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Ci credereste che fino al numero cinquantanove la serie storica Fighting Fantasy della Puffin non ha mai fatto ricorso alle piramidi simil-Egizie come ambientazione? A questo rimarchevole digiuno ha posto fine Jon Green con il suo Curse of the Mummy, tradotto in Italiano sotto l'egida LGL col titolo di La Maledizione della Mummia, che e' una buona localizzazione, ma risente da un paio di problemi di traduzione che non permettono di venire a capo di enigmi che sono risolvibili solo se si usano termini in Inglese e non in Italiano.
Molto appropriatamente, considerata l'ambientazione particolare, l'autore ha aggiunto al regolamento classico Fighting Fantasy anche un punteggio di "veleno", che, se raggiunge il valore di 18 durante l'avventura, comporta l'immediato decesso del protagonista.
Il protagonista parte dal porto malfamato di Rimon (Allansia sud-occidentale, mondo Fighting Fantasy di Titan) e, a corto di denaro dopo un naufragio causato da pirati, trova un ingaggio alla locale Gilda degli Avventurieri per assistere uno strano archeologo in una spedizione nel pericoloso Deserto dei Teschi. Lo scopo e' quello di impedire che un antico Faraone crudele di un'antica civilta' (Akharis) venga trovato e riportato in vita da uno strano culto esoterico (il Culto del Cobra). En passant si potra' cosi' impadronirsi del favoloso tesoro del Faraone!
La parte dell'avventura che porta da Rimon fino alle rovine della citta' di Djarat e alla Piramide Nera e' piuttosto varia e divertente, con tante idee molto simpatiche, ma poi il dungeon finale, alla ricerca del Faraone (anzi, degli oggetti e condizioni necessari per farlo fuori), si risolve in un true path soffocante che si riesce a seguire in mote circostanze per puro caso e non per congettura.
La tecnica di Jon Green e' come sempre magistrale, con una grande proprieta' di liguaggio, al limite del virtuosismo, e una costruzione molto coerente del mondo nel quale dipana la sua avventura e dei suoi retroscena, sempre compatibili con le ambientazioni del resto del mondo di Titan.
Ma piu' si procede piu' la struttura assomiglia a quella di alcuni dei peggiori librigame scritti da Ian Livingstone: esplorazione "a senso unico" (non si puo' mai tornare indietro a tentare altre strade), "check point" rigidissimi a restringere il true path a seconda di quali oggetti hai raccolto, nemici con punteggi alti, nessuna indicazione per indirizzare il giocatore dalla parte giusta quando si trova ad un bivio.
In questo modo il fattore vincente dell'avventura, anziche' l'analisi e il raziocinio, diventa solamente la buona sorte sia con i dadi che nel saper scegliere la strada giusta tra due diramazioni apparentemente identiche. Ovvio che il leggiocatore non puo' apprezzare granche'.
Longevità 7:
L'avventura intrattiene piacevolmente per un certo tempo, ma quando si arriva alla stretta finale un po' delude, per cui, dopo aver trovato il true path, il lettore forse esplorera' percorsi alternativi relativi alla prima parte del cammino, ma avra' un po' meno interesse relativamente alla parte del dungeon crawl finale.
Difficoltà 4:
Purtroppo la difficolta' non e' legata ad una struttura di gioco particolarmente raffinata e complicata, ma principalmente alla casualita'.
Giocabilità 7:
Difficile dare un punteggio, visto che la giocabilita' all'inizio è piuttosto alta, ma poi cala durante l'avventura.
Chicca:
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Totale 6:
Tante idee molto simpatiche soffocate da un true path che puo' essere trovato troppo spesso per puro caso e non per congettura. La tecnica di Jon Green e' sempre magistrale, ma i suoi librigame migliori sono ben altri, purtroppo. Vista la bella ambientazione e gli intrecci piuttosto interessanti che emergono, questa avventura potrebbe essere un'ottima candidata per la conversione per gioco di ruolo.
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