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Re: Tradurre è un po' tradire...
perseo ha scritto:Per sapere cosa vuole esprimere l'autore, lo devo contattare e ci devo parlare.
Questo ^
Incontrovertibilmente.
In tutti i luoghi in tutti i laghi.
Tutto il resto è game over.
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Re: Tradurre è un po' tradire...
perseo ha scritto:
I nomi inventati vanno mantenuti invariati.
Umberto Eco dissente: bisogna mantenere il SIGNIFICATO, non il SIGNIFICANTE. Tolkien nella Contea (ma anche la Rwoling, per usare i due esempi più eclatanti) usava cento nomi comprensibilissimi per il lettore inglese, ma che l'italiano avrebbe trovato esotici o perlomeno stranieri. Adatarli in italiano mantiene quell'aria di familiarità totalmente necessaria per sentire la Contea o Hogwarts un posto a fianco casa propria.
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Re: Tradurre è un po' tradire...
Heimdall di Bifrost ha scritto:Come discorso generale, però, concludo dicendo che non sono tanto d'accordo nell'andare eccessivamente incontro al lettore, servendogli costantemente la pappa pronta: chi sceglie di leggere sa che non si sta accostando ad una narrazione di ambientazione italiana e, senza arrivare all'effetto straniante di tante traduzioni iperfilologiche, ritengo che sia giusto percepire una sia pur minima distanza tra il proprio patrimonio linguistico e culturale e quello che si va esplorando: questo può e deve essere di stimolo ad un lettore che - trovandosi di fronte ad un termine, un luogo, un avvenimento o un concetto inconsueto - possa essere spinto ad approfondirlo e a documentarsi. Altrimenti poi non lamentiamoci della mancanza di stimoli nel pubblico medio o di risultati brillanti quali gli anime giapponesi doppiati su Italia 1 a metà degli anni Ottanta, in cui gli abitanti di Tokyo si chiamavano Tinetta e Sabrina e dicevano: "Ho speso cinquemila lire" per mangiare i ramen! Il confine tra la sciatteria e la stupidità è una linea molto sottile.
qui ti fermo...
se tutta la questione della traducibilità o meno dei nomi ispirati o inventati si può accettare e discutere, di questo no..
la traduzione DEVE tenere in mente il lettore finale..
un anime è destinato a dei bambini/ragazzini.. in quel caso (quasi magia Johnny) è più una storia "rosa".. importa poi il giusto dove sia ambientata e tradurre nomi e valuta serve a dare il contesto di familiarità.. non è un romanzo sulla cultura nipponica che deve stimolare l'approfondimento di questo aspetto..
come hai citato prima Eco, qui l'autore sicuramente non voleva far pesare l'economia di sti ragazzi che spendono per mangiare ramen (così come Lotty probabilmente in originale non sillabava spa-ghe-tti a ogni colpo di mazza ) quanto portare il giorno dopo giorno di questa storia "rosa".. ovviamente visto il supporto visivo non si poteva tradurre Tokyo con Roma o Ramen con Pizza.. però yen con lire si... i riceventi di questa traduzione erano ragazzini, non esisteva internet e me li figuro che a ogni puntata andassero a chiedere al padre quanto cavolo erano 10236 yen per scoprire poi che ogni giorno era una cifra diversa e "stramba" (nel senso non il conto tondo che si trovavano al bar per il pezzo di pizza o il cornetto)... avrebbe creato forse più confusione...
non mi addentro manco per un istante nel discorso dei nomi topografici.. troppo "tecnico" per me...
però su Kai/Ramas si..
la spiegazione che ci è stata fornita fu che si pensò che ai ragazzini dell'epoca non suonasse il nome visto che somiglia al guaito di un cane (dalla mia esperienza in US non ricordo di aver mai sentito citare versi di cane diversi dal "woof".. qui invece siamo più "vari" comprendendo anche il guaito che è molto più usato).. e da questa riflessione ha deciso di cambiare il nome.. cambio per cambio ha inventato di sana pianta.. ecco possiamo argomentare sull'invenzione di sana pianta (perchè non Soller o Forzus o PincoPallus etc), ma la decisione in sè (per il ragionamento che bisogna tenere a mente il lettore finale della traduzione) di cambiare il nome mi pare (contestualizzata ai lettori dell'epoca) ben giustificata.. l'operazione attuale essendo rivolta a un pubblico cresciuto e ormai sgamato e al corrente della versione originale è anche giusto mantenerla invariata...
stessa cosa, ampliando il discorso, successe nelle DragonLance (si lo so sono un fissato )...
