Tadanori ha scritto:
Le biblioteche vendono i libri. [...] Di sicuro è consentito in altri paesi, USA ad esempio, dove a giudicare da quello che ho letto in passato sulla rete si sbarazzano persino dei classici e non sono abbastanza richiesti.
Bisogna però cercare di vedere le cose anche dal lato delle biblioteche. È necessario in primo luogo sbarazzarsi dell'idea che esista un unico modello di biblioteca valido in tutti i luoghi e per tutte le stagioni.
Innanzitutto le biblioteche, essendo una delle realtà più antiche continuativamente presenti nel nostro Paese, rispondono a un sistema normativo molto articolato, che negli anni è andato stratificandosi: senza scendere in un eccesso di dettagli che risulterebbe noioso e fuorviante, basti ricordare che la cornice normativa generale che ne regola il funzionamento è il Codice dei beni culturali, Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, che ha riassunto e abrogato buona parte della normativa precedente. Questa legge però va integrata nel dettaglio con tutta la legislazione sussidiaria degli enti di riferimento: esistono infatti biblioteche nazionali, regionali e comunali, e ciascuna tipologia è normata da leggi e regolamenti emanati ad hoc, anche in considerazione della riforma del titolo V della Costituzione, quella che ha introdotto la competenza concorrenziale tra Stato e Regioni. Qualcosa in questo quadro è sicuramente dovuto all'italico amore per la complicazione ma va specificato che, anche in altre realtà, non esiste un unico modello e un'unica legislazione in materia di biblioteche.
In soldoni, in tutto il mondo esistono almeno tre modelli di biblioteche: le biblioteche di pubblica lettura, quelle conservative, quelle specialistiche.
Queste ultime sono essenzialmente le biblioteche che operano in appoggio a realtà in cui si effettuano ricerche specifiche e settoriali (le università, le associazioni di categoria, i circoli di appassionati).
Le grandi biblioteche nazionali sono quelle destinate alla conservazione dei volumi: un esempio molto noto è quello della Congress Library, a cui tutti gli editori che stampano negli USA debbono consegnare una copia di ciascun libro edito.
Tutte le altre, in genere, sono biblioteche di pubblica lettura, il cui scopo dichiarato, per quanto apparentemente paradossale, è quello di puntare alla 'distruzione' del libro, ossìa alla sua consumazione fisica a seguito dei molti prestiti e delle numerose letture. Semplicemente, dal punto di vista di una biblioteca di pubblica lettura (la quasi totalità delle biblioteche comunali rientra in questa fattispecie), un libro che non viene consumato è un acquisto sbagliato, il che significa avere allocato male alcune delle proprie risorse, che non sono infinite. Vi sono eccezioni, quali le rare acquisizioni di volumi di pregio, ma diciamo che per nove casi su dieci, se non di più, gli acquisti delle biblioteche comunali funzionano così. È quindi normale e fattibilissimo che una biblioteca compri, per dire, dieci copie dell'ultimo richiestissimo 'Harry Potter' e, dopo alcuni anni, ne metta in vendita le copie più rovinate, finanziando così i nuovi acquisti e tenendone giusto una o due per il catalogo e per la futura memoria. Chiaramente questa strada deve essere praticabile in forza di una delle numerose normative che concorrono a delineare il quadro appena esposto (tradotto: uno tra leggi e regolamenti deve prevedere questa possibilità) ma, come dicevo, è tutt'altro che impossibile.
Personalmente ho sempre preferito l'idea di regalare i miei libri alla biblioteca anziché buttarli via e magari rimanendo deluso perché, anziché vedere il mio prezioso dono inserito nel catalogo dei prestiti ed esposto sulla mensola dei 'nuovi arrivi', l'ho visto messo nel cestone di vimini destinato al libero scambio o all''offerta libera minimo un euro'. Però, ripeto, dobbiamo fare lo sforzo di considerare le cose anche dall'altro lato: la biblioteca non è il sostituto dell'ecocentro comunale per la raccolta differenziata della carta. Insomma: non è la nostra pattumiera. Quello che per noi è un libro che potrebbe ancora interessare qualcuno (e noi siamo di parte: ci diciamo "Ma come?! I mitici Librogame!"), per la biblioteca essenzialmente rappresenta in ogni caso un dispendio in termini di tempo e di spazio.
I costi non si fermano al mero acquisto del volume: il libro va inventariato e, soprattutto, catalogato, che non è la cosa più semplice e immediata del mondo. Bisogna assegnargli una categoria, controllare se il record bibliografico esiste già, utilizzare una formattazione conforme alle schede fornite dalle biblioteche nazionali centrali, evitare di duplicare l'esistente, nel caso si faccia parte di un consorzio bisogna rifarsi alla schedatura centrale o inviarlo all'ufficio preposto alla catalogazione, ecc.
E poi, soprattutto, gli va trovata una collocazione fisica, e anche questo non è l'ultimo dei problemi. Le biblioteche di pubblica lettura sono per la maggior parte organizzate col sistema cosiddetto dello 'scaffale aperto': l'utente può girare liberamente tra gli scaffali e prendere da sé i libri che gli interessano. Questa sistemazione sicuramente invoglia alla lettura molto più rispetto a quella in cui i libri sono rinchiusi in un magazzino e vanno chiesti a un addetto dopo averli selezionati da un arido catalogo ma è molto più impegnativa in termini di spazio occupato, e deve sempre essere previsto un margine di ampliamento delle singole sezioni (mentre in magazzino i libri vengono accorpati per formato, indipendentemente dal contenuto, con grande risparmio di spazio).
In estrema sintesi, quindi, una biblioteca - che non ha risorse illimitate, né in termini economici né di tempo a disposizione del personale - deve sempre compiere un'attenta opera di valutazione prima di accettare un libro nel proprio inventario: chiaramente possono anche effettuare una valutazione errata, ma evidentemente per i nostri mitici Librogame non c'è poi questa grande previsione di richiesta.
Tadanori ha scritto:
Hanno rifiutato sulo un romanzo per ragazzi, dicendo che è per bambini, quindi la biblioteca non lo vuole! Chiaro che non regalerò mai i miei doppioni a una biblioteca come credevo di fare.
Personalmente suggerisco sempre di donare comunque i libri alle biblioteche: male che vada li venderanno a un euro l'uno e finanzieranno nuovi acquisti. Quello che non dobbiamo fare è avere la pretesa che la nostra sensibilità corrisponda a quella dell'istituzione a cui ci stiamo rivolgendo, la quale muove da presupposti propri, che pure vanno considerati.