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Dopo varie vicissitudini editoriali, il Figlio dell’Aquila ha visto finalmente la luce. Questa mini avventura in solitaria per il fortunato setting di D&D 5e tutto italiano, "Brancalonia - The Spaghetti Fantasy RPG", avrebbe dovuto essere inserita nel manuale base di quest’ultimo: tuttavia, ciò non è avvenuto. Si è, quindi, dovuto aspettare il secondo Kickstarter di successo di Brancalonia, per l’espansione “L’Impero colpisce ancora”, per vedere Il Figlio dell’Aquila fra le ricompense riservate ai backer della piattaforma. Il Figlio dell’Aquila è un’avventura introduttiva in solitario, scritta da Alberto Orsini. Uno dei padri di Brancalonia, Mauro Longo, ha curato le dinamiche di gioco. Lo scenario è ambientato nella versione "brancaloniana" della città dell'Aquila, patria di Alberto, ed è un più che palese tributo al celebre e apprezzato film del 1985 Ladyhawke, con Rutger Hauer, Michelle Pfeiffer e Matthew Broderick. Tra questo film e L’Aquila, infatti, vi è un forte legame che, molto probabilmente, è sfuggito alla maggioranza del pubblico italiano. Nella versione distribuita nelle nostre sale, del resto, la città dove si svolge gran parte della storia è stata rinominata in Aguillon, in modo da assumere dei richiami francofoni e al tempo stesso per evitare diretti riferimenti al capoluogo abruzzese che, invece, è direttamente citato nella versione originale. Quasi tutto il film, del resto, è stato girato in Italia. La trama è nota. La coppia di amanti composta dal cavaliere Etienne Navarre e dalla bellissima Isabeau è colpita da un maleficio, scagliato su di essi dal diabolico e geloso vescovo di Aquila. Etienne diviene un lupo al calar del sole, mentre Isabeau si trasforma in falco durante il giorno. I due riusciranno a eliminare il malvagio vescovo, spezzando il maleficio che impediva il loro amore, anche grazie all’aiuto di un audace ladruncolo di nome Philippe Gaston. Direttamente ispirato a quest’ultimo è il personaggio i cui panni andremo ad indossare in questo librogame, Filippo Gastone detto Topo, un ladruncolo svelto di mente di mano. Di recente siamo entrati a far parte della cricca di Fracasso, gigantesco frate: su tutta la combriccola, noi compresi, pende una taglia che si è fatta sempre più interessante per i tanti cacciatori di taglie che infestano il Sinistro Stivale. Proprio per questo motivo, la cricca ha deciso di inerpicarsi su per i monti dell’Abbrutto, fino alla città di Aquilea, piuttosto isolata dal resto del Regno. La fortuna, tuttavia, non è dalla nostra parte. Persino mentre stiamo passando una bella serata (si fa per dire) alla Taverna del Sole, ci imbattiamo in una combriccola di lanzichenecchi rinnegati in cerca di soldi facili che erroneamente pensa di poter riscuotere la taglia che pende sul capo di Fracasso (i più attenti riconosceranno velate citazioni al secondo capitolo di un notissimo Spaghetti Western con protagonista Terence Hill, ndr). In un batter d’occhio la situazione si riscalda e scoppia una rissa furiosa, una situazione da cui intendiamo tirarci fuori quanto prima. Non facciamo in tempo a fuggire dalla locanda, che veniamo fermati da un messo del signore di Aquilea, Stefano Navarca. Questo nome non ci è nuovo del resto: è stato anche grazie a noi che anni prima, è stata infranta la maledizione che colpiva Stefano e l’amata Isabella. Il primo era costretto ad assumere le sembianze di un lupo durante la notte, mentre la seconda diveniva un falco al sorgere del sole: in tal modo, i due amanti erano sempre insieme, ma eternamente divisi. Stando a quanto il messo ci comunica, Stefano e Isabella hanno un nuovo problema: il loro giovane erede, Massimo, è stato rapito da Gualtieri, signore del castello di San Pino delle Camere. Stefano non ha a disposizione uomini a sufficienza per un attacco frontale, né abbastanza uomini fidati per una missione di salvataggio. Pertanto, è a noi che ha pensato per recuperare Massimo dalle segrete del rivale. Stante le nostre rimostranze ad accettare un incarico così pericoloso, il messo ci riferisce di come abbiamo un debito di riconoscenza nei confronti di Isabella: fu lei, anni prima, a salvarci la vita. Filippo Gastone è una canaglia, ma con un senso dell’onore: messo di fronte ai fatti, non può che accettare questo ennesimo “lavoretto facile facile”. Ciò che di sicuro è facile, è il regolamento dell’avventura. Ovviamente ispirato a Dungeons and Dragons, ne utilizza solamente le sei caratteristiche: Forza, Destrezza, Costituzione, Intelligenza, Saggezza e Carisma. A ciascuna di esse possiamo attribuire uno fra i seguenti punteggi: 3, 2, 2, 1, 1 e 0. A nostra scelta, pertanto, potremmo avere un personaggio particolarmente forte ma assai poco carismatico, oppure molto intelligente ma dalla costituzione cagionevole. Una volta scelto come ripartire i punteggi e avere così creato il nostro Filippo Gastone, l’unica altra cosa che dovremo imparare a gestire sono le prove che il testo ci chiederà di eseguire, per le quali sarà necessario usare un dado a 20 facce (vero che tale