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Un giudizio su questa avventura non può che essere filtrato dalla grande ammirazione e dalla vicinanza che manifesto per coloro che hanno curato la resa italiana di questo ottimo titolo. Il primo commento e il primo chiarimento va doverosamente dedicato all'opera di traduzione, eccelsa dal punto di vista narrativo-letterario e alla cura nell'impaginazione, impeccabile. L'autore di questa recensione è membro dello staff di Librogame's Land e considera questa “edizione” italiana frutto di un lavoro comune della comunità di cui fa parte. Il lettore spassionato consideri quindi l'onesto recensore sotto questa ottica, nel leggerne il commento.
Quattordicesimo volume della serie originale, Il Tempio del Terrore porta la firma di Ian Livingstone ed è ambientato nell’Allansia, originale ambientazione fantasy di molti numeri della collana. Questo scenario permette facilmente a Livingstone di inserire rimandi e citazioni a precedenti volumi della serie, di esplorare e dettagliare ulteriormente luoghi già visti in altre avventure e infine di arricchire questo continente con nuove regioni da attraversare e perlustrare. Da questo punto di vista il compito riesce perfettamente. Sapientemente, lo scrittore introduce il lettore alla sua avventura attraverso il simpatico mago Yaztromo e quei mattacchioni dei nani di Stonebridge. Dopo le spiegazioni iniziali il protagonista dell’avventura può apprendere alcuni incantesimi direttamente nella torre del mago all’interno della “foresta maledetta” di Darkwood e poi lanciarsi all’inseguimento del cattivo di turno. Si tratta in questo caso del malvagio Malbordus, un perfido avventuriero-stregone rinnegato, maledetto dalla sorte e allevato alle arti arcane dagli Elfi Oscuri. Malbordus si sta dirigendo verso la città perduta di Vatos, smarrita tra le sabbie letali del Deserto dei Teschi, per infiltrarsi all’interno di un pericoloso Tempio e trovarvi alcuni artefatti che gli serviranno per i suoi malefici piani di potere e conquista. Istruito da Yaztromo, il lettore dovrà scegliere un percorso per raggiungere il Deserto, solcare le sue aride vastità, trovare la città di Vatos, penetrare nel Tempio e infine rubare per primo le reliquie che servono a Malbordus. Tra numerosi pericoli e avversari imprevisti, dopo decine di percorsi sbagliati, trappole letali e oggetti da utilizzare, si giungerà infine a strappare all’implacabile avversario gli artefatti che cerca e si dovrà affrontarlo in una risolutiva battaglia finale.
Una trama sicuramente interessante, ma che rivela molte crepe appena lo sguardo si fa un po’ più attento. Cosa voglia e cosa sia in grado di fare Malbordus non si capisce mai veramente, né ci si rende conto del come possa disseminare lungo la strada i propri sgherri e trabocchetti. I suoi scopi e come egli possa raggiungerli sono espressi in maniera confusionaria, i suoi rapporti con l’Alta Sacerdotessa di Vatos, signora del Tempio del Terrore, non si comprendono mai e l’incontro finale è privo di qualsiasi pathos o situazione di climax, cosa che, d’altra parte, manca completamente in tutta l’avventura. Ad aggravare la situazione è la struttura stessa della storia. Ci sono due strade parallele per arrivare ai margini del Deserto dei Teschi, ciascuna delle quali con alcune varianti, tutte interessanti. Peccato che il true-path sia quasi schiacciante e non permetta di godersi liberamente questo viaggio nel cuore dell’Allansia o la sezione tanto invitante dedicata a Blacksand. Se si vuole terminare l’avventura, questa parte va anzi addirittura saltata (perché? Incredibile errore narrativo!). Anche il deserto è un territorio strettamente segnato da true-path ed esplorare il Tempio diventa addirittura un percorso assurdamente cervellotico, astratto e puramente numerico tra paragrafi e mostri bizzarri, con tante, troppe discrepanze. Alcuni concitati momenti finali mostrano poi una incredibile sconclusionatezza, imperdonabile.
