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Lucca Comics and Games 2015: uno spaesato Zakimos si avventura tra i banchetti del padiglione Carducci alla ricerca di qualche gioco da tavolo. Anni prima il sottoscritto aveva incrociato per puro caso Joe Dever, scoprendo con relativa sorpresa che il marchio Lone Wolf era ancora attivo (e acquistando dal suddetto la mappa del Magnamund con foto ricordo).
Arrivato al bancone Vincent Books ecco la sorpresa: Lupo Solitario 29. “Dopo diciassette anni!” mi dice un uomo dall’accento inglese mentre lo acquisto, passandolo a Dever che scarabocchia il mio nome e “best wishes” con il suo tipico sorriso - e mio sconcerto visto che ODIO le dediche sui libri, ma come potevo dire di no al buon Joe col rischio di passare per un rivenditore? A proposito di rivenditori: scoprii poi che dello stesso libro era stata resa disponibile in pochissime copie una versione “variant” assolutamente identica all’originale salvo la sovracopertina, che avrebbe fatto impazzire i collezionisti negli anni a venire.
“Un giorno recupererò Lupo Solitario 27, l’unico che mi manca” penso “e li leggerò di fila dall’1 al 29. La app per cellulare è bella e funzionale ma porca miseria se dà fastidio leggere scritte così piccole su uno schermino”.
Finiamo il cappello introduttivo prima che diventi noioso: vi basti sapere che da lì a poco scoprii Librogame’s Land, il mercato collezionistico dei librogame e che il numero 27 si aggiunse ai libri in collezione permettendomi di partire con l’impresa. Fu un’esperienza divertente e istruttiva rileggere (e soprattutto giocare) l’intera serie partendo dal volume 1, usando un dado a dieci facce, affrontando di nuovo libri che ricordavo a memoria - trovandoli molto diversi - e per la prima volta volumi di cui avevo pochissimi o nessun ricordo.
Giunsi al numero 29 a marzo 2017 dopo una lunga cavalcata che si era fatta più dovere che piacere a partire da “Il Sentiero del Lupo”. Le mie aspettative erano bassissime e il primo approccio con “Le Tempeste del Chai” fu elettrizzante. Finalmente il testo sembrava avere un cuore, le regole erano chiare - ivi compresa la parte sulla fuga - e la lunghezza maggiore dei paragrafi permetteva di immergersi più che mai nelle esotiche atmosfere del Magnamund meridionale. Soprattutto la storia aveva un senso nell’economia della saga: una missione di recupero alla caccia di un antico artefatto come anteprima dichiarata a un conflitto maggiore. Addio agli imbarazzanti incipit che avevano portato ai pessimi volumi 26 e 27!
Tutto quanto sopra riusciva a rendere piacevole una sequenza di eventi che di per sé era tutt’altro che memorabile. “Le Tempeste del Chai” consiste in un viaggio, il classico spostamento da un luogo all’altro tanto caro a Dever durante il quale accadono continuamente imprevisti: l’imboscata, il villaggio assaltato, l’amico che scompare, quell’altro che ritorna decisamente cambiato… Impossibile non vedere i rimandi al passato nei vari colpi di scena nascosti tra le pagine del volume, con l’aggravante dei nomi astrusi “orientali” di luoghi e personaggi estremamente simili tra loro, che a lungo andare finiscono per mischiare in un unico calderone tutto ciò con cui avremo a che fare.
Nulla di trascendentale quindi, ma un enorme passo avanti rispetto alla piattezza mostruosa dei numeri 27 e soprattutto 28 (anche per colpa di un adattamento italiano semplicemente vergognoso) e comunque buon preambolo per i libri a venire.
Anche la giocabilità era quella che era ma ciò dipendeva più dal fatto che il libro fosse il nono volume di una serie che dai suoi limiti intrinseci. L’esperienza insegna che i libri di Lupo Solitario hanno funzionato davvero come “giochi” solo fino ai primi 3 / 4 volumi di ogni serie, per poi diventare impossibili per i neofiti e troppo facili per i veterani. Era perciò impensabile aspettarsi da “Le Tempeste del Chai” un bilanciamento della difficoltà perfetto, specie dopo gli eccessivi potenziamenti ottenuti in “La Montagna Insanguinata”; tuttavia la sfida alla prima partita mi è sembrata essere presente, con alcune simpatiche trovate (le armi dotate di bonus, l’artefatto malvagio che consuma Resistenza etc.) a rendere più varia una struttura che è sempre la stessa da trent’anni.
Tutto quanto sopra è crollato come un castello di carte quando un’imprevista dipartita (ironia della sorte: avevo scartato una pozione che mi avrebbe salvato perché a causa del nome astruso mi ero dimenticato a cosa servisse) mi ha costretto a ricominciare dall’inizio provando delle strade diverse. È stato a quel punto che ho scoperto il “trucco” su cui si basa questo volume 29, rompendo all’istante la sua magia. “Le Tempeste del Chai” non è un librogioco. Può sembrarlo alla prima partita, ma a mio modesto avviso non può essere definito un librogioco perché… non ha interazione.
Proprio così. Sappiamo tutti bene che le ultime produzioni di Joe Dever non brillavano per longevità e strade alternative; tuttavia anche questi ultimi libri si basavano quanto meno su poche scelte da prendere per arrivare alla fine senza lasciarci le penne, in un percorso di “ottimizzazione” legato al buon senso (quale scelta è la più giusta?) o alla selezione delle Arti (quali mi permetteranno di superare gli ostacoli più facilmente?).
