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Recensione

Detectives Club 3: Mister Mezzanotte
Edizione EL 1987
autore/i Martin Waddell
Recensore Anima di Lupo

Non leggete assolutamente questa storia se avete più di 20 anni! Il rischio di una crisi di mezza età è serio e non va sottovalutato. Mister Mezzanotte vi riporterà indietro nel tempo tra jeans, amici vestiti male, battute che non fanno ridere, tempo libero, giornate lunghissime, luna park e chewing-gum a volontà. Insomma, tutta la freschezza dell’adolescenza.

I bei tempi andati qui riproposti da Martin Waddell sono davvero il fiore all’occhiello di questo librogame, quasi più dell’indagine poliziesca. Perché di questo stiamo parlando, di un’indagine. Quattro ragazzetti giovani come l’acqua: Casey, Bodger (da noi interpretato), James e la ragazza Fagiolina hanno messo in piedi un vero e proprio Club per Detectives (da cui il nome alla collana). James, Fagiolina e Bodger sono anche fratelli ma ciò non incide minimamente sulla storia e durante la trama (scorrevole e ricca di dialoghi) i ragazzi collaboreranno per venire a capo della misteriosa ondata di violenza che ha sconvolto il luna park dove sono soliti trascorrere le loro giornate. Alcuni stands come il palazzo degli specchi, il treno fantasma e il teatro delle marionette sono stati demoliti, causando un notevole danno economico e d’immagine al parco e al suo proprietario, il signor Denny.

Tutto inizia all’ingresso del luna park, dove i tre fratelli sono convocati da Casey, la mente del gruppo. Casey, grazie al fatto che suo padre è un ispettore di polizia, è venuto in possesso di alcuni messaggi cifrati rinvenuti negli stands distrutti del luna park. Con questi messaggi, il misterioso devastatore, pare voler lasciare una firma, un segno del suo passaggio. Di chi si tratta? Per quale motivo si accanisce sugli stands del luna park? Fare luce sul mistero è il nostro (loro) compito. I messaggi cifrati sono il punto di partenza dell’indagine che, tappa dopo tappa, ci porterà a individuare nel professor Notorius il principale sospettato. Notorius è il titolare del museo della magia, attrazione molto apprezzata all’interno del luna park. Egli è una persona eccentrica e appassionata, gelosa dei suoi trucchi e del suo materiale “da scena”. Non gli farà piacere trovare i quattro ragazzi a gironzolare nel suo museo della magia in cerca di prove che lo inchiodino. Interpretare gesti ed emozioni, stati d’animo e parole dette sarà fondamentale, nel finale, per smascherare il colpevole. Ma d’altra parte, essere un buon detective non vuol dire soltanto procurarsi le prove giuste ma significa anche essere un acuto osservatore della “scena del delitto” e delle persone coinvolte.

Questo volume ha il grande pregio di trasportare indietro nel tempo, con un’ottima immedesimazione, il lettore. Chi di noi non è stato al luna park con gli amici a 16 anni? L’autore riesce a scrivere una storia credibile usando un “linguaggio” tale che sembra di essere davvero tra adolescenti. Bodger dà della grassona alla sorella e le dice di avere il naso grosso, le fa scoppiare in faccia il chewing-gum (che, dopo averlo masticato per ore, non ha nemmeno più sapore…) glielo attacca sulla sedia dove si siede, fa battute che non fanno ridere gli amici ecc... Manca solo la cotta adolescenziale all’elenco. Noi non interpretiamo il ragazzo più sveglio o più intelligente ma la macchietta del gruppo (ciò è significativo nel mondo dei librigame, perché di solito siamo noi i protagonisti assoluti. Anche se interpretiamo personaggi “deboli” o svantaggiati, come ad esempio il Lupo Solitario che scappa dal monastero in fiamme [LS 1] o il prigioniero che si risveglia torturato e senza memoria nella prigione infernale [PM 1], siamo sempre noi a decidere cosa fare, come muoverci, cosa dire ecc…).

Qui il gioco di squadra emerge chiaro durante tutta la partita: tutti commentano e interagiscono e noi spesso passiamo in secondo piano. L’indagine è l’assoluta protagonista. Non Bodger. La mente è Casey, come già accennato, ma ognuno ha un’idea in ogni momento e la discussione tra i quattro ragazzi serve al lettore, oltre che a immedesimarsi, per capire la successione degli eventi e l’interpretazione degli indizi. L’autore riesce nel duplice intento di farci sentire dentro e fuori dalla storia allo stesso tempo. A volte ci sentiamo isolati, come spettatori di un film giallo, perché sono gli altri a ragionare al nostro posto. Quasi non meritiamo di andare al rimando giusto perché mentre loro capivano, noi eravamo occupati a pensare ad altro, a masticare chewing-gum o a inventare acronimi assurdi come CMASCD (Campione del Mondo di Autoscontri del Club dei Detectives), M.T.S (Materiale Top Secret), Abbigliamento Reversibile D.I. (Doppia Identità), E.T. (Esperto Tecnico) o R.C.D. (Riunione del Club dei Detectives).

Contemporaneamente a questa estraneità, siamo sempre lì, immersi in una realtà che ben conosciamo. Viviamo in pieno il gruppo di amici e tutti insieme decidiamo e valutiamo, grazie ad un relazionarsi tipico della realtà e della vita vera di un sedicenne (il primo commento che fa James ai messaggi cifrati è eloquente: “Mi sembra così idiota”). Qui non ci sono mostri o eventi magici. La magia stessa (oserei dire, alla Bodger, la G.S.L., Grande Signora dei Librigame, quasi sempre presente come elemento fantastico. Imprescindibile nelle storie fantasy e non, basta sfogliare le serie presenti nell’Enciclopedia per rendersi conto della sua importanza) è solo un mero specchio usato per nascondere la cruda realtà: la magia non esiste. Dietro ad essa c’è un trucco ben studiato che va capito, e non sempre ciò è facile.