gli elfi selvaggi di quella ambientazione (apparsi molto brevemente nel secondo libro) in originale sono Kagonesti.. ben si può immaginare la cacofonia del suono (dove la radice Caco- non è graca o latina, ma proprio letterale italiana ).. li abbiamo usati con il termine originale anche in un GDR on-line.. come è ovvio quando poi si è diventati amici oltrepassando il discorso GDR sono fioccate le battute sulle feci dovute appunto al suono..
ecco quello fu l'errore nel GDR.. si cercò in internet il nome e venne fuori la versione inglese (visto che oltre i romanzi ovviamente c'è molto di più nel AD&D) e quella si usò.. era un gioco no profit, chi cavolo aveva il tempo e lo sbattimento per fare più ricerche e approfondimenti (per altro per una cosa che in quel momento non sarebbe stata usata)..
beh successivamente mi sono andato a rileggere i libri e ho notato che qui il traduttore aveva modificato il nome in Keganesti.. una lettera, ma una lettera essenziale per non far ridacchiare i ragazzini mentre leggevano sti libri..
certo sti libri non erano esenti da difetti sia chiaro.. Nani dei Fossi o dei Burroni a seconda di come tirava il vento, Mezzelfi che in volumi successivi diventavano Semielfi, un personaggio che si appoggiava alla Verga di Magius (e qui già capiamo il doppio errore, primo "pornografico", secondo da conoscenti di GdR la verga è un bastoncino di circa 20-30 centimetri.. manco fosse un nano gobbo la si può usare per appoggiarcisi)...
resta il fatto che anche se "hai dato la regola" poi tutto si basa sul "buon senso del traduttore"..
la traduzione NON è una scienza perfetta.. altrimenti non ci avrebbero scritto su così tanti trattati con punti di vista diversi, tecniche diverse e non ci sarebbero tutti questi "casi discutibili" (non parliamo di errori appunto) al mondo (non crediate che cose del genere capitino solo traducendo in italiano eh)
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Sabretooth
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Re: Tradurre è un po' tradire...
Sabretooth ha scritto:resta il fatto che anche se "hai dato la regola" poi tutto si basa sul "buon senso del traduttore"
Io ho dato una regola ben precisa perché si stava affrontando un argomento altrettanto definito: quello dell'opportunità ovvero della necessità di tradurre nomi tedeschi (o danesi) presenti in un testo inglese che deve essere localizzato in italiano e ho visto che nei post precedenti si andava annaspando immaginando le soluzioni empiriche più disparate. Lo ripeto: ciò che è (ma anche 'richiama' o 'suona come') lingua nativa del testo originario va localizzato, ciò che è in una lingua 'terza' non va tradotto: questo non è un mio parere, è veramente una regola aurea, un postulato da cui non si può prescindere, altrimenti parliamo d'altro. Casi pratici? 'Lone Wolf' si traduce; 'Kalte' no (e neppure si cambia); 'Sommerswerd' è a cavallo: qui si discute e si cerca di operare col buonsenso (magari dopo essersi sufficientemente documentati); 'muggles' si traduce o, meglio, se ne propone una versione localizzata che tenga debito conto delle motivazioni che hanno spinto l'autore ad effettuare quella scelta.
Per quanto riguarda il resto del tuo discorso, comprendo bene il tuo punto di vista e lo rispetto anche se in questo caso - senza nessuna pretesa di esaustività ultimativa - mi trovo in disaccordo.
Sabretooth ha scritto:un anime è destinato a dei bambini/ragazzini.. in quel caso (quasi magia Johnny) è più una storia "rosa".. importa poi il giusto dove sia ambientata e tradurre nomi e valuta serve a dare il contesto di familiarità.. non è un romanzo sulla cultura nipponica che deve stimolare l'approfondimento di questo aspetto...
Kimagure Orange road, nella versione Fininvest anni Ottanta 'È quasi magia Johnny', è un caso che ha fatto scuola in negativo. L'anime (e prima ancora il manga) in originale sono notoriamente destinati a un pubblico adolescenziale: la storia dei poteri telecinetici (l'abusata 'magia' del titolo) di cui sono dotati alcuni dei protagonisti è quasi un pretesto secondario per narrare la storia del classico triangolo amoroso tra quindicenni sullo sfondo delle famiglie e del liceo, un genere ampiamente battuto in Giappone. Trattandosi di adolescenti, adolescenti immersi nella cultura giapponese, è abbastanza automatico che tra gli ingredienti della narrazione vi siano i primi pruriti sessuali, con timide intuizioni, piccole avances, rapidi rossori, imbarazzi di vario genere. In Italia hanno deciso che, trattandosi di cartoni animati (siamo ancora in un'epoca in cui si faticava staccarsi dall'idea che cartoni=Topolino e Tom&Jerry), si trattasse di roba esclusivamente per bambocci, e hanno massacrato l'anime tra tagli, fraintendimenti, traduzioni arbitrarie.
