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I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

Un altro racconto molto molto interessante.
Ho apprezzato molto la narrazione, la storia ricca di dettagli (un po' Deveriana sotto alcuni aspetti). Molto interessante la determinazione delle caratteristiche del personaggio; se l'idea dell'animale subito mi è piaciuta, ho l'impressione che sia poi una arma a doppio taglio per il nostro personaggio. Forse su un racconto-game più lungo poteva essere meglio gestito. Nonostante la volpe sia stata spesso richiesta dalle circostanze (ed era proprio quello il mio totem) sono morto arrivando a zero punti vita nell'ultima tappa del gioco.
Ci sono poi alcuni refusi, niente di grave ma alcuni corti precedenti (buon per loro!) ne erano totalmente privi.
Voto conclusivo: 8

In questo libro il protagonista sei TU!

LordAxim
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Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

LordAxim ha scritto:

Un altro racconto molto molto interessante.
Ho apprezzato molto la narrazione, la storia ricca di dettagli (un po' Deveriana sotto alcuni aspetti).

Credo che alle volte sia inevitabile , eh eh

lonewolf79
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Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

Si, questa cosa dei bivi e dei paragrafi mi ha ricordato un po' i libri scritti da Dever bigsmile bigsmile bigsmile bigsmile

 Spoiler Show Spoiler Hide Spoiler
 mi riferivo principalmente al ritorno al campo base con la carneficina operata dagli invasori... se poi andiamo a cercare può darsi che Dever abbia mutuato l'idea da altri scrittori

In questo libro il protagonista sei TU!

LordAxim
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Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

  Ho giocato il corto con volpe 3-3-1, finendolo al primo tentativo utilizzando le erbe curative. La maggior parte dei bivi sono stati determinati dal punteggio o dal totem, mentre per i bivi restanti, con più scelte libere, è bastato prendere la più plauibile. In definitiva non ho trovato una grande interattività e questo è uno dei principali difetti del corto; la difficoltà invece mi pare sia stata ben calibrata.
Il tema dello svantaggiato è lasciato in parte nelle mani del giocatore: un settaggio come aquila o volpe, privilegiando sopravvivenza e conoscenza, rappresenta bene un protagonista che compensa la propria disabilità; totalmente fuori tema mi sembrano invece settaggi come il serpente con 3 o 4 punti di lotta o l'orso con 30 pv, lotta potenzialmente a 3 e i suoi "attacchi speciali".
Ho trovato poi illogici alcuni passaggi:
1. Ci vengono requisite le armi nel fortino ma poi usiamo l'arco contro il puma o il tomahawk per attraversare il ruscello.
2. Ci viene richiesta una combinazione impossibile di volpe + conoscenza 4.
3. Se chi uccide il wendigo usa necessariamente il tomahawk d'argento e poi diviene il nuovo wendigo possiamo dedurre che si ritrovi automaticamente in possesso dell'unica arma in grado di ucciderlo. Perché non la distrugge? Perché non la nasconde? Perché non prende una qualunque precauzione per evitare che l'eroe di turno la recuperi? 4. Perché il protagonista, quando decide di estinguere la maledizione del wendigo (finale 48) non si suicida col tomahawk d'argento, invece di soffrire per l'eternità?
5. Finali 48 e 49: uccidiamo il wendigo e lui ci chiede di non farlo. Finale 50: non uccidiamo il wendigo e lui ci chiede di farlo.
6. Bloccare una serratura con un colpo d'accetta.
Infine, come già ho commentato per altri corti, non mi piace -anche se rispetta il regolamento- la soluzione di inserire i tre finali tutti insieme dopo un penultimo paragrafo.  

Del corto mi sono piaciuti:
1. Ambientazione fanta-western e protagonista.
2. La storia, semplice ma ben congegnata, perfetta per un corto.
3. Il finale 49, dove Attichituk sceglie di diventare una sorta di vendicatore del suo popolo. La maledizione del wendigo può essere la salvezza degli indiani, fino a quando il mostro rivolgerà la sua furia contro gli invasori bianchi.
4. Il finale 50, dove la figura del wendigo acquista in spessore e tragicità,  implorando una morte che ponga fine al suo tormento e maledicendo il protagonista che gliela nega. Ho provato compassione per il mostro.  

