Re: I Corti 2015 - E venne il giorno...
Mornon ha scritto:Ragazzi, i giudizi dei tre organizzatori arriveranno tra oggi e domani!
Arrivano con Trenitalia ?
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Re: I Corti 2015 - E venne il giorno...
Heimdall di Bifrost ha scritto:Sabretooth ha scritto:caxxo...
l'ho lasciato talmente tanto sedimentare che mi sono dimenticato di votare in estremis :'(
Be', se hai pronto un tuo giudizio nulla ti vieta di postarlo, anzi: è ben gradito.
Semplicemente non potrà essere conteggiato ai fini della graduatoria finale.
eh lo so.. ma proprio per il fatto che tanto non serve per la graduatoria ha poca importanza
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Re: I Corti 2015 - E venne il giorno...
Pirata delle Alpi ha scritto:Mornon ha scritto:Ragazzi, i giudizi dei tre organizzatori arriveranno tra oggi e domani!
Arrivano con Trenitalia ?
Attendiamo fiduciosi e trepidanti!
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Re: I Corti 2015 - E venne il giorno...
Giudizio di Mornon
Ahimè, un corto che non mi è piaciuto molto, che ha MOLTA ANIMA, va detto, ma un CORPO zoppicante, malfatto e poco credibile.
Io adoro la fantascienza, la narrativa fantastica, i mondi futuri, ucronici, fantastici. Sia quando sono occasione di mero intrattenimento, che quando velano spunti di riflessione sull'attuale o sui grandi temi dell'uomo.
Per questo motivo, leggendo un Corto come questo - con un idea di fondo così gradevole (seppure classica) realizzata così malamente - mi torco le mani e scuoto la testa con tristezza.
La storia è troppo semplicistica, l'ambientazione scalcagnata, la parte di gioco troppo facile a livello di difficoltà complessiva, ma inutilmente complessa ogni volta che si deve mettere mano ai dadi.
L'ambientazione, soprattutto, ha in sé ha qualcosa di posticcio e impreciso: il “metallo altamente tecnologico” chiamato Residuum, la situazione sociale e ambientale, i personaggi tagliati con l'accetta sono un po' troppo approssimativi, come se ci si trovasse in un libraccio di fantascienza bargain degli anni '80 o in un qualsiasi fumetto giapponese, dove non si presta alcuna cura alla verosimiglianza a favore del flavour.
Nella "locanda” del primo villaggio che si incontra “Brutti ceffi stanno facendo baldoria mentre mangiano piatti a base di carne e bevono vino a volontà”, una situazione che incredibilmente cancella tutte le premesse del prologo. Ma come?
Anche la protagonista mi pare un personaggio troppo improbabile e messianico per essere credibile: la bambina che ha in tasca un cilindro metallico che può salvare il mondo, grazie alla tecnologia piripirignè. Ripeto, a me piace molto il fantastico e adoro esplorare le potenzialità della fantascienza, ma quando la storia è così poco credibile non riesco a immedesimarmi.
Quando si entra in gioco, il piacere della lettura migliora leggermente: il senso di disperazione di Swami è palpabile e anche la terribile condizione dei sopravvissuti, sebbene però anche qui il testo è spesso zoppicante, sia nello stile che nel concetto di fondo: “gli abitanti di questo villaggio sembrano essersi arresi all'evidenza, e la ricerca di una Locanda non è più tra le loro priorità.” Arresi all'evidenza? E poi, perché dovrebbero cercare una Locanda, se hanno GIA' una locanda con vino e carne a volontà?
E la ragazza che deve lavorare al bancone della taverna, poverina, costretta dai cattivi genitori, e alla fine lascia tutto e se ne va nella nebbia con la ragazzina? Mi sembra una storiella di Miyazaki rifatta male. Perchè, autore, perché?
Andiamo ai dettagli:
Giocabilità 5: un Corto a tratti troppo facile, con un numero di dadi da tirare sproporzionato. Semplicità e facilità di gioco stonano parecchio con la lungaggine delle prove.
Narrazione 5: uno stile troppo semplicistico, con svarioni troppo grandi. Da riscrivere integralmente, se volete prestare orecchio al vecchio bofonchione mornon.
Divertimento 7: l'idea e le scelte da fare in gioco sono le cose migliori del Corto, non mi ha pesato giocarlo 4-5 volte, ma ammetto di aver evitato le prove dopo la prima partita, in quanto troppo lunghe.
Giudizio finale 5,5: Probabilmente questo è il voto più basso che io abbia MAI dato a un Corto nella storia del concorso. Questo non vuol dire che sia il Corto più brutto che abbia mai letto, tutt'altro! Però è quello che forse mi ha deluso di più, nel divario che c'è tra una bella idea e una scalcinata realizzazione. Non ti posso dare la sufficienza.
