’ogni risma e d’ogni dove per un crudele gioco: il Barone ha costruito nelle viscere della città un letale labirinto infarcito di trappole, enigmi e creature mostruose e la sfida che propone ai partecipanti è semplice quanto letale: entrare nel labirinto ed uscirne vivi! La favolosa ricompensa di 20.000 pezzi d’oro (tanto per capirci da quelle parti una spada ne costa 1 o 2) è più che sufficiente ad attirare ogni anno una varia umanità: dal raffinato principe elfico in cerca del brivido di un’avventura estrema al guerriero squattrinato che cerca di fare il colpo della sua vita; dal barbaro delle fredde terre del nord che vuole mettere alla prova le sue doti, al samurai dell’estremo oriente (nulla di strano per chi ha dimestichezza con il mondo di Titan proposto nella serie dei libri di Fighting Fantasy che raccoglie un po’ tutti gli stereotipi del genere fantasy). Però, a differenza dell’eroe che il lettore è chiamato ad impersonare in Deathtrap Dungeon, questa volta le cosa stanno in maniera leggermente diversa. Il nostro personaggio viene infatti catturato da una nave pirata e portato nell’isola dove regna Lord Carnuss, il fratello del Barone Sukumvit. Carnuss è un’infame di rara foggia rispetto al quale anche suo fratello sembra (e ce ne accorgeremo proprio nel finale del libro) dotato di un briciolo in più di umanità. Nella prima parte del libro, infatti, Carnuss ci ammassa in un’arena assieme ad altri schiavi catturati e ci sottopone ad una serie di sfiancanti prove gladiatorie alla fine delle quali uno solo sopravviverà. La ricompensa per il vincitore è quantomeno opinabile: entrare nel labirinto di Fang quale campione di Carnuss. La parte dell’arena è senza dubbio la più gradevole, sebbene sia piuttosto breve e non molto ricca di scelte. Particolarmente gustosa è la penultima prova: un tutti contro tutti nell’arena, armati di mazzafrusto ma, ahimè, bendati e quindi costretti a combattere alla cieca. Conclusa questa prima fase si passa direttamente al labirinto in un solo paragrafo di transizione e dopo aver giurato all’ultimo contendente ucciso nell’arena di vendicare la morte di tutti gli schiavi uscendo vivi dal labirinto ed uccidendo Carnuss alla prima occasione. E qui veniamo al più classico dei LG della serie Fighting Fantasy. Una volta mappato, il labirinto in sé non appare poi molto complicato, gli incontri proposti sono tutti abbastanza originali ed intriganti, gli enigmi simpatici senza essere eccessivamente cervellotici, la difficoltà dei combattimenti abbastanza ben bilanciata, anche se un personaggio con bassi punteggi difficilmente può avere chance di successo anche imboccando il percorso migliore. Ed in effetti è proprio la questione del percorso a rappresentare la vera nota dolente del libro. Come spesso accade nei libri scritti da Ian Livingstone il true path è veramente strettissimo, pressoché obbligato. Già al primo bivio del labirinto scegliere la via sbagliata ci mette fuori gioco rispetto l’obbiettivo che è necessario conseguire per uscire vivi da quel budello infernale, vale a dire trovare 9 anelli d’oro, 3 indicazioni con riferimenti a paragrafi ed un particolare oggetto che sono tutti elementi essenziali della prova finale. Ma ci sono anche altri oggetti indispensabili per procedere nei vari stadi del labirinto, tra i quali una lima, una spada magica, una chiave di ferro ed una fiala piena di una non meglio specificata polverina rossa. A questi vanno aggiunti anche un gran numero di oggetti utili (un’armatura, uno scudo, una boccetta di antidoto) ed altrettanti assolutamente inutili, anzi doppiamente inutili perché non essendoci alcun limite all’equipaggiamento che si può portare con sé non hanno neanche uno scopo strategico, nel senso di stimolare il lettore a scegliere con cura cosa portare con sé e cosa lasciare lungo il cammino. Ci viene detto che entriamo nel labirinto solo con una spada in mano ed un piccolo borsello di pelle (“a small leather pouch”), ma ne usciamo fuori carichi all’inverosimile di oggettistica varia, neanche fossimo un robivecchi! Il modello base degli incontri è quasi sempre lo stesso: si prosegue lungo un corridoio, si incontra una porta sulla destra o sulla sinistra, si decide se tirare avanti oppure entrare. Il che, considerando la natura preminentemente EUMATE del libro (Entra, Uccidi Mostro, Arraffa Tesoro, Esci), risulta sempre la scelta migliore da fare. Un ultimo elemento interessante, in comune anche con Deathtrap Dungeon, riguarda gli altri partecipanti alla gara che entrano con noi nel labirinto, sebbene scaglionati: un Guerriero del Caos rivestito di un’armatura spinata, un Samurai, un Principe Elfico ed un Nobile Nanico. Avremo modo di incontrarli pressoché tutti (anche se con un piccolo bug, vedi la sezione chicca); con il Guerriero ed il Samurai ci batteremo all’ultimo sangue, con l’elfo potremmo intrattenere un rapporto più amichevole. All’agognata uscita dal labirinto, infine, avremo la nostra rivincita: mentre il Barone Sukumvit sta per consegnarci la nostra meritata ricompensa, Lord Carnuss si farà avanti pretendendola per sé, dal momento che noi non siamo altro che un suo schiavo. Ma il buon (?) Barone, probabilmente fiutando l’occasione giusta per liberarsi dell’odiato fratello, ci accorda anche un desiderio che noi esprimiamo prontamente: poter affrontare in singolar tenzone Carnuss. Combattimento finale, vendetta compiuta e fine del libro.
Longevità 5:
Se per longevità si intendono i numerosi tentativi che è necessario fare per scoprire il true path, allora il punteggio potrebbe anche salire a 8. Se, invece, intendiamo la voglia che ci viene di rigiocarlo dopo aver sbattuto la testa al muro per l’ennesima volta, 5 è forse anche troppo.
Difficoltà 7:
Ben calibrata, sia nei combattimenti che negli enigmi che sono comunque la parte più divertente del libro.
Giocabilità 8:
Tutti gli incontri sono ben scritti e ben confezionati. Belle anche le illustrazioni che contribuiscono all’atmosfera ed al coinvolgimento del lettore.
Chicca:
In uno degli incontri ci si può imbattere in una scatolina magica che, se aperta, intrappola il nostro eroe e libera il suo precedente occupante, nel nostro caso il nano. Per uscirne ci dobbiamo affidare ad un tiro di LUCK per vedere se qualche altro partecipante fosse tanto incauto da aprirla a sua volta, liberando noi e finendoci dentro lui. In questo caso si pone un problema: visto che gli altri concorrenti sono 4 e visto che abbiamo modo di incontrarli tutti durante il resto dell’avventura… chi è che finisce nella scatola al posto nostro se azzecchiamo il tiro di LUCK??
Totale 6.5:
Un punteggio appena sopra la sufficienza per un libro appena sopra la sufficienza.
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