Voto finale 7,5

La vita è dura per i soldati di ventura.

Jhongalli
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Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

LordAxim ha scritto:

Si, questa cosa dei bivi e dei paragrafi mi ha ricordato un po' i libri scritti da Dever bigsmile bigsmile bigsmile bigsmile
 Spoiler Show Spoiler Hide Spoiler
 mi riferivo principalmente al ritorno al campo base con la carneficina operata dagli invasori... se poi andiamo a cercare può darsi che Dever abbia mutuato l'idea da altri scrittori

Per rimanere in tema di citazioni da Conan il barbaro (questo racconto ne contiene forse 2: una certa ed una probabile) lo stesso film inizia in modo simile.

La vita è dura per i soldati di ventura.

Jhongalli
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Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

Intanto mi scuso con l'Autore per non essere riuscito ad avere il tempo di sviscerare il corto in tutti i suoi dettagli prima di questo giudizio. Ritengo comunque di avere elementi sufficienti per dare il mio voto prima che il tempo scada.

Stile: Mi è piaciuta molto l'ambientazione, che parte come un western dal punto di vista degli indiani per trasformarsi in breve in un racconto di vendetta con elementi soprannaturali. La scrittura è scorrevole, anche se con qualche inciampo. Io avrei tagliato via parecchie "d" eufoniche e alcuni costrutti potrebbero trarre miglior respiro da una riformulazione. Probabilmente l'Autore non ha avuto sufficiente tempo per una revisione, altrimenti si sarebbe accorto di un paio di errori qui e là.
(Ne riporto giusto due: par 45 "rivolgi una rapida preghiera al Grande Spirito affinché ti permette di prevalere"; par 50 "scambierai ogni più piccolo rumore ti terrà sveglio").
Come già notato da precedenti recensori, ci sono svariati termini che non sono attinenti con la cultura del protagonista, come "chilometro" o la conoscenza delle serrature. Per quel che mi riguarda però, questo fatto non ha ostacolato in negativo la mia lettura, che è stata più concentrata sull'aspetto ludico.

Gioco: divertente e ben bilanciato. Le tre caratteristiche e i punti vita mi sembrano gestiti molto bene in tutto il corto, con continui check. Quello che ho maggiormente apprezzato è stato che anche in caso di check falliti la storia procede oltre e non si approda in snervanti ID, riservate solo a poche scelte lasciate al lettore. Le ID sono soltanto 3 in tutto il corto e tutte facilmente evitabili. Il modo più facile di morire tuttavia è per esaurimento dei punti vita, che vengono sottratti continuamente in tutto il corso del racconto. Avere le giuste caratteristiche o fare le scelte giuste al momento giusto diventa quindi vitale.
Se devo fare un appunto all'Autore, io avrei evitato di piazzare i tre finali nei tre paragrafi conclusivi. Essendo i tre finali frutto di una scelta al penultimo paragrafo, mi è bastato dare un'occhiata ai numeri per capire che qualsiasi mia decisione mi avrebbe portato a un finale, e questo ha spezzato la tensione della scelta, e mi sono limitato a leggere i tre finali uno dietro l'altro. Se i paragrafi dei tre finali fossero stati tre qualsiasi, la scelta finale avrebbe assunto molto più significato. Per la cronaca il finale che mi è piaciuto di più è il 48.
Questo è il terzo corto del concorso in cui si arriva ai tre finali dal penultimo paragrafo. A parte il corto Cuore di cane, dove l'arrivo a uno dei tre finali era determinato da un punteggio, in questo corto come nel corto Sull'orlo del buco i tre finali sono determinati da una semplice scelta fra tre opzioni. Tuttavia, anche se non so spiegare bene perchè, in questo corto questa soluzione mi è sembrata meno forzata, forse perchè le tre opzioni mi sono sembrate fin da subito le uniche vere tre scelte a disposizione del protagonista.

In conclusione il corto mi è piaciuto. Sicuramente perfettibile, ma meritevole di un mio 8.