In vista di una eventuale pubblicazione: riscrivere tutto, salvando le idee migliori e rifacendo tutte le considerazioni su Residuum, oggetti piripirignè, bambine che salvano il mondo, setting incoerente abbestia e così via. La storia è bella, ma va riscritta.
"Un velo nero ti impedisce di vedere altro. La tua vita termina qui: nel campo di battaglia, con la mitica Blood Sword tra le mani, felice per la sconfitta dei Veri Maghi." Adriano, Blood Sword PBM http://www.caponatameccanica.com
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Re: I Corti 2015 - E venne il giorno...
Giudizio di Heimdall di Bifrost
Uno scenario post apocalittico in cui la terra è ostaggio di un clima non più controllabile e un protagonista in possesso della chiave per ridare al pianeta la sua primigenia vivibilità: l’abbiamo già sentita da qualche parte, ma ci tengo a ribadire che in genere non premio l’originalità a tutti i costi; anzi, una bella variazione su un tema noto può spesso denotare una buona conoscenza della materia pregressa e generare virtuosismi inattesi.
Giocabilità Il corto parte bene, dando alcune possibilità di scelta che a loro volta potranno imprimere un corso diverso agli eventi, differenziando il prosieguo in base agli incontri effettuati. Però poi, dopo il primo check point la progressione del racconto pare smarrirsi nella nebbia assieme alla protagonista e le scelte si fanno meno chiare sino all’incomprensibile loop che dovrebbe portarci alla scoperta dell’agognata Locanda.
Il Regolamento mi lascia decisamente perplesso. Ritengo che per un racconto di questa lunghezza sarebbe normalmente preferibile farne a meno tout court; non sono tuttavia contrario per principio, purché le prescrizioni siano adeguate alla bisogna. In questo caso, per il tipo di svolgimento scelto, il tutto pare abbastanza pleonastico: il lettore è tenuto a leggere e apprendere tutta una serie di regole che verranno usate al massimo una o due volte (e a volte, scegliendo alcuni percorsi, nessuna). Tutti gli elementi presenti sembrano inseriti per onor di firma (è un libro game e ci devono essere lo Zaino e i punti di Resistenza!) più che in ragione di un loro effettivo utilizzo e avrebbero potuto essere agevolmente sostituiti da un sistema di codici o da qualche altro accorgimento meramente testuale.
Ad esempio non si capisce perché introdurre sia le regole sulla Ferita (ferita sì / ferita no) sia quella sui punti di Resistenza, né si capisce in che rapporto stiano queste due variabili. Peraltro, se non ho controllato male, i punti di Resistenza sono stati introdotti per essere utilizzati in un’unica circostanza, nel paragrafo 2, dove ci viene proposta una sequenza di 10 check consecutivi che, lungi dal costituire un elemento di pathos, costringono il lettore a fermarsi e fare una lunga serie di conteggi, andando di fatto a costituire un anticlimax decisamente deleterio per il mantenimento della tensione narrativa, soprattutto in un racconto come questo, che punta molto sulla costruzione di una determinata atmosfera: sarebbe stato forse più appropriato risolvere la situazione mediante il ricorso a scelte testuali e non a un interminabile lancio di dadi.
E, a proposito di lanci di dadi, ho trovato abbastanza insensata anche la regola sulla ricerca della Locanda, che viene spiegata all’inizio per essere riproposta identica nel racconto, salvo poi apprendere che la Locanda stessa è raggiungibile in altri modi che possono anche prescindere dall’utilizzo di questa regola: sarebbe quindi bastato proporla all’occorrenza nel corso della narrazione, senza bisogno di specificarlo anzitempo.
Narrazione Anche la narrazione presenta non pochi problemi: vi è una prevalenza del narrato sul mostrato che in alcuni passaggi supera i livelli di guardia.
La ragazza […] in uno scatto di rabbia, si sfoga contro i suoi genitori rei, dalle sue parole, di sfruttarla da settimane. [NdR: “Settimane”?] Decidi di ascoltare il suo disagio […] e nel giro di pochi minuti avete già fatto amicizia.
Inizialmente diffidente, ti rendi conto che in realtà si tratta di una persona rassicurante che ti sta offrendo un pasto ed un po' di protezione.
noti che ci sono due loschi individui accampati al bordo della strada, […]
In queste circostanze, sarebbe stato decisamente auspicabile che il disagio, la rabbia e lo stringere amicizia in un caso e la diffidenza e la rassicurazione dall’altro emergessero dalle descrizioni e dai dialoghi (sarebbero bastate poche battute) e non ce le comunicasse d’ufficio l’autore. Allo stesso modo, apprendiamo che i tipi sono “loschi”, e tanto ci deve bastare: sarebbe stato meglio che ci venissero rappresentati i loro abiti o i loro atteggiamenti, e fossimo poi noi a decidere se erano loschi o cos’altro.
