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Nei tempi recenti, il regno di Avalon era sopravvissuto a maledizioni, minacce varie e rischio di invasioni, ma mai come questa volta dovette fronteggiare un pericolo così grande. Tutto cominciò il giorno in cui l’eccentrico e sciroccato mago Merlino era intento a fare uno dei suoi esperimenti su un albero di mele sopra cui si era arrampicato, e lì il destino volle che il vecchio druido cadde disgraziatamente da quell’albero rompendosi l’osso del collo e ponendo fine alla sua ultracentenaria vita. Sia il re che la popolazione rimasero ovviamente scioccati dalla notizia, ma la cosa ben più grave è che un qualche spirito malvagio aveva riportato in vita Merlino, ed egli era ora intento a invadere Avalon al comando di un battaglione composto da cadaveri viventi (la Legione dei Mortim del titolo) in grado di sopravvivere anche ai più potenti eserciti di cavalleria di tutto il mondo. Come in tante altre occasioni, toccava a un solo eroe, dotato della forza e dell’astuzia necessaria, porre fine anche a quest’ennesimo pericolo, e tale eroe corrispondeva chiaramente, e come al solito, al nome di Pip. Così re Artù incaricò Cody, la giovane apprendista di Merlino, affidandole il lancio dell’ormai classico Incantesimo-Rete e per preparare Pip a quello che sulla carta appariva come il suo incarico più difficile dai tempi del Castello di Tenebra in poi. Inizio che più degno non si può per quello che è il volume conclusivo di questa divertentissima serie di librogame: l’allievo impegnato in una corsa contro il tempo proprio contro il suo maestro, colui che l’ha scoperto e portato a gloria imperitura dopo le tante mirabolanti imprese nel passato. Peccato che, come vedremo, l’avventura sarà tutt’altro che proibitiva. All’inizio la giovane Cody sarà impaziente di mandarci allo sbaraglio contro la Legione dei Morti, e dopo essersi limitata a equipaggiarci con il solito, determinato quantitativo di oggetti, ci sbatterà fuori da una delle abitazioni di Merlino senza troppe cerimonie. A spiegarci tutto ci penserà E.J., loquace e intrattenitrice come non mai in passato. Saranno infatti tante le occasioni in cui la nostra fedele spada sarà di compagnia al solitario Pip. L’avventura comincia in un desolato pianoro vulcanico che corrisponde al famigerato Ade, da esplorare tramite una delle solite mappe planimetriche della serie. Nonostante il suo nome, non ci vorrà molto ad uscirne e sbucare successivamente nella bella Scozia (vi sono due modi per farlo), il punto nevralgico dell’avventura. Girovagando per le colline e le foreste del paese con la solita ampia libertà di movimento (varie mappe sono presenti in alcuni paragrafi specifici del libro, a differenza del passato, quando queste mappe erano posizionate alla fine del volume), dovremo trovare il modo di accedere al quartier generale della Legione dei Morti anche adoperando degli indizi in codice riportati spesso; in pratica ogni qualvolta capita l’occasione di incappare in qualcuno dei motti scritti in lingua latina dai legionari. Fondamentali saranno in precedenza il reperimento di un oggetto magico e la conoscenza di una parola d’ordine, quest’ultima ottenibile dopo aver trovato il modo di costringere il suo custode a rivelarcela. Molto dipende in quest’ultimo caso dal modo in cui interagiremo con gli abitanti di un bislacco villaggio scozzese dal nome impronunciabile (Ochnatoberlochnaburry). Tra le solite varie stramberie degne di Brennan, al solito molto ispirato, possiamo cimentarci di nuovo in una partita al famigerato Pogolfit, una cosa che forse già avremo sperimentato nel terzo volume della serie; alla fine dovremo comunque presentarci al cospetto dell’irriconoscibile Merlino e della sua legione (costituita dai cadaveri dei nemici sconfitti in passato) senza particolari patemi. Importante sarà però, in questo caso, essere in possesso di un determinato oggetto magico reperito in una fase precedente dell’avventura. Il finale è un po’ sottotono rispetto ad altri della serie, e qui Brennan poteva chiudere in maniera migliore un ciclo che nonostante le tante pecche funzionali riscontrabili in diversi volumi, rimane un piccolo capolavoro nel panorama della lettura interattiva.
Longevità 5:
Libro che, una volta trovato il percorso che ci conduce all'epilogo vittorioso, non invoglia molto a successive riletture, se non per gustare appieno le solite trovate di Brennan sempre piacevoli e divertenti da rileggere.
Difficoltà 6:
Dopo sette libri difficilissimi e quasi impossibili da portare a termine senza morire più volte, Brennan si congeda dai lettori di Grailquest in maniera decisamente più soft, quasi a volerli ringraziare della pazienza che hanno avuto dopo aver tribolato non poco nei volumi precedenti. I combattimenti possono essere anche pochi e tutti abbordabilissimi, inoltre è assente il classico scontro corpo a corpo finale, tipico di molte sue opere. Vi sono un paio di enigmi matematici niente male per gli appassionati del genere, ma non sono influenti per il buon esito dell’avventura.
Giocabilità 7.5:
Se negli altri libri della serie è consigliabilissimo in molti casi essere in possesso di un ottimo equipaggiamento ed utilizzare al meglio il ricco campionario di incantesimi a disposizione, in questo capitolo oggetti e magie varie sono addirittura superflue, e la loro mancanza non penalizzerebbe il giocatore che affronta un'avventura della serie per la prima volta, cosa che nei precedenti volumi in molte situazioni significherebbe conclusione prematura della missione.
Chicca:
Si è parlato di come E.J. spesso sia coinvolta nei dialoghi del libro con Pip; l’apice del protagonismo della sua frizzante e petulante compagna d’avventure si può riscontrare in un casuale incontro con una delle figlie del Re Pescatore, che indossa una maglietta del “fan club” ufficiale della spada affidataci dal mago Merlino. Un’altro divertente e memorabile siparietto da gustare fino in fondo.
Totale 6.5:
I lettori abituati a giocare con librogame più complessi forse rimarranno un po’ delusi dall’andamento scorrevole dell’avventura, ma nel complesso l’opera non è da bocciare ed è comunque piacevole da leggere per la sempre frizzante verve narrativa di Brennan, una volta tanto senza dover ricorrere a prove di fortuna proibitive con i dadi o risolvere enigmi rompicapo molto complicati.
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