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Recensione

Destiny Quest Giochi Uniti 1: La Legione delle Ombre
Edizione Giochi Uniti 2021
autore/i Michael J. Ward
Recensore firebead_elvenhair

Giochi Uniti porta in Italia La Legione delle Ombre, primo librogame della serie Destiny Quest, opera dell’autore Michael J Ward e pubblicato per la prima volta già nel 2011.
Come dichiarato dall’autore stesso in un’intervista per LGL Magazine, Destiny Quest è una serie che trae le sue origini, più che da altri librogame, dai videogame, in particolare quelli del cosiddetto genere action RPG/hack’n slash, alla Diablo, nonché dai MMORPG, primo fra tutti World of Warcraft.
Non è un caso, quindi, che le principali meccaniche di tali videogiochi siano riprodotte anche in Destiny Quest, che si avvicina quindi ad un videogame cartaceo.

Uno dei cardini di tali videogiochi è il cosiddetto “loot”, ovvero l’acquisizione del bottino composto dagli oggetti che vengono rilasciati (o “droppati”) dai nemici che eliminiamo e che acquistano migliore qualità mano a mano affrontiamo avversari più potenti.

In Destiny Quest, viene riproposto su carta questo concetto. Il punto focale del librogame, infatti, non è tanto la personalizzazione della storia secondo le nostre scelte (che, al contrario, hanno uno scarso impatto su una trama già definita a monte dall’autore stesso), bensì la personalizzazione del nostro alter ego.
Ma procediamo con ordine. L’avventura si apre con il nostro personaggio completamente privo di ricordi. Ci risvegliamo all’improvviso da un incubo, per ritrovarci in un bosco, di notte, completamente circondati da cadaveri. Balziamo in piedi per lo shock, ricevendo un forte dolore alla nuca; facciamo per toccarci la ferita, ma ci rendiamo conto che si è già rimarginata.

Lungo il nostro braccio, invece, abbiamo un intricato marchio color porpora. Mentre lo stiamo studiando, un rumore improvviso ci distoglie dai nostri pensieri. Quando ci dirigiamo verso la direzione da cui proveniva il suono, scopriamo un giovane cavaliere, chiaramente ferito mortalmente.
Nei suoi ultimi momenti, ci spiega come entrambi ci fossimo conosciuti appena il giorno prima, quali membri della stessa carovana. Quella sera, il nostro accampamento veniva attaccato da alcuni banditi: dopo essere stati colpiti alla testa, il marchio sul nostro braccio si attivava, uccidendo tutti i nemici nei dintorni, tranne uno che riusciva a fuggire, non prima di colpire mortalmente il giovane con una freccia avvelenata.
Il cavaliere ci rivela che si stava dirigendo al villaggio di Thitebury Cross per iniziare l’apprendistato con il suo nuovo maestro, il famoso Avian Dale. Poiché prossimo alla morte, il giovane ci consegna la sua lettera di presentazione, invitandoci a fingerci lui e a ricominciare una nuova vita, ora che non ci ricordiamo più la nostra.
Mentre il ragazzo esala l’ultimo respiro, un branco di arpie si getta sui cadaveri, costringendoci a fuggire con la lettera di presentazione. Senza alcun ricordo della nostra precedente vita, decidiamo di recarci da Avian Dale, sperando di scoprire qualcosa sulla nostra identità.

Avrà così inizio il nostro viaggio: potremo scegliere un paragrafo tra quelli indicati sulla mappa dell’Atto I e dirigerci ad esso. Da come si evince dal cartoncino colorato al centro del volume, La Legione della Morte si sviluppa infatti su tre diversi atti, ciascuno con una mappa.
Su ogni mappa sono presenti diversi simboli, di forma e colore diversi, all’interno del quale sono scritti dei numeri, che si riferiscono al paragrafo relativo al quale dirigerci quando vorremo esplorare un dato luogo.
Come indicato sulla pratica legenda, vi sono tre diversi tipi di icone. Le icone “villaggio” rappresentano luoghi visitabili più volte, dove è solitamente possibile reperire informazioni sui dintorni, nonché fare scorta di pozioni e di altri oggetti utili (nonché, in alcuni casi, completare specifiche missioni.).
I simboli a forma di “scudo” sono quelli relativi alle missioni, appunto, sequenze di scontri più o meno lunghe contro diversi avversari nelle quali il nostro potrà recuperare l’equipaggiamento necessario per affrontare sfide sempre più difficili. Le missioni, infatti, sono suddivise in colori diversi in base alla loro difficoltà crescente, dal verde, all’arancio, al blu ed infine al rosso.