In estrema sintesi, tutte queste elisioni portano a non approfondire i personaggi che rimangono poco più che delle figure inespressive sullo sfondo, rivestendo un ruolo puramente funzionale all’avventura (il vecchio, la ragazza, la vecchina) e non dei comprimari a tutto tondo.
E pure quando ho letto:
estrai il cilindro metallico dalla sacca e lo mostri alla signora, quindi gli racconti la storia dei tuoi genitori e le aspettative racchiuse in quel piccolo oggetto.
ho pensato infine: ecco, sarebbe piaciuto anche a me conoscerla, la storia dei suoi genitori.
Perché il problema è questo: in questo racconto troppe cose sono lasciate in sospeso; troppe cose non sono chiarite. No, mi spiace: non mi basta un’ambientazione 'post apocalittica' oppure 'onirica' oppure 'fiabesca' per giustificare qualunque storia bislacca. Le 'interpretazioni aperte', se non supportate da una narrazione solida che renda accettabile l’assenza di spiegazioni, sono solo un comodo refugium peccatorum. Per chiarire meglio questo mio punto di vista, suggerisco a chi non l’ha letto il romanzo "La strada" di Cormac McCarthy: si tratta di un libro di ambientazione post apocalittica in cui non viene spiegato niente di quello che è successo al mondo, se non per vaghissimi accenni – non conosciamo neppure i nomi dei protagonisti – eppure è un capolavoro, ricco di lirismo, tensione, disperazione e umanità. Soprattutto, proprio grazie ai mancati chiarimenti, l’autore riesce a mantenere costante il senso di spaesamento e alienazione che colpisce il lettore.
Purtroppo qui le cose che non funzionano sono veramente troppe perché il racconto possa giovarsi della mia sospensione dell’incredulità. Abbiamo una bambina che si trova nello zaino lo strumento di riscatto e salvezza dell’intera umanità, così: come ci è finito? Boh! Gliel’hanno dato i suoi genitori. E chi erano? Che facevano? Perché non l’hanno usato prima? Non pretendo la biografia corredata di documenti, ma che l’autore ci fornisca uno straccio di intuizione sul perché dovessero avere loro il cilindro (e sul perché non ce l’ha nessun altro), quello sì, perdiana! L'hanno progettato loro? L'hanno trovato? L'hanno rubato? Sono stati uccisi mentre facevano una di queste cose? Niente: c’è, e tanto basta. E basta portarlo in una Locanda. E anche qui: a me può stare bene il fatto che i luoghi dove sono custodite le fonti di energia si chiamino Locande, ma non che lo siano veramente! Insomma, abbiamo gli unici luoghi al mondo dove si produce energia e sono gestiti da simpatiche vecchine a cui raccontiamo tutta la nostra storia non appena ce la chiedono e ci rifocillano se siamo feriti e ci ospitano se siamo stanchi? E poi basta infilare uno – uno! – di questi aggeggi nella botola di una cantina per far ripartire l’energia di tutto il pianeta? Ed è una cosa di così poco conto che lo facciamo fare a una bambina o a una vecchietta? E se non abbiamo la corda nel momento in cui il cilindro ci cade, non ce n’è più una in tutto il pianeta?
Divertimento Le premesse erano impegnative e ambiziose e le pretese erano molte – troppe – e, come capita in questi casi, potevano preludere a un’opera egregia o a una caduta rovinosa. Purtroppo, ahimè, dal mio personale punto di vista si dà il secondo caso. Certo, sarebbe interessante vedere i medesimi spunti approfonditi in un volume di cinquecento paragrafi, ma sta di fatto che questo non è quel volume: è un racconto breve e, come tale, andava gestito con criteri radicalmente diversi. Si tratta del racconto che mi ha convinto di meno tra quelli presentati sinora.
Sono sempre dolente di dovere mal giudicare un’opera amatoriale, visto che l’autore ha avuto la passione di portarla a compimento e di sottoporla al giudizio altrui, a differenza di me che me ne sto qui a pontificare senza espormi; temo inoltre che un giudizio eccessivamente negativo possa essere per il nostro autore fonte di scoramento anziché di miglioramento. Essendo però chiamato ad esprimere un giudizio personale e per correttezza nei confronti degli altri autori oggetto di valutazione – non volermene, autore! – non posso esimermi a questo giro dal dare una valutazione di grave insufficienza.
Voto complessivo: 4,5.
Giocabilità: Voto 5.
Divertimento: Voto 4.
Narrazione: Voto 4,5.
