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Re: I CORTI 2014 - Vita da Cani (16-22 Giugno)
babacampione ha scritto:Eh, in effetti a pensarci bene lo scorso anno a Topo Solitario diedi 9...
Molto bene...
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Re: I CORTI 2014 - Vita da Cani (16-22 Giugno)
Mornon ha scritto:babacampione ha scritto:Eh, in effetti a pensarci bene lo scorso anno a Topo Solitario diedi 9...
Molto bene...
Sì, cucinato in salmì era davvero una favola!
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Re: I CORTI 2014 - Vita da Cani (16-22 Giugno)
Voto di Gpet74
"Interpretare un cane randagio che deve salvare la barboncina del proprio cuore da un canile? Ma che idea carina!" Questo deve aver pensato l'autore nel mettersi al lavoro su questo corto. Peccato che, al di là dell'idea di partenza, tutto il resto dell'opera sia mediamente scadente.
In particolar modo imputo a questo "Vita da Cani" due difetti macroscopici (oltre ad una serie di altri difetti minori): l'indefinitezza del POV e l'assoluta arbitrarietà degli eventi.
In pratica il Punto di Vista (POV) dovrebbe essere sempre quello del cane randagio. Eppure non solo l'autore spesso fa capolino intromettendosi nella narrazione, come si vede benissimo già dall'introduzione nella quale non si capisce se a parlare sia il cane oppure un narratore esterno, ma in generale il cane pensa e si comporta in modi impossibili per un cane, fosse anche un cane umanizzato come quello in esame. Posso sorvolare sul fatto che i cani annuiscano e addirittura che sorridano, posso sorvolare sull'eccessiva umanizzazione di questi animali che addirittura pregano. Però proprio non riesco a digerire che un cane possa comprendere i discorsi avvinazzati di un umano (sia che si possegga l'Affinità Umana o meno), oppure che sappia distinguere un buon vino da uno scadente, per dire.
Ma il problema più grosso è l'altro, ossia l'arbitrarietà degli eventi. In ogni storia occorre che le motivazioni che spingono i personaggi ad agire siano comprensibili al lettore, così come deve essere comprensibile il concatenarsi degli eventi. Insomma durante la lettura di un qualsiasi testo di narrativa, interattiva o meno che sia, il lettore non dovrebbe mai domandarsi "Perché?"
Invece in "Vita da Cani" mi sono trovato a chiedermi il perché delle cose di continuo e con crescente frustrazione. Proprio a cominciare dalle motivazioni che spingono il protagonista a intraprendere la sua avventura. Insomma Bracco conosce Barbie per 5 minuti, non ci scambia che mezza parola. Ok, sarà figa quanto vuoi ma perché mai dovrebbe rischiare la sua vita per andare a salvare una sconosciuta dal canile, quando non l'ha fatto per il vecchio Manto Grigio, che invece era membro della sua comunità di cani da molto tempo?
Perché gli accalappia cani catturano la barboncina ma invece danno un calcio a Zanna e lo gettano nel fosso? Essendo accalappiacani dovrebbero accalappiare tutti i bastardi che incontrano, a maggior ragione se sono grossi e aggressivi come Zanna?
Perché e quando Stella viene ferita nello scontro allo sfasciacarrozze, e che senso ha il dialogo subito seguente? Manco Bracco e Barbie fossero promessi sposi da sempre e Barbie la migliore amica di Stella. Non ha senso che Bracco non riaccompagni stella al branco.
Perché se Bracco perde le tracce di barbie rimane nella città, anche a costo di morire di fame o di farsi ammazzare da dei ragazzini, invece di tornare al branco?
Perché dei cani randagi dovrebbero trovare cibo più facilmente in un boschetto fuori città invece che nella città medesima? Da che mondo è mondo i cani randagi NON vivono nei boschi ma proprio nelle città dove possono rovistare nell'immondizia e lì prosperare.
Insomma, praticamente ad ogni paragrafo mi sono trovato a domandarmi PERCHÈ? e la cosa mi ha davvero infastidito. Mi sembrava che l'autore volesse prendermi in giro. Che sottostimasse le mie capacità critiche o intellettuali e non provasse neppure a dare un minimo di coerenza alla storia che pretendeva di raccontare.
