Con Le Stelle Scomparse si chiude l’avventura narrativa di Christopher Black in Italia. Avventure Stellari infatti termina dopo questo quinto volume, che è il quarto della collana originale (in Italia infatti è stato invertito l’ordine di pubblicazione, inserendo I Cavalieri della Galassia prima delle uscite successive, che nel progetto anglofono sono antecedenti).
Star Challenge invece negli U.S.A. e nel Regno Unito andrà avanti fino al capitolo 10: è un peccato che la serie si sia interrotta proprio sul più bello, quando cioè la qualità media delle avventure si stava decisamente alzando e l’autore stava cominciando a dimostrare di aver acquisito la capacità di gestire il format a bivi in maniera più razionale, accompagnandolo con trovate letterarie anche di un certo valore, seppur mai particolarmente innovative.
Questo lavoro infatti è senza dubbio il migliore del lotto insieme al già citato I Cavalieri della Galassia, e personalmente non ritengo sia un caso il fatto che la qualità dei volumi si sia impennata proprio con l’avanzamento del progetto editoriale. Purtroppo però le decisioni su cosa pubblicare e cosa scartare negli anni ’80, come anche oggi del resto, erano pesantemente condizionate dai risultati di vendita, come sempre accade quando si parla di iniziative commerciali: quelli della saga spaziale di Black non furono mai esaltanti (dato confermato anche lo scarso numero di ristampe effettuate) e convinsero la EL a chiuderne i battenti senza tradurre tutti i titoli disponibili.
La nostra missione inizia in maniera frenetica: veniamo convocati dal solito Capitano Polaris, visibilmente preoccupato. Sta accadendo qualcosa di molto grave nel quadrante X-7793A, e il nostro intervento è talmente urgente da non lasciare il tempo nemmeno alle rituali spiegazioni. Dovremo immediatamente decidere se farci direttamente tele-trasportare nel settore, o raggiungerlo impiegando la nostra fidata nave da combattimento, il Guerriero.
Tale scelta divide immediatamente in libro nei consueti due macro-tronconi da cui si svilupperà poi tutto il resto della storia: al contrario delle precedenti occasioni però le evoluzioni non saranno equamente suddivise tra le due sezioni. Quella in cui decideremo di recarci in loco pilotando il vascello spaziale infatti sarà molto più accurata e approfondita, oltre che ramificata, e ci riserverà anche gli incontri migliori e le avventure più eccitanti.
La verve narrativa di Christopher infatti sarà particolarmente stimolata dalle vicende che ci troveremo ad affrontare esplorando lo spazio con il nostro mezzo. Tra citazioni di capolavori fantascientifici del genere (immancabile quella di Star Wars, presa di peso da L’Impero Colpisce Ancora e riportato in maniera quasi testuale all’interno del paragrafo 72, quando, facendo il verso a C3PO, Tor-2 ci dice che le probabilità di uscire vivi da un attacco diretto a un vascello da guerra sono minime) e quelle più generalmente rimandate a classici della letteratura ci troveremo a esplorare ambientazioni interessanti, conoscere personaggi particolari e affrontare avversari ostici, che non sempre si confermeranno essere quello che sembrano in prima battuta.
Il Capitano Bront per esempio, ossessionato dalla sua caccia a una creatura denominata “Il Mangiastelle”, a cui ha dedicato tutta la sua vita e ogni sua risorsa, ci richiama alla mente l’Achab di Melvilliana memoria, anche nel modo di dominare il suo equipaggio e nella vena di pazzia che lo caratterizza. Si rivelerà altresì estremamente interessante l’incontro con un gigantesco verme spaziale succhia-energia, che pur manifestandosi come creatura dotata di intelligenza e senziente, non risponderà ai nostri tentativi di comunicare con lui; tale comportamento ci condurrà a un passo dalla catastrofe, fino alla risoluzione finale della situazione, tipicamente all’ultimo momento, che si concretizzerà grazie a un colpo di scena emozionante e poco prevedibile.
Il tutto adeguatamente approfondito e gestito in maniera tale da consentire al lettore di immergersi nelle varie vicende senza soffrire di quella sindrome da spezzettamento che caratterizzava alcuni dei precedenti volumi. Per non rinunciare a un ampio numero di crocevia, caratteristica tipica di tutte le opere di Black, l’autore decide, per la prima volta in maniera sostanziale in Avventure Stellari, di sfruttare alcuni epiloghi della storia, gli stessi, per portare a conclusione diversi filoni narrativi, in modo tale da dotare ogni vicenda di un adeguato numero di paragrafi, e quindi approfondirla sufficientemente, senza costringere il lettore a gestire un numero di bivi inferiore rispetto a quello solitamente disponibile. Un escamotage forse discutibile, ma preferibile secondo me alla decisione di strutturare il libretto spezzettandolo tra una miriade di storielle insulse e insensate, eventualità verificatasi in pieno nel precedente Il Palazzo delle Illusioni.