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abeas
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Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

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Seguono i commenti dei tre Organizzatori.

gpet74
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Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

Voto di Gpet74
A dispetto di un'idea tutt'altro che malvagia questo "Prede e Cacciatori" presenta un'esecuzione a mio vedere scadente. Tralasciando per un attimo i contenuti e la storia in se, della quale parlerò dopo, devo dire che la cosa che meno mi è piaciuta di questo Corto è proprio la qualità della prosa. Non me ne voglia l'autore ma l'ho trovato al di sotto della sufficienza e ben al di sotto della media sperimentata quest'anno. La prosa è spesso incerta con continue ripetizioni, incertezze che spesso colpiscono anche l'uso dei tempi. Il punto di vista dovrebbe essere assodato: il nostro alter ego dal nome difficile da scrivere ( Attichitcuk! ho fatto copiaincolla), eppure l'autore non perde occasione di sottolineare che tu vedi questo e poi vedi quello, quindi vedi quest'altro. Quando specificare venti volte in un paragrafo che tu vedi un qualcosa è assolutamente fastidioso oltre che inutile. Se il POV è saldamente piazzato dietro gli occhi del protagonista, e non esiste narratore onnisciente, come in questo caso, è evidente che se una scena o immagine viene descritta è perché il protagonista la vede. Se non la vedesse non potrebbe essere descritta. Lapalissiano. Questo forse può sembrare un piccolo difetto ma, secondo me, è sintomo di quell'incertezza nella scrittura che ho rilevato per tutto il racconto.

Parlando della storia in sé, l'idea è molto carina. Devo dire che dopo aver letto l'introduzione (che, per inciso, è qualitativamente superiore alla media del testo che segue, e questo contribuisce ancor di più a mettere in risalto gli aspetti negativi del resto del racconto) ero partito molto bendisposto. Non sono certo un esperto di Nativi Americani o dei loro usi e costumi, ma avrò visto decine di volte Piccolo Grande Uomo e poche volte di meno Soldato Blu e Balla con i Lupi, inoltre sono collezionista di tutti i Ken Parker (Ah, che tempi, quando Berardi sapeva ancora scrivere...) quindi l'ambientazione mi ispirava parecchio.
Peccato che l'impressione che ho ricevuto fin dalle prime battute sia quella di scarsa documentazione. Mi sembrava di muovermi in un paesaggio di cartongesso. Più un set cinematografico costruito frettolosamente per un film di serie Z sul Far West che non il Far West vero e proprio.
Per dire, il protagonista appartiene a una non precisata tribù indiana... Navajo, Sioux, Huroni? non è che siano liberamente intercambiabili. Questo per dire che avrei gradito essere calato in un contesto più accurato dal punto di vista storico e culturale. Così come mi sarebbe piaciuto sapere dove si svolgono le vicende. Si dice che la tribù di Attichitcuk si è spinta verso nord a causa dell'uomo bianco. Quindi siamo vicino al Canada? Il territorio che gli indiani chiamavano le Terre della Nonna e dove molte tribù cercarono un estremo rifugio? Però si citano anche delle montagne... quindi in realtà siamo vicino alle montagne rocciose? Boh? Mi sarebbe piaciuto saperlo. Uguale discorso per il forte che compare come dal nulla di punto in bianco. Io passeggio e c'è un forte. Lì. Perché? Perché sì (Perché è fantasy) senza che io abbia incontrato prima una strada in terra battuta, un palo del telegrafo, una cacchio di fattoria o di insediamento dei bianchi. Ma questo vuol dire che è un forte di frontiera? C'è ancora la frontiera? Ergo siamo prima del 1890? Ma anche i forti di frontiera non è che sorgessero così, dal nulla come i funghi, senza nessun altro elemento intorno.
Questo per dire della sensazione di ambientazione posticcia.

