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Recensione

Watson Gamebook 6: Allan Quatermain e Il Tesoro di Re Salomone
Edizione Watson Edizioni 2021
autore/i Andrea Tupac Mollica
Recensore Dragan

Il racconto di viaggio si fa a bivi


Il librogame, da sempre territorio di esplosione delle potenzialità di ogni buona storia di viaggio, non poteva non omaggiare chi, di simile avventure, in fondo si può considerare il capostipite. Quel personaggio, “padre” letterario degli Indiana Jones e di tutti i fratellini, che risponde al nome di Allan Quatermain, scritto da Andrea Tupac Mollica e pubblicato nella collana Gamebook di Watson Edizioni (350 paragrafi, 18 euro, di difficile reperibilità alla data della recensione) curata da Francesco Di Lazzaro.

La trasposizione ha richiesto il cambio del titolo originario del più noto racconto con protagonista Quatermain, “Le miniere di re Salomone”, e la citazione in copertina del protagonista, noto ma non notissimo al grande pubblico generalista, per sviare una clamorosa sovrapposizione di titoli che sarebbe potuta sorgere con il terzo volume della serie Misteri d’Oriente, pure ristampato in tempi recenti da Ms Edizioni.

Riprendendo i filoni dell’opera principale e dando sviluppo e corpo a quelli solo accennati dal demiurgo Henry Rider Haggard, Mollica ha dato vita a una fascinosa vicenda di esplorazione e azione che fa del setting africano, magistralmente descritto, il suo punto sicuro di eccellenza.

La trama è avvincente, con la partenza che vede l’ingaggio per una missione di ricerca dell’avventuriero protagonista. Londinese d’origine, africano d’adozione, rispettoso del genere umano a tutto tondo e per questo additato come anticolonialista e amico dei nativi di ogni colore. Un personaggio, Quatermain, tutto sommato abbastanza moderno già in originale, che l’attenta sensibilità dell’autore interattivo ha ulteriormente depurato da arcaismi nel pensiero e nelle opinioni che avrebbero potuto urtare una readership moderna: questo, tuttavia, senza snaturare lo spirito dell’opera di Haggard.

Sir Henry Curtis ingaggia Allan per ricercare lo scomparso fratello George; si aggiungono anche l’amico capitano Good e i servitori - in seguito compagni e amici - Umbopa e Ventvogel e si parte in un lungo viaggio con partenza Transvaal e arrivo nella misteriosa terra dei Kukuana, con il tempo che accelera o rallenta a fisarmonica a seconda delle esigenze drammaturgiche.

Nel mezzo, fior di peripezie e accidenti di quelli che immancabilmente possono capitare a ogni esploratore d’avventura. In coda, una guerra addirittura, che si potrà vivere in ben quattro punti di vista diversi: da sicario segreto, in due modi nel cuore della battaglia o infine nelle retrovie: una grande prova autoriale. Si approda, così, al finale che, in caso di percorsi particolarmente virtuosi e giuste intuizioni di lettore, può condurre anche a una coda bonus dagli esiti sorprendenti.

Il sistema di gioco attinge pienamente ai classici che hanno portato alla formazione di Mollica e dei colleghi italiani artefici del “Rinascimento” del librogioco. Quatermain ha quattro caratteristiche che si definiscono da sé, Carisma, Intelligenza, Potenza e Resistenza, e può scegliere due tra un elenco di quattro abilità speciali.

Le caratteristiche vengono messe alla prova sommando il loro valore a un lancio di 2d6 e controllando se il totale supera la soglia richiesta. Il combattimento ha modalità simili ma non identiche: il punteggio di Potenza si somma ai soliti 2d6 e a eventuali modificatori di arma e si vanno a riscontrare gli effetti del punteggio complessivo ottenuto in una apposita tabella, in una gamma che può andare dalla morte diretta del protagonista nel peggiore dei casi a quella del suo avversario nella migliore eventualità, con tutta una serie di sfumature di perdite di punteggi dell’uno e dell’altro nel mezzo.

Qualche asperità per chi vorrebbe giocare comodo: il sistema è a dadi ma mancano quelli stampigliati sull’angolo delle pagine. Una pecca di edizione che pesa più che in altri volumi, dato l’ampio ricorso alla sorte alla modalità dei classici che permea quest’opera. Si può comunque ovviamente superare l’impasse con app o dadi fisici.

Alcune situazioni di gioco vengono affrontate e auspicabilmente risolte con speciali “minigame” comunque basati su dadi e punteggi. Completano il motore una lista di oggetti e il denaro del proprio equipaggiamento, che sbloccano o agevolano situazioni, e un elenco di parole chiave che testimoniano scelte buone o cattive compiute e risultati ottenuti. Non mancano enigmi basati sulla logica e la matematica, con salvifica sezione di soluzioni pubblicata in fondo al volume, dove trova spazio anche una “galleria dei trofei” per capire quanto a fondo si sia esplorata l’Africa che fu di Haggard e ora è di Mollica.

Alle volte il testo chiederà di segnare delle crocette per indicare il trascorrere o l’accumularsi di qualcosa: feature interessante non presentata, tuttavia, in sede di regolamento, ma direttamente “in game”.

Notevole, in ultimo, il comparto illustrativo con le tavole firmate da Federica Lauria, mentre la copertina a colori - come negli altri libri Watson - porta la griffe inconfondibile di Vincenzo Pratticò. Tra le immagini compare, purtroppo, anche un doppione: una illustrazione contenente un enigma che viene clonata, così come è ripetuto due volte il paragrafo di testo che ne richiede l’osservazione. Una svista non certo esiziale ma che sorprende in un’opera con tanti veterani del genere protagonisti.

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Nota sulle valutazioni: nella “Longevità”, chi scrive dà un giudizio di quanto sia ben progettato il librogame in modo da essere giocato più volte, con nuovi percorsi e scenari e la possibilità di svolgere più partite senza esaurire filoni narrativi e ludici. La “Difficoltà” stima quanto sia complessa un’opera tra gioco e snodi: più il voto sale, più sarà complicato approdare alla fine. La “Giocabilità” è la summa di un sistema di gioco ben funzionante e non oppositivo verso il lettore e di una storia ben scritta e priva di errori. La “Chicca” accende una luce su uno o più aspetti con un punto di vista curioso, singolare o spesso simpatico. Il “Totale”, infine, non è una media delle tre votazioni precedenti (sebbene raramente vi si discosti troppo), ma un giudizio complessivo tarato anche sui gusti personali, sensibilità e fascinazioni del recensore.

Longevità 8: 

Gli snodi alternativi non mancano nel tragitto degli esploratori poi lineare. A variare la run, consigliando una seconda e più breve giocata, anche uno snodo che genera una trama del tutto alternativa, portando ad assistere all’avventura da un punto di vista più sincopato e semplice, ma non meno coinvolgente.

Difficoltà 7.5: 

L’opera è tarata su una difficoltà media, gli enigmi non sono irrisolvibili e comunque confortati dalle soluzioni. Venirne a capo sarà sfidante il giusto ma mai snervante, consentendo di godersi l’esperienza africana nel migliore dei modi.

Giocabilità 7.5: 

A chi lo legge con occhio critico da addetto ai lavori rimane la sensazione che il sistema di gioco sarebbe potuto essere un filino più snello senza nulla togliere alla godibilità dell’opera e, anzi, aggiungendo comfort; per il resto è il “solito” Mollica con buone trovate ludiche ed enorme qualità narrativa.

Chicca: 

L’autore non si fa sfuggire l’opportunità di alcune citazioni: se al 256 definisce il viaggio di Quatermain una “traversata infernale” in omaggio al suo idolo di sempre, Joe Dever, e al secondo volume della saga di Lupo Solitario, al 337 è molto più prosaico l’omaggio al Mandrake di Gigi Proietti in Febbre da cavallo, peraltro raddoppiando la citazione già presente in Hong Kong Hustle dello stesso autore. Non sono le uniche, ma rendono l’idea.

Totale 8: 

Un altro magnifico mattone inserito da parte di un autore di sicuro affidamento in una collana che avrebbe meritato migliori destini editoriali e una maggiore promozione nella sua coda tanto come avvenuto all’inizio delle pubblicazioni.