Ebbene, trovo infine il tempo di scoperchiare anch'io il vaso di Pandora: sono l'ovvio autore di Lechuza. Ho assistito con angoscia alla vera e propria Caporetto che ha segnato l'eliminazione del mio lavoro dalla gara. Qualcuno ha scritto che probabilmente sapevo come sarebbe andata a finire; in verità no: sapevo che sarei stato apprezzato solo da chi apprezza i librigame più meccanici, diciamo così, ma puntavo comunque ad arrivare in finale come l'anno scorso. Devo dare atto che nelle ultime giornate del girone in diversi mi hanno messo in prima posizione, ma sono comunque stati una netta minoranza, e le cose sono andate come sono andate.
Risponderò a vari commenti, ma prima... una genesi del lavoro.
Quest'anno avevo un triplice obiettivo tematico. Com'è noto intendo usare il concorso per produrre ogni anno un corto da pubblicare nella stessa collana de La trattativa. Di conseguenza il corto doveva:
- essere in tema;
- avere un sottotesto storico.
In aggiunta a ciò: l'anno scorso ho scoperto dell'esistenza di una open call su Kickstarter, a settembre, per progetti collegati al tema della stregoneria. Questo significa che facendo il crowdfunding in quel periodo il mio progetto riceverà maggiore esposizione sul sito se tratterà, in un modo o nell'altro, di streghe. Da cui il terzo obiettivo tematico:
- ficcarci le streghe in qualche modo.
Lo specchio da questo punto di vista è cascato abbastanza a pennello. Sapevo che in diverse culture è diffuso l'uso dei cosiddetti "specchi neri", fatti solitamente in ossidiana, per la divinazione. Volevo tuttavia scegliermi una cornice storica che avesse un senso, e ho finito per leggermi degli articoli su svariate enciclopedie a questo fine. Una traccia che non ho usato riguarda il fatto che spesso gli specchi dell'antichità fossero decorati con episodi del mito di Eracle: mi sono letto l'intera mitologia di Eracle senza trovare un solo riferimento agli specchi.
Gira che ti rigira scopro però che una delle principali divinità azteche era Tezcatlipoca. Dio della guerra, della notte, e della vendetta, il cui nome, tradotto in italiano, significa "specchio fumante". Da quelle parti in effetti l'ossidiana era assai nota, per via della gran quantità di vulcani attivi.
Abbiamo un dio della vendetta azteco noto come "specchio fumante". Da lì l'idea di realizzare una storia di vendetta nel contesto della guerra civile spagnola, di gran lunga l'evento storico più significativo del Messico moderno, su cui ho fatto un bel po' di ricerche su altre enciclopedie, perchè in effetti è un periodo piuttosto complicato e che non è particolarmente studiato da queste parti. L'animale associato a Tezcatlipoca è il giaguaro: in azteco "tecuani", utilizzabile anche come nome proprio, un nome per lo più maschile ma che ho scoperto essere stato usato in un cortometraggio per un personaggio femminile.
Consapevole che non avrei avuto modo di spiegare tutta questa sega mentale volevo che lo specchio fosse comunque presente in termini più concreti, per esempio a livello meccanico. Come ho scritto nei commenti a The Witch avevo pensato a qualcosa nel quale bisognasse usare l'inversione dei numeri del paragrafo, ma non avevo trovato un modo interessante per farlo. Alla fine ho ragionato sul funzionamento degli specchi: nei riflessi si vede ciò che si trova alle nostre spalle. Da cui l'idea di costruire una storia a ritroso, nella quale progressivamente scoprissimo i motivi delle nostre azioni.
È per questo che ogni atto del gioco si conclude con un riflesso nello specchio: il personaggio vede, nel riflesso, ciò che c'è alle sue spalle, e di conseguenza si viaggia a ritroso nel tempo, fino ad arrivare alla principale protagonista che è ancora bambina. E a quel punto scopriamo che tutto ciò che abbiamo giocato finora è ciò che lei sta vedendo nello specchio: "la tua immagine, a volte piccola, a volte grande, a volte strana, è difficile da scorgere, persa com'è nel flusso del tempo, nei lampi di luce delle cose che ancora devono venire, nell'eco simultaneo dei passati, dei presenti e dei futuri possibili che si agita alle tue spalle. Spalanchi gli occhi, vedendo per la prima volta". Tant'è che esiste un aggancio al paragrafo 1, dove la protagonista si chiede se sia tutto accaduto davvero (potenzialmente no, perchè potenzialmente è tutta una premonizione) e dove "forse il tempo non ha significato. Forse devi ancora imparare a vedere", perchè è l'inizio di una premonizione che avrà senso solo alla fine, quando attraverso di essa lei "vedrà per la prima volta".