Come si poteva, allora, mi si può chiedere, raccontare una storia del genere a dei bambini? Semplice: non si poteva. Si sarebbe dovuto prendere atto del fatto che non si trattava di un prodotto destinato a bambini di dieci anni e destinarlo ad adolescenti, magari proponendolo in un'altra fascia oraria - ma le pubblicità di Bim Bum Bam evidentemente erano roba ghiotta per i commerciali dell'epoca - oppure rinunciare a trasmetterlo anziché massacrarlo. Così facendo hanno creato un prodotto fasullo, un ibrido senza senso, sottraendo un'opera al suo pubblico di destinazione e proponendolo - per semplice ingordigia commerciale - a spettatori che nulla c'entravano coi destinatari di riferimento.
Se una persona italiana liberamente sceglie di fruire un'opera straniera - giapponese, inglese o financo con ambientazione e rimandi nella cultura norrena o anseatica -, compie la scelta deliberata di fruire il prodotto culturale di una cultura diversa. È una scelta legittima, nessuno glielo vieta, ma non si può lamentare impetrando che "il diverso sia a me comodo come il mio proprio". Non ha senso, è un ossimoro: è una pretesa non solo illegittima, ma insensata da principio. Non è che il sapore di un piatto straniero possa risultarci familiare come la pasta che ci cucina la mamma sin dall'infanzia.
Quindi discende che chiunque decida di porsi di fronte a un'opera, anche di intrattenimento, ma straniera, non può pretendere che altri facciano per lui il necessario, imprescindibile sforzo di affrontare un gradino culturale. Non possiamo (o possiamo solo entro certi limiti) chiedere a un'opera straniera di "venirci incontro" al di là di della sua componente linguistica (= traduzione corretta): dobbiamo andarle incontro noi.
Il fruitore italiano di un'opera straniera non può sentirsi al centro, perché al centro c'è l'opera stessa: il pubblico le sta intorno.
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Re: Tradurre è un po' tradire...
Sabretooth ha scritto:non si poteva tradurre [...] Ramen con Pizza
E qui ti sbagli: è stato fatto anche questo. Recentemente ho visto una qualche puntata di un vecchio anime (potrebbe essere, ma non sono sicuro, l'ultima di Trider G7) in cui a un certo punto compare un vassoio di sushi, che nella traduzione del dialogo diventa un dolce, pasticcini o qualcosa di altrettanto incongruo. Edit: era davvero l'ultima puntata di Trider e i nigiri diventano "bastoncini di cioccolato".
Del resto, per lo stesso principio che invocavi tu, lo posso anche accettare: dei bambini italiani di inzio anni '80 non avrebbero compreso l'entusiasmo per del pesce crudo col riso (ve li ricordate gli stupidi sketch di Villaggio sul tema?).
Ho vinto È un gioco da ragazzi E In cerca d'avventura al primo tentativo.
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Re: Tradurre è un po' tradire...
Charles Petrie-Smith ha scritto:Sabretooth ha scritto:non si poteva tradurre [...] Ramen con Pizza
E qui ti sbagli: è stato fatto anche questo. Recentemente ho visto una qualche puntata di un vecchio anime (potrebbe essere, ma non sono sicuro, l'ultima di Trider G-7) in cui a un certo punto compare un vassoio di sushi, che nella traduzione del dialogo diventa un dolce, pasticcini o qualcosa di altrettanto incongruo.
Verissimo: ricordo anch'io - credo fosse un episodio di 'Corazzata Spaziale Yamato' ... ooops: 'Star Blazers' - in cui veniva aperto il classico bento (il cestino da pasto giapponese) e solevando un rotolino di hosomaki o simili, il protagonista esclamava: "Torta al cioccolato!" - che coi germogli si soia è proprio la morte sua! 
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Heimdall di Bifrost
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Re: Tradurre è un po' tradire...
Heimdall di Bifrost ha scritto:ma non si può lamentare impetrando che "il diverso sia a me comodo come il mio proprio". Non ha senso, è un ossimoro
Non è un ossimoro! 
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