Re: 10° racconto: Falkenstein
gabrieleud ha scritto:Dovrei provare coi vampiri steampunk contro gli zombie di Cthulhu, dici che funzionerà?
A farmi venire un esaurimento nervoso? Sì.
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Zakimos
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Re: 10° racconto: Falkenstein
Accidenti, è quasi Pasqua e non sono ancora riuscito a sviscerare il Corto fino in fondo, e sicuramente non ce la farò entro domenica! Comunque non indugio oltre per non lasciarlo senza voto e procedo a dare giudizio & voto.
Sono stato combattuto nel decidere quale voto dare a questo Corto, perché l’impressionante qualità della parte ludica e (in minor misura) di quella letteraria sono parzialmente vanificate da una realizzazione che a volte non è esattamente all’altezza. Ma andiamo con ordine.
L’ambientazione è veramente originalissima e molto curata, lo stile di scrittura non è male (pur non arrivando ai livelli di Cuore di Ferro o Il Palazzinaro) anche se ho trovato stonati certi inserti umoristici come l’ammiccamento a Pinocchio (“grazie alla potenza degli automi alimentati a …“Carbone!” dite voi. “No, carissimi” vi risponderebbe il Conte.”), la protagonista è veramente molto affascinante e ben delineata, la frenesia dell’attacco e la claustrofobia che pervade il Corto sono resi splendidamente.
Il mondo steampunk (si dice così?) è molto ben congegnato, con Stéphanie che diventa una pilota di Mazinga ante litteram – il che mi fa ricordare che nel thread introduttivo del bando ci fu un utente che chiese se fossero validi come “robot” delle macchine guidate da umani…
Non male l’alternarsi dei paragrafi iniziali che seguono due punti di vista differenti: così un’introduzione che sarebbe risultata troppo lunga viene spezzettata e resa più fluida e coinvolgente.
I temi del concorso sono stati trattati con grande originalità: il “robot” è in realtà un “méca”, l’invasione non è qualcosa di astratto o di fantasy, ma un’eventualità assai plausibile nel contesto di questa realtà distopica (non capisco le critiche di chi dice che è stata appiccicata a forza: per me è perfetta!).
Ulteriore tocco di classe: l’epilogo ambivalente valido per entrambe le scelte che si possono fare alla fine. Le regole sono eccezionali, anche se piuttosto impegnative da leggere e assimilare; l’intervento dell’autore sulla loro lettura integrale non indispensabile lascia il tempo che trova: io ho preferito leggere tutta l’Appendice I in un colpo solo piuttosto che fare la spola tra i paragrafi e l’appendice come ci ha suggerito, oltre al fatto che non volevo farmi trovare impreparato una volta che una certa regola sarebbe stata tirata in ballo, e vedo che anche per Prodo e altri è stato così.
Mi sembra che sia stata inoltre gestita molto bene la dinamica per cui se perdi una prova di Resistenza puoi spesso rifarti con una prova di Movimento, equilibrando il tutto.
La dinamica dell’Appendice IV con la possibilità di continuare a giocare anche senza Resistenza è una grandissima trovata, non solo un tocco di classe dell’autore perfettamente plausibile (è una macchina, no? Possiamo provare ad aggiustarla) ma una gradita concessione che fa al lettore.
Anche il sistema di codici per poter accedere ai paragrafi segreti a partire dai potenziamenti è molto ben congegnato, anche se io avrei visto bene la possibilità di usarne due in contemporanea al #59, in cui teoricamente si potrebbe usare in accoppiata “acqua” più “muro”, ma in cui però o si può andare solo al #39 o al #49 e non al #29 – o forse quando si arriva al #59 si può avere uno solo dei due potenziamenti? Confesso che in quel caso ho lavorato un po’ di retroingegneria. Detto questo, passiamo ai difetti… le regole, per quanto funzionali e anche originali (vedi i pezzi da disegnare o ritagliare come un puzzle, io disegnavo con Paint le forme con colori diversi) sono forse un po’ troppe e come nel caso de Il Senza Pietà possono spezzare il ritmo della partita ogni volta che si aggiorna il registro (ad esempio coi Codici) o si cerca, per dirla alla Jung, la buona forma. La quantità di informazioni da segnarsi è più elevata che ne Il Senza Pietà, e io ho dovuto farmi non solo due file Paint appositi, uno col Registro e uno coi Pezzi, ma anche altri file in cui segnare ad esempio le proprietà dei singoli pezzi, che inizialmente copiavo dal testo del Corto e incollavo sotto la Resistenza della scheda (e con uno la casella già traboccava) e che poi ho provato a mettere nella scheda delle figure come suggerito dall’autore, dove però lo spazio non basta.