E non parliamo della pochezza del regolamento. A prima vista esso sembra semplice ma interessante, con cinque competenze "binarie". Peccato che l'applicazione di questo sistema sia pessimo. Spesso l'avere una determinata abilità è ininfluente ai fini dello svolgimento della storia, altre volte, invece, non si capisce a cosa mai debba servire possedere quell'abilità visto che anche non avendola i risultati sono simili. Altre volte ancora il non possesso di un abilità conduce ad una fine prematura, oppure incanala verso un finale che non ha senso di essere, viste le premesse, come quando dal nulla (perché?) ricompare Stella, anche se l'avevamo lasciata ferita gravemente, e scopriamo di essere innamorati di lei, o come quando senza motivo alcuno decidiamo di non tornare al branco.
Potrei stare qui a parlare a lungo dei difetti di prosa (Tremendi i fiori stentorei... credo che l'autore volesse dire fiori stentati, crescendo questi sul bordo di una ferrovia), della punteggiatura zoppicante e delle descrizioni assenti o quasi.
Sinceramente non ne ho voglia.
In generale quello che ho percepito da questo Corto è stato scarsissimo impegno da parte dell'autore, al limite della strafottenza nei confronti dei lettori. Una storia buttata lì, con un regolamento buttato lì e descrizioni buttate lì. Insomma un "Famolo perché dobbiamo". Di fronte a un simile atteggiamento non mi sento nemmeno spronato a cavilalre o a perdere tempo a spiegare all'autore perché dovrebbe evitare di raccontare le cose ma dovrebbe provare a mostrarle, per dire.
Insomma, lui non aveva voglia di scriverlo sto Corto. Io non ho voglia di perderci tempo a recensirlo. Per cui il mio voto è un 4,5 e mi dispiace davvero trovarmi a dover dare un voto così basso.
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gpet74
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Re: I CORTI 2014 - Vita da Cani (16-22 Giugno)
Voto di EGO
Vita da cani è un pasticcio.
Mi piacerebbe poter dire che qualche aspetto di questo Corto è buono, ma… ogni aspetto potenzialmente degno di nota, una volta visto il risultato finale, non fa altro che denunciare la scarsa chiarezza di idee e di intenti dell’autore. E il risultato finale non ci va molto ad averlo chiaro: più che un Corto, questo è un Cortissimo.
Partiamo da qui, dunque. Come si fa a far credere di avere una storia da raccontare, se non ci si sforza un minimo di raccontarla? Non c’è una descrizione degna di questo nome. Non si pretendono lunghi paragrafi e descrizioni dettagliate, ma un minimo di contesto sì. Qui non abbiamo praticamente nulla; quei pochissimi dettagli di ambiente che ci sono, sono funzionali all’azione che il protagonista deve compiere. Non è stato fatto il minimo sforzo di creare atmosfera, coinvolgimento, niente. Entri nelle fogne. Vai! Avventura!
… entri nelle fogne, vai in direzione della Città, cammini per qualche tempo, ti perdi. In tre righe.
Oddio, tutti abbiamo presente l’idea collettiva di “fogna in cui si avventurano uomini e animali nei film e nei romanzi”, ma non per questo un autore è esentato dal darne la sua descrizione!
Quando uno non è bravo a raccontare, spesso si sforza troppo, e il risultato è un racconto goffo e magari un po’ ridicolo. Ma in Vita da cani non c’è sostanzialmente racconto. Mi è impossibile sentirmi coinvolto o interessato da un testo del genere, mi raccontasse anche la storia più incredibile del mondo.
Detto questo, il testo è poi pieno di cose che non funzionano.
L’introduzione - retorica e vagamente fastidiosa nei toni - non ha un punto di vista coerente, una voce narrante precisa; non convince nemmeno sé stessa, e non lo nasconde.
Il punto di vista del cane è altalenante, e troppo spesso il narratore vi si intromette: da un lato il cane conosce le rotaie, ma non il rumore che annuncia il treno; dall’altro lato, è in grado di dire che l’accalappiacani sta bevendo del “pessimo vino” e che la sua voce è impastata dall’alcol! E poi riconosce al volo “la casa sulla collina” alla sola menzione (ce n’è solo una in tutta la città?).