Vi sono le icone “mostro”. Quelle a forma di ragno rappresentano i cosiddetti mostri leggendari, ovvero creature di tutti i tipi dalle capacità particolarmente ostiche e dalle caratteristiche elevate, ma che se sconfitti potrebbero fornirci un equipaggiamento di rilevante importanza.
L’icona a forma di teschio, invece una sola per atto, è quella che dà il via alla missione finale del rispettivo atto, nonché l’unica missione che va necessariamente portata a termine per passare alla mappa successiva. Al termine della missione affronteremo, proprio come in un videogame, un nemico “boss”, che richiederà l’utilizzo dell’equipaggiamento migliore nonché quello di ogni nostra caratteristica per venire sconfitto (anche se spesso i mostri leggendari, essendo opzionali, sono ben più pericolosi del mostro boss).
Una volta eliminato questo nemico, come detto, ci sposteremo sulla mappa relativa all’atto successivo, mentre quella precedente diventerà inaccessibile.

Tutta l’esplorazione in Destiny Quest, però, è tesa al combattimento, vero fulcro attorno al quale ruota il sistema di gioco.
Le Caratteristiche del nostro personaggio sono la Velocità (che contribuisce a determinare chi fra i combattenti riesce a vincere il round), il Vigore e la Magia (la maggiore fra le due verrà aggiunta al punteggio di danno inflitto al nemico), l’Armatura (i danni che riceveremo in combattimento – tranne eccezioni – verranno ridotti da questa) e la Salute (corrispondente ai punti vita).

Il sistema di combattimento è decisamente semplice. All’inizio del round, ciascuno dei combattenti lancia due dadi a 6 facce e somma al risultato la Velocità, ottenendo la propria velocità d’attacco: chi ha il totale maggiore vince il round e danneggia il nemico. Il danno si calcola lanciando un solo dado e sommando al risultato il punteggio maggiore fra Vigore e Magia: ottenuto così il punteggio di danno, allo stesso va sottratto il valore di Armatura dell’avversario, e la differenza risultante verrà a sua volta sottratta alla Salute. Avrà poi inizio un nuovo round, fino a quando la Salute di un contendente giungerà a zero.

Nel caso in cui sia la nostra Salute a giungere a zero, assisteremo ad una novità rispetto a quanto siamo abituati. Il nostro personaggio, infatti, non verrà ucciso, ma sarà semplicemente sconfitto. Potremo quindi ritentare un combattimento quante volte vogliamo, salvo che sia diversamente previsto dal testo. Tale previsione farà storcere il naso ai puristi, ma si rivela un’intuizione necessaria, come ci renderemo conto dopo avere perso diversi combattimenti, mentre tentiamo di costruire la nostra “build” ottimale.
Il nostro personaggio è, infatti, privo di caratteristiche e capacità, che gli vengono esclusivamente conferite tramite la scelta e l’utilizzo degli equipaggiamenti che potremo trovare lungo la nostra avventura. Esattamente come avviene in un videogame, più i nemici che affrontiamo sono potenti, migliore è l’equipaggiamento che potranno fornirci, che a sua volta ci permetterà di affrontare sfide di difficoltà crescente.

Una volta preso atto di come gli “slot” di equipaggiamento del nostro eroe siano undici (mantello, testa, guanti, mano principale, torace, mano sinistra, talismano, piedi, collana e 2 anelli), a cui si aggiungono uno zaino con 5 spazi (in cui inserire oggetti consumabili, come pozioni e simili) ed una borsa per il denaro, ci si rende conto di come le combinazioni per la costruzione del nostro personaggio siano davvero tantissime.
Oltre alle suddette Caratteristiche, sono previste anche della capacità utilizzabili dal nostro eroe (circa 150), che servono a differenziare ulteriormente il nostro eroe. Vi sono capacità che possono essere usate solo durante il calcolo della velocità d’attacco, altre solo in fase di danno; altre ancora modificano i punteggi (nostri o del nemico), mentre altre ancora infliggono danni passivi.