Il fatto che il tempo si muova un po' in tutte le direzioni (stiamo vivendo una premonizione? Stiamo creando il futuro? Stiamo viaggiando indietro nel tempo attraverso gli occhi di una bambina che vede avanti nel tempo?) a sua volta non è completamente casuale: gente come Borges ci ha costruito parte della sua carriera sul fatto che la realtà del mondo al di là dello specchio sia una versione distorta del mondo reale, e quindi ha senso che una storia costruita interamente come un riflesso allo specchio segua una fisica un po' stravolta.
A dire il vero sono molto contento di questo incipit e di questa conclusione, e nonostante tutto il discorso sullo specchio, che per me è stato fondamentale per creare la forma del corto, non sia passato, non credo avrei saputo fare di meglio. Mi secca comunque che praticamente nulla di tutto questo sia stato colto: ero convinto che qualcuno sapesse che gli specchi neri fossero usati per la divinazione e che l'avrebbe fatto presente nei propri commenti, così come ero convinto fosse ben chiaro che l'intera storia fosse vista attraverso il riflesso di uno specchio, a sua volta richiamato da una serie di riflessi ulteriori al termine di ogni atto. Amen.
Ora capite perchè comincio a pensare che metterci in micro-trafiletto in cui si chiarisca da dove derivi l'adesione al tema, in questi lavori, per me sarebbe importante.
As a side note: l'idea che l'identità della protagonista si mescoli con quella della sua famiglia, e che di conseguenza lei veda anche attraverso gli occhi di suo padre e di suo cugino, è un'idea che non so bene da dove mi sia venuta, ma non è una questione che riguarda gli specchi. Penso stessi ragionando sul tatuaggio di una mia amica. Ho scritto già altre cose sui legami famigliari (tra cui La trattativa) quindi immagino che sia un tema che mi intriga.
Ora giù coi commenti. Mi permetto di fare un po' di malsano microquoting per isolare le varie argomentazioni.
GGigassi ha scritto:
Comunque confesso di aver leggiocato Lechuza prendendo appunti.
powerbob ha scritto:
il meccanismo dei dadi è inutilmente complesso
Pallo ha scritto:
il prodotto finale è troppo complesso e macchinoso, sia nelle meccaniche che nello sviluppo narrativo
Raga: ci sono due variabili. Una cresce e basta con delle sole addizioni. L'altra è la somma dei dadi in gioco. Fine. Niente parole chiave da tenere a mente, niente enigmi, niente mappe.
Sarà che tra giochi di ruolo e wargame sono abituato a ben altri calcoli ma, dopo simili proteste per La trattativa l'anno scorso, mi sono sbattuto per trovare qualcosa di più semplice e non riesco onestamente a pensare a qualcosa di più terreno di così, volendo utilizzare delle variabili numeriche. Sarà una mia tara
mizraim ha scritto:
Non me ne voglia l'autore
Tranquillo mizraim, a giudicare dai commenti che ci siamo scambiati credo che i nostri gusti siano agli antipodi, ma credo anche che condividiamo il gusto per la critica costruttiva. Ho letto le tue risposte alle mie critiche al tuo corto, e replicherò a breve. Son fiducioso del tuo rispetto.
mizraim ha scritto:
L'autore spiega molto bene il concetto di Rabbia e cosa la farà aumentare. Non spiega (mi pare) se convenga lasciare che aumenti o meno, ma viene da pensare che dobbiamo tenerla bassa, cosa che succederà, come spiegato, se cercheremo l'opzione meno lesiva nei confronti della nostra famiglia (un concetto abbastanza allargato, dato che pure la domestica e cane fanno parte del conteggio). Le scelte da prendere, a questo punto, sono decisamente ovvie, e se eviteremo di aumentare la rabbia saranno i dadi di difficoltà ad aumentare continuamente, cambiando anche di valore (dato che ci verrà richiesto spesso di ritirarne uno). Bene. Che ci facciamo con il valore di difficoltà? Non ci è dato saperlo. Cosa indica? Boh.
