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Iliade nello spazio Un “blockbuster” all’americana, capace di portare il lettore interattivo in uno spazio futuribile e colonizzato, con una trama che strizza l’occhio a numerosi topos della narrativa di genere, ma con alcune variazioni sul tema, e un meccanismo di gioco complesso ma flessibile, intarsiato di qualche gustosa innovazione. Questo, in sintesi, “Persephone X”, ultima fatica di Antonio Costantini per conto dell’editore Aristea di Dario Leccacorvi nell’ambito della collana “Nuovi Mondi”, dedicata alla fantascienza e giunta al secondo volume dopo “Vesta shutdown” di Gabriele Simionato.
L’opera si caratterizza per una grande varietà di situazioni di gioco e di racconto che si andranno a incontrare, ma segue una struttura essenzialmente lineare, divisa in tre grandi atti come già visto nello stesso autore, in “Moriarty” di Watson Edizioni. Questo prodotto ha una grande flessibilità, in particolare, nei combattimenti, che potranno essere affrontati vis à vis, ma anche in squadra con altri coprotagonisti e addirittura in battaglie aerospaziali tra astronavi.
La trama si dipana cristallina. La colonizzazione dello spazio è avvenuta e, anzi, i mondi umanizzati sono finiti in guerra tra loro. Quasi un secolo dopo la pace è assodata, ma alieni dall’orlo esterno fanno scoppiare un nuovo conflitto: per risolverlo viene richiamato il comandante William Hunter. Fisico e tatuaggi maori alla The Rock, volto di pietra da capitano Mifune di Matrix, una tendenza inspiegabile a “gonfiare i bicipiti e i pettorali”, espressione che ritorna in decine di paragrafi. Altra sua peculiarità è quella di scambiarsi pugni con tutti i vecchi amici che incontra, come simpatico gesto d’affetto. Perché proprio lui, con la sua squadra che condivide un terribile segreto dai tempi della prima guerra, sul lontano pianeta Persephone? Sarà uno degli snodi cruciali dell’avventura scoprirlo.
I tre atti, come si diceva, sono distinti e rigidamente separati da “Interludi” ambientati per lo più su Persephone, cui verrà aggiunta la “X” che campeggia nel titolo. Si tratta di un’iniziale, quella del nome della nuova sovrana di questo corpo celeste: un arbitrario cambio di denominazione, pensato da Hunter all’improvviso con motivazioni un po’ friabili. Si comincia dal reclutamento della squadra, che potrà avvenire con successo intero o solo parziale. I vecchi compagni del protagonista, anche chiamato “Duke”, dovranno essere recuperati su diversi pianeti, in ambientazioni ben lontane da quella bellico-stellare, con una spennellata di cyberpunk sullo sfondo dello spazio che quasi sempre riesce a essere convincente. In caso di fallimento non mancheranno personaggi di scorta, meno caratterizzati e capaci ma comunque funzionanti, da poter inserire nel proprio team: una bella chicca. Questa parte, se ci si intarsia perdendosi in tutte le varie storie secondarie, può diventare talmente diramata e “terrestre” da risultare un po’ slegata dal resto tra le stelle.
Il secondo atto, infatti, sarà quello propriamente ambientato nello spazio aperto, con due missioni introduttive che possono essere arricchite o meno da combattimenti tra navicelle spaziali, vagamente piatti a livello drammaturgico, in verità, perché si affastellano semplicemente l’uno sull’altro, non sbloccano snodi ulteriori. Segue la decisiva resa dei conti che porterà al più importante colpo di scena. Divertente una parte esplorativa a mappa qui presente, con stanze da visitare che cambiano paragrafo di approdo a seconda di come ne mutino le condizioni. Bello anche come le guerre spaziali siano esplicate da un regolamento presentato “in game”, in corso di avventura.
A seguire, il gran finale, non prima, tuttavia, di un interessante flashback-game nel passato, per ricostruire con i tasselli mancanti il puzzle immaginato dall’autore: scoprire come andò quella volta su Persephone non ancora “X” e intuire come mai anche il nemico appaia interessato alla presenza di Hunter in battaglia. Peccato non sia stata implementata quella che sarebbe stata una finezza, l’evidenziazione del “paradosso temporale” reso celebre da Metal Gear e altri: se si muore nel passato, il presente che si sta raccontando non potrebbe esistere.
Il terzo atto è, a sorpresa, quello che appare più frettoloso rispetto ai precedenti, con un finale che può suonare sbrigativo e non completamente soddisfacente al momento di tirare le somme delle tante e coinvolgenti porzioni di avventura messe in campo nelle parti precedenti.