Le combinazioni aumentano ancora se si pensa che, alla fine del I atto, dovremo scegliere quale percorso far seguire al nostro personaggio, tra i classici archetipi del Guerriero, del Mago e della Canaglia. Il primo vedrà più spesso equipaggiamenti che potenziano vigore e armatura; il mago – ovviamente – si specializzerà nella magia, mentre la canaglia è solitamente più veloce degli altri personaggi. Sono, inoltre, possibili ulteriori professioni più specifiche, almeno cinque per ogni classe.
Tuttavia, non mancano le note negative. Per quanto riguarda il sistema di combattimento, un occhio esperto si sarà già reso conto di come un’alta Velocità sia imprescindibile e nettamente più importante delle altre caratteristiche, così come di converso l’Armatura ha un’importanza solo relativa. Altra pecca è l’elevato numero di dadi che si è costretti a lanciare, specialmente verso la fine del libro, quando i nemici hanno quattro o cinque volte la nostra Salute.

Anche l’ideale libertà di movimento viene annullata dall’evidente necessità di seguire – almeno indicativamente – il livello di difficoltà delle missioni, pena l’elevata frustrazione di perdere ogni combattimento in cui ci imbarcheremo. Anche il fatto di avere un personaggio sostanzialmente “immortale”, infatti, non ci è di nessuna consolazione, una volta che ci saremo resi conto che la nostra “build” non ha speranza di proseguire. A quel punto, ricominciare da capo con un nuovo personaggio è l’unica soluzione.
La difficoltà generale non è ottimamente distribuita. Il primo Atto, come è giusto che sia, è alla portata dei personaggi anche più mediocri. Ma la parte finale del secondo Atto è il vero scoglio da superare, e servirà a capire se valga o meno la pena di portare il nostro personaggio nel terzo Atto o se non sia meglio ripartire da zero.

In conclusione, La Legione della Morte è un buon ibrido fra libro e videogame, e mette sul tavolo delle indubbie originalità, come la costruzione del nostro personaggio tramite il proprio equipaggiamento. Tuttavia, le evidenti pecche come l’ingenuità del sistema di gioco e la poca interattività della storia, non possono che rendere questo librogame un prodotto ancora acerbo.

Longevità 8: 

Già una singola partita a La Legione delle Ombre, con i suoi 939 paragrafi e circa 500 pagine, può durare giorni (qualora si intenda affrontare ogni singola missione). Se poi intendiamo riprovare la nostra avventura con una classe diversa, ci aspettano numerose ore di lettura.

Difficoltà 6.5: 

Non perfettamente bilanciata. Il primo Atto può essere completato anche da personaggi non ottimali; nel secondo Atto la difficoltà raggiunge il suo picco, e solo i personaggi migliori potranno superarlo; nel terzo Atto la difficoltà si attesta su un livello medio-alto. Fra le diverse professioni, poi, alcune sono palesemente più vantaggiose di altre, ma del resto un perfetto bilanciamento tra numerose opzioni è quasi impossibile da ottenere.

Giocabilità 7: 

Il punto più dolente. Se amate i combattimenti, tirare vagonate di dadi e “customizzare” il proprio personaggio, La Legione delle Ombre ha tutto ciò che fa per voi. Se preferite una storia che evolve secondo le vostre scelte, un regolamento privo di alea e pochi combattimenti, il librogame rischia di annoiarvi nella sua ripetitività.

Chicca: 

Il librogame è ricco di citazione ad altre opere, letterarie e non. Fra gli oggetti, ad esempio, è possibile trovare un anello chiamato Il Mio Tessoro in grado di renderci invisibili (chiaramente come l’Unico Anello del Signore degli Anelli); ancora, nell’arena è possibile affrontare uno scimmione albino chiamato Re Luigi e una donna-tigre di nome Shera Khana (come i personaggi del Libro della Giungla).

Totale 7: 

Destiny Quest si apre con un volume che presenta sin da subito le novità della serie rispetto agli altri librogame, e che sono state prese in prestito dal mondo dei videogame; prima fra tutti la possibilità di poter creare il nostro personaggio tramite la scelta e l’utilizzo dell’equipaggiamento via via recuperato affrontando nemici sempre più forti. Tuttavia, alcune ingenuità nel sistema di combattimento e nella struttura del librogame lo rendono un esperimento non del tutto riuscito.