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Siamo ormai alla vigilia della fine del mondo e la città di Spyte, che ospiterà l’ultimo atto della nostra ricerca, si staglia innanzi a noi, e solo dal nostro comportamento dipenderà l’esito finale dell'avventura, in bilico tra mille anni d’inferno retto dai veri maghi o una pace definitiva.
Il cammino inizia, anche in questo atto conclusivo, tra molte difficoltà: già penetrare in città non sarà facile, dato che essa sorge su di un gigantesco baratro, il Claudron; avremo cinque modi per superarlo, uno per ognuno dei cinque maghi. Ma nessuno di essi si rivelerà semplice o privo di rischio. In un caso potremo, per esempio, usare un uccello volante meccanico e, se le cose andranno male, finire con il collo spezzato; in un altro entreremo facilmente grazie al teletrasporto… ma perdendo ogni oggetto dell’equipaggiamento, salvo poi incontrare, su quello stesso percorso, un drago che difende il classico tesoro, gravido di oggetti utili!
Meglio evitare di sovraccaricare l'inventario e limitarci a raccogliere solo alcuni dei numerosi oggetti che troveremo innanzi al portale. Come si evince da subito, la magia dei veri maghi e i loro artefatti saranno molto presenti e importanti durante l’avventura, alternando situazioni in cui impegarla ci aiuterà ad altre in cui finirà per sabotarci. Naturalmente saremo ostacolati anche dai loro accoliti, in attesa spasmodica del ritorno dei loro padroni, e da mostri e difficoltà di ogni genere. Il nostro scopo sarà di raggiungere il luogo ove si raduneranno gli adepti allo scopo di ultimare il "rito di ritorno", e per farlo dovremo affrontare un misterioso dungeon molto variegato: ci troveremo infatti ad attravesare giardini pensili, percorsi attraverso e dentro gli edifici e sotterranei labirintici. Ci sarà naturalmente, poche ore prima della mezzanotte, una quest collaterale il cui scopo è liberare un mago tenuto prigioniero da secoli dai nostri malefici nemici. Non sarà obbligatorio intraprenderla, ma la ricompensa è davvero troppo sostanziosa per non tentare. Notevole anche la fase in cui saremo obbligati a passare per le antiche stanze dei cinque maghi: una "passeggiata" che si rivelerà davvero molto impegnativa. Una nota positiva è data dalla simulazione dello scorrere del tempo, riproposta davvero bene, soprattutto se consideriamo la sensazione di fretta che riesce a trasmetterci. Un'ora prima della mezzanotte, poi, rischieremo di essere uccisi da una potentissima maga, a dispetto dell’alto livello raggiunto, ma la salvezza giungerà per mano del suo stesso aiutante, figlio di una nostra vecchia conoscenza, nonché ottimo guerriero e prezioso consigliere. Ma si sa, siamo in Bloodsword e nulla ci impedisce di non stringere alleanza e, anzi, di ucciderlo per impossessarci dell’”artiglio del demone”. Giunti allo scontro finale tanto agognato, però, avremo vari modi per affrontarlo. In primo luogo, infatti, dovremo cercare di liberare gli ostaggi destinati, come sacrificio umano, a dare ai maghi l’energia necessaria per il ritorno. In caso di fallimento totale o parziale, i nemici arriveranno con una forza più o meno grande, ma sempre notevole, per cui è meglio evitare lo scontro a tutti i costi. O addirittura il nostro alleato potrebbe consigliarci, nel caso in cui fosse apparso un solo, potentissimo mago, di suicidarci tutti, in modo da impedirgli di reincarnarsi in uno di noi, tagliandogli la strada della vittoria. In un indimenticabile ultimo paragrafo, in cui scopriremo che il bardo misterioso che ha fatto iniziare l’avventura altri non era che un angelo, assisteremo al giudizio finale: un brano bellissimo, da gustarsi con lentezza e attenzione, che sembra aumenta esponenzialmente lo spessore di questo epilogo, avvicinandolo a quello di un capolavoro come Cuore di Ghiaccio, quinto capitolo della collana Realtà Virtuale. Se il quarto libro di questa emozionante saga non può non lasciarci con uno strano senso di delusione, il volume conclusivo si rivela ancor più deludente, e non è difficile capire perchè. Dopo l’ottima fase introduttiva la storia diventa piuttosto piatta, dato che perde, nei dialoghi e nelle situazioni, lo spessore dei volumi precedenti, a dispetto del fatto che elementi di chiara ispirazione cristiana siano presenti in dosi massicce e costituiscano il centro mitologico del volume. Sembra cioè, che gli autori abbiano preferito evitare di impelagarsi in situazioni eccessivamente complesse e di "spessore", come era accaduto nei volumi secondo e terzo, per tornare all'immediatezza e alla minore profondità che avevano contraddistinto il primo capitolo. Il ladro sarà un eterno disperso, dato che i suoi inganni non otterranno alcun risultato, mentre invece il saggio sarà fin troppo utile e forse superiore a tutti gli altri personaggi, dato che la sua sapienza servirà di continuo. Le password saranno davvero troppe e, soprattutto spesso inutili, e molte situazioni saranno gestibili con l’aiuto del caso, invece che della logica, come accade ad esempio nella scena in cui ci troveremo di fronte all'altare di pietra.