Piace, comunque, il setting dell’opera perché con poche pennellate precise, senza dilungarsi troppo nel dettaglio, Costantini riesce a rendere perfettamente l’idea di un sistema stellare terraformato, e da molto tempo, con quadretti davvero efficaci. Tra questi, anche un’ambientazione di Italia sci-fi che non è usuale trovare nei librogame né tantomeno nella narrativa in generale.
Il sistema di gioco potrebbe, di primo acchito, suscitare qualche grattacapo nel lettore meno smaliziato a causa della grande quantità di informazione contenuta dal registro: punteggi di salute e abilità, tre capacità speciali, inventari separati per armi e oggetti, contatori di allerta e delle morti in battaglia, sei traguardi speciali, note, codici, un gradiente tra romanticismo e sensualità di un interessante intermezzo romance che pure è presente, spazi appositi per i differenti compagni di equipaggio, registro specifico della nave con le altre variabili e così via.
Tanta roba, da richiedere un registro o “Codex” ben progettato e duplicato dall’editore anche in un inserto speciale a parte, tutto a colori e ottimamente confezionato. La mole di statistiche da tenere d’occhio alla stregua di un gioco di ruolo, comunque, non inganni: a conti fatti, nella prassi la gestione poi sarà molto più benevola nei confronti del lettore e gestibile anche da chi è più affezionato al libro che al game. Carino l’avvio con il narratore che dà del “lei” a chi legge prima di passare al colloquiale e tradizionale “tu”.
Non mancano sezioni che si sbloccano grazie all’uso dei codici numerici, da scoprire e poi aggiungere al paragrafo in cui ci si trova per raggiungere la tappa successiva, espediente sfizioso e tipico dell’autore. Meno gradevoli sono, al contrario, gli snodi secchi “vai a destra o a sinistra?” e similari presentati senza alcun indizio, che fanno molto anni Ottanta ma non vengono accettati sempre di buon grado dai lettori di opere a bivi contemporanee.
L’apparato illustrativo è convincente e merita un particolare plauso perché il pennello sempre in forma di Katerina Ladon, si può ipotizzare su input dell’editore e con il conforto dello stampatore, ha prestato particolare attenzione ad arricchire di maggiori chiaroscuri le tavole, che sono molto più luminose e leggibili ed evitano quell’effetto “monoblocco grigio” che attanaglia numerose illustrazioni, pure di grande qualità, di tante opere del “Rinascimento”.
In questo quadro di grande qualità iconografica spiace segnalare, ma non si può omettere, due casi di discrepanza tra quanto descritto dal testo e quanto, invece, rappresentato poi dalle illustrazioni: già dal prologo il protagonista Hunter viene disegnato senza barba né capelli, d’altronde proprio come The Rock. Ma al paragrafo 1 viene descritto come munito di “folta barba nera” che, con il coltello, riduce a “corto pizzetto” del quale tuttavia non si avrà traccia in nessuna tavola seguente. Stesso discorso per la sovrana aliena, un personaggio che lasciamo il piacere di scoprire, delineata dal testo mentre indossa “un’ampia tunica azzurra, riccamente decorata con finimenti d’oro” ma poi mostrata nel disegno seguente con un vestitino striminzito con sottili spalline di colore nero.
Nota sulle valutazioni: nella Longevità, chi scrive valuta quanto sia ben progettata l’opera in modo da essere giocata più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La Difficoltà stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La Giocabilità è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su un aspetto curioso, singolare o spesso simpatico. Il Totale, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.
Longevità 7.5:
Le strade alternative non mancano ed esplorare tutto, ma davvero tutto il libro, richiederà una pluralità di sessioni. A ben vedere, in un’opera progettata nella linearità, un valore aggiunto.
Difficoltà 7.5:
Come detto il motore appare (ed è) di grande complessità ma una volta avviata la partita tutto funziona perfettamente, venire a capo della vicenda sarà abbastanza sfidante ma non frustrante.
Giocabilità 7.5:
Non manca qualche stonatura nel progetto di gioco portata alla luce in precedenza, ma mezzo voto in più per la complessità resa accessibile. Tornano i dadi e l’elemento sorte piace, aggiunge un pizzico di imprevedibilità.
Chicca:
Agli appassionati non poteva sfuggire, in una delle sub quest iniziali, la palese citazione al film “Bomber” con Bud Spencer, al giovane pugile Giorgione e al “cattivo” Rosco Dunn.
Totale 7.5:
Sarà bello mettersi comodi e godersi una sana avventura su e giù dallo spazio, con tante sfaccettature da esplorare quasi sempre senza disorientarsi e tutta l’inventiva e la voglia di innovare le regole del gioco sciorinate dall’autore.
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