La struttura reiterativa del Corto, programmaticamente voluta così, porta inevitabilmente a degli “attacchi” (nel senso di incipit) non sempre pienamente congruenti con il paragrafo di partenza, ma è una cosa da mettere in preventivo in Corti come questo la cui struttura prevede di tornare in alcuni punti-chiave da paragrafi diversi. Ciò detto, in alcuni casi e selezionando alcuni percorsi ci sono delle situazioni che sembrano apparire dal nulla quando invece dovremmo già avere confidenza con esse: penso ad esempio al Ragno che durante la mia prima partita figurava come arcinemico senza quasi che mi fossi accorto prima della sua esistenza. Nelle seconde ho ovviamente prestato molta più attenzione alla sua prima apparizione, quindi forse in questo caso specifico si è trattato di poco pathos quando è stato introdotto la prima volta.
Comunque queste considerazioni spariscono di fronte al difetto principale di questo monumentale Corto (razionale e illuminato come l’epoca in cui è ambientato): le infelici scelte lessicali e sintattiche e gli errori veri e propri.
L’uso del verbo “alludere” al paragrafo #40 mi sembra fuori contesto in quella situazione, così come l’espressione “che sciocchi problemi” non mi suona bene. Al #104 si fa riferimento al Ragno come “il caduto”: e che è, il milite ignoto? Al paragrafo 86 il pilota nemico non digrigna i denti, ma “digrigna” e basta. Ci sono poi dei banali errori di battitura: nel #21 c’è “avvertì” invece di “avverti”, così come “tropo” invece di “troppo” al #120. #72: il “seggio” è il luogo in cui durante le elezioni si va a votare, non una sedia (“seggiola”) e tantomeno un abitacolo: tutt’al più può essere usato col significato di trono per una persona altolocata, che in questo contesto non è certo pertinente. Sono errori di poco conto, e in alcuni casi (avvertì/avverti, tropo/troppo) sono evidentemente refusi dovuti alla mancata segnalazione da parte del correttore di Word, visto che formalmente sono parole giuste, ma sono veramente troppi e disseminati per troppi paragrafi per non tenerne conto.
A questo si aggiunge il brutto effetto che fanno i rimandi come “vai al 08” dovuti a LGC, che come apprendo da Rygar si sarebbero potuti benissimo correggere in un secondo momento.
Io non so chi sia l’autore (non ne ho proprio la minima idea), ma possibile che non abbia trovato nessuno nella sua ciurma a cui far rileggere il Corto per eliminare almeno gli errori più evidenti? Questo florilegio di errorini purtroppo dà un’impressione quasi di sciatteria che il Corto non merita affatto.
PS: il “dottor Brambilla” di Vienna/Pavia sarà mica un antenato del Kevin Brambilla di Fermate Monna Lisa!?
voto inviato a Babacampione
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GGigassi
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Re: 10° racconto: Falkenstein
Ad una prima lettura/partita non è scattata la scintilla, un po' per il tipo di ambientazione (che proprio non è il genere che preferisco), un po' per il regolamento che viene spiegato in corso di gioco (preferisco sempre regolamenti prima del racconto vero e proprio).
Tuttavia non posso negare che il Corto è fatto bene, la scrittura è molto buona, i dettagli sono curati, e il regolamento stesso offre tanti spunti di gioco e meccaniche interessanti.
Uno degli aspetti che più mi è piaciuto è la possibilità di recuperare i rottami, una dinamica interessante e innovativa. ma anche la gestione dei Pezzi è ben fatta, e l'idea della Tensione è sicuramente curiosa e intelligente.