Ne viene fuori un titolo curato, adeguatamente sviscerato, di difficoltà bilanciata, contraddistinto da scelte molto logiche e da epiloghi soddisfacenti, ma soprattutto quasi sempre sensati e in linea con quanto narrato fino al paragrafo precedente.
Qualche errore, marchio di fabbrica dell’intera collana, permane. Il percorso che si sviluppa dal paragrafo 28 e termina con l’81 per esempio salta il rimando a pagina 67, dove vengono elargite informazioni fondamentali per capire esattamente cosa stia accadendo. In talune occasioni ci sono rimandi a situazioni e personaggi mai sentiti fino a quel momento (per esempio gli alieni dalla testa di falco, di cui si parla improvvisamente allo stesso epilogo 81 come se li avessimo già affrontati e senza che fossero stati mai citati prima), e non mancano un paio di bivi che conducono forzatamente a uno dei temibili finali “Skiant”, quelli cioè dove non riusciamo a portare a termine la missione e finiamo per rimetterci la pelle. Errore questo particolarmente grave, perché crea dei cul-de-sac insensati che non si erano mai visti prima nella collana. Quasi comico invece lo sfondone del paragrafo 8, dove il termine parsec viene inopinatamente tradotto in Italiano come centesimi di secondo!
Complessivamente però il lavoro è buono: leggere Le Stelle Scomparse risulta gradevole e appassionante, e siamo spinti a esplorare ogni diramazione del volumetto con piacere, a caccia dei finali migliori (ben celati in questo caso, ma logicamente individuabili e coerenti nella loro valutazione con l’intelligenza delle proprie risoluzioni e la fatica necessaria per scovarli), senza provare quel senso di noia, frustrazione e quella difficoltà di comprensione che caratterizzavano alcuni precedenti lavori di Christopher Black.
Maelo Cintron ci mette del suo, con un’ottima copertina e alcune tavole di discreto livello, pur non affrancandosi con gli annosi limiti, legati alla scarsa plasticità delle sue figure e all’incapacità di rendere il dinamismo delle scene di movimento, che lo hanno accompagnato fin dall’esordio nella serie. Comunque stavolta il comparto grafico è adeguato alla qualità del libro, e non costituisce un motivo di “sofferenza” per il lettore.
Una conclusione degna delle potenzialità della serie e un capitolo gradevole, che contribuisce a lasciare, almeno all’appassionato italiano, un buon ricordo della collana e una punta di rammarico per non aver potuto gustare nel nostrano idioma anche le successive avventure ambientate nel mondo di Nebula.
Longevità 6.5:
La solita che caratterizza tutti i capitoli della collana, con la differenza che stavolta la voglia di esplorare i vari rimandi permane, perché il comparto narrativo è adeguatamente stimolante e le storie sufficientemente avvincenti da tenere desta l’attenzione per alcune ore.
Difficoltà 6.5:
Gli epiloghi più valutati, dalla tabella finale dei punteggi, sono abbastanza nascosti. Per trovarli però più che affidarci al caso dovremo effettuare scelte ponderate e cercare di ragionare. Decisioni frettolose, pavide o eccessivamente guerrafondaie ci porteranno a una prematura dipartita o a conclusioni poco soddisfacenti, come è logico e naturale che sia.
Giocabilità 6.5:
La struttura classica di Avventure Stellari: bivi, varie conclusioni, e la tabella dei punteggi. Elementi canonici in questa occasione sfruttati con sapienza.
Chicca:
Ce ne sono diverse ma una è superiore a tutte le altre. Nel finale del paragrafo 60 osserviamo il capitano Bront lanciarsi sul Mangiastelle a cavallo di un potente ordigno esplosivo, montandolo senza timore e ridendo in maniera folle e sgangherata mentre lo fa. Una citazione micidiale ed estremamente divertente del Maggiore Kong, nella sua cavalcata della bomba atomica appena sganciata, in quel capolavoro che è Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick.
Totale 6.5:
Un degno volume di chiusura per gli appassionati italiani della serie, il migliore del lotto insieme a I Cavalieri della Galassia.
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