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Re: I Corti 2015 - E venne il giorno...
Giudizio di Apologeta
Una favola con troppi punti deboli.
Leggo il titolo, leggo le prime parole: un titolo innovativo, ripreso all'inizio dell'introduzione. E qui solidarizzo con l'autore, mi dico "bravo, mi piace". Procedo: genere postapocalittico, mi dico "ottimo, mi piace". Avanti: una protagonista bambina, mi dico "originale, mi piace".
Ecco, poi mi sovviene un dubbio. Rileggo l'introduzione, lascio da parte i futili sentimentalismi e faccio passare un po' di razionalità. Mi si parano davanti punti interrogativi delle dimensioni di una balenottera. La nebbia da dove arriva? E perché? Poi, una nuova fonte di energia? Così, adesso, perché sì? E quelle vecchie che fine hanno fatto? Con gli idrocarburi può arrivare tutta la nebbia del mondo che vado avanti tranquillo, figurarsi col nucleare. E il cilindro dato dai genitori morenti (ma perché sono morti?) a me e a nessun altro? Così, adesso, perché sì? Non potevano cercarsela loro prima, una Locanda?
Il fuoco, la carne... potrei andare avanti ad libitum: purtroppo questo genere si porta dietro una sequela di domande colossale. E allora, o si cerca di spiegare tutto con migliaia di pagine (L'Ombra dello Scorpione) o si sviluppa una vicenda che eviti con eleganza gli aspetti scientifici concentrandosi su altro (La Strada). "E venne il giorno" poteva essere sviluppato in questo secondo modo, ma lo fa solo in minima parte.
Aggravante: mentre il buon McCarthy con le parole fa quello che vuole, il nostro autore ha più di un problema a livello di stile. Tante volte tiro le orecchie agli autori, chiedendo di essere più semplici: ecco, qui siamo finiti al limite opposto. C'è una notevole povertà lessicale, che porta a tante ripetizioni; un profluvio di avverbi, che non fanno mai bene; mettiamoci alcune costruzioni scricchiolanti, un paio di manciate di refusi, il pessimo copiaincolla fra 13 e 48... beh, non sono soddisfatto. In più si aggiunga l'errore marchiano di chiamare "locanda" un posto che non è la "Locanda", che peraltro si trova in un villaggio che non ha molto senso di esistere: se la civiltà è rimasta nelle Locande, perché esiste questo villaggio? E perché non ci abitavano i miei genitori? E perché le favolose Locande in fondo non sono affatto quei fari di civiltà descritti nell'introduzione? Eccetera, eccetera.
Forti scricchiolii anche dal comparto strutturale. Troppissimi paragrafi sono dedicati a un evento che ha possibilità risibili di verificarsi: il non trovare la Locanda. Va bene, il lancio dei dadi ricalca bene una ricerca spasmodica nella nebbia, ma proprio non si potevano usare meglio questi paragrafi?
Intendiamoci, ci sono varie cose che mi sono piaciute. Oltre alla protagonista bambina, innovativo e secondo me ben gestito l'utilizzo dei 3 dadi: avrei magari evitato i lanci 3D-9 e 3D-6 da sommare, comunque. Mi piace la possibilità di avere diversi compagni di viaggio, che portano a diversi bonus. Mi hanno deliziato gli ultimi capoversi del 36 e del 50, perché sono un inguaribile romanticone. E, sopra ogni cosa, mi piace l'atmosfera.
Autore, le idee non ti mancano. Lavoraci su, leggi, scrivi, e vedrai che il prossimo Corto sarà notevole. Questo, secondo me, rimane invece sotto la sufficienza.
Ecco il voto ai singoli parametri aggiuntivi:
Giocabilità: 5
Narrazione: 5
Divertimento: 6
Per questi motivi e ciononostante, il mio voto è 5,5.
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Re: I Corti 2015 - E venne il giorno...
Mornon ha scritto:un libraccio di fantascienza bargain degli anni '80 o in un qualsiasi fumetto giapponese, dove non si presta alcuna cura alla verosimiglianza a favore del flavour.
Mornon, mi spieghi per favore cosa sono la fantascienza bargain e il flavour?
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Re: I Corti 2015 - E venne il giorno...
Jhongalli ha scritto:Mornon, mi spieghi per favore cosa sono la fantascienza bargain e il flavour?
Credo che per fantascienza bargain intenda la fantascienza di serie B, a basso costo (dall'inglese bargain, affare), mentre il flavour (dall'inglese aroma) è la suggestione, il "colore" di un mondo o di un'opera... Hai presente le carte Magic? Oltre al testo delle regole è presente anche il "flavour text", che contribuisce a delinearne l'ambientazione e a dare, appunto, un tocco di "colore".
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