Altri elementi della storia, poi, mi hanno fatto storcere il naso, proprio perché mi sembravano frutto di una caratterizzazione approssimativa dell'ambiente e dei personaggi. Ad esempio quando il generale prende a calci
Attichitcuk e la truppa freme di ribrezzo per quel comportamento inutilmente violento... Ma siamo scemi! No, cioè, parliamo dei soldati blu, gente che per sport scanna neonati davanti alle madri prima di stuprarle in gruppo per poi concludere in bellezza, dandole fuoco o sventrandole... la mentalità dei bianchi della frontiera (e non solo) all'epoca, anche suffragata da "dotte ricerche scientifiche" era che i pellerossa non fossero esseri umani ma bestie da sterminare con ogni mezzo e questi fremono di ribrezzo?
E poi il giovane ufficiale che parteggia per lo sconosciuto pellerossa storpio perché? Ma perché sì, è ovvio!
Il cibo che ci viene portato dal soldato ottuagenario con il Parkinson e anche l'Alzheimer che lascia la porta aperta e ci invita a farlo fuori. Perché? Ma perché è fantasy, che diamine!
E  il corpo dell'indiano della mia tribù che il Wendingo si è trascinato dietro per giorni e kilometri solo per farci una stupida trappola con tanto di rete che cade? Ma dai! Il Wendingo! Sarà anche intelligente, oltre che maledetto e mostruoso (e tanto peloso) ma sta cosa non ha proprio senso.
Non parliamodel fatto che il protagonista è arcisicuro di dove andare senza che mai raccolga uno straccio di indicazione o reale indizio di dove dovrebbe dirigersi. Insomma, o si da al lettore l'impressione che davevro ci sia una ricerca, con la scoperta di indizi che ci mettono sulla giusta traccia, oppure si ripiega su un contatto telepatico con il mostro, per cui sis a istintivamente dove andare (Che è tristanzuolo ma ci può stare) ma in questo caso occorre dirlo!

E poi, parliamo anche dello svantaggio. L'idea dell'indiano storpio che vuole riscattare la propria menomazione è carinissima. Peccato che per tutta la narrazione io non abbia mai percepito come reale tale menomazione. Anche questa mi è sembrata posticcia come tutto il resto. Insomma, sono zoppo e sminchiato però posso ammazzare con una lancia un bisonte, poi posso camminare per tutta una giornata dopo che il cavallo muore (alla fine mi fa male la gamba... e grazie al ca...ppero!) però intanto ho camminato tutto il giorno. Poi cammino tutto un altro giorno nella neve alta. Certo devo estrarre la gamba "manualmente" dalla neve. Ma cionondimeno cammino tutto il giorno nella neve! E in generale corro, salto, striscio, mi muovo silenziosamente. Insomma faccio di tutto di più con l'autore che si premura sempre di ricordarci quanto ci fa male la gamba, ma senza che questo dolore sia nulla di più che una parola di testo. Non ho mai avuto la sensazione di avere uno svantaggio o di essere davvero limitato nelle mie azioni.

I finali non sono brutti ma anche qui, soprattutto nel primo, ho ritrovato l'odiosa domanda (perché?) e mi è soggiunta la stessa odiosa risposta (perché sì! Perché è fantasy!). Insomma, cado vittima della maledizione del Wendingo (mitologia degli indiani Algoncini e diffusa nei territori del Canada, ma vabbè, non facciamo sofismi) ma riesco a controllare la fame... PERCHÈÈÈÈ?
Più carino il secondo finale, quello in cui ci trasformiamo in Wendingo e vado a caccia di bianchi.
Abbastanza assurdo che pigli e me ne vada nel terzo finale. Insomma la mia tribù è stata sterminata metà dal Wendingo e l'altra metà dai bianchi e io me ne vado trullo trullo e chissenefrega!
Non sarebbe stato meglio portarmi dietro la testa immortale del Wendingo, Insomma quello può anche dire "Guarirò" ma con la testa a 100 Km dal corpo ti ci voglio vedere. Poi, male che vada se vedo che comincia a ricrescere un corpo ho sempre il tomowak e posso dilettarmi a riaffettarlo tutte le volte. No?

La Chicca: Questa è una cosa che mi ha fatto ridere, anche se non era certo nelle intenzioni dell'autore. Quando un umano si trasforma in Wendingo il suo corpo si ricopre di "peli irsuti"! Peccato che "irsuto" voglia dire già peloso. Quindi ne devo dedurre che il Wendingo è così peloso, ma così peloso, che persino i suoi peli sono a loro volta pelosi (irsuti, dunque). Insomma è peloso al quadrato! :-)

Con mio sommo dispiacere non mi sento di dare a questo Corto la sufficienza, per cui il mio voto è 5,5

gpet74
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Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

Voto di EGO

Prede e cacciatori inizia bene, ma promette ben più di quanto riesca a mantenere.