Trovo però che Falkenstein sia un po' troppo "grande" per essere un normale Corto: ci troviamo, in effetti, di fronte ad un'opera gigantesca, non solo da un punto di vista numerico (120 paragrafi sono di certo troppi per un Corto), ma anche da un punto di vista di dinamiche di gioco (veramente molte, l'intero racconto è molto "massiccio" in questo senso, e di certo non è un'opera immediata). Sotto questo punto di vista, non posso che notare che, dalle prime edizioni dei Corti, ci stiamo distaccando sempre di più... Prima i Corti erano racchiusi in 30 paragrafi e regolamenti non eccessivamente invasivi, ora si sta andando un po' troppo in là, e viene seriamente da chiedersi se un racconto di 120 paragrafi posso effettivamente essere considerato un Corto...
Come se non bastasse, c'è anche da considerare che in Falkenstein ci sono anche i codici, ma non i semplici codici degli esordi, qui il discorso si fa sempre più complicato: codici che portano a paragrafi, codici con più numeri per ciascuna lettera, un'opzione per ciascun codice, codici che si sovrascrivono, codici che aumentano/diminuiscono... Insomma, da una parte è un'idea che non posso che lodare (da buon amante dei codici e delle strutture complesse), dall'altra mi rendo conto che così la partita si complica non poco, e si trasforma in una sequenza di calcoli e impazzimenti per capire come "manipolare" i codici stessi...
Insomma, Falkenstein è di certo un bel racconto, e ha dinamiche di gioco interessanti e innovative, ma è davvero "pieno" a tal punto che sembra scoppiare.
All'autore, quindi, dico "Bravo veramente, ti invito a prendere in considerazione l'idea di trasporre questo regolamento complesso in un librogame sulla lunga distanza, ne verrà sicuramente fuori qualcosa di memorabile".
Voto inviato a babacampione.
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Re: 10° racconto: Falkenstein
GGigassi ha scritto:BUONA DIGESTIONE A TUTTI DELLE LIBAGIONI PASQUALI!!!
Ma magari...
Vi scrivo da smartphone perché il PC mi ha (nuovamente) abbandonato. Ergo, dovrò essere più breve del solito.
Lo stile di scrittura non mi convince, a partire dal prologo spezzato senza motivo tra più paragrafi e con passaggio del PdV da un personaggio all'altro.
La narrazione è molto stringata, quasi minimalista. Da un lato questo favorisce un'azione serrata, dall'altro rende la lettura un po' scialba.
Il regolamento non è male, ma non capisco per quale motivo metterlo in appendice. Inoltre tutte queste meccaniche di gioco si addicono più a un libro lungo.
Il racconto è molto lungo, reso ancora più lungo dai "loop" narrativi su cui è basato. Arrivare a un finale è faticoso, quasi quanto pilotare un meca.
Per concludere, mi sono divertito più a leggere che a giocare.
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Re: 10° racconto: Falkenstein
Vado velocissimo perché non ho tempo (ahimé non sono neanche riuscito a recensire i due corti precedenti, me ne scuso con gli autori e mi scuso con il forum tutto perché non sarò attivo ancora per qualche settimana), ma non posso non valutare un corto che mi ha colpito come questo.
Straordinario
Mi ha davvero sorpreso. Ed è raro che un racconto che non presenta geniali elementi di sperimentazione mi faccia quest'effetto.
La verità è che Falkenstein ha ciò che a quasi tutti gli altri racconti manca, ossia un level design (prendo in prestito la parola dal mondo videoludico) impeccabile, che rende ogni luogo bello da esplorare, vivo e interconnesso con il mondo. Per un amante degli enigmi come me, questo corto ha rappresentato una vera e propria sfida e lo ha fatto anche senza inserise indovinelli o simili.
Finalmente un corto che è bello da giocare, che ti spinge a voler vedere di più e che crea nuove meccaniche ad ogni passo rendendo il gioco sempre nuovo e mai noioso, incentivando l'esplorazione nei suggestivi luoghi di Parigi.
Straordinaria l'ambientazione, che è piìù di un contesto di gioco e che ho trovato molto curata nei suoi dettagli, con anche un colpo di scena finale che è davvero imprevisto ma .
Anche la protagonista è dipinta in maniera perfetta, ed è straordinario come viene gestito il tema.
Finalmente un racconto a tema robot che ha davvero il tema robot!!!!! Ci sono addirittura i moduli da montare e smontare; oltretutto pezzi che riservano una delle meccaniche che meno mi sarei aspettato (non sono solo meri potenziamenti, ma aprono strade di gioco, davvero ben fatto!!!)
