Il Palazzo delle Illusioni, quarto capitolo della collana Avventure Stellari, risulta probabilmente essere il peggiore del lotto, quello dove Christopher Black riesce a dare il peggio di sé, confezionando un concentrato quasi innaturale di tutti i peggiori difetti della serie.
L’antefatto è piuttosto lineare: nella galassia esiste un pianeta che una razza di alieni dediti all’inganno e portati all’intrattenimento, i Kron, hanno completamente colonizzato, trasformandolo in un enorme parco dei divertimenti; una sorta di Disneyland in salsa futuristica. Tale pianeta è famoso in tutta l’universo conosciuto e attira ogni anno masse di turisti, sebbene negli ultimi tempi stia affrontando una fase di declino.
Il Capitano Polaris però è convinto che qualcosa non quadri: alcuni persone infatti sono scomparse dopo aver visitato le attrazioni principali del Luna Park stellare e non si riesce a capire con chiarezza cosa sia accaduto. Per questo motivo veniamo inviati con il fedele Tor-2, il nostro compagno di avventure robotico, sul pianeta, con lo scopo di indagare e capire cosa stia effettivamente accadendo.
Un antefatto simile è piuttosto stimolante: strutturare una missione in un contesto particolare come quello che fa da “pretesto” a questo libro stuzzica la fantasia e l’idea di aggirarsi tra i vari padiglioni, con l’obiettivo di dipanare e risolvere un mistero, apre in prospettiva la possibilità di imbattersi in un ventaglio di opportunità decisamente vario e ricco di potenzialità.
Nulla di tutto questo avverrà effettivamente: dopo il classico bivio cardinale iniziale, che di fatto sdoppia la storia in due differenti macro-filoni (possiamo cioè decidere se approdare sul corpo celeste fingendoci turisti oppure se indagare sotto copertura, cercando di fare in modo che la nostra presenza passi inosservata) la tematica suggeritaci dal titolo si perde quasi completamente.
Saranno cioè rarissime le diramazioni della vicenda che ci porteranno effettivamente a esplorare il parco-giochi: tra le tante attrattive di fatto vivremo qualche situazione solamente nella casa degli orrori e nel palazzo delle illusioni del titolo.
E solo in questo ultimo caso alle nostre peripezie corrisponderà un effettivo incremento della qualità dell’opera, con alcuni contesti quasi onirici e in grado di farci riflettere sulle potenzialità della mente e di come la stessa possa condizionare non solo la nostra percezione, ma anche l’integrità del corpo e il benessere fisico inteso in senso generale. Non è un caso che la stupenda immagine di copertina, forse la più bella tra quelle partorite dal solito Maelo Cintron in tutta la collana, si ispira a una delle avventure più disturbanti che ci capiterà di vivere all’interno dell’attrazione, contraddistinta peraltro da un possibile epilogo tragico.
Il resto della storia, nella peggiore tradizione della serie, sarà condizionata da un alternarsi del tutto caotico di circostanze, in cui verremmo sballottati nelle più diverse ambientazioni senza essere in grado in nessun caso di capire con esattezza dove voglia andare a parare l’autore e, soprattutto, che diavolo centrino pianeti desertici all’estremità del sistema stellare, canyon abbandonati, gruppi di mutanti, i soliti pirati che non mancano mai in nessun capitolo della collana, minatori schiavizzati e cellule di rivoltosi con il tema di fondo che dovrebbe fare da filo conduttore allo sforzo letterario.
Come se non bastasse un approccio simile, dopo la parentesi coesa e coerente a livello narrativo de I Cavalieri della Galassia, finisce per spezzettare il volume in una enorme quantità di sotto-trame che, oltre a essere in media abbastanza sciocche e prive di mordente, ci impediscono sistematicamente di gustare appieno il senso delle varie peripezie che vivremo, e di coglierne tutti gli aspetti.
Ritorna pertanto quella sensazione di occasione sprecata che già era comparsa nel secondo volume della saga, L’Invasione degli Androidi, ma in questo caso la situazione è addirittura peggiore, perché le opportunità di esplorazione e conoscenza che ci sono proposte, oltre a essere eccessivamente variegate e poco sviscerate, risultano essere, nella maggior parte dei casi, anche insulse: sarà difficile immedesimarsi nelle varie avventure e lasciare che le stesse ci interessino in qualche modo. La lettura finirà perciò per trascinarsi condizionata dalla noia, e ci vorrà un enorme sforzo di volontà per esplorare il libretto fino in fondo, allo scopo di conoscerne tutte le possibili trame.
Qualche piccolo tocco di classe c’è: il già citato filone che ci porta a esplorare il palazzo delle Illusioni, la scoperta degli scherzi della natura galattici raccolti in una galleria dei freak degna di quella del film di Tod Browning, ma rivista in salsa futuristica, un party sfrenato dove una massa di creature, umane e non, completamente decerebrate, ballano e si divertono al ritmo di una musica assordante ma che, una volta avvicinate, risultano essere vacui contenitori privi di volontà, condizionati e asserviti alle esigenze dei loro intrattenitori, trasformatisi subdolamente in feroci padroni.
