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Recensione

The Necronomicon Gamebook 2: Carcosa
Edizione Officina Meningi 2019
autore/i Valentino Sergi
Recensore Dragan

Lovecraft e i suoi fratelli

Un innesto tra due precursori e ispiratori di Howard Lovecraft, Ambrose Bierce con “Un cittadino di Carcosa” e Robert Chambers con la sua raccolta di racconti “Il Re Giallo”, e lo stesso universo di Cthulhu, per dare vita al più aberrante degli ibridi. Il tutto condito con la variante dei bivi, a rendere ancora più ondivaga e mutevole la narrazione e sfuggente la storia.

Alza ancora di un gradino l’asticella dell’azzardo la seconda (e ultima, viene annunciato) produzione della serie The Necronomicon Gamebook. “Carcosa” fa seguito al primo volume, “Dagon”, che aveva sbancato nel 2018 andando a costituire una punta di eccellenza da mille copie nelle vendite all’interno del più generale “Rinascimento” del librogame.

Ora come allora, il “sarto” che cuce tasselli provenienti stavolta non più da uno, ma ben tre autori, in un mosaico un po’ dissonante ma tutto sommato credibile, è Valentino Sergi, editor, autore di giochi e libri, esperto di marketing capace di lanciare campagne di raccolta fondi strappa applausi. Completano il quadro, ancora una volta, le splendide illustrazioni di Alberto Dal Lago, nome noto da Lupo Solitario in giù, e Jacopo Schiavo.

La sensazione è che l’autore abbia fatto tesoro dell’esordio quando, per rimanere il più possibile fedele ai testi del solo Lovecraft, aveva impalcato un’avventura sì fedele, ma per lunghi tratti troppo straniante e spigolosa, vagamente insoddisfacente sia per gli integralisti di Cthulhu, sia per chi ne era a digiuno e chiedeva “solo” di leggersi una bella storia a bivi.

Questa volta la presenza di ancora più trame da rilegare tra loro comporta inevitabilmente un maggior sforzo creativo e una maggiore rivisitazione dei materiali originali. Se da un lato questo farà storcere ancor più il naso agli amanti del canone, dall’altro consegna una visione d’insieme sicuramente più solida ed efficace.

Non ci si deve stupire più di tanto, così, giusto per fare un esempio, se la chiesa di Federal Hill del racconto lovecraftiano “L’Abitatore del Buio” si trasforma qui nella chiesa di Kingsport. Né va visto con fastidio l’inserimento forzoso dell’universo di Carcosa, al posto del pianeta Yuggoth, come dimensione altra dove si trova a viaggiare l’anonimo protagonista se si fa espiantare il cervello alla maniera del professor Henry Akeley. O ancora, non sorprenda la giustapposizione delle figure del Re Giallo di Chambers e dell’entità Nyarlathotep di Lovecraft.

E così via: il materiale è sicuramente riguardoso nello spirito e, in particolare, nell’angoscia trasmessa dalla narrazione; ma certo, seppure per una giusta causa, le licenze sono tante e ampie, è bene saperlo prima di accostarsi a questo volumetto.

La parte game è sostanzialmente sulla falsariga del primo volume “Dagon”. Punteggi di Vigore e Volontà, forze fisica e mentale, nonché la Resistenza assottigliata dai patemi patiti; una scala di Follia dall’equilibrio al delirio che può portare a rendere praticamente impossibile proseguire l’avventura; scarne regole di equipaggiamento, armi e denaro; un sistema di combattimento basato sulla somma di punteggi e bonus armi con il lancio dadi e successivo confronto rispetto ai numeri dell’avversario, per stabilire le conseguenze sulla base di un rapporto di forza da valutare in una tabella à la Dever.

Spicca il ritorno del Talismano del Negromante, oggetto speciale che, qualora decifratone il funzionamento nel primo volume, sbloccherà paragrafi bonus che possono trarre d’impaccio dalle più svariate situazioni e, spesso, anche scampare il protagonista da morte certa. Nel corso dell’avventura si potranno poi trovare biglietti gialli, che fungeranno da bonus finali, nonché dei simboli che aiuteranno a risolvere un enigma matematico sempre nella resa dei conti conclusiva con il citato Re Giallo/Nyarlathotep.

È, peraltro, quest’ultimo, il true path di questa avventura, perché senza sciogliere l’enigma e senza il manufatto che la soluzione porta in premio, avere la meglio sull’ultimo abominio sarà praticamente impossibile.

Ideale contraltare dell’avventura già da incubo è la sezione di incubo vero e proprio delle Terre del Sogno. Sono altri dieci paragrafi cui il protagonista accede, suo malgrado, quando costretto a dormire, che possono presentare prove di abilità, combattimenti, perfino una carognesca instant death o semplicemente un sonno sereno, prima di riportare all’ultimo punto di veglia dove si era rimasti.

Il bilancio finale è positivo: se “Dagon” poteva incuriosire alla lettura del Lovecraft originale, questo “Carcosa” accende i riflettori anche su autori non eccessivamente noti al grande pubblico italiano, se non tra gli espertissimi del settore, anche se le cose sono un po’ migliorate dopo l’indicazione di Chambers come l’ispiratore della serie di grande successo di qualche anno fa “True Detective”.

“Carcosa” costituisce, tra l’altro, una buona avventura introduttiva al genere al bivi. Ha 30 paragrafi in più dell’esordio, spesso tacciato di eccessiva brevità, e questo formato sembra quello giusto per un’opera simile. Oltre che agli adulti, il clima la rende adatta solo ad adolescenti dal cuore impavido, ma è pur vero che oggi sono la maggioranza.

Longevità 6.5: 

Ci sono abbastanza diramazioni da esplorare, con molti pericoli, ma tutto riconduce a una trama lineare che porta sempre allo stesso punto. Svelato il colpo di scena finale, la rigiocabilità scema.

Difficoltà 7: 

Ben calibrati i combattimenti, gli aiuti per riuscire a vincerli, gli enigmi e le scelte narrative. Più facile che difficile, il che aumenta la godibilità.

Giocabilità 7: 

Il motore di gioco ha un paio di nodi, ma nel suo complesso funziona egregiamente, facendo concentrare il focus sulla storia.

Chicca: 

La copertina riprende, come la prima, le fascette degli storici volumi EL, sia sul lato sinistro che sul fondo. Ma se in “Dagon” la cover era opaca e la carta interna porosa (bello), in “Carcosa” la soluzione lucido-lucido (brutto) della nuova tipografia manderà in bestia i collezionisti che, oltre a belle storie, esigono anche opere di aspetto omogeneo da sfoggiare in libreria.

Totale 7: 

Un librogame che conferma tutte le buone pratiche del predecessore, ne colma il principale difetto di una trama tanto ermetica da fare acqua, ma non apporta un significativo miglioramento nei termini della quantità di “carne a cuocere” tale da meritarsi un voto al top tra le migliori proposte.