E che dire di come vengono gestite le prove e la tensione? Geniale, davvero.
Complimenti, complimenti autore, sei riuscito in un'impresa davvero grande: scrivere un corto che non riesce a intrattenere, ma a divertire nel senso più puro del termine. Quella che ci hai offerto è un'opera davvero straordinaria e, almeno per me, la migliore fra quelle in concorso.
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Re: 10° racconto: Falkenstein
Di ritorno dalle vacanze pasquali e il recupero lavorativo (ok, non so più che scuse inventare per i ritardi), a voi i nostri giudizi sul doctor Falkenstìn!
babacampione ha scritto:
Falkenstein è un Corto impressionante per la realizzazione. Il sistema a codici e con rimandi nascosti non ê una novità nel panorama della letteratura interattiva ed è stato già ampiamente utilizzato anche in concorsi passati, ma qua viene sfruttato prepotentemente per dare vita ad una avventura nella quale non è per nulla facile districarsi.
Il protagonista è una nerd: lo si capisce più dal raccontato che dal descritto. Alcuni passaggi sono addirittura esilaranti (quello del felino è concepibile solo da un nerd...). Non è un personaggio memorabile e non incontrano comprimari degni di essere ricordati.
La prosa mi è sembrata un po' incerta in alcuni passaggi. Non so se è voluto o se sto diventando troppo pretenzioso con gli autori. È altresì vero che non ho trovato errori di ortografia, a testimonianza della cura che l'autore ha prestato all'opera.
Rimarcando ancora il mio apprezzamento per il Regolamento, non posso però non sottolineare che avrei preferito evitare l'utilizzo dei dadi. Dopo avere tirato qualche volta, non ce l'ho fatta più a stare dietro a tutte le statistiche, i codici, i pezzi che cambiavano in continuazione. Il Regolamento meritava di essere semplificato un po', in definitiva.
Il mio giudizio è quindi più che positivo, e sarebbe stato un Corto eccellente se l'autore avesse caratterizzato la protagonista con più forza.
Il sistema di gioco è sicuramente da provare su un libro game di dimensioni più cospicue.
Hyeronimus ha scritto:
Dopo corti in cui sangue e violenza erano protagonisti abbiamo finalmente un corto dove c'è un po' di violenza, è vero, ma c'è sopratutto dell'altro.
Si nota anzitutto la gran mole di lavoro dietro la documentazione per rendere la storia sì una storia fantastica, ma che si basa su eventi e luoghi reali. Un approccio che solo i veri professionisti usano siano nei romanzi che nei fumetti. E questo autore lo sfrutta amalgamandolo con uno stile narrativo non eccelso ma comunque apprezzabile e ci regala un corto con una grande atmosfera. Leggendolo mi sembrava di vivere dentro un cartone di Miyazaki, è questo non è certo un difetto.
Purtroppo ci sono anche le note dolenti. Così come altri corti precedenti, Falkenstein propone un regolamento originale e innovativo ma spezza il ritmo della lettura con tutta la marea di cose da segnare. Alla fine ci sembra quasi di vivere la parte giocata e quella narrata come fossero due cose indistinte e slegate.
Ad ogni modo, per quanto questo corto non sia né facile né leggero, si riesce a portarlo a compimento piacevolmente.
Aloona ha scritto:
Ambientazione davvero originale e nelle mie corde, non c'è che dire, che non manca di qualche gustoso colpo di scena (la regina nel meca e il laboratorio segreto del re sono vere chicche). Lo stile di scrittura è notevole, nonostante mi lasci perplessa il cambio del punto di vista iniziale, che di primo impatto mi ha fatto pensare banalmente ad un errore nei collegamenti; sarebbe stato più interessante se mantenuto fino alla fine - scelta forse discutibile, ma apprezzabile dal punto di vista sperimentale. In un racconto della giusta lunghezza, si potrebbe perfino pensare di sfruttarlo per un vero e proprio "gioco a due" o un doppio protagonista a scelta. Posto nello stato attuale, lascia una certa sensazione di scollamento.
Sistema ben studiato e dalle innovazioni non trascurabili, prima tra tutte la scelta degli oggetti in locazione per il robot e la trovata di integrarli nell'ambientazione tramite rottami. I protagonisti sono dipinti molto brevemente, non di meno risultano credibili ed interessanti, specialmente la piccola ed intraprendente nerd, la quale rivela gradualmente il proprio spessore avventuroso e finisce per darci soddisfazioni.
