Settima e ultima collaborazione di Keith Martin per la serie ideata da Jackson e Livingstone, reduce lui stesso da alcuni numeri non propriamente brillanti. L’autore si congeda riproponendo il suo personaggio più noto, ovvero il conte Reiner Heydrich, tornato su Titan più agguerrito che mai e orientato ad estendere la sua malefica influenza anche oltre i confini di Mortvania.
Il nostro prode alter-ego si trova ad Analand (luogo piuttosto evocativo) e, più o meno come il suo altrettanto valoroso predecessore, anche lui viene casualmente a conoscenza del malvagio vampiro e dei suoi loschi piani in una bettola di una piccola e decadente città del Vecchio Mondo. Ovviamente era in cerca di fortuna e di qualche lauto ingaggio, ma a segnare il suo destino è un monaco cacciatore di vampiri che stava inseguendo Reiner in quelle terre inospitali.
Prematura e raccapricciante sarà però la dipartita del frate, e il nostro guerriero giurerà di compiere la missione affinché il suo nuovo amico non sia morto invano. Reiner già era stato sconfitto nella sua fortezza di Mortvania, ma in realtà è immortale, e solo distruggendo un oggetto magico contenente la sua forza vitale è possibile cancellarlo definitivamente dalla faccia del pianeta.
Eccoci dunque catapultati all’inseguimento del Conte Heydrich ancora una volta, ma a differenza del prequel, l’avventura si svolgerà in varie locazioni esterne, oltre ai soliti dungeon; spicca una vastissima libertà di scelta raramente vista nei numeri di questa collana, quasi pari a quelle che (almeno personalmente) ho visto solo nei libri di Brennan e in quelli della serie “Unicorno”.
Non che questo eviti il true path caratteristico di questa serie (tipico di molti dei capitoli precedenti anche se non di tutti), ma quantomeno sembra che inserendo questa possibilità, l’autore cerchi in tutte le maniere di indirizzare il lettore verso la strada giusta, dandogli l’occasione di ritornare più volte a un bivio precedente e dunque quasi “forzandolo” a non tralasciare un ulteriore esplorazione più approfondita di alcune locazioni già visitate; tali “revisioni” potrebbero dunque portare in qualche modo al rinvenimento di quegli indizi o oggetti di un certo peso per il buon esito dell’avventura.
Le difficoltà maggiori sono altre, correlate in particolar modo ai vari errori di battitura del testo; alcuni rimandi ai paragrafi sono sbagliati e anche un enigma all’inizio del nostro cammino, se risolto correttamente, ci conduce a un paragrafo errato ma, fortunatamente, niente di ciò condizionerà in maniera decisiva il nostro cammino.
Altri paragrafi non descrivono benissimo alcune situazioni sceniche, ma nel complesso l’opera è buona e si lascia leggere. Oltre a Reiner, non mancheranno altre vecchie conoscenze derivate dal libro precedente come Sigfrido o Katarina. Il primo darà il solito aiuto preziosissimo al nostro personaggio, mentre la seconda ha una parte più marginale rispetto alla prima volta, ma non per questo meno decisiva. Fa comunque piacere incontrarli di nuovo, soprattutto per il senso di continuità che la loro presenza regala rispetto al precedente capitolo di questa mini-serie.
Longevità 8:
Grazie a una campagna piuttosto lunga e a un sistema di esplorazione più aperto del solito, il libro si presta volentieri a più riletture; svariate sono inoltre le dislocazioni interessanti da visitare.
Difficoltà 8:
Non è tanto il true path tutt’altro che rigido che la condiziona, quanto i combattimenti e la gestione delle Provviste. Partiremo con un buon numero iniziale di pasti, ma si consumeranno presto, perché i punti di Resistenza scenderanno in non poche situazioni, e vi saranno passaggi in cui saremo obbligati a mangiare anche 3 o 4 razioni per sopravvivere a un viaggio particolarmente lungo e ostico.
Occorre dunque fare incetta di Provviste ogni volta che se ne presenta l’occasione, non sempre acquistandole, poiché potremo trovarle o addirittura procuracele per conto nostro, a patto però di possedere l’oggetto giusto.
Capitolo combattimenti: vi sono avversari che oltre a un discreto punteggio di Abilità, sono in grado di farci fuori con pochi colpi. Nel caso dei Ghoul, vi è una brutta incongruenza di testo; ad alcuni bastano 3 colpi per uccidere, mentre altri lo fanno dopo 4 colpi. Necessario reperire alcuni oggetti magici per la parte finale dell’avventura, ma le vaste possibilità di scelta utilizzate dall’autore rendono questo obiettivo fattibilissimo.
Ciò che può stancare dopo un po’ sono gli enigmi (non pochi), quasi tutti basati su moltiplicazioni e addizioni matematiche, anche quando abbiamo necessità di utilizzare un determinato oggetto magico.
Giocabilità 6:
Minata dall’esigenza di avere elevati punteggi di Abilità e Resistenza; non pochi saranno i combattimenti in cui saremo coinvolti, e gli avversari hanno spesso un Abilità compresa tra i 9 e gli 11 punti.
Un nuovo parametro introdotto è quello dei punti Sangue; esso misura il tempo che si impiega per arrivare al conte Reiner, tempo che lui sfrutta per accrescere i suoi poteri e la sua forza. Si parte da un punteggio base di 10, ed esso può diminuire o aumentare a seconda delle azioni che faremo.
Un ritardo in specifiche situazioni fa diminuire tale valore, mentre un’azione volta solitamente a indebolire il conte fa incrementare il punteggio. Queste ultime saranno strategicamente ben piazzate nel libro, ed è chiaro che maggiore sarà il punteggio nello scontro finale, migliori saranno le possibilità di sconfiggere Reiner, che ha un valore di Abilità tra i più alti mai visti in Fighting Fantasy!
Viceversa, un basso "livello" di Sangue rende il combattimento proibitivo o ci farà incappare addirittura in una prevedibile instant death.
Chicca:
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Totale 6.5:
Il lavoro è buono e Keith Martin si sarebbe congedato alla grandissima se in diversi casi avesse curato maggiormente il testo. Lavoro un po’ troppo penalizzato dagli errori di battitura e da alcune problematiche di bilanciamento del gioco in alcune situazioni. Q
uello che dalle potenzialità poteva essere uno dei migliori titoli della collana, alla fine si associa all’onda di quei librogame della metà degli anni ’90 scritti un po’ troppo frettolosamente senza curarne troppo i dettagli, a causa probabilmente del noto calo delle vendite e del ridotto interesse verso questo tipo di prodotto.
Martin McKenna tocca ancora una volta livelli di eccellenza con le illustrazioni; degne di menzione quelle del Monaco Ghoul, delle donne-vampiro e di Vantiane di Gallantaria, guerriera che per un breve tratto potrà rivelarsi una preziosa alleata.
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