Il prologo (considerando anche la parte del rituale e la scena del ritorno al villaggio) è ottimo, molto ben scritto e ideato, e ha suscitato in me un interesse che è durato fino alla fine della prima lettura. Infatti, il punto debole del Corto è la rigiocabilità, o per meglio dire, la rilettura: è a questo punto che il lettore nota facilmente le deboli impalcature che sorreggono la scenografia dell’opera, e l’illusione di un ottimo Corto svanisce.



Il protagonista dovrebbe essere svantaggiato ma, ancora una volta, questo tipo di personaggio si rivela il più difficile da interpretare correttamente, tra i tre proposti dal regolamento. Anche Attichitcuk è un disabile che riesce a fare ben più di quanto la sua disabilità dovrebbe permettergli, cosicché la sua condizione finisce per essere poco più di un pretesto narrativo. Semplicemente, la cosa non è credibile.

Come non è credibile la sua impresa: al di là del fatto che uno storpio riesca a raggiungere un nemico potentissimo, dopo essere fuggito da un fortino militare, sulle montagne, in mezzo alla neve, dopo aver perso anche il cavallo… Su quali indizi basa la sua ricerca? Che pista segue? Una volta entrati nella foresta del coyote, non lo si sa più, e all’autore nemmeno importa. Il nostro giovane eroe è guidato da un non precisato istinto… come se il Wendigo avesse un motivo particolare per farsi trovare da lui. E non ce l’ha. Il Wendigo entra nei sogni del nostro pellirosse, ma non sa che il suo nemico possiede l’arma che potrebbe ucciderlo… Fa acqua da tutte le parti, e non fa nulla per nasconderlo.



Bella l’idea degli animali totem, certo, e ben realizzati i disegni; il sistema di punteggi ricorda un po’ AD&D e un po’ la serie Asimov Galactic Foundation. Ma che differenza fa, davvero, compiere la scelta prima di iniziare la storia o al paragrafo 1? Sono sorpreso che qualcuno abbia compiuto la scelta senza immediatamente cogliere le relazioni tra le strategie d’attacco e i relativi animali totem. È un rapporto completamente 1:1, e la scelta che facciamo ne viene pesantemente influenzata.

Peggio ancora, la scelta ha ben poca influenza sullo svolgimento del gioco. L’orso non ha alcun senso: più Punti Vita, ma 1 in Lotta??? Visto anche ciò che succede negli scontri con la guardia della cella e con il Wendigo, questo punteggio è sballatissimo! In più c’è un errore madornale: al 29 è impossibile avere 4 punti di Conoscenza. L’autore ha fatto il copia-incolla e si è fregato da solo.

Ma soprattutto, morire per esaurimento dei Punti Vita mi pare un’impresa quasi degna di un achievement. Se si evita (ed è facilissimo, la sbagli una volta sola) la trappola del Wendigo, è quasi impossibile finire i Punti Vita entro la fine dell’avventura; se poi consideriamo che la dose di erbe curative ce ne fa recuperare ben 6, la cosa diventa impossibile tout court. Anche in quest’ottica, credo che il Wendigo dovrebbe infliggere più danni degli altri nemici, e invece questo mostro distruttore di villaggi non è più feroce di un puma…



A proposito della trappola del Wendigo: non è affatto l’unico punto dell’avventura dove ci viene posta davanti una scelta “alla Livingstone”. Vuoi fare una cosa? Bene, è quella sbagliata. Ti perdi un pezzo di avventura, ricevi dei danni extra. Ma nulla, nulla, nulla ti impedisce di fare la scelta corretta, e da allora in poi, ad ogni rilettura, la scelta sbagliata non potrà mai più essere compiuta (a meno che il lettore non lo faccia apposta)! Peggio ancora, le conseguenze di una scelta o di un’altra sono facilmente intuibili, per cui tutti i paragrafi che non fanno parte del “true path” sono di fatto sprecati.



Quindi abbiamo: scelta del totem pressoché ininfluente, “true path” ingenuo che rende inutili alcuni paragrafi, perdita di Punti Vita che difficilmente arriva a uccidere il personaggio. Alla fine arriva la mazzata conclusiva: i tra finali si dipartono tutti dalla stessa situazione, la scelta dell’uno o dell’altro dipende solo dal lettore e non da parametri di gioco, e due dei finali sono così simili che francamente faccio un po’ fatica a considerarli diversi.