Un parallelismo forse con alcune forme di ricerca del divertimento ossessivamente vuote e ripetitive che condizionano anche la società moderna (e la condizionavano già all’epoca della stesura del titolo), in grado di aggiungere un minimo di interesse alla vicenda ma che, alla fine della fiera, risulta essere un tentativo davvero troppo labile per risollevare le sorti di un lavoro che ha molto poco da offrire.
A questo quadro generale alquanto desolante si aggiungono alcune ulteriori magagne incomprensibili: perché un parco dei divertimenti famoso in tutta la galassia e costruito in un futuro avanzatissimo deve avere come principali attrattive delle giostre degne della peggiore fiera di paese di 40 anni fa? Perché i Kron, che sono così famosi per le loro capacità nel settore, non sfruttano nessuna delle moderne tecnologie allo scopo di migliorare l’appeal della loro proposta di intrattenimento? Può essere credibile che nel 2525 un luna-park si avvalga ancora di montagne russe, giostre meccaniche, postazioni di tiro a segno e sale degli specchi? Come è possibile che un autore come Black, ideatore di una collana fantascientifica, per quanto rivolta a un pubblico estremamente giovane, non sia in grado di partorire la minima trovata in questo senso, e si appiattisca su dinamiche e idee che erano già vecchie nel 1984?
Anche Maelo Cintron sembra risentire della mediocrità generale, e ancora una volta, come già successo nei precedenti volumi dopo l’ottimo esordio in Pianeti in Pericolo, fa ben poco per risollevare, almeno dal punto di vista grafico, le sorti dell’opera. Peccato perché la copertina, come già anticipato nelle righe precedenti, è veramente ottima, e dimostra tutte le potenzialità di questo illustratore, che evidentemente va in difficoltà quando deve produrre immagini in serie in tempi serrati, e non può quindi dedicare ai suoi lavori le necessarie attenzioni, allo scopo di ritoccarli e migliorarli. Nonostante questo i disegni de Il Palazzo delle Illusioni in talune occasioni risultano discreti e costituiscono un miglioramento, seppur minimo, rispetto ai precedenti volumi 2 e 3.
Complessivamente il libro si rivela limitato e noioso: l’eccessivo spezzettamento delle trame e la scarsa vena narrativa dell’autore lo rendono poco interessante e peggiore rispetto a tutti gli altri della collana. Anche un ragazzino in giovane età, soprattutto in epoca moderna, faticherebbe a trovarlo entusiasmante per più di qualche decina di minuti, e credo che ben pochi potrebbero essere invogliati a terminarne la lettura, esplorandone ogni diramazione. Per un adulto poi i motivi che possono spingere a confrontarsi con l’opera sono davvero pochissimi, a meno che non siate appassionati del genere (o siate “costretti” a recensirlo!). Il capitolo peggio riuscito della serie, da evitare accuratamente.
Longevità 4.5:
Le trame eccessivamente variegate e poco approfondite portano a filoni di avventura veramente brevi. Anche stavolta decidere di esplorare tutte le diramazioni del volume riesce a garantire qualche ora di intrattenimento, ma in questa occasione più che nelle precedenti ben pochi avranno la forza e la voglia di farlo.
Difficoltà 5:
Le scelte sono abbastanza logiche, e trovare alcune delle conclusioni di valore medio-alto è piuttosto semplice. Quelle meglio valutate dalla tabella finale però sono ben nascoste, e per scovarle dovrete faticare un bel po’: in quanti avranno la voglia e il tempo di farlo?
Giocabilità 5:
Come sempre il discorso della missione assegnataci e delle tabelle finali con i punteggi che la valutano aumentano il valore di questo parametro, elevandolo rispetto a quello di un semplice libro a bivi. La struttura di questo titolo però, che rende difficile pensare di “dare la caccia” agli epiloghi migliori, vista la trama insulsa e troppo dispersiva delle varie vicende, rovina anche il piacere garantito da questa particolarità della collana, generalmente molto godibile.
Chicca:
Al paragrafo 101 finiremo in un flipper di dimensioni mastodontiche, nel ruolo della pallina. Un risvolto onirico in salsa vintage-futuristica veramente divertente e sorprendente: probabilmente una delle due o tre trovate del libro veramente valide e che rimangono impresse nell’immaginazione del lettore anche dopo averlo riposto nello scaffale.
Totale 5:
Un libro mediocre dai risvolti mediocri. La collana e lo stesso Black hanno saputo offrire di meglio: perdere tempo dietro Il Palazzo delle Illusioni non ha molto senso, anche se siete appassionati del genere interattivo e fantascientifico.
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