Il true-path forsennato è aggravato dall’approccio ai singoli incontri e dalle scelte proposte per avanzare tra i paragrafi, decisamente da bocciare. Come fatto rilevare in altre recensioni, Livingstone pecca spesso di approccio “ad alcova” ai suoi path già problematici: spesso la scelta è “apri lo scrigno o vai avanti?” “parli con il nano o vai avanti?” “salvi il prigioniero o vai avanti?”. In caso si scelga di soffermarsi sull’azione, con poche battute l’incontro si conclude (a favore o sfavore del lettore) e il personaggio riprende comunque “ad andare avanti”. Collegata a questo sistema, per danneggiare il lettore che apra tutti gli scrigni e le porte di questo percorso “ad alcove”, è la trovata del Messaggero di Morte, un assassino demoniaco inviato da Malbordus a fermare il protagonista. Questa figura costringe il lettore ad un giochino basato su un espediente del tutto astratto e una trovata molto puerile. Certamente un modo per equilibrare l’effetto “alcova”, che crea però un ridicolo e fastidioso contrattempo, secondo me privo di mordente e capace di causare una inutile sospensione della già difficile incredulità nella lettura. Tutto il libro è poi “a senso unico” e non si possono mai esplorare due volte dei bivi o tornare a stanze già attraversate, in una costrizione che oggi non si riesce a comprendere, ma risulta eccessiva anche nell’ottica delle avventure di quegli anni.
Scendendo ancora più nel dettaglio, troppi trabocchetti sono inesplicabili, molti incontri e la maggior parte degli oggetti di inventario non danno alcun indizio su come risolvere il problema di turno e ci sono troppi troppi troppi oggetti da trovare e collezionare. Il numero è la difficoltà dei combattimenti mi è sembrata inoltre decisamente sbilanciata verso una difficoltà che rasenta l’impossibile e alcuni incontri sono veramente troppo grotteschi (la palla rotolante per esempio). Pochi (rispetto ad altri titoli) sono i paragrafi di morte istantanea, compensati però da tantissime situazioni in cui si perdono punti di caratteristiche e soprattutto di Abilità, il che rende comunque il protagonista un dead man walking.
Spicca in questa generica situazione negativa l’idea degli Incantesimi offerti da Yaztromo. L’Avventuriero protagonista della storia può infatti apprendere alcuni incantesimi a scelta tra una decina, tutti da utilizzare quando il testo o il regolamento ne dia la possibilità. La loro scelta permette in teoria un gioco più tattico e una migliore specializzazione del Personaggio al momento della sua creazione. È chiaro tuttavia che anche questo elemento sarebbe potuto essere sviluppato molto meglio e che il true-path azzera le possibili varianti tattiche lungo il percorso e il piacere di scegliere altri Incantesimi per provare a rigiocare la storia.
Per non trascurare nulla, devo dire che anche le illustrazioni correlate al testo non sono quasi mai niente di particolare, con qualche eccezione semplice e gradevole ma senza pretese.
Insomma, per usare un eufemismo dovuto a quanto detto nella premessa e alla mia passione per la serie, questo libro è “un’occasione sprecata”. Serve sicuramente ad arricchire di dettagli e bizzarre curiosità il mondo di Allansia, ma non riesce ad essere una storia ben raccontata o un gioco divertente da intraprendere. Nel mondo dei paradossi, per piacere veramente la storia sarebbe dovuta essere scritta da Joe Dever o giocata da J. H. Brennan (si vedano le interviste ai suddetti per approfondire la citazione).
Longevità 4:
Purtroppo, anche ad un appassionato della serie, è difficile che venga la voglia di giocare e rigiocare davvero questo titolo. Più facile che, dopo le prime frustrazioni, si inizi a saltare da un paragrafo all’altro per vedere come va a finire la storia. Anche questo però non riserva grandi soddisfazioni.
Difficoltà 2:
Un livello di difficoltà completamente sballato e squilibrato, che non aiuta affatto a farsi piacere la storia. In un altro Librogame a questo elevato tasso di difficoltà avrei dato un valore migliore, ma in questo caso non riesco a trovare veri elementi positivi che bilancino quelli negativi.
Giocabilità 5:
Il libro non è del tutto spiacevole da sfogliare e giocherellare, almeno fino a quando non si cerca conto di tutti gli oggetti che magari sono stati lasciati per strada nelle prime parti dell’avventura. Un voto discreto dovuto alle belle trovate, che va considerato associato a quello della Difficoltà.
Chicca:
Sicuramente, le citazioni iniziali che si riferiscono a “La Foresta Maledetta”: Dopo le fatiche di una recente avventura ti stai riposando a Stonebridge, godendo della piacevole compagnia dei Nani. (…) Yaztromo ti vede: “Ti ho già visto prima? Ma non ha importanza, sembra che tu sia la persona adatta. Fate strada al nostro coraggioso volontario. Dobbiamo raggiungere immediatamente la mia torre. Vieni, andiamo! Hai molto da imparare, ma non posso insegnarti nulla finché non saremo nella Foresta Darkwood, all’interno del mio laboratorio.”
Totale 4:
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