Codici, codici, codici... qui viene il bello: normalmente troppi mi uccidono, ma per qualche strana ragione la loro sovrabbondanza non mi ha infastidita, in questo caso. Sarà l'ambientazione steampunk e le dinamiche "meccaniche", che richiamano di per sé un'idea ingegneristica... sarà che sono le feste di Pasqua... insomma, mi ha divertito perfino fare i calcoli, che in ogni caso risultano abbondanti ma non pesanti. Mi rendo conto comunque che sarebbe ancor meglio alleggerire questo aspetto o integrarlo meglio nell'ambientazione, per quanto non sia semplice integrare dei codici, salvo non si giochi in un ambiente di laboratorio o in una vera e propria room escape. Nel complesso, gli aspetti positivi sono comunque superiori ai potenziali miglioramenti, rendendolo, a mio giudizio, uno dei migliori corti in concorso. Bravo autore, anzi... bravò!
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Aloona
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Re: 10° racconto: Falkenstein
Questo è un racconto che non avrebbe dovuto esistere per più ragioni e forse sarebbe stato meglio così. Durante la stesura di Sistema Enigma: Londra ho avuto il timore che l'equazione immigrazione=invasione fosse troppo sottile e che il corto rischiasse di essere messo fuori concorso. Per questo ho deciso di affiancarne un altro più "standard" per andare sul sicuro.
Non essendo GGigassi e non potendo scrivere materialmente due corti in tre mesi ho deciso di assoldare un amico scrittore/artista/poliedrico che avrebbe dovuto iscriversi sul sito come Entangled. Nonostante le mie insistenze l'ha fatto solo pochi giorni prima della scadenza e qualcosa è andato storto: al momento della presentazione del corto non risultava sul sito nessun Entangled. Si è ri-iscritto dopo e il corto è stato attribuito solo a me, ma poco importa: come vedrete il suo apporto alla stesura dell'opera è stato minimo (e comunque anche se Londra fosse stato squalificato Falkenstein lo avrebbe sostituito alla stessa identica posizione!).
L'accordo era che Entangled si occupasse di: 1) il background della storia; 2) prologo e parti narrativa; 3) ristesura dei paragrafi su mia ossatura base; 4) disegni; 5) rilettura; 6) playtest, mentre io avrei creato l'intero albero dei bivi, tutte le meccaniche di gioco e quattro righe in croce per paragrafo.
Entangled è un grande appassionato del '700 e mi ha presentato una storia di mostri e demoni ambientata durante la Rivoluzione Francese che io ho trasformato completamente aggiungendo i robottoni. Dopodiché ha scritto il Prologo e i paragrafi fino al 7 e li si è fermato.
Io ho costruito l'intero impianto di gioco scrivendo due parole per paragrafo, del tipo "attacchi il ragno. Tira i dadi", "ti sposti nella cappella. Vai al" etc. etc. e poi gli ho passato il racconto per la ristesura. Sfiga vuole che per varie ragioni (impegni soprattutto, ma anche il fatto che a suo dire i robottoni non lo entusiasmavano) Entangled ha riscritto i paragrafi lasciandoli di quattro righe come i miei, senza mai giocare il corto neppure una volta!
Ciò significa che ho dovuto sistemare, playtestare, miscelare e modificare questo racconto da solo in tipo 3 giorni, più che altro perché mi sono rifiutato di buttar via tutto il lavoro che avevo fatto. A quel punto ho commesso un secondo errore: ho deciso di approfittare dell'occasione per testare varie meccaniche di gioco che avrei voluto inserire in Dragowolf 4, sperando in un feedback da parte dei lettori. Come detto nel topic principale purtroppo l'unico feedback vero e proprio che ho ricevuto è stato che tutte insieme queste meccaniche sono troppo pesanti :-/ non proprio quello a cui puntavo.