tipologia di dado non può mancare quando si tratta di D&D, ma poiché Il Figlio dell’Aquila è disponibile singolarmente sarebbe stato opportuno stampare un d20 “sostitutivo” nelle pagine del fascicolo). Per superare una prova, basterà lanciare il d20 e aggiungere al risultato il nostro punteggio nella specifica caratteristica messa alla prova. Il totale così ottenuto andrà confrontato con il numero di CD (Classe di Difficoltà) indicata dal testo: se il totale sarà superiore o uguale alla CD la prova sarà superata; se il totale è invece inferiore, la prova è fallita. Niente punti vita, niente combattimenti. Come detto, si tratta di un regolamento davvero semplicissimo: del resto, si parla di un’avventura di soli 40 paragrafi e regole ulteriori avrebbero creato un sistema di gioco assolutamente sovrabbondante. Già in questi pochi paragrafi, del resto, di trovate interessanti e segreti da scoprire ve ne sono a sufficienza. Le strade per raggiungere la fortezza di Spina sono almeno due, così come sono due i modi in cui è possibile intrufolarsi nelle segrete. Una volta intrufolatici nei sotterranei della roccaforte, avremo bisogno di tutta la nostra astuzia per liberare il prigioniero e, soprattutto, sfuggire dalle grinfie di Gualtieri e dei suoi sgherri. Le prove di caratteristica sono utilizzate il meno possibile (una volta per caratteristica) e spesso fungono, sostanzialmente, da check che determina il successo o meno della nostra missione, o meglio, del nostro lavoretto facile facile. Lavoretto che facile facile non è affatto, ovviamente: le possibilità di fallimento sono numerose, non solo per via di un lancio di dadi sfortunato, ma anche per avere male interpretato i suggerimenti del testo. Ciò è un bene: sarebbe bastato poco a rendere Il Figlio dell’Aquila una banale avventura introduttiva al gioco di ruolo, magari tramite monotoni lanci di dado e ripetitivi combattimenti contro anonimi nemici, in un copione già visto. Per concludere con successo il lavoretto, al contrario, sarà imprescindibile comprendere con attenzione e mettere in pratica al momento giusto le imbeccate consegnateci dal testo (come avviene del resto nei precedenti lavori dell’autore). In particolare, essenziale si rivelerà la comprensione e interpretazione della “quartina” disseminata nel testo (esplicito richiamo alla quartina che compare nel secondo volume della serie classica Sortilegio). E’ così che Il Figlio dell’Aquila assume una personalità tutta sua, vuoi per i riferimenti alla nostra penisola (già parte integrante del gioco “madre” Brancalonia), vuoi per gli espliciti richiami al già citato Ladyhawke, vuoi per le numerose citazioni presenti al mondo dei librogame ma soprattutto per il piglio unico dato all’avventura.
Longevità 6:
Il principale punto debole de Il Figlio dell’Aquila: con soli 40 paragrafi e un limitato numero di alternative praticabili, si può sviscerare tutto ciò che il fascicolo ha da offrire in poco più di un’ora. Ciò del resto è compatibile con la sua “natura” ufficiale di avventura introduttiva al più vasto mondo di Brancalonia. (Esiste anche un finale alternativo, sviscerare il libro nella sua completezza richiede pertanto una doppia lettura N.D. Prodo).
Difficoltà 7:
Più impegnativo di quanto ci si potrebbe aspettare. A volte un lancio di dadi andato male può far terminare immediatamente la nostra avventura, ma è più probabile che il nostro lavoretto facile facile giungerà bruscamente al termine perché ci sarà sfuggito un indizio su come proseguire.
Giocabilità 7:
L’aver rivolto più attenzione alla storia, all’ambientazione e a creare degli enigmi è stata una scelta più che apprezzabile. L’aver usato al minimo il sistema di gioco, d’altro canto, ha reso Il Figlio dell’Aquila meno adatto a fare da avventura introduttiva al gioco di ruolo vero e proprio.
Chicca:
L’intero fascicolo è una chicca. Non solo l’antefatto de Il Figlio dell’Aquila è praticamente ricavato dal film cult Ladyhawke, i cui personaggi entrano a far parte del mondo di Brancalonia, ma le citazioni si sprecano. E’ possibile trovare citazioni alla cultura pop (come il cuoco Bastianico), alla geografia abruzzese (tra gli altri, la cattedrale di San Massiccio è San Massimo, il Gran Masso è il Gran Sasso, San Pino delle Camere è San Pio delle Camere), ma anche ai librogame stessi (primo fra tutti Sortilegio).
Totale 7.5:
Anche se Il Figlio dell’Aquila viene presentato come avventura in solitaria introduttiva al più ampio gioco di ruolo Brancalonia, ciò non deve trarre in inganno. Si tratta, infatti, di un fascicolo pienamente giocabile senza ulteriore materiale cartaceo, che non è un “tutorial” al regolamento di Brancalonia, come ci si potrebbe aspettare. Al contrario, è un vero e proprio librogame in miniatura, che va oltre alla sua natura” ufficiale. Limitarsi a definire Il Figlio dell’Aquila un’avventura introduttiva al gioco di ruolo è quasi fargli un disservizio: si tratta più di un antipasto, ma uno di quelli così sostanziosi da lasciarci più che soddisfatti in attesa del piatto forte.
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