L'orrenda discesa di Beowulf (da qui solo
Beowulf) è un racconto-game sul quale ho poche riserve. La struttura è interessante: la storia è divisa in due parti di lunghezza praticamente uguale, il che ha permesso di svilupparla adeguatamente. L'idea del flash-back giocabile, narrato al passato, forse non è una novità assoluta nel suo genere (qualcosa di simile, anche se non è un flash-back e non riguarda il protagonista, si vede in
AD&D 14), ma fa comunque piacere. I bivi sono tutti ben sfruttati: l'unica eccezione mi pare l'uso dell'ascia contro Grendel, visto che riuscire nel lancio non produce nessun effetto positivo. Quello che è curioso è il sistema di gioco: arrivare alla fine è una pura questione di Resistenza. Oltre alle perdite di energia non esiste infatti nessuna impasse e nessun modo di morire, e non prendetelo come un insulto, ma il sistema più vicino a questo che conosco è quello di...
Rupert il selvaggio. E c'è anche un pizzico di
Realtà Virtuale: in una situazione di pericolo, l'unica penalità che possiamo subire è la perdita di Resistenza, che viene determinata dagli oggetti o dai punteggi che abbiamo. Dunque se possiedi A e B non perdi punti, se hai solo A o solo B ne perdi X, e se non hai niente perdi Y ma puoi comunque proseguire.
Questa impostazione rende il gioco piuttosto facile, e il consistente recupero di Resistenza a metà avventura ancor di più. Non è affatto strano vincere alla prima partita, a prescindere dalle scelte compiute nel determinare i punteggi (sistema che ricorda molto i LG di Farrell e Sutherland): questo vuol dire che il gioco è bilanciato e che non esistono combinazioni di punteggi che impediscono di vincere, ma questa facilità, e la presenza di un unico finale, limitano la curiosità del lettore di scoprire le altre opzioni disponibili. Ed è a questo punto che il sistema di gioco fa il boomerang: se i bivi fossero liberi, alla SLTA, rigiocare sarebbe più semplice e veloce, ma molti bivi sono determinati dai punteggi iniziali, perciò non sono esplorabili a piacimento. Concettualmente poi si può quasi dire che esiste un "true path", visto che in entrambe le sezioni della storia c'è una notevole "scorciatoia" che permette di bypassare vari paragrafi di pericolo (andando dal 26 al 12 e dal 23 al 19). Interessante la triplice scelta nel finale, anche se non offre una vera sfida.
Ho una domanda: in alcuni paragrafi viene detto che per prendere una strada serve avere "X punti o più", mentre in altri servono "X punti". In questo secondo caso bisogna proprio avere quel punteggio esatto? Oppure lo si può avere anche più alto?
Sulla scrittura, a parte gli errori (che stavolta metterò in una finestra spoiler a parte) e il cambio di tempo nell'epilogo, che secondo me stona, non ho rimostranze: forse c'è qualche punto più ampolloso del necessario, ma se si considera il testo come una narrazione alternativa di un racconto epico, non è del tutto inappropriato. Qualche ingenuità e qualche stonatura c'è, sì, ma il racconto ha una notevole coerenza, e sono ammirato da come è stato gestito un racconto altrui dandogli una diversa prospettiva. Questo è però anche il racconto che trovo meno aderente ai temi del concorso: non trovo appigli per definirlo gotico, per quanto nebulosa e stiracchiata sia la definizione del genere. Puoi chiamarlo epico, puoi chiamarlo fantasy, ma gotico?
Comunque mi è piaciuto, su questo non voglio lasciare dubbi. E certe qualità stilistiche, unite al paragrafo nascosto, mi danno molti indizi su chi sia l'autore. Un ultimo appunto: fino all'ultimo ero convinto che questo racconto sarebbe stato una parodia, perché il titolo lo trovo piuttosto esilarante, alla Fantozzi. Occhio a usare gli aggettivi, si rischia di sortire l'effetto contrario!