LA STORIA: Falkenstein è ambientato durante una rivoluzione francese alternativa popolata da robottoni (méca) alimentati a ... molle perché lo steampunk ha ROTTO I COGLIONI, diciamolo chiaramente. Visto che si parla di universi alternativi anche la rivoluzione stessa è stata modificata trasformandola in una INVASIONE sotto mentite spoglie della città di Parigi da parte degli austriaci, capitanati da un pilota di méca molto speciale. La protagonista Stéphanie è una giovane massaia con una strana passione per la robotica, decisamente atipica per il tempo, specie per una donna. Incrocia del tutto fortuitamente il Conte di Falkenstein (nella realtà alter ego dell'imperatore Giuseppe II sotto mentite spoglie, qui diventa il suo messaggero/scienziato/tuttofare) che modifica l'automa da lavoro di Stéphanie, Herle (diminutivo di Herlequin), in un méca da combattimento che Stéphanie può comandare stando al suo interno grazie a un sistema di cinghie, molle e pedali. A bordo di Herle Stéphanie dovrà fuggire da Parigi sfuggendo alle grinfie della sua nemesi: il Ragno meccanico pilotato da Maria Antonietta ((a sua volta sorella di Giuseppe II, e quindi nella mia testa anche del Conte) mentre intanto infuria la battaglia tra austriaci, sanculotti e regime.
Mi ha stupito davvero che questo guazzabuglio senza senso sia piaciuto a qualcuno perché per me la storia in questo racconto era un puro pretesto 0_o. L'ispirazione viene dalle opere della serie 1920+ di Jacob Rozalski, a loro volta ispiratrici del gioco da tavolo Scythe, e dal post di Aloona in cui ha parlato di Mazinga. Nelle mie prime intenzioni il robot doveva essere Stéphanie, uccisa all'inizio della narrazione e trasformata da Falkenstein in un cyborg. Se non che mi sembrava una scelta davvero troppo scontata e soprattutto non credibile nel clima semi-realistico della vicenda. Visto che per me la sospensione dell'incredulità è l'aspetto più delicato di un'opera fantastica inconsciamente ho lavorato molto sulla coerenza interna; per me è naturale farlo. Forse è quello il motivo per cui vi è sembrata una storia fatta bene pur essendo stata creata in quattro e quattr'otto.
SISTEMA DI GIOCO: È basato interamente sullo stesso sistema di "codici" di Sistema Enigma, qui però sfruttato maggiormente - troppo con il senno di poi. Grazie a esso ho potuto limitare il gioco a un ridottissimo campo (si gioca su tre piccole aree e basta) ma in cui ogni paragrafo può presentare innumerevoli rimandi nascosti in una sola frase: "Se hai il Codice X aggiungi Y e vai al ." Questo mi ha permesso di risparmiare un botto di spazio, anche se certamente il racconto è tutt'altro che lineare da leggere (e questo non è giustamente piaciuto a molti).
Due parole in più su questo sistema: come tutti gli autori di LG sanno il sistema di Codewords inventato da Morris e compagni è tutt'ora l'unico mezzo utilizzato per gestire al meglio i "loop" e i "trigger" nei LG. Questo sistema però ha un grosso limite intrinseco: leggendo la frase "se hai la parola in codice X vai al 1, se non ce l'hai ma hai la parola in codice Y vai al 2" i lettori scoprono in anticipo che il paragrafo presenta due possibili esisti se si sono compiute due distinte azioni in passato, rovinando in parte l'utilità del sistema, ossia impedire al lettore di scoprire cosa porti a un certo esito anche senza aver attivato il relativo innesco (come accade nei libri di Dever: "se hai la chiave blu vai al 3" spoilera inevitabilmente che ci sia una chiave blu da trovare).
Nel mio sistema possono esistere più Codewords relative allo stesso evento e il lettore non ha modo di sapere quante e quali siano: D12 se si ha incontrato qualcuno, D20 se lo si ha ucciso, D35 se si è comprato qualcosa da lui... Così facendo il lettore non soltanto non sa cosa ha attivato il Codice D, ma soprattutto non sa quante diverse opzioni questo Codice presenti. Potrebbero essere una, due, tre o chissà quante, anche dieci volendo. Provate a immaginare che brutto sarebbe stato se dopo aver attraversato la Senna il racconto avesse detto: se hai il Codice L1 vai al XX, se hai il Codice L2 vai al YY, se hai il Codice L3 vai al ZZ, se non hai il Codice L vai al UU. Per cui nella mia testa era un'idea funzionante.