Risultato: rigiocabilità (o meglio, rilettura) scarsissima, quasi ingiustificabile. Questo è un Corto che funziona una volta sola; forse è per questo che non è affatto difficile finirlo al primo tentativo. L’unica cosa veramente nuova che si scopre ricominciando da capo, sono le diverse scene in cui Attichitcuk risolve il rituale di partenza.



È un grosso peccato, perché il testo, salvo alcune ingenuità, è molto ispirato per gran parte del racconto, e non è esagerato confrontarlo a Lupo Solitario o Oberon, a cui evidentemente si rifà (il paragrafo 37, goffa citazione di Conan il Barbaro a parte, mi ha ricordato moltissimo la scena in cui Oberon sogna Shazarak in La Città Proibita). Il difetto maggiore sono le (numerose) dissonanze tra ciò che Attichitcuk dovrebbe sapere dato il suo background, e ciò che il testo mostra da quello che dovrebbe essere il suo punto di vista: i gradi militari, la conoscenza della lingua dei bianchi, il sistema di calcolo delle distanze, i punti cardinali, ecc. L’autore è riuscito a rendere la narrazione abbastanza avvincente da non far notare troppo questi particolari, che però non possono sfuggire se non al lettore ignorante o molto distratto.



Cose da correggere:

- Regolamento: “recuperare le piume cadute da una nido di aquila…”

- combattimenti: “se il tuo punteggio di Lotta è di 2 o meno…” (residuo di una bozza?)

- combattimenti: “Se vinci…” (tecnicamente sarebbe “se sopravvivi”, visto che tutto ciò che possiamo fare in termini pratici è perdere energia, come avviene nella serie Realtà Virtuale)

- 25: “Lo riconosci essere un aquila”

- 35: “ti rendi conto di aver sottovalutato le tue forze”

- 48/49: “senti lo stomaco atrofizzarsi” (???)

- 50: “scambierai ogni più piccolo rumore ti terrà sveglio!”

- 50: “terreno incidentato” (accidentato)


Tirando le somme, definirei Prede e cacciatori un Corto “entry level”, sia per l’autore che per i lettori: le numerose ingenuità lo renderebbero adatto a un pubblico digiuno di librogame, ma la mancanza di sottigliezze e di un pur minimo pizzico di complessità gli fanno perdere numerosi punti. Il mio voto è 6.

gpet74
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Re: I CORTI 2014 - Prede e cacciatori (9-15 giugno)

Voto di Rygar

Parto subito con il dire che questo corto è male impaginato: i link tra paragrafi non funzionano e la scheda del personaggio, inspiegabilmente, è su un documento a parte. Ora non so se la colpa sia dell’autore (troppo pigro per pensare a certi dettagli tecnici) o degli organizzatori (ho vigliaccamente delegato i bravi EGO e gpet74 per certe operazioni), ma è una cosa che mi dà un po’ di fastidio. Non è tanto il fatto che devo consumare la rotella del mouse, quanto il rispetto nei confronti di tutti gli altri concorrenti che si sono impegnati nel seguire le indicazioni del bando. C’è poi da dire che tutte le lettere accentate, per qualche oscura ragione, sono in una dimensione diversa dalle altre. So di essere impopolare, ma dovrò togliere mezzo punto per queste particolarità.

Ma adesso voglio parlare un po’ della sostanza e, per fortuna, è un ambito nel quale il racconto si risolleva egregiamente. L’ambientazione, basandoci sui pochi dati forniti dal testo è quella di un western “classico”, a metà del XIX secolo e situata in qualche zona degli stati uniti nord-occidentali. Si fa infatti riferimento alle montagne da qualche parte su al nord, quindi mi sento di escludere stati di confine come Texas, Arizona o Nevada. I personaggi sono abbastanza stereotipati, ma non ci si potrebbe aspettare di più, vista la brevità del racconto.