Premessa: nella versione Redux di questo lavoro prevedo di modificare qualcosa nella forma degli atti, così da rendere un po' meno monodirezionale la narrazione e da aggiungere un po' più strategia all'esperienza.
Viene detto che nel corso dei vari atti bisogna superare delle prove:
1) uccidere Nadal;
2) fermare il massacro;
3) far spedire al confino Guillermo.
I dadi indicano la difficoltà della prova. Non è qualcosa di astratto: è qualcosa di concreto. Ogni volta che il giocatore fa qualcosa che lo allontana dall'obiettivo della prova la difficoltà si alza. Quando viene tirato un dado aggiuntivo il motivo è immaginabile: lasciando Guadalupe viva e vegeta lei si allontana. Forse va ad allertare Nadal? Scappando da Miguel questi spara. La fucilata forse ha contribuito a svegliare Nadal? Se si ignora il cane questo abbaia... e così via.
Ci sono scelte che alternano il valore della difficoltà in modo un po' più imprevedibile: sono quelle che fanno ritirare i dadi più alti o più bassi. In generale si tratta di azioni che potrebbero portare via del tempo al protagonista o che potrebbero aiutarlo in modo meno efficace di quanto non otterrebbe andandoci meno per il sottile. Nascondere Hugo significa metterlo al sicuro ma significa perdere un'enormità di tempo, da cui il fatto che si guadagni un dado. Farlo scendere malamente dalla finestra è sicuramente più veloce e farà stare meglio Nadal (si ritira il dado più alto, che probabilmente scenderà di valore), ma questo ferirà Hugo, e incrementerà comunque la Rabbia un po' della famiglia. Se ci fermiamo a parlare col bandito che sta cercando di stuprare Tecuani la salviamo, ma perdiamo tempo in un momento nel quale ciò che stiamo cercando di fare è correre dal capo dei banditi e fermare tutto il più velocemente possibile, perciò i dadi aumentano.
Perciò: la difficoltà è letteralmente quanto è difficile fare ciò che stiamo cercando di compiere, e le nostre scelte contribuiranno ad alterare quel valore.
Riguardo alla Rabbia: la rabbia è ciò che guida l'agire dei personaggi, e di conseguenza è ciò che serve loro per superare le prove. Il fatto che la loro rabbia e la rabbia della famiglia siano la stessa cosa è una delle premesse meccaniche del gioco. Fatta questa considerazione tutto ciò che ferisce la famiglia farà aumentare la rabbia, secondo le modalità esplicitate dal gioco.
La scelta da prendere non è mai ovvia: è manifesta, nel senso che tu sai che compiendo una certa azione otterrai un certo risultato. Ma sta al giocatore decidere cosa vuole fare con gli obiettivi del personaggio. Se vuoi inseguirli senza remore allora dovrai lasciare morire tutti. Se vorrai minimizzare i danni diretti delle azioni del protagonista allora cercherai di salvare tutti. Potresti decidere di tentare di mediare, e quindi di ottenere un successo nella prova limitando il più possibile le azioni orrende da far compiere al protagonista. Potresti decidere di volta in volta sulla base di cosa ti dice la tua morale, o di ciò che ti dicono i dadi. Quando Lechuza è stato giocato su Twitch ho visto giocatori che fino a poco prima stavano facendo ammazzare allegramente l'intera famiglia bloccarsi, e optare di botto per un altro piano d'azione, quando avevano la scelta di lasciare stuprare Tecuani. Erano una chat assai chiassosa, ma la loro scelta di giocare a pelle, sulla base della morale della singola scelta, era legittima.
Il sistema di gioco è diverso da La trattativa, ma le premesse in verità sono simili: ti vengono dati degli obiettivi, in questo caso imposti dal personaggio a sè stesso. Come vuoi che li persegua?