Nella pratica però il sistema ha un inconveniente a cui non avevo pensato: non tanto il dover continuamente fare calcoli, quanto il fatto che basti segnare un codice sbagliato per far andare l'intero racconto a bagasce. E questo non va bene per niente.
Non voglio quindi abbandonare del tutto questo sistema ma ho imparato che non bisogna abusarne.
Per il resto il gioco consiste in un piccolo sandbox in cui è possibile girare quasi liberamente, ma in cui il tempo è scandito dal Codice J: ogni tot c'è il rischio che il Ragno attacchi, e al terzo scontro si giunge alla battaglia finale - esageratamente difficile (ma non impossibile) senza aver raccolto i Pezzi potenzianti nascosti per Parigi. Nelle mie intenzioni originali a ogni partita il Ragno avrebbe dovuto seguire un percorso diverso grazie a tre Codici differenti; potete ringraziare il cielo che non ci sia stato spazio per farlo :-D.
L'ispirazione mi è stata data da Metroid e dal gioco Dragon's Trap della serie Wonderboy, che hanno a loro volta ispirato i cosiddetti Metroidvania, nonché da giochi come Clock Tower, Monkey Island 2 e da una particolare campagna di D&D che giocai durante l'infanzia: era interamente ambientata in una segreta in cui l'unico protagonista doveva aggirarsi, continuamente braccato da un Minotauro più forte di lui, cercando di diventare abbastanza forte da affrontarlo e sconfiggerlo per aver salva la vita. Mi piacerebbe molto lavorare ancora su un canovaccio del genere: l'essere braccati è un qualcosa di molto comune nei videogiochi ma ancora poco sfruttato nei LG.
Il sistema di combattimento basato sul "push your luck" voleva rendere più interattivi gli scontri e soprattutto meno dipendenti dalla sola fortuna. La descrizione del paragrafo avrebbe dovuto suggerirvi se raggiungere una Tensione alta o bassa, mantenendo comunque la possibilità di fallire o essere ingannati. Ho cercato di rendere su carta un sistema di lotta simile a quello dell'app di Sorcery ma non so se ci sono riuscito o meno. Doveva essere una nuova meccanica di combattimento in DW4, ma credo che anche per non esagerare troppo con i cambiamenti la implementerò in modo meno eccessivo.
Per quanto riguarda la meccanica del puzzle andiamo invece più sulla nicchia: è un'idea che viene dalla serie Battle Network, unita al recente gioco da tavolo Patchwork e allo stile di Brennan. Mi piace l'idea di giocare con la carta e di dare ai giocatori qualcosa di "tattile" con cui baloccarsi. Purtroppo si prestava male al concorso ed era in generale un'idea migliore nella mia testa che alla prova pratica; probabilmente la manterrò come "enigma" in DW4 ma non la userò come meccanica di gioco costante, è troppo impegnativa.
Con i test di Movimento e Resistenza ho voluto dare una possibilità a ogni giocatore di cavarsela a prescindere dai punteggi comportandosi in maniera adeguata alle proprie caratteristiche. Questa è una cosa per me molto importante: aumentare la partecipazione del lettore durante il gioco, senza fargli subire passivamente ciò che viene deciso dalla sorte o dall'albero dei bivi. Il mio obiettivo come autore è questo: togliere i bivi dal centro dei LG e metterci il lettore. Con Falkenstein non ce l'ho fatta, ma spero di aver fatto anche solo un passo in avanti in tal senso.
Il racconto presenta infine anche un sistema di "continue" e di punteggio, aggiunti all'ultimo per buttarsi in corner qualora la difficoltà fosse troppo alta o troppo bassa :-D. Ho voluto inserire la possibilità di non ricominciare ogni volta da capo perché è una cosa che ho sempre trovato frustrante nei LG con una parte iniziale lenta, Howl of the Werewolf su tutti.
In definitiva Falkenstein è stato un racconto utile per testare sul campo alcune idee, ma non quanto avrei voluto. Il tempo impiegato dietro questo racconto avrebbe potuto essere speso per rivedere alcune parti poco convincenti di Sistema Enigma: Londra e il primo racconto ne avrebbe giocato; non avrebbe vinto comunque, visto il gap di voti tra il secondo e il primo posto, per cui sono comunque contento di aver dato la possibilità a Final Fabbix e a chi altri lo ha apprezzato di divertirsi in questo enorme carrozzone :-).
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