I tempi del racconto non quadrano: Barbie viene adottata a tempo di record.
La successione degli eventi non quadra: in alcuni casi perdiamo la traccia della barboncina in base al capriccio dell’autore, non in base a cause o eventi logici. La ferita di Stella ha troppe cause possibili, e alcune non funzionano. Se andiamo incontro a Barbie lei ci rifiuta, se aspettiamo un attimo abbiamo il finale buono: questo è il tipico sistema di Avventure Stellari, dove la natura di un personaggio cambia completamente se scegli X invece di Y, senza la minima coerenza interna; e non è mai stato un bel sistema.
Il comportamento dei personaggi non ha senso: non hai trovato Barbie, ergo non torni al Branco? Ehm… perché mai?!
Due dei tre finali non hanno alcuna attinenza con lo spunto iniziale, perciò sono un po’ restio a dire che offrono “una piena risoluzione della vicenda”.
Semplicemente, il racconto fa acqua da tutte le parti. Non solo manca una vera libertà di scelta: mancano proprio le motivazioni per cui dovremmo agire. È già tutto deciso, e la consecutio degli eventi è così confusa che non ci si sente nemmeno spettatori di una storia di cui dovremmo addirittura essere i protagonisti!
Neanche il sistema di gioco ha basi solide. L’organizzazione delle “abilità”, così com’è, ha poco senso, perché non si capisce come mai questo cane dovrebbe avere o l’una o l’altra. Fiuto e Ululato devono essere mutuamente esclusive? La capacità di fare gli Occhi da Triglia non implica forse una conoscenza delle reazioni umane derivante da numerosi contatti, e quindi la possibilità di averne “appreso” il linguaggio? Per tacere di quanto sia assurda la scena riguardante l’Affinità Umana: va bene il tono cartoonesco della storia, ma è sempre un cane, andiamo! Non può capire un discorso tanto articolato.
L’uso delle “abilità” non è comunque ben equilibrato, anzi. Troppe alternative in alcune scene, troppo poche in altre. Talvolta alcune scelte non sono nemmeno possibili, perché ci si arriva tramite un’abilità che esclude quella che ci viene richiesta subito dopo; talvolta avere un’abilità piuttosto che quella opposta non fa alcuna differenza anche quando, per ovvi motivi, dovrebbe (vedi il primissimo bivio, al paragrafo 1); e al 43, i rimandi sono chiaramente invertiti.
La confusione dell’autore è anche evidente laddove (al 17) chiama “randagismo” la caratteristica che nel regolamento è detta “randagiosità”: parola che comunque non esiste, e la caratteristica a cui si riferisce dovrebbe essere implicita nel fatto che impersoniamo un randagio, e poi… NON è la capacità di trovare cibo ovunque.
Erroracci:
- introduzione: “antizzecche”
- “freesbee” (si scrive “frisbee”)
- 10: fiori “stentorei” (non c’entra proprio nulla!)
- 19: “un’enorme cane”
Insomma: in questo Corto non si riesce a capire se è nato prima il racconto o il regolamento. Difficile credere che sia nato prima il racconto, perché quasi non esiste, quello che c’è non sta in piedi, e a malapena è coerente con l’impianto di gioco. Difficile però anche credere che sia nato prima il regolamento, visto che per crearlo si dovrebbe avere prima un’idea precisa di un racconto in cui impiegarlo. Sembra tutto buttato lì di malavoglia per creare qualcosa che possa partecipare al concorso, ma senza alcuna velleità. Per scrivere così poco non deve esserci voluto molto tempo, e allora… perché non fare di più? Perché non rivedere il tutto, almeno per correggere gli errori e perfezionare la punteggiatura?
Inizialmente non volevo essere troppo drastico nel voto, ma se l’autore non ha avuto voglia di creare qualcosa di buono, di interessante, di offrirmi la minima scusa per trovare qualcosa di valido nella sua opera; se lo sforzo che ho impiegato a leggere con attenzione e commentare il suo Corto sembra (purtroppo) superiore a quello che lui ha profuso nel crearlo; non mi pare giusto riservargli un trattamento di favore. Il mio voto è 4.
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gpet74
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