In diversi hanno suggerito che i dadi fossero inutili a questo fine. Senza dadi tuttavia il valore di Rabbia si sarebbe scontrato con una difficoltà fissa e il gioco si sarebbe ridotto a un mero calcolo del tipo "se faccio ammazzare un paio di parenti, ne salvo uno e ne stordisco un altro ho punti sufficienti per superare la prova". Volevo che ci fosse della variabilità, e che il giocatore potesse decidere che fare sulla base dei dadi tirati, così che ogni partita (o ogni sguardo nello specchio) fosse diversa.
mizraim ha scritto:
E se invece fosse stata più alta? Non sarebbe successo praticamente nulla... la storia sarebbe andata avanti prendendo qualche scelta obbligata a mio parere ininfluente.
Penso che aggiungerò un po' di pepe al finale dei vari atti: in questo caso sono stato un po' limitato dalla mancanza di tempo di progettazione e dagli spazi limitati offerti dal bando.
Posso concordare che tutto si riduca potenzialmente a una singola scelta. Uno potrebbe fare tutte le cose che incrementano la difficoltà e poi decidere alla fine di compiere quell'unica azione che gli fa superare la prova. Mi sembrava un'eventualità stimolante. Valuterò come trattare questo caso: per adesso ho tentato di mettere alla fine una scelta potenzialmente ardua per il protagonista. Uccidere un padre di fronte a suo figlio, uccidere lo zio di proprio pugno e ignorare le premonizioni di una figlia-strega sono cose di fronte a cui il giocatore avrebbe potuto dire "no", e quindi fallire definitivamente la prova. Sicuramente si può fare di meglio. Ci ragionerò.
mizraim ha scritto:
Non ci verrà mai esplicitamente detto se le completeremo o meno: passi per "L'uccisione di Nadal" e "L'incarcerazione dello zio" che sono evidenti, ma "Evitare il massacro?" Boh! Basta un morto ed è fallita? Chi lo sa.
Beh, no. A parte che fallendo la prova c'è sempre scritto "Non ce l'hai fatta", da una parte c'è questo:
Gli spari terminano, lasciando il posto a una moltitudine di voci che si lamentano, bestemmiano, gridano la propria rabbia. I banditi vanno via.
Dall'altra c'è questo:
«Ripeto: ammazzate tutti. Prendete tutto. Abbiamo tempo. I rurales non arriveranno prima di stanotte. Villa è stato chiaro: dobbiamo dare un messaggio. Le haciendas non devono supportare Carranza. Quanto a te», conclude indicandoti, «tieni quel fazzoletto, se non vuoi essere scambiato per uno di questi». Tira un colpetto col piede al corpo di tuo zio. Sconfitto dalle conseguenze delle tue azioni ti volti e, a sguardo basso, torni di sopra.
C'è anche da dire che ho visto molti togliere valore alla narrazione precedente il finale dell'atto. Un librogame è una storia interattiva, e una storia non viene fatta dal solo finale. Se io fermo il massacro ma ho fatto ammazzare mio cugino, ammazzare un membro della famiglia, stuprare mia cugina e ucciso mia nonna è piuttosto diverso dal fermare il massacro nascondendo mio cugino, salvando il membro della famiglia, mettendo al sicuro la cugina e sparando nella schiena a chi sta razziando la casa, per poi uccidere di mia mano mio zio. Il singolo paragrafo di arrivo è uguale ma la narrazione complessiva è completamente diversa.
mizraim ha scritto:
E arriviamo al finale... 4 check consecutivi sul valore della Rabbia (la difficoltà non viene nominata neanche di striscio) per capire come sarà il Natale. E se li falliamo tutti? (tenendo la Rabbia bassa come ho fatto io non c'è pericolo) La famiglia sarà più triste e astiosa. 4 check su un solo valore e l'epilogo non cambia se non per qualche dettaglio minimo.
Ho voluto giocarmela sul poetico. Non ho avuto idee migliori. Valuterò se cambiare 'sta cosa nella versione Redux.
mizraim ha scritto:
NDopo pochi paragrafi, però, la trama comincia a diventare confusa: incontriamo troppi personaggi di cui è difficile tenere traccia e decifrare il rapporto parentale
Avevo ragionato sul fatto di mettere un appendice con un albero genealogico. Non l'ho fatto per mancanza di caratteri e paginato. Direi che nella versione Redux ci sarà.