Purtroppo c’è una seconda caduta sullo stile di scrittura perché il racconto è brutto da leggere. Non ha senso usare eufemismi: quello che è scritto male è scritto male. Vogliamo fare degli esempi? Facciamoli, senza problemi! Nel Prologo si dice che il protagonista appartiene a “una piccola tribù di pellerossa”; so da fonti certe (una cara amica di Tucson) che gli attuali Navajos dalle sue parti vogliono essere chiamati “Native Americans” (ovvero “Nativi Americani”) o, più precisamente, col nome della tribù di appartenenza. Sempre nel prologo la tribù “è stata costretta a ridurre sensibilmente il proprio territorio”; ma sta parlando un impiegato del catasto, per caso? Certi termini tecnici e moderni stonano tremendamente, anche perché (subito dopo) i fucili vengono appropriatamente definiti “bastoni tonanti”. Ci sono poi locuzioni infelici, come “marce a cavallo”: siamo a piedi o in sella? In ben due casi (Prologo e par. 50) si fa riferimento alla “chimera” intesa come “obiettivo irraggiungibile”, quando il nome è chiaramente tratto dalla mitologia classica. Al par. 31 il protagonista impugna l’arco, precisando che non ha mai avuto occasione di “testarlo”: il verbo “testare” è di per sé odioso (prenderei a testate chi lo usa) e basterebbe sostituirlo “con mettere alla prova”, per non parlare di come suona fuori luogo in bocca a un giovane Nativo Americano. Ci sarebbero molti altri esempi da fare, ma non vorrei che questa recensione si trasformasse in una “lista della spesa”. Basterà dire che, a livello lessicale, il testo è ampiamente insufficiente.

Per quanto riguarda l’attinenza al regolamento, direi che ci siamo. Il protagonista è zoppo, cosa che influisce su tutta la vicenda, e il regolamento non si affida minimamente alla sorte. Sul regolamento stesso devo spendere alcune parole di elogio perché, come già accaduto in poche altre occasioni, il personaggio viene “creato” nei primi paragrafi dell’avventura, invece che prima di iniziare. Forse il Totem dell’Orso è meno avvantaggiato rispetto agli altri tre (perché cinque Punti Vita in più difficilmente valgono due punti di Caratteristiche in meno), ma non c’è scritto da nessuna parte che tutte le possibili combinazioni iniziali debbano essere bilanciate alla perfezione (si vedano per esempio Lupo Solitario e Realtà Virtuale). Il gioco, comunque, può essere terminato con ogni combinazione, se si è un po’ accorti. Io ce l’ho fatta al secondo tentativo, senza cambiare totem (sono rimasto un’aquila e ho imparato dai miei errori precedenti).

A livello narrativo si nota un certo “railroading”, che è tristemente comune a tutti i Corti: il protagonista finisce in certi posti senza sapere come né perché. Sempre a titolo esplicativo, c’è la possibilità di perdere subito la tracce del Wendigo, per poi trovarsi comunque alla sua caverna (sia pure in pessime condizioni); oppure ci si può imbattere nel fortino dei soldati, senza motivo per volerlo visitare, ed entrare lo stesso. A questo proposito mi viene il dubbio se un piccolo avamposto di frontiera meriti addirittura un Generale come ufficiale al comando: nei fumetti di Tex Willer (che pure non sarà la fonte più affidabile) questo incarico compete di solito a un Colonnello o anche a un semplice Maggiore. La scena finale col il predetto Wendigo potrebbe far storcere il naso per l’ennesimo “spiegone” da film ‘mmerigano, ma l’autore riesce a svicolare abilmente insinuando che il discorso del mostro potrebbe benissimo essere parte della sua maledizione.

In definitiva “Prede e Cacciatori” è un racconto dall’impianto di gioco molto solido, che rivela una certa accuratezza nella ricerca da parte dell’autore, per quanto riguarda le leggende dei Nativi Americani. La narrazione scorre bene, sia pure con scarso spazio per la rigiocabilità, è la difficoltà è bilanciata egregiamente. Il tutto, purtroppo, è funestato da una scrittura inadatta al contesto e da una formattazione davvero inguardabile. È un vero peccato, perché avrei potuto dare un voto ben più alto. Inviterei l’autore a rivedere la forma in generale e le scelte lessicali in particolare: un amante del western come il sottoscritto può solo intristirsi davanti a una simile occasione mancata.

Voto: 7.

gpet74
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