In un giardino, infatti, saremo infettati dalle spore di una pianta parassita, dato che, a meno di essere saggi, il lancio di dadi per ottenere la salvezza si rivelerà improponibile. Il ritrovamento della pozione che ci salverà dall’avvelenamento avverrà nel fiume sotterraneo, ma risulterà possibile solo scegliendo, completamente a caso, uno dei tre cassetti dell’altare di pietra in questione. Veramente una caduta di stile... Proseguendo lungo il percorso diventa comprensibile il motivo per cui sono stati persi gli oggetti alla fine del volume precedente: ci accorgiamo infatti che sarebbe stato impossibile impiegarli ulteriormente in questa fase conclusiva della storia. La delusione, in ogni caso, permane, perché alcuni erano comunque utili, a cominciare dalle corazze. Incomprensibile, poi, è l’introduzione della balestra, con cui anche i guerrieri e gli stregoni potranno tirare a distanza. Tuttavia il valore offensivo delle frecce, sia d’arco che di balestra, resta fermo a un dado a sei facce, decisamente e inutilmente basso, tanto da rendere insensata l’introduzione della nuova arma. Anche il duello finale è troppo squilibrato, dato che la potenza del nemico è molto superiore alla nostra e, dopo tutto il tempo passato ad attendere e a sognare un combattimento a fil di spada, la delusione che si ricava dall'impossibilità di affrontarlo è cocente. Chi potrà abbattere (specie se da solo) avversari con combattività 12, protezione 3, un sortilegio da sette dadi concentrato su chi porta bloodsword, un recupero di 10 punti di vita per ogni tempo e altri ammenicoli vari non proprio da poco? Per non parlare del poco credibile mago rimasto li da secoli in una prigione che annulla lo scorrere del tempo e che, una volta liberato, morirà subito perché avvertirà i secoli che sono ormai passati: decisamente troppo forzato. Ma nulla è paragonabile al fatto che, in un caso, si possa finire con il perdere addirittura Bloodsword stessa e senza che ciò ci pregiudichi in alcun modo l’avventura! Ma non era l'arma fondamentale per portare a termine la missione, tanto da dare addirittura il titolo alla serie? Anche i paragrafi di combattimento, poi, risultano spesso privi di mordente, perché gli avversari o sono troppi e deboli o, al contrario, possiedono spesso poteri tali da rendere le note lunghe quanto un’ enciclopedia, rovinando così il divertimento! Unica nota positiva, una nota che chiarirà definitivamente che si può camminare per un numero indefinito di caselle lungo la stessa direzione. Ma ci voleva l’ultimo volume per scoprirlo? In pratica, come già successo nei Guerrieri della Strada e, soprattutto, in Ninja, ci si imbatte in un finale troppo sottotono per un volume che, pur meritando un’ampia sufficienza, resta decisamente inferiore ai suoi predecessori. In ogni caso l’ultimo, meraviglioso, paragrafo contrubuisce a rendere il libro accettabile, e a lasciare una bella sensazione riguardo alla saga.
Longevità 7:
Tendenzialmente media, comunque troppo soggettiva per essere valutata. Non è infatti detto che si sia spinti a riprendere in mano il volume dopo la prima lettura, specialmente se si è riusciti a portare a termine l'avventura.
Difficoltà 6.5:
Non troppo ben calibrata: alterna punte di estrema difficoltà, a fasi in cui si procede bevendosi i nemici come fossero acqua fresca. In generale comunque accettabile.
Giocabilità 7.5:
Grandi possibilità di interazione e di immedesimazione, soprattutto grazie all'ottima resa dello scorrere del tempo, che rende la nostra corsa senza pause e adrenalinica. Buono anche lo stile di scrittura: Morris non tradisce mai, anche se altre sue opere sono un paio di spanne, narrativamente parlando, sopra a questa.
Chicca:
Totale 7:
Un epilogo "rispettabile", ma non certo condito dii fuochi d’artificio come ci sarebbe potuti aspettare. Rimane la sensazione che il libro sia stato approntato con un po’ troppa fretta.
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