Longevità 6: 

Il volume è cortissimo e, una volta completata l’indagine (il che avviene sempre e comunque dopo la prima lettura: non ci sono ID o finali multipli. Scopriamo chi è il colpevole a fine storia, indipendentemente dalla nostra bravura), le riletture servono soltanto a spulciare gli anfratti nascosti in cerca di chicche (che ci sono, vedi più avanti) o passaggi interessanti e cercando di aumentare il nostro punteggio di “Sherlock Holmes”. L’autore inserisce, infatti, un punteggio in base alla perspicacia nel risolvere gli enigmi. Se capiamo subito cosa si cela dietro l’indizio proposto, otteniamo 2, 3, 4, 5 o 6 punti (a seconda della difficoltà) mentre se ci facciamo aiutare dal testo (opzione però non sempre disponibile) dobbiamo sottrarre 1 punto dal massimale stabilito per l’indizio in questione. In caso di errore, solitamente ci viene tolto 1 punto e il nostro punteggio di “Sherlock Holmes” (che varia da 0 a 70 punti) rimane basso. In pratica, lo scopo del gioco consiste nel segnare i punti guadagnati lungo il cammino nel nostro “Sherlock-Notes” e, a fine storia, valutare la nostra abilità come detective. Con valori bassi, possiamo ottenere il titolo di principiante o detective alle prime armi. Con valori alti, possiamo diventare asso dei detective o super segugio fino al titolo massimo conseguibile di Sherlock Holmes. Una considerazione anche sulla copertina: anch’io (come Yaztromo nella sua recensione del 1° volume della serie: Il Messaggio del Morto) ho notato come essa richiami alla mente un classico giallo, alla Agatha Christie, destinato a un pubblico adulto. La scelta è decisamente in controtendenza rispetto alla storia che andiamo a leggere, fatta di torte in faccia e chewing-gum e portata avanti da un gruppo di ragazzini. Avendo letto per la prima volta ora, a 34 anni, questa serie, mi aspettavo tutt’altro dopo aver esaminato i titoli e visto le copertine.

Difficoltà 7: 

La difficoltà è sempre una variabile difficile da valutare. Oltre ai soliti parametri da tenere in considerazione (fortuna, umore del giocatore, grado di confidenza del lettore con gli indovinelli ecc...), qui gioca un ruolo importante anche l’età del lettore. Giocare (e giudicare) questo racconto a bivi a 34 anni non è la stessa cosa che farlo a 12 o a 16 (l’età circa dei protagonisti). Nel complesso, credo che l’autore abbia calibrato bene la difficoltà. Ne esce un librogame senza pretese di gloria ma piacevole da giocare e in grado di tenere il lettore incollato al testo fino alla fine.

Giocabilità 7.5: 

Altissima. Il libro parte subito forte con un rebus (semplice) e non si ferma più. L’autore è bravo ad articolare una trama più che dignitosa nonostante la sua opera punti decisamente sulla risoluzione di un indovinello dopo l’altro. Alcuni sono facili (come ad esempio i biglietti lasciati da Mister Mezzanotte sui luoghi dei misfatti: “L’espresso con lo spirito non è sempre un caffè corretto” oppure “L’oggetto favorito dalla matrigna di Biancaneve o dal bel Narciso” non sono impossibili da capire…) mentre altri sono notevolmente più ostici (come ad esempio le immagini da scrutare a fondo per trovare l’indizio giusto). Il punteggio da segnare nello Sherlock-Notes non è particolarmente adrenalinico ma apprezzo lo sforzo fatto dall’autore di dare una longevità più alta possibile alla sua opera. Da segnalare, infine, un errorino di progettazione: i paragrafi dove sbagliamo a dare la risposta sono stati messi in fila nelle decadi 30 (dal 32 al 40), 50 (dal 51 al 60) e 70 (dal 71 al 79). Va da sé che ogni volta che ci salterà l’occhio su un rimando al 3 e qualcosa, 5 e qualcosa e 7 e qualcosa, non ci andremo perché sappiamo che l’autore ha impilato lì tutti i paragrafi di errore.

Chicca: 

Ne vanno citate almeno due delle molte presenti:

Chicca n°1

L’eclissi del mistero basato sul fantastico, in Mister Mezzanotte, raggiunge il suo apice nelle spiegazioni dei trucchi del Prof. Notorius ai paragrafi 66 e 69. L’autore inserisce nel suo testo due disegni molto belli (realizzati dalla bravissima Terry McKenna, autrice di tutte le stupende illustrazioni) che spiegano in maniera cristallina il trucco del fantasma di Pepper e quello della testa senza corpo. Andare a questi paragrafi non serve a nulla dal punto di vista dell’indagine e sono stati inseriti quasi a scopo didattico da Waddell.

Chicca n°2

Al paragrafo 43 James e Bodger propongono con decisione di aspettare il criminale sospettato e catturarlo senza l’aiuto della polizia ma Casey si oppone con altrettanta fermezza sottolineando come sia sbagliato e pericoloso avvicinarsi ai criminali da soli (“papà manderà una squadra di bei poliziotti robusti” dice Casey). L’autore ha voluto forse chiarire al lettore adolescente (e non) come il divertimento e il gioco abbiano termine di fronte a situazioni di pericolo. Io l’ho letta come una bella lezione educativa.

Totale 7: 

Tirando le somme, si può promuovere il 3° volume della serie con un buon 7 tendendo in considerazione che il target del librogame era (ed è) la fascia adolescenziale più che quella adulta. La storia è credibile, la giocabilità buona e nel complesso l’opera risulta più che dignitosa.