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Recensione

Scegli la tua Avventura 5: In Pallone sul Sahara
Edizione Mondadori 1987
autore/i Douglas Terman
Recensore Prodo

Tu e i tuoi amici Peter e Sarah (senza dimenticare il cagnolino Harry), siete sempre in cerca di nuove avventure, e un giorno qualcuno di voi ha la malaugurata idea di prendere a noleggio un pallone aerostatico e andare a fare un giretto per i cieli della vostra terra natia, la Francia.
Ovviamente niente va come dovrebbe e dopo pochi minuti il tempo volge al brutto costringendovi a prendere immediatamente una decisione drastica: atterrare o continuare la vostra trasvolata, nella convinzione che il temporale sarà lieve e passeggero?

Questo è l’incipit di In Pallone sul Sahara, terzo Choose Your Own Adventure nella serie  originale e quinto tra quelli tradotti in Italia dalla Mondadori. Un volume dalla struttura ostentatamente classica pensato per un pubblico giovane, che mira molto di più all’immediatezza e alla simpatia delle situazioni e degli incontri, che alla costituzione di un solido impianto strutturale e narrativo.

La collana in effetti all’uscita di questo capitolo era alle origini, e probabilmente non aveva un taglio ben definito. L’autore Douglas Terman cerca decisamente di intrattenere il proprio lettore senza badare troppo alla solidità delle situazioni descritte o alla creazione di una trama che abbia un filo logico e in qualche modo verosimile.

Questa impostazione salta agli occhi fin dal primo paragrafo, subito condizionato da un bivio: ci si aspetterebbe, come accade sovente in opere analoghe, che la scelta ci conduca ad affrontare due diversi filoni dell’avventura, strutturati da varie diramazioni. Proseguendo nella lettura ci si accorge che non è affatto così: il lavoro non presenta veri e propri percorsi, ma una commistione, spesso caotica, di paragrafi che continuano a intrecciarsi indipendentemente dall’evoluzione che ha preso la storia, frequentemente senza seguire un vero filo logico.
Ci si trova invischiati in questo modo nelle situazioni più strane, e nel giro di poche righe è possibile passare dall’esplorazione di un fiume sotterraneo all’incontro con una razza aliena, dalla fuga lungo il deserto, inseguiti da una tribù di beduini apparentemente ostili,  al confronto con un vecchio e bislacco professore,  a caccia di un misterioso tesoro appartenuto nientemeno che a Marco Polo (che in Marocco, tanto per puntualizzare, non ha mai messo piede).

Tutto questo in una sorta di helzapoppin mai troppo coerente e spesso palesemente contraddittoria e confusionaria: non mancano, per esempio, momenti in cui precipiteremo con la mongolfiera, ci metteremo in salvo a nuoto, cominceremo a esplorare un’isola misteriosa comparsa provvidenzialmente mentre eravamo sballottati tra i flutti, per poi imboccare una diramazione che ci riporterà come per magia di nuovo sul nostro pallone, in barba al fatto che lo stesso fosse andato disperso tra le onde alcuni paragrafi prima.

Sicuramente l’obiettivo ultimo dell’autore era quello di proporre una grandissima varietà di eventi e rendere il suo lavoro una sorta di contenitore in grado di offrire appagamento alle più disparate categorie di lettori, attratte maggiormente dalla poliedricità degli accadimenti che non da una trama coerente. Una scelta in grado di attirare l’interesse dei più giovani, ma che alla lunga viene esasperata finendo per risultare più irritante che gratificante. Il disordine narrativo imperante infatti rende difficile orientarsi tra i vari bivi e immedesimarsi realmente nelle situazioni vissute, che cambiano a ritmi vertiginosi e ci impediscono la piena comprensione dell’evoluzione delle nostre vicende;  inoltre è evidente che lo stesso Terman alla lunga ha perso il controllo della sua “creatura”: non si spiegano altrimenti le palesi contraddizioni che caratterizzano alcune sfaccettature della storia e che francamente costituiscono una pecca inaccettabile nel contesto di un libro-gioco destinato alla commercializzazione.

Detto questo, non è possibile evitare di sottolineare come la grande verve narrativa di uno autore dotato di ottime capacità descrittive a tratti venga fuori in maniera preponderante. Alcune trovate stilistiche sono irresistibili, e non potranno non colpire anche i lettori più smaliziati: una su tutte rasenta la genialità. Sarà possibile infatti imbattersi in un equipaggio costituito da doppioni  identici del nostro alter ego e dei suoi amici, e decidere se intrattenere con i nuovi arrivati relazioni amichevoli o attaccarli. Le scelte compiute potranno condurci a un finale costruttivo e appagante o a una prematura dipartita: l’idea brillante alla base di questa evoluzione è data dal fatto che lo sdoppiamento sarà una conseguenza diretta di alcune nostre decisioni, e potremmo vivere la vicenda impersonando entrambi gli equipaggi, a seconda delle nostre preferenze in sede di cernita del percorso. Una trovata di gran classe che ha pochi riscontri nell’intero panorama della narrativa interattiva.

A fare da contraltare a questi momenti di fine scrittura ci pensano purtroppo altre ramificazioni, che sfociano nella descrizione di situazioni troppo assurde e semplicistiche anche calate nell’ambito di un volume destinato a un pubblico giovanile. Pensare che dei quattordicenni sappiano guidare barche a vela, elicotteri, aerei e palloni aerostatici senza incorrere in alcuna difficoltà è esagerato, tanto quanto lo sono alcuni epiloghi. Come è possibile che scendendo per pochi minuti in una caverna naturale si riesca a scovare una riserva d’acqua in grado di dissetare l’Africa per i secoli a venire donando prosperità e ricchi raccolti? E allo stesso modo risultano inverosimili e vagamente irritanti le molte conclusioni “new age” disseminate lungo i paragrafi: è credibile che un gruppo di ragazzini adolescenti decida di unirsi alle tribù locali e vivere una vita dedita alla pastorizia e all’agricoltura ogni volta che se ne presenti l’occasione senza alcuna indecisione, alcun rimpianto e pieno appagamento? Sembrano più le fantasie da “mito del buon selvaggio” di uno scrittore di mezza età vagamente stressato che non le aspirazioni di una banda di teen ager…

E, a dirla tutta, mi ha indispettito anche la discrasia tra la mongolfiera del titolo e l’effettivo utilizzo che si fa della stessa nel corso delle nostre peripezie: il pallone è un pretesto, e, in quasi tutti i possibili percorsi, finirà per schiantarsi dopo pochi paragrafi lasciandoci liberi di proseguire la nostra vicenda a piedi o muniti di mezzi alternativi. Francamente questa scelta mi ha lasciato perplesso: l’idea di affrontare un’avventura aerea con un velivolo peraltro molto pittoresco era ottima, e a mio parere consentiva di implementare moltissime ipotesi dinamiche e movimentate, assai più innovative di quelle che il libro effettivamente ci offre. Allora perché decidere di abbandonarlo quasi subito, evitare di approfondire, anche blandamente, la tematica di fondo, e nonostante ciò dedicare all'apparecchio addirittura il titolo dell'opera? Una risoluzione quantomeno opinabile.

A completare la mediocrità generale ci pensa il comparto grafico: un Granger non al meglio, e lontano dagli ottimi risultati raggiunti in altri volumi ci regala illustrazioni piatte e non particolarmente dettagliate. Lo stile è fin troppo semplicistico, e si vede che il disegnatore ha affrontato in questa occasione uno dei suoi primi lavori; intendiamoci, la qualità non è disastrosa, e ci sono tavole gradevoli e ben concepite, ma nessuna particolarmente meritevole, e complessivamente siamo lontani dai livelli eccellenti che Paul ha saputo garantire in altre occasioni.

In Pallone sul Sahara si presenta come una grande opportunità non sfruttata a dovere: dedicargli un pomeriggio vi consentirà di trascorrere comunque un paio d’ore non orribili, ma siamo lontanissimi dalla lettura avvincente e adrenalinica offerta da altri capitoli della stessa collana. Probabilmente è un volume che potrà essere più facilmente apprezzato da lettori molto giovani: per i più esperti e smaliziati rappresenterà una delusione. Ma, tutto sommato, visto la grande quantità di ottimi titoli che ci ha regalato negli anni la serie ideata da Ed Packard, possiamo perdonargli un piccolo passo falso di tanto in tanto…

Longevità 5.5: 

Molto soggettiva. Decidere di sviscerare a fondo il libro porterà il lettore a un'intensa sessione di gioco, condizionata anche dalla struttura molto confusionaria dell'opera, che richiederà impegno e un certo quantitativo di tempo per essere completamente "domata". La stessa struttura però potrebbe costringere più di un appassionato ad abbandonare il volume prima di averlo esplorato in toto.

Difficoltà 6.5: 

Sufficientemente calibrata. Gli epiloghi negativi non sono pochi, ma sono ben controbilanciati da un buon numero di finali positivi. La varietà delle possibili conclusioni rende la lettura delle ultime righe più interessante della media, conseguenza diretta della struttura poliedrica ed eterogenea del libro. Un po’ irritanti tuttavia alcune evoluzioni della storia, che sfociano in risoluzioni paradossali e vagamente sconclusionate.

Giocabilità 5: 

Il vero punto debole del lavoro. Il copioso numero di finali (ben 37) penalizza fortemente l’accuratezza dell’intreccio, che sovente risulta approssimativo  e poco curato. Ad aumentare ulteriormente la sensazione negativa contribuisce la scelta di Douglas Terman di mescolare tra loro, spesso in modo incoerente, i filoni principali dell’avventura, contribuendo in questa maniera a generare confusione e rinunciando a priori ad approfondire le varie tematiche introdotte. Una decisione che potrà forse piacere ai lettori più giovani, ma finirà per infastidire non poco quelli più esperti.

Chicca: 

Paragrafo 76, decidiamo, coadiuvati dal lancio di una moneta, di girare le piccola barca a vela che abbiamo rubato presso un porto della costa francese e tornare in patria, rinunciando a esplorare la costa nord dell’Africa. A fine capoverso però Terman ci offre la possibilità di tornare al bivio precedente e compiere l’altra scelta, consentendoci così di riprendere l’avventura dal punto in cui l’avevamo lasciata. Un esempio di “scorrettezza accordata dall’autore” che costituisce forse un caso unico nel campo della narrativa interattiva!

Totale 5.5: 

Alla buona idea di fondo non fa da contraltare una realizzazione in linea con le aspettative. Ed è un peccato perché i presupposti per un eccellente lavoro c’erano tutti. Una grossa occasione persa: il fallimento di un autore all'esordio, che manca la possibilità di entrare nell'Olimpo dei grandi del genere.