In Lupo Solitario 29 non c’è neppure quello. Quasi ogni singolo bivio del libro è fasullo, a parte giusto un paio che permettono di evitare degli scontri o raccogliere un certo oggetto – e quando dico “un paio” non sto esagerando, sono davvero meno di cinque su 350 sezioni. Ogni altra scelta che faremo ci porterà alla strada principale dopo una media di due paragrafi e soprattutto senza alcuna conseguenza, oppure sarà vincolata alle Arti possedute con minime differenze in termini di perdita di Resistenza.
Anche la scelta delle Arti sarà vanificata dal fatto che un personaggio veterano ne avrà troppe tra cui scegliere, cosa che renderà anche inutili i pochi guizzi innovativi presenti nel testo. Cercando di limitare gli spoiler: a un certo punto troveremo un oggetto che ci priverà di un numero variabile di punti Resistenza a cadenza regolare, con possibilità di bere della Vigorilla per reintegrare la perdita ma senza poter aggiungere i punti residui al nostro punteggio (che cosa inutilmente complessa!)… a meno di non aver scelto tra le Arti lo Scudo Ramas (pardon, Kai), in tal caso la perdita sarà sempre di 1 punto e basta.
Ma allora a che pro inserire la meccanica visto che NESSUN giocatore sano di mente si avventurerebbe nel Chai senza lo Scudo?! Anche il neofita dopo la prima partita porrà rimedio all’errore (prima che ve lo domandiate: non è un problema di traduzione, non bisogna sottrarre 1 alla perdita se si ha lo Scudo, il testo originale è identico a quello italiano).
Queste e tante altre piccole magagne disseminate lungo il gioco (tra cui un errore di collegamento logico tra due paragrafi, inaccettabile in un’opera lineare come questa, e uno sfruttamento eccessivo dei soliti indovinelli nelle taverne) mi hanno fatto venire il sospetto che Lupo Solitario 29 sia nato in realtà come un romanzo e poi “adattato” in un librogioco solo successivamente. O che in alternativa sia stato scritto in quattro e quattr’otto una volta che l’autore è stato certo di poterlo pubblicare, ma senza mai testarlo a dovere nonostante i lunghi anni a disposizione.
Insomma: analizzato come “gioco” Lupo Solitario 29 è forse l’esperienza più limitante dell’intera serie Nuovo Ordine, semplicemente perché come e ancor più che nel predecessore la parte gioco è quasi totalmente assente. Mentre per quanto riguarda “La Vendetta di Sejanoz” si poteva giustificare il difetto con i 50 paragrafi mancanti e la fretta di volerlo completare, non si riesce davvero a capire come un volume uscito senza fretta 17 anni dopo il precedente possa presentare gli stessi identici problemi. L’unico modo per “giocarlo” è partire con un personaggio debolissimo per scoprire quali Arti e quanti soldi serviranno per arrivare alla fine comprando il giusto numero di pozioni. E’ una cosa che si può fare con tutti i libri di Lupo Solitario e che alcuni trovano divertente, ma è comunque troppo poco, specie trattandosi dell’unico modo per rendere il libro anche solo un minimo interattivo.
Analizzato come “libro” Lupo Solitario 29 è una lettura piacevole ma che sta al Nuovo Ordine come il volume 16 stava alla serie Grande Maestro: un capitolo di raccordo in cui non succede assolutamente nulla di importante e che avrebbe dovuto servire solo da apripista per un conflitto maggiore.
Quanto meno l'adattamento italiano è anni luce superiore agli orrori degli ultimi volumi EL, anche se non mancano i refusi, alcuni involontariamente comici (la “taverna” sul tavolo?!) e i rimandi errati, davvero troppi per quella che si presenta come un’edizione “curata in ogni dettaglio”. Ma questo è un difetto dell’intera collana Deluxe, di cui parleremo meglio in separata sede.
Chiudiamo con un piccolo elenco dei rimandi sbagliati nell’edizione Deluxe (sia inglese che italiana):
Al par. 149: sostituire 180 con 98
Al par. 262: sostituire 218 con 246
Al par. 322: sostituire 126 con 185
Al par. 337: sostituire 126 con 185
Al par. 344: sostituire 135 con 297 (unico modo per raggiungerlo).
Longevità 5:
L’avventura è abbastanza lunga ma non esiste ragione per riprendere in mano il libro una volta completato, se non cimentarsi con il “power play” usando un personaggio il più debole possibile. Le strade alternative semplicemente non esistono e già la seconda rilettura dopo una sconfitta fa abbassare di molto l’indice di gradimento. Se completato in un’unica partita sa essere un piacevole viaggio in una regione poco conosciuta del Magnamund.
Difficoltà 5:
La serie Nuovo Ordine ha smesso di funzionare come bilanciamento al numero 25; impossibile aspettarsi di più.
Giocabilità 5:
Sistema di gioco classico e sempre funzionale, penalizzato dal solito abuso dell’Alchimia (problema comune a tutti i libri del Nuovo Ordine) e soprattutto da alcune idee che avrebbero dovuto rendere la giocabilità più varia, ma che finiscono per essere fastidiose o superflue.
Chicca:
E’ l’ultimo libro scritto e pubblicato da Joe Dever, cosa che già da sola impedisce di valutarlo in modo troppo severo.
Totale 5:
Il fatto che Lupo Solitario 29 sia uscito a quasi vent'anni di distanza dal 28 e che sia l'ultimo libro scritto di pugno dall'autore carica il volume di un'aspettativa che non può soddisfare. Una storia semplice che funge da mero antefatto, interattività assente, ottimizzazione presente solo se si sta giocando con un personaggio debole... La serie Nuovo Ordine aveva smesso di funzionare con il volume 25 e questo libro non avrebbe potuto risollevarla in ogni caso; era comunque lecito aspettarsi qualcosa di più. Quanto meno l'adattamento è anni luce superiore agli orrori degli ultimi volumi EL anche se non mancano i refusi e i rimandi errati.
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