La logica qui è stata che è facile superare le prove se pompi Rabbia a tutto andare, ma poi alla fine (o all'inizio?) scopri che la tua famiglia faceva cagare fin dal principio. Cercando di mediare potresti scoprire che c'è del buono. Salvando tutti e risolvendo ogni prova con la sola scelta finale fai ricadere su di te la risoluzione dell'atto, di fatto evitando l'accumulo di Rabbia: questa cosa porta a un finale nel sui solamente Tecuani, Nadal e Sebastian son dei figli di buona donna, ma il resto della famiglia è sano.
Finn ha scritto:
Mi si prospetta in varie occasioni la possibilità di uccidere o fare del male ad appartenenti alla famiglia, sapendo che una tale scelta aumenterà il mio livello di "Rabbia". Tuttavia di volta in volta non capisco se la cosa mi convenga oppure no.
Per l'appunto: proprio in quella decisione sta la tua libertà narrativa come giocatore.
powerbob ha scritto:
La stessa impostazione del corto risulta ripetitiva, con il solito format di 3 scelte che producono gli stessi 3 risultati
In verità i risultati possibili sono quattro, ma per ogni nodo ne manca sempre uno:
- Rabbia +3
- Rabbia +2, ritira il dado più alto
- Rabbia +1, ritira il dado più basso
- Tira un dado
Ma a parte ciò: il fatto che ci sia un dado serve proprio a fare sì che i risultati non siano "solamente un quattro". Perdonare il peone ribelle e tirare un 1 ha implicazioni molto diverse dal perdonare il peone e tirare un 6, e sopratutto causerà scelte diverse successivamente se il giocatore stesse tentando di superare la prova.
m0ch ha scritto:
Un dettaglio interessante che ho notato è la presenza del figlio di Nadal nella scena finale (cronologicamente), quando Tecuani (quindi il giocatore) deve decidere se risparmiare o meno il padre. E’ facile intuire che da quella scelta dipenderà la continuazione o meno della faida, dettaglio impossibile da cogliere a una prima lettura.
Confermo: è voluto. La rabbia procede in tutte le direzioni, quindi anche nel futuro successivo all'atto 1, durante il quale oltretutto Tecuani apprende che la famiglia è molto più viva di quanto non credesse. Persone che pensava essere morte sono ancora vive, Nadal ha una compagna e un figlio, persino il cane ha avuto degli eredi. Possiamo immaginare che la famiglia si estenda virtualmente all'infinito in senso orizzontale e che di conseguenza questa non morirà con Tecuani, da cui il fatto che la Rabbia da lei generata seguiterà a esistere, e sia sempre esistita, nella storia della famiglia.
F.A.S. ha scritto:
forse l’autore avrebbe dovuto aggiungere qualche nota lessicale a piè di pagina perché non tutti conoscono lo spagnolo e il periodo storico dell’ambientazione.
Altra appendice eliminata per motivi spazio
HarlockHrk ha scritto:
Non è possibile essere veramente buoni perché, in questa storia, il protagonista non sei tu. È Tecuani che vuole vendicare la morte del padre Sebastian. È suo cugino Nadal che vuole vendicare la morte/la messa al confino del padre Guillermo. È Sebastian che è un farabutto che accende la miccia che darà vita a questa storia Tarantiniana.
In questa storia il protagonista non sei tu è una definizione che mi piace tantissimo e che mi ha aiutato a cogliere qualcosa di ciò che io voglio dai librigame. Considerazione azzeccatissima e che vorrei aver realizzato autonomamente.
Dato che citi Tarantino, qui l'elenco delle ispirazioni di quest'anno, che non ho inserito per i soliti motivi di spazio:
- Sicario (Villeneuve, 2015), per il finale;
- Hitman, l'intera serie, perchè far fuori tutti è il modo più semplice ma anche il più sfigato per risolvere i vari livelli;
- Kill Bill (Tarantino, 2003, 2004), per il tono.
- Desperado (Rodriguez, 1995), per i coltelli da lancio.
- Machete (Rodriguez, 2010), per il modo in cui il folklore stregonesco messicano è dato per scontato nella narrazione.
- Abraxas (Santana, 1970), per il mojo.