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[quote=Prodo]L'autore mi perdoni per la fretta con cui mando il mio voto, ma sono in partenza. Prossimi Corti valutati direttamente dallo smartphone con connessione precaria (per questo motivo le mie disamine a partire dal terzo racconto saranno più brevi). Alla fine della Terra mi ha colpito. Non per la sua struttura interattiva o per le trovate ludiche (è un semplice SLTA senza “orpelli” aggiuntivi particolari, nemmeno piccoli enigmi o rimandi nascosti come per esempio era accaduto in Sopravvivere Sottoterra), ma per la profondità narrativa del testo e l’empatia (e immedesimazione) che ho provato nei confronti dell’autore leggendolo. Lo scritto non è esente da alcune piccole imperfezioni. Ho trovato diversi errori di battitura, una gestione dei tempi verbali non sempre impeccabile, qualche virgola assente e persino un rimando mancante (quello per il paragrafo 47 che punta a sua volta poi al 45 senza che la cosa abbia senso). Il lavoro denota una certa cura, ma anche (probabilmente) una altrettanto evidente impellenza di completarlo (è possibile che sia stato scritto in pochi giorni). Tale impellenza ha impedito all’ideatore di riguardarlo più volte ed editarlo in maniera minuziosa. Tutto questo però non è molto importante: perché l’anima stessa del lavoro sta nel messaggio che racchiude e nei rimandi che contiene. Si tratta di una grande dichiarazione di amore per il ruolo di scrittore, per la letteratura in generale e per quella interattiva in particolare, intrisa di una malinconia di fondo, legata all’ineluttabilità degli eventi, e della fine degli stessi, che a questo punto della mia vita, scavallati i 40, sento molto come parte di me. Presumo che l’autore sia più o meno mio coetaneo e abbia affrontato un percorso di vita simile al mio, e a quello di tutti i quarantenni amanti della scrittura e della lettura, che si sono avvicinati ai libri in giovane età e con essi hanno stabilito un rapporto simbiotico che non è mai venuto meno. I rimandi in questo senso sono molti: la copia ingiallita degli abissi di “Kardeland” (o qualcosa di simile) che salta fuori nei momenti più impensati della nostra esistenza a ricordarci il nostro legame con certo tipo di letteratura è quello che mi ha colpito di più. A questo caposaldo si affiancano altri elementi di capitale importanza che contribuiscono a costituire la vita: i genitori, le nostre compagne o compagni, i figli, le passioni, l’entusiasmo, il desiderio di conoscenza, la necessità di crescere ed evolversi. La terra, madre e accudente, che di tutto questo è l’elemento catalizzatore, elemento da cui partiamo e a cui, banalmente, non possiamo esimerci dal tornare. E poi l’ineluttabilità della fine, che arriva a chiudere il cerchio con la nostra stessa essenza di scrittori, giocatori, figli, padri, compagni di vita, esseri viventi e lo fa, come è inevitabile che accada, senza lasciare spazio a ulteriori aspettative o possibilità di seguiti. L’amarezza che traspare da queste considerazioni è palese, forse anche un po’ pesante, ma profondamente veritiera. E credo non sia un caso che un’opera simile sia venuta fuori nel concorso del 2019 e non, per esempio, in quello di 7 o 8 anni fa. Perché si tratta di un racconto che ha ragione di esistere ora, in una fase in cui la maggior parte degli appassionati di narrativa interattiva, e di chi scrive librogame, lunghi o brevi che siano, ha raggiunto, sta per raggiungere o ha da poco superato i 40 anni. E comincia, forse per la prima volta, a non guardare la vita come qualcosa in costante divenire, aperta a infinite possibilità e proiettata solo in avanti, ma anche nella sua dimensione retrospettiva, con la necessità di tirare anche qualche somma e guardarsi un po’ alle spalle. Tutto questo nel corto di questa settimana si nota, perfino nella struttura stessa della storia, che in una delle sue diramazioni, quella più lunga, ci manda avanti fino alla porta dell’inferno, impossibile da schiudere perché dall’inferno non si fugge, e poi ci fa tornare indietro per la stessa via, pronti a confrontarci con l’epilogo. Una rivisitazione quasi emblematica dell’esistenza e della sua “circolarità” e uno sforzo in più, da parte del creatore dell’opera, di sottolineare come alla fine del percorso noi tutti siamo destinati a terminare. Argomento troppo serio e pesante per un agone ludico-scanzonato come LGL? Forse. Racconto in grado di lasciarci, a fine lettura, con l’amaro in bocca e una certa sensazione di angoscia e tristezza? Sicuramente. Ma allo stesso tempo lavoro di prima classe, perfetta dimostrazione di come anche racconti dalla struttura semplice e studiati per non costituire una sfida ludica intricata, particolarmente impegnativa né estremamente longeva, possano trasmettere tantissimo al lettore. Lo promuovo senza ripensamenti e, pur non arrivando a inserirlo nel novero dell’eccellenza assoluta, non posse esimermi da premiare la “classe” che l’autore ha messo in mostra con una adeguata valutazione. [b]Voto inviato ad Anima di